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Vizi dell’immobile locato: oneri del conduttore

Una società di ristorazione cita in giudizio il proprietario di un immobile per la risoluzione del contratto di locazione, lamentando vizi dell’immobile locato, in particolare la mancanza di destinazione d’uso commerciale per il piano interrato. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che il conduttore, avendo dichiarato nel contratto di aver trovato l’immobile idoneo all’uso e assumendosi l’onere di ottenere tutte le autorizzazioni, si era accollato il rischio economico relativo all’eventuale impossibilità di utilizzo, escludendo la responsabilità del locatore.

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Vizi dell’immobile locato: di chi è la colpa se mancano i permessi?

La stipula di un contratto di locazione commerciale è un passo cruciale per ogni imprenditore. Ma cosa succede se, dopo aver firmato, si scopre che l’immobile presenta dei problemi, ovvero dei vizi dell’immobile locato, che ne impediscono l’utilizzo per l’attività prevista? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità tra locatore e conduttore, sottolineando l’importanza delle clausole contrattuali e della diligenza delle parti.

I fatti del caso

Una società di ristorazione prendeva in locazione un immobile destinato a diverse attività, tra cui ristorante e pizzeria. Il contratto prevedeva l’utilizzo di un piano terra e di un piano interrato. Ben presto, però, emergevano diversi problemi. In primo luogo, l’installazione di una canna fumaria, inizialmente autorizzata, veniva bloccata per la mancanza del permesso della Soprintendenza.

Il problema più grave, tuttavia, emergeva successivamente: la società scopriva che solo il piano terra aveva la classificazione catastale idonea all’esercizio dell’attività commerciale, mentre il piano interrato, parte essenziale del progetto imprenditoriale, ne era privo. Di fronte a questa situazione, la società conduttrice citava in giudizio il proprietario, chiedendo la risoluzione del contratto per colpa di quest’ultimo e il risarcimento dei danni.

L’iter giudiziario e i vizi dell’immobile locato

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano le richieste della società conduttrice. I giudici di merito evidenziavano un punto fondamentale: nel contratto di locazione, la società aveva dichiarato di aver esaminato i locali, di averli trovati idonei all’uso pattuito e, soprattutto, si era assunta l’onere di ottenere tutte le concessioni e autorizzazioni amministrative necessarie.

Secondo le corti, questa pattuizione trasferiva di fatto sul conduttore il rischio economico legato all’eventuale impossibilità di utilizzare l’immobile per la mancanza dei titoli amministrativi. Il locatore, non avendo assunto uno specifico obbligo contrattuale in tal senso, non poteva essere ritenuto inadempiente.

Le motivazioni della Cassazione

La società conduttrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la violazione della norma sui vizi della cosa locata (art. 1578 c.c.), la violazione dei principi di buona fede contrattuale e l’omesso esame di un fatto decisivo (la non corrispondenza della visura catastale alla realtà dell’immobile).

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per ragioni prevalentemente procedurali. I giudici hanno stabilito che i motivi presentati non denunciavano reali errori di diritto, ma miravano a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti di causa. In particolare, il ricorso è stato giudicato carente del requisito di “autosufficienza”, in quanto non riportava in modo specifico i documenti e le prove a sostegno delle proprie tesi, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza delle censure senza dover esaminare l’intero fascicolo processuale.

Al di là degli aspetti procedurali, la Cassazione ha implicitamente confermato l’interpretazione dei giudici di merito: la clausola con cui il conduttore accetta l’immobile come idoneo e si assume la responsabilità di ottenere le autorizzazioni è valida e sposta il rischio imprenditoriale su di lui.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale nel diritto delle locazioni commerciali: la distribuzione dei rischi e delle responsabilità dipende in larga misura da quanto specificato nel contratto. Per gli imprenditori (conduttori), è essenziale non limitarsi a una valutazione superficiale dell’immobile, ma effettuare una completa “due diligence” prima della firma, verificando la regolarità urbanistica, catastale e la presenza di tutte le autorizzazioni necessarie per l’attività che si intende svolgere. Per i proprietari (locatori), è importante definire chiaramente nel contratto gli obblighi di ciascuna parte per evitare future contestazioni. In assenza di un’esplicita assunzione di responsabilità da parte del locatore, il rischio che l’immobile si riveli inidoneo dal punto di vista amministrativo ricade interamente sul conduttore.

Chi è responsabile se un immobile locato non ha i permessi necessari per l’attività commerciale?
Secondo la decisione in esame, la responsabilità ricade sul conduttore se quest’ultimo ha dichiarato nel contratto di aver esaminato l’immobile, di averlo trovato idoneo all’uso convenuto e di essersi assunto l’onere di ottenere tutte le autorizzazioni necessarie. In questo caso, il locatore non è considerato inadempiente.

Cosa significa che il conduttore si assume il “rischio economico” della locazione?
Significa che il conduttore accetta la possibilità che, per motivi non dipendenti da vizi materiali dell’immobile ma dalla mancanza di permessi amministrativi, non riesca a utilizzare il bene per lo scopo prefissato. Le conseguenze economiche negative di questa eventualità, in presenza di specifiche clausole contrattuali, restano a suo carico.

Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso “inammissibile” invece di decidere nel merito?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati dalla società ricorrente non rispettavano i requisiti procedurali. Invece di contestare un’errata applicazione della legge (vizio di diritto), il ricorso chiedeva una nuova valutazione dei fatti (vizio di merito), cosa non consentita in sede di legittimità. Inoltre, il ricorso violava il principio di autosufficienza, non fornendo tutti gli elementi necessari per essere deciso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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