SENTENZA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA N. 422 2025 – N. R.G. 00001440 2022 DEL 06 03 2025 PUBBLICATA IL 10 03 2025
R.G.N. 1440/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI VENEZIA
Sezione III Civile
Composta dai magistrati:
Dr.ssa
NOME
RIGONI
Presidente
Dr.ssa
NOME
COGNOME
Consigliere
Dr.ssa
NOME COGNOME
Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa promossa in appello con citazione notificata il 08.08.2018
da:
in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, con sede in Bagnolo
San Vito (MN) – INDIRIZZO C.F. e P. I.V.A.:
, con il proc. dom. avv. NOME COGNOME in
Gazoldo degli Ippoliti (MN) – INDIRIZZO (C.F.:
, P. I.V.A.:
), per
P.
C.F.
P.
procura rilasciata su foglio separato,
appellante
contro
:
in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Caprino Veronese (VR), INDIRIZZO COGNOME, codice fiscale e P.IVA , con il proc. dom. Avv. NOME COGNOME in Caprino Veronese (VR), INDIRIZZO (Codice fiscale – fax al n. NUMERO_TELEFONO PEC: , per procura depositata nel fascicolo telematico, P. P. C.F.
appellato
Oggetto: appello avverso la sentenza Tribunale di Verona n. 15/2022, pubblicata il 13.01.2022, pronunciata nella causa R.G. n. 7374/2018;
in punto: contratti e obbligazioni varie.
Causa trattata all’udienza del 03.02.2025.
CONCLUSIONI:
Il procuratore dell’appellante ha così concluso:
nel merito: a) accertare l’esistenza di vizi e/o difetti della merce descritta in atti venduta da in persona del legale rappresentante pro tempore, e per l’effetto dichiarare risolto/i il/i contratto/i di vendita con riferimento alla predetta merce; b) respingere tutte le domande formulate da in persona del legale rappresentante pro tempore, ivi compresa la domanda riconvenzionale, in quanto infondate in fatto ed in diritto; c) condannare la società convenuta appellata alla restituzione in favore dell’attrice appellante delle somme da questa corrisposte a in forza del dispositivo della sentenza impugnata, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria d) condannare la società convenuta appellata alla rifusione delle spese di giudizio dell’attrice appellante di entrambi i gradi di giudizio ivi comprese le spese delle CTU. In via istruttoria: disporsi CTU che, esaminati gli atti ed i
documenti di causa, sentite le parti e i loro eventuali consulenti tecnici, effettuati i sopralluoghi necessari, esperita ogni altra necessaria indagine e test sui materiali oggetto di causa: a) descriva i materiali forniti dalla società convenuta appellata; b) verifichi se sussistano i vizi e difetti lamentati dall’attrice appellante, eventualmente descrivendoli; c) in caso di risposta positiva al quesito sub b), dica se i vizi o difetti afferiscano alla progettazione ovvero alla produzione e, nel primo caso, dica se possano essere dipesi da specifiche tecniche impartite dalla società attrice appellante, ove documentate; d) determini con riferimento alle fatture oggetto di causa il valore del materiale per cui siano stati eventualmente rilevati vizi e/o difetti lamentati nell’atto di citazione di primo grado.
Il procuratore dell’appellata ha così concluso:
Voglia la Corte Ecc.ma adita, contrariis reiectis, respingere siccome inammissibile, improcedibile o comunque infondato l’appello proposto da
con vittoria di spese e compenso del presente giudizio, oltre contributo forfettario spese generali 15%, oltre IVA e CPA di legge.
In via istruttoria: ci si oppone all’ammissione delle istanze istruttorie richieste dall’appellante e, in particolare, alla richiesta di rinnovo della CTU tecnica per i motivi tutti esposti in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 15/2022 depositata il 13.01.2022 il Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando nella causa promossa da nei confronti di – nella quale l’attrice chiedeva la risoluzione del contratto di compravendita di cavi intercorso tra le parti per inadempimento della venditrice, che aveva fornito cavi difettosi, e la condanna di al risarcimento del danno, quantificato in € 60.000,00, nella quale si costituiva la convenuta eccependo la nullità della citazione per indeterminatezza, negando la sussistenza dei vizi lamentati, sostenendo l’idoneità della merce fornita all’uso convenuto e chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’attrice inizialmente al pagamento di € 141.452,03, oltre interessi moratori al saldo per fatture insolute o della diversa somma accertata in giudizio
respingeva l’eccezione di nullità della domanda; accertava vizi della fornitura dei cavi oggetto di causa per un valore corrispondente € 2.054,00; respingeva le domande attoree di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno; accoglieva la domanda riconvenzionale della convenuta e, già dedotto l’importo di € 2.054,00 per i materiali non idonei, condannava l’attrice a pagare alla convenuta la somma complessiva di € 222.911,53, oltre interessi di legge dalla messa in mora al saldo effettivo e oltre alla rifusione delle spese di lite.
Avverso la sentenza – pronunciata nel contraddittorio delle parti e all’esito di un’istruttoria con acquisizioni documentali e CTU – ha proposto appello chiedendone la riforma e censurandola per il seguente unico motivo:
1) carenza di motivazione e/o motivazione apparente della sentenza impugnata.
La società convenuta si è costituita in giudizio con comparsa del 22.11.2022 eccependo l’inammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 348 bis e 342 c.p.c. e chiedendone nel merito il rigetto per l’infondatezza, con conferma della sentenza impugnata.
Per l’udienza del 03.01.2025 le parti hanno depositato le proprie note scritte espressamente rinunciando alla concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. e la causa passa ora in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel giudizio di primo grado, promosso con citazione notificata a mezzo PEC in data 08.08.2022, conveniva in giudizio deducendo di avere acquistato dalla stessa fin dal 2015 in modo continuativo molteplici categorie di cavi, con volumi di fatturato che nel corso del 2017 avevano superato il milione di euro.
A partire dal mese di settembre 2017 veniva riscontrato un vizio sui cavi navali impiegati per installazioni all’interno di grandi imbarcazioni e di yacht, consistente nel considerevole ritiro del materiale di isolamento rispetto al conduttore interno sul punto in cui il cavo veniva tagliato, che era pericoloso per la sicurezza degli impianti.
A seguito delle contestazioni che aveva ricevuto dai propri clienti le parti concordavano un incontro per la data del 27.06.2018 presso la sede della società venditrice alla presenza dei tecnici di e di per definire le possibili soluzioni tecniche da adottare. Co
Secondo l’attrice, riconosceva il vizio e manifestava la propria disponibilità a studiare interventi correttivi in fase produttiva dei quali avrebbe dovuto informare salvo poi, con comunicazione a mezzo pec del 03.07.2018, asserire che tale problema era sempre stato presente sui cavi forniti dalla stessa rifiutandosi di ritirare il materiale consegnato a (cfr. doc. 10 primo grado appellante). Co Co
Il 04.07.2018 la società venditrice trasmetteva a mezzo pec a un sollecito di pagamento delle fatture n. 00216-18-1 e n. 00217-18-1 (cfr. doc. 11 primo grado appellante) sebbene in occasione dell’incontro del 27.06.2018 gli stessi tecnici della convenuta avessero ammesso che la produzione di cavi di piccola sezione presentava criticità essendo essi abituati a realizzare standard superiori ai 6 mmq e che in realtà i cavi in questione non costituivano un ‘progetto’ di ma erano prodotti che la società attrice acquistava regolarmente anche da altri fornitori senza alcun Co
difetto.
Il Presidente del C.d.A. di KU, riscontrando una mail di del 05.07.2018, ribadiva di non poter acquistare materiale difettoso e non conforme alle specifiche richieste e che pertanto gli ordini sospesi sarebbero stati evasi soltanto se vesse garantito l’eliminazione del vizio contestato in quanto parte del materiale viziato era ancora presente nei magazzini di e di e non poteva essere venduto perché non conforme agli standard qualitativi e di sicurezza del prodotto. provvedeva comunque al saldo delle fatture scadute al 30 giugno ed al 31 luglio 2018, omettendo di pagare i cavi non conformi in attesa di definire la vertenza. RAGIONE_SOCIALE
A fronte di un importo complessivo delle forniture pari ad € 442.924,27 (cfr. docc. 15-19 primo grado appellante) veniva omesso il pagamento di € 131.957,39 e analoga condotta veniva adottata da anche per le fatture in scadenza al 10.09.2018, relativamente alle quali € 9.494,64 su € 244.693,25 si riferivano a materiale asseritamente viziato. Co
Seguivano diffide di pagamento da parte dei legali di (cfr. docc. 20-21 primo grado appellante) rimaste senza esito e, successivamente, il promovimento del presente giudizio.
La società con la comparsa di risposta confutava gli assunti avversari sostenendo che i cavi forniti alla società appellante erano stati messi in produzione sulla base di precise specifiche tecniche fornite dalla società
di cui la società era la società commerciale, e che la merce venduta era esente da vizi (cfr. docc. 18, 22, 28, 34-36 primo grado appellata).
In via riconvenzionale, chiedeva l’accertamento delle somme ad essa dovute per le vendite effettuate in esecuzione agli ordinativi di merce ricevuti dalla società e indicati nelle fatture emesse (cfr. docc. 2-7, 15-17,
29-32, 37-41 primo grado appellata) e la condanna di al pagamento della somma € 141.452,03 o della diversa somma accertata in causa. Co
Rilevava che le questioni insorte nell’anno 2017 erano state definite con il ritiro della merce difforme e con l’emissione da parte sua delle note di credito n. 753/2017 e n. 76/2018 (cfr. docc. 37 e 38 primo grado appellata) e che la segnalazione di aprile 2018 di non era mai pervenuta a
14.06.2018 e 07.07.2018 tra e allegate solo nel corso del giudizio (cfr. doc. 6 primo grado appellante).
L’appellante era, pertanto, decaduta dalla denuncia dei vizi per la decorrenza del termine ex art. 1495 Cod. Civ. con riferimento ai cavi consegnati in data 21.05.2018, che aveva accettato, avendoli inviati al proprio cliente (cfr. doc. 8 primo grado appellante). Co
Sosteneva che, a seguito di ulteriori prove eseguite d’intesa tra le parti per la verifica dell’idoneità dei cavi forniti e dopo essersi resa disponibile ad operare un ulteriore sconto, aveva chiesto il saldo delle fatture emesse.
Con la sentenza impugnata il Tribunale riteneva infondata l’eccezione di nullità, in quanto dal tenore complessivo dell’atto introduttivo potevano evincersi il petitum e la causa petendi , con esclusione della lesione del diritto di difesa della convenuta.
Sulla base delle risultanze delle indagini peritali acquisite nel giudizio, accertava vizi della fornitura dei cavi eseguita dalla convenuta per una somma pari a € 2.054,00; respingeva le domande attoree di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno; in accoglimento della domanda riconvenzionale della convenuta e sulla base degli esiti dell’accertamento peritale, condannava l’attrice al pagamento della somma complessiva di € 222.911,53 già dedotto l’importo di € 2.054,00, oltre interessi di legge dalla messa in mora al saldo effettivo e al pagamento delle spese di lite e di CTU.
Ritenendo infondata l’eccezione di parte attrice di nullità della CTU – avendo il perito rispettato il contraddittorio con i tecnici delle parti ed adeguatamente replicato alle osservazioni del CTP di parte attrice ing. – il Tribunale rilevava che ‘…il CTU non si fosse arbitrariamente ‘arrogato’ la facoltà di individuare ipotetici accordi intercorsi tra le parti, posto che il quesito impone di esaminare atti e i documenti di causa (inclusa la corrispondenza tra le parti), al fine, tra l’altro, di valutare se sussistano i vizi ed i difetti lamentati da parte attrice, il che implica, a monte, che debbano essere determinate le caratteristiche che – per volontà negoziale o per necessità di legge – deve presentare la merce fornita ‘.
Il CTU aveva specificato che la normativa tecnica di riferimento non prevede un limite di ritiro dell’isolante per i cavi navali e che in assenza di specifico accordo sul punto tra i contraenti la merce fornita fino al settembre 2017, epoca in cui l’attrice aveva dichiarato di aver cominciato a ricevere doglianze da alcuni clienti, era da considerarsi priva di vizi. Il CTU aveva chiarito che il materiale contestato, da lui esaminato, pur presentando il fenomeno di ritiro dell’isolante, in ragione della tipologia del prodotto e dell’entità del fenomeno riscontrato, non poteva ritenersi viziato in quanto conforme alla normativa tecnica di riferimento accettata dalle parti le quali, per lo meno fino al giugno 2018, non avevano assunto accordi diversi.
Il CTU aveva rilevato che il parametro di valutazione era costituito dalla specifica prevista dalla norma IEC 60502-1, art. 18.16 Shrinkage test for XLPE insulation, fermo restando, che ‘ rimane non definito il livello massimo del ritiro fissato da KU in 2 mm e dalla citata norma del 4 % che su 100 mm di tratto sguainato equivalgono a 4 mm ‘.
Dal 20.06.2018 le parti avevano quindi accettato quale riferimento il nuovo requisito relativo al ritiro massimo, per cui i solo cavi che non rispettavano il limite del 4 % previsto nello Shrinkage test for XLPE insulation potevano ritenersi difettosi rispetto allo standard richiesto dai clienti dell’attrice denunciato alla stessa a partire dal settembre 2017.
Poiché non vi era contestazione tra le parti sull’ammontare complessivo di € 227.715,43 dell’importo delle forniture inevase, alla luce delle conclusioni del CTU la somma non dovuta alla convenuta doveva ritenersi pari a € 2.054,00, per cui la somma dovuta dall’attrice era complessivamente pari a € 222.911,53.
Tale esigua differenza era tale da escludere la gravità dell’inadempimento della convenuta che, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 Cod. Civ., costituisce causa di risoluzione del contratto di fornitura, e l’accoglimento della domanda risarcitoria, peraltro rimasta sfornita di prova nel quantum .
In accoglimento della domanda riconvenzionale della convenuta Il Tribunale condannava l’attrice a pagare alla stessa la somma di € 222.911,53, oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo.
Così inquadrati i fatti, deve preliminarmente respingersi l’eccezione dell’appellata di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis CPC, essendo appena il caso di rilevare che, ai sensi dell’art. 348 ter CPC, l’ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis CPC deve essere adottata ‘prima di procedere alla trattazione’ e, dunque, non oltre l’udienza di cui all’art. 350 CPC (cfr. Cass. n. 14696/2016). L’eccezione di inammissibilità va respinta anche con riferimento all’art. 342 c.p.c., atteso che l’atto di impugnazione consente di individuare le ragioni del gravame e le statuizioni impugnate, sì da consentire al giudice di comprendere il contenuto delle censure ed alle controparti di svolgere senza alcun pregiudizio la propria attività difensiva. Va, invero, osservato che ‘la specificità dei motivi, ex art. 342 cod. proc. civ., per la rituale proposizione dell’atto di appello, esige, anche quando la sentenza di primo grado sia stata integralmente censurata, che, alle argomentazioni in essa svolte, vengano contrapposte quelle dell’appellante volte ad incrinarne il fondamento logico-giuridico poiché la parte volitiva dell’appello deve accompagnarsi ad una componente argomentativa diretta a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice’ (Cass. n. 22781 del 27.10.2014; cfr. anche Cass. ord. n. 13535 del 30.05.2018). E ciò è senz’altro ravvisabile nella specie.
Deve inoltre rilevarsi che l’appellante non ha proposto impugnazione in ordine al rigetto dell’eccezione di nullità per indeterminatezza della domanda, per cui su tale capo della sentenza si è formato il giudicato.
Nel merito, l’appello si profila infondato e non meritevole di accoglimento.
L’appellante sostiene che il Tribunale avrebbe respinto le domande attoree acriticamente riportandosi alle risultanze della CTU esperita in corso di causa, senza fornire alcuna logica motivazione in ordine al rigetto delle puntuali osservazioni e delle contestazioni sollevate sull’elaborato peritale in base ai rilievi tecnici svolti dal proprio consulente di parte.
La censura non merita accoglimento.
Dall’esame degli atti risulta che il giudice di primo grado, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, abbia puntualmente e correttamente valutato le osservazioni e i rilievi tecnici del consulente dell’appellante avendo nella sentenza specificato che ‘…il CTU ha adeguatamente replicato alle osservazioni del CTP attoreo (all. 23 Ing. e , come evincibile alle pagine 16 e seguenti dell’elaborato ‘ richiamando l’ordinanza dell’11.01.2021 di rigetto dell’istanza dell’appellante di rinnovo della CTU, evidenziando come le contestazioni svolte dall’attrice non configurassero motivi di nullità della CTU ed escludendo, in mancanza dei presupposti di cui all’art. 196 c.p.c., la rinnovazione delle indagini peritali. Per
Dall’elaborato tecnico del 09.10.2020 si evince che il CTU ha scrupolosamente esaminato e confutato le osservazioni del consulente di parte appellante.
All’udienza del 12.11.2020 l’appellante aveva, infatti, eccepito la nullità della relazione peritale richiamando le contestazioni del proprio CTP trasmesse al CTU, che il Tribunale aveva respinto con la predetta ordinanza.
La sentenza impugnata ha respinto la domanda dell’appellante di rinnovazione della perizia con motivazioni del tutto idonee a far intendere l’iter logico del proprio convincimento ‘… tenuto conto delle risultanze della CTU a firma dell’ing. , di cui si condividono le conclusioni, in quanto frutto di attento esame documentale, ispezione della merce, puntuali riferimenti alla normativa tecnica internazionale, analisi delle modalità di produzione presso la test di prova, oltre al risultato di argomentazioni logiche prive di vizi; ritenuta infondata
l’eccezione di nullità della CTU, sollevata dall’attrice all’udienza del 12.11.2020, in quanto il contraddittorio è stato rispettato ed il CTU ha adeguatamente replicato alle osservazioni del CTP attoreo (allegato 23, ing. , come evincibile alle pagine 16 e seguenti dell’elaborato) ‘.
Il Tribunale ha, quindi, preso in esame la relazione del CTU, le conclusioni cui il perito è pervenuto nel pieno contraddittorio con le parti e le allegate osservazioni dei loro consulenti, per cui non può ritenersi sussistente la lamentata carenza nella motivazione della sentenza, che non può neppure qualificarsi come apparente.
Nel presente grado l’appellante ripropone gli argomenti tecnici illustrati nelle osservazioni alla CTU del CTP Ing. (cfr. all. 23 a pagg. 94-97 CTU), peraltro già dedotti nella comparsa conclusionale di primo grado ed esaminati sia dal CTU, sia dal Tribunale (cfr. sentenza, pag. 4).
Dalla relazione peritale emerge che il CTU ha valutato le specifiche tecniche dei cavi risultanti dai documenti acquisiti (cfr. docc. 34, 35 e 36 primo grado appellata) e che, in risposta al quesito sottopostogli, ha descritto le caratteristiche costruttive dei cavi contestati SH-PC-A e SH-PC-U, ha allegato le fotografie dei cavi commercializzati da con il marchio e le principali norme tecniche IEC seguite nella costruzione e stampigliate sugli stessi, precisando che tale normativa è volontaria e non obbligatoria e che, ove accettata dalle parti, le vincola contrattualmente.
Il perito ha anche descritto le fasi del ciclo produttivo dei cavi, illustrando la diversa tipologia delle guaine ed effettuando prove di laboratorio sulle stesse, giungendo a rilevare che ‘ il ritiro degli isolanti è un fenomeno normale in qualsiasi manufatto elastomerico in alcuni casi è tacitamente accettato in altri casi è ritenuto critico, le richieste del mercato definiscono i limiti del ritiro che sono considerati difetti o vizi ‘.
Nella parte dedicata all’esame dei vizi lamentati dall’attrice il CTU ha vagliato tutte le comunicazioni prodotte dall’appellante, ha riportato i risultati delle prove di misura del ritiro dei cavi, ha dato atto dei sopralluoghi effettuati in presenza dei CTP, ha risposto partitamente alle osservazioni del CTP dell’appellante e ha quantificato l’importo della fornitura rimasto impagato in € 227.715,44.
Il Tribunale ha correttamente condiviso le conclusioni del CTU in quanto logiche e prive di vizi.
Con riferimento alla prova di ritiro a caldo ‘shrinkage test for XLPE insulation’ prevista dalla normativa IEC 60502-1, gli aspetti tecnici esaminati dal CTU su richiesta del tecnico di parte appellante del 20.06.2018 (cfr. doc. 9 primo grado appellante) hanno portato a concludere che le parti avevano condiviso la normativa IEC 60092-353 stampigliata sui cavi la quale ‘ nulla stabilisce in merito al ritiro dell’isolante sul rame ‘, rilevando che il diverso ritiro fissato unilateralmente da KU in 2 mm, è inferiore a quello previsto dalla normativa richiamata.
Il tecnico ha esaminato anche normativa IEC 60092-350 precisando che tale normativa al punto 4.3.2 stabilisce solo che ‘ l’isolante deve essere estruso in uno o più strati strettamente aderenti. Il sistema deve formare un corpo omogeneo compatto e deve essere applicato in modo tale che si adatti strettamente al conduttore o nastro(i) se esistono ‘.
In ogni caso, non può ravvisarsi un restringimento significativo rispetto ai limiti prescritti dalla normativa applicabile e non è stato accertato il superamento di tali limiti non concordato tra le parti, oppure che vada oltre la tollerabilità, essendo stato riscontrato che il ritiro dei cavi era contenuto nell’ambito dei parametri normativi se pure non espressamente riferiti agli utilizzi in ambito navale.
Il CTU ha, quindi, contro dedotto a tutti i rilievi tecnici di parte appellante e ha quantificato l’importo totale rimasto da pagare in € 222.911,34 tenendo conto del valore dei cavi che, dall’inizio della lite, superavano i limiti di ritiro concordato.
La sentenza impugnata, che ha condiviso tali conclusioni, deve ritenersi esente dalle censure svolte dall’appellante, essendo risultato accertato che aveva fornito all’appellante i cavi in base agli ordini contenenti l’indicazione delle specifiche tecniche costruttive imposte dalla committente (cfr. docc. 2-17, 29-32, 37-41 relazione CTU pagg. 4 e 19) e che quest’ultima li aveva realizzati in ossequio alla normativa vigente.
Il Tribunale quindi, sulla base delle conclusioni raggiunte dal CTU, ha esattamente accertato che il valore assai limitato del materiale risultato non conforme rispetto a quello complessivamente fornito e all’importo totale della commessa non potesse costituire indice della gravità dell’inadempimento richiesta dagli artt. 1453 e 1455 Cod. Civ. ai fini della risoluzione del contratto di fornitura e dell’accoglimento della domanda risarcitoria dell’attrice.
La Corte di Cassazione ha stabilito che il vizio di motivazione della sentenza può legittimamente dirsi sussistente soltanto nelle ipotesi in cui nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile traccia evidente del mancato esame di punti decisivi della controversia, o quando esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione (cfr. Cass. 09.08.2007, n. 17477; Cass. 07.06.2005, n. 11789).
La Corte Suprema ha stabilito inoltre che: ‘ Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese, perché incompatibili con le argomentazioni accolte ‘ (cfr. Cass. Civ. Ord.16.11.2022 n. 33742).
L’appellante anche nel presente grado, riportando stralci della CTU, i rilievi del CTP e la contestazione alle conclusioni già rassegnate in primo grado, ha chiesto un riesame della consulenza che deve escludersi, avendo il Tribunale ampiamente motivato con riferimento ai criteri utilizzati per il calcolo degli importi dovuti sulla base delle conclusioni del CTU.
L’adesione del giudice alle risultanze della CTU non può definirsi acritica, né può considerarsi come motivazione apparente, dovendo confermarsi che la relazione tecnica, alle cui conclusioni in Tribunale si è uniformato, risulta congruamente motivata ed esente da vizi logici.
L’appello va, quindi, respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e vengono liquidate come da dispositivo in base al D.M. 55/2014 e successive modifiche e integrazioni, e vanno poste a carico dell’appellante e in favore di con applicazione dei parametri di valore medio e con esclusione della fase istruttoria, non tenutasi.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Venezia, definitivamente pronunciando nel procedimento di appello di cui in epigrafe, disattesa ogni diversa e contraria istanza, eccezione e conclusione, così provvede:
1) respinge l’appello e conferma la sentenza del Tribunale di Verona n. 15/2022;
2) condanna l’appellante a rifondere a le spese del grado che liquida in € 9.991,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario, IVA e CPNA.
Si dà atto che sussistono a carico dell’appellante soccombente i presupposti applicativi dell’art. 13, co. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico in materia di spese di giustizia) per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dovuto ai sensi dell’art. 1 comma 17 della Legge n. 228/2012 con effetto decorrente dal 30.01.2013.
Così deciso in Venezia il 03 marzo 2025.
Dott. NOME COGNOME
Il Consigliere COGNOME
Dott. NOME COGNOME