Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22963/2022 R.G. proposto da NOME ricorso:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME (indirizzo p.e.c. indicato nel EMAIL)
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
– intimata – avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI PERUGIA n. 332/2022 pubblicata il 23 giugno 2022
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza ex art. 702ter c.p.c. dell ‘ 8 luglio 2021, pronunciando sulle contrapposte pretese avanzate in via principale da NOME COGNOME contro la convenuta RAGIONE_SOCIALE (d ‘ ora in poi RAGIONE_SOCIALE e in via riconvenzionale da quest ‘ ultima nei confronti del ricorrente, l ‘ adìto Tribunale di Terni
così definitivamente statuiva: (1)accertava che la CIMET non aveva esattamente adempiuto le obbligazioni derivanti da due distinti contratti d ‘ appello stipulati inter partes , aventi ad oggetto l ‘ esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell ‘ immobile di proprietà del COGNOME, sito in Montefalco alla INDIRIZZO comprendenti la fornitura e posa in opera degli infissi, e in particolare di persiane da ancorare a monoliti di marmo antico; (2)per l ‘ effetto, dichiarava che l ‘ impresa appaltatrice era tenuta a risarcire i danni subiti dal committente, quantificati in complessivi 9.804,62 euro; (3)riconosceva l ‘ esistenza in favore della CIMET di un controcredito di 6.614,90 euro a titolo di corrispettivo dei lavori indicati dalla fattura n. 133 del 27 ottobre 2017, dell ‘ importo di 6.928,90 euro; (4)operata la compensazione dei reciproci crediti, condannava la CIMET al pagamento della differenza dovuta al COGNOME, ammontante a 3.189,72 euro, ponendo a suo carico le spese di lite sostenute dal ricorrente.
La decisione veniva impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE davanti alla Corte d ‘ Appello di Perugia.
Il COGNOME resisteva al gravame e a sua volta spiegava appello incidentale, chiedendo la liquidazione dei danni subiti nel maggior importo di 9.804,62 euro.
All ‘ esito del giudizio, con sentenza n. 332/2022 del 23 giugno 2022, la Corte umbra accoglieva l ‘ impugnazione principale e respingeva quella incidentale; per l ‘ effetto, in riforma della pronuncia appellata: (a) rigettava la domanda di risarcimento dei danni proposta dall ‘ originario ricorrente; (b)condannava il COGNOME al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di 6.928,90 euro, maggiorata di interessi legali, a titolo di corrispettivo dei lavori di cui alla menzionata fattura n. 133, nonché alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Rilevava il giudice distrettuale: -che nessuna responsabilità contrattuale poteva addebitarsi all ‘ impresa appaltatrice per pretesi
vizi esecutivi, avendo il committente «accettato l ‘ opera a sèguito di collaudo» ed essendo i lamentati difetti riconoscibili con l ‘ uso dell ‘ ordinaria diligenza; -che non poteva, perciò, trovare accoglimento la domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente; – che meritava, invece, di essere accolta la riconvenzionale spiegata dalla CIMET, risultando «provato il mancato pagamento» della richiamata fattura n. 133.
Contro questa sentenza, notificata ai sensi dell ‘art. 285 c.p.c. il 23 giugno 2022, il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La CIMET è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c..
Non sono state depositate memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso vengono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 702bis , comma 4, c.p.c., per avere tanto il primo quanto il secondo giudice omesso di rilevare d ‘ ufficio la tardività della domanda riconvenzionale proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, che peraltro il COGNOME aveva eccepito in limine litis nel giudizio di primo grado e successivamente denunciato con apposito motivo di appello.
Con il secondo motivo è lamentato l ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione fra le parti.
Si rimprovera alla Corte di Perugia di aver trascurato di considerare: -che nel verbale di collaudo del 25 ottobre 2017, dal quale è stata desunta l ‘ accettazione dell ‘ opera da parte del committente COGNOME, veniva espressamente precisato che rimanevano non collaudate le persiane, la cui non corretta fornitura e posa in opera costituiva proprio l ‘ oggetto del contendere; – che i lavori erano stati sospesi per ordine del COGNOME, dopo che questi
aveva constatato la presenza di scheggiature arrecate dall ‘ impresa esecutrice agli stipiti in pietra durante il fissaggio dei cardini delle persiane, come emerso dall ‘ accertamento tecnico preventivo espletato ante causam ; – che, pertanto, non poteva fondatamente imputarsi al committente di non aver tempestivamente denunciato i vizi dell ‘ opera, avendo egli persino ordinato la sospensione dei lavori perché non eseguiti a regola d ‘ arte.
Il primo motivo è inammissibile.
Secondo il più recente orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che va qui ribadito, la pronuncia d ‘ ufficio del giudice su una questione processuale per la quale è prescritto un termine di decadenza o il compimento di una determinata attività deve avvenire entro il grado di giudizio in cui essa si è manifestata, in difetto di espressa previsione normativa della sua rilevabilità ed escluse le ipotesi di vizi talmente gravi da pregiudicare interessi di rilievo costituzionale.
Qualora, pertanto, il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di statuire su una questione rilevabile d ‘ ufficio (come, ad esempio, quella del carattere tardivo, rispetto al termine stabilito a pena di decadenza dall ‘ art. 167, comma 2, c.p.c., di una domanda riconvenzionale o di un ‘ eccezione in senso stretto formulata dal convenuto), resta precluso sia al giudice d ‘ appello sia a quello di cassazione l ‘ esercizio del potere di rilevare officiosamente, per la prima volta, la suddetta questione, ove essa non abbia formato oggetto di impugnazione o non sia stata ritualmente riproposta, essendosi formato un giudicato implicito interno in applicazione della regola generale della conversione delle ragioni di nullità della sentenza in motivi di gravame, sancita dall ‘ art. 161, comma 2, c.p.c. (cfr. Cass. n. 26850/2022, Cass. n. 6762/2021).
Alla stregua dei surriferiti princìpi di diritto, deve quindi escludersi che l ‘ inosservanza da parte della CIMET del termine fissato dal
codice di rito per la proposizione di domande riconvenzionali fosse rilevabile d ‘ ufficio dal collegio di secondo grado, in quanto di una siffatta questione esso avrebbe potuto occuparsi solo se veicolata in appello mediante un apposito motivo di gravame.
Ora, poiché sul punto risulta essere stata formulata dal COGNOME una specifica censura con l ‘ appello incidentale proposto avverso la sentenza di primo grado, rimane da stabilire se detta censura possa trovare ingresso in questa sede di legittimità.
Va, al riguardo, rammentato che, qualora il ricorrente lamenti l ‘ omessa pronuncia, da parte dell ‘ impugnata sentenza, in ordine a una domanda o eccezione, se per un verso non è indispensabile che egli faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all ‘ art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all ‘ art. 112 del medesimo codice, per altro verso è pur sempre necessario che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della sentenza derivante dalla denunciata omissione, dovendosi, conseguentemente, dichiarare inammissibile il mezzo di gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (cfr. Cass. Sez. Un. n. 17931/2013).
Nel caso in esame ricorre proprio l ‘ ipotesi appena illustrata, essendosi il Burattin limitato ad argomentare sulla pretesa violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 702bis , comma 4, c.p.c., senza affatto dedurre che dalla mancata statuizione del giudice distrettuale sul motivo di gravame in discorso sia derivata la nullità della sentenza d ‘ appello.
Di qui l ‘ inammissibilità del motivo.
Il secondo mezzo è fondato.
La Corte d ‘ Appello ha escluso la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per i vizi dell ‘ opera fatti valere dal COGNOME, in base al rilievo che trattavasi di difetti «palesi e riconoscibili» , con la conseguenza che, avendo egli «accettato l ‘ opera a sèguito di collaudo» , doveva ritenersi
decaduto dalla garanzia prevista dall ‘ art. 1667 c.c..
Sennonchè, dal chiaro tenore letterale del verbale di collaudo, di cui la sentenza qui impugnata riporta un ampio stralcio, emerge con assoluta evidenza che la verifica ex art. 1665 c.c. compiuta dal committente rispetto alle persiane non si era conclusa con esito positivo ( ).
Appare, quindi, palese come il giudice distrettuale abbia omesso di esaminare un fatto storico (il mancato esito positivo della verifica delle persiane) risultante dal testo stesso della sentenza, il quale aveva formato oggetto di discussione fra le parti -essendosi il dibattito processuale prevalentemente incentrato sulla riconoscibilità dei vizi dell ‘ opera e sulla tempestività della relativa denuncia- e rivestiva carattere decisivo, nel senso che, qualora fosse stato considerato, avrebbe condotto a una differente soluzione della controversia (cfr. Cass. n. 19362/2022, Cass. n. 17888/2016, Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
A tale ultimo proposito deve rilevarsi che i difetti lamentati dal RAGIONE_SOCIALE, come evidenziato dalla stessa Corte umbra, si riferivano essenzialmente alla fornitura e alla posa in opera delle persiane, sicchè, ove in sentenza si fosse tenuto conto del fatto che la verifica dei suddetti serramenti esterni da parte del committente non si era conclusa con esito positivo, la decisione sarebbe stata diversa da quella adottata dal giudice distrettuale.
Va, conseguentemente, disposta, a norma dell’art. 384, comma 2, c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame di merito, uniformandosi a quanto statuito con la presente sentenza.
Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudi zio di legittimità, ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo; cassa l ‘ impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte d ‘ Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda