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Vizi della merce: quando il difetto non è grave

Una società acquirente di cavi elettrici contesta la qualità della fornitura a causa di un ritiro anomalo dell’isolante. La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, nega la risoluzione del contratto. La sentenza chiarisce che i vizi della merce, se di valore esiguo rispetto alla fornitura totale, non costituiscono un inadempimento grave tale da giustificare lo scioglimento del vincolo contrattuale, valorizzando le conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU).

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Vizi della Merce: Quando un Difetto non Basta per Annullare il Contratto

Nella complessa dinamica dei rapporti commerciali, la presenza di vizi della merce rappresenta una delle problematiche più frequenti. Ma un difetto, anche se accertato, è sempre sufficiente a giustificare la risoluzione di un contratto di fornitura? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia offre chiarimenti cruciali su questo punto, sottolineando l’importanza della gravità dell’inadempimento e il ruolo determinante della consulenza tecnica nel processo.

I Fatti di Causa: La Fornitura di Cavi Contestata

Una società operante nel settore navale acquistava ingenti quantitativi di cavi elettrici da un’azienda produttrice. A partire da un certo momento, la società acquirente iniziava a ricevere lamentele dai propri clienti a causa di un difetto specifico: un anomalo “ritiro” del materiale isolante rispetto al conduttore interno al momento del taglio del cavo. Questo problema, oltre a essere una non conformità, rappresentava un potenziale rischio per la sicurezza degli impianti.

L’acquirente, dopo aver contestato i difetti, citava in giudizio il fornitore chiedendo la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento e il risarcimento dei danni. Il fornitore si difendeva sostenendo che i cavi erano stati prodotti secondo le specifiche tecniche fornite dall’acquirente stesso e che, in ogni caso, i difetti lamentati non sussistevano o erano di minima entità. In via riconvenzionale, chiedeva il pagamento delle fatture insolute per un valore di oltre 200.000 euro.

La Decisione di Primo Grado e l’Appello sui Vizi della Merce

Il Tribunale di primo grado, basandosi su una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), accertava l’esistenza di vizi solo per una minima parte della fornitura, quantificandone il valore in circa 2.000 euro. Di conseguenza, respingeva la domanda di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno, ritenendo l’inadempimento del fornitore di “scarsa importanza”. Accoglieva invece la domanda riconvenzionale del fornitore, condannando l’acquirente al pagamento delle fatture insolute, decurtate del solo valore della merce difettosa.

L’acquirente proponeva appello, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel recepire acriticamente le conclusioni del CTU, senza fornire una motivazione adeguata rispetto alle contestazioni sollevate dal proprio consulente di parte.

L’Analisi della Corte d’Appello sul Ruolo della CTU

La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, confermando integralmente la sentenza di primo grado. I giudici hanno chiarito che il Tribunale non si era limitato a un’adesione passiva alla perizia. Al contrario, la sua decisione era fondata su una valutazione puntuale e corretta delle risultanze della CTU, la quale aveva già esaminato e confutato le osservazioni tecniche della parte appellante.

Il punto centrale della controversia risiedeva nella definizione dello standard tecnico applicabile. La CTU aveva evidenziato che le normative tecniche di riferimento (norme IEC) non prevedevano un limite specifico per il ritiro dell’isolante e che solo in un secondo momento le parti avevano concordato un nuovo requisito più stringente. La merce contestata, sebbene presentasse il fenomeno del ritiro, rientrava nei parametri normativi accettati al momento della fornitura. Di conseguenza, non poteva essere considerata viziata in modo grave.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto l’appello infondato, spiegando che il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del CTU che ha tenuto conto dei rilievi delle parti, adempie al proprio obbligo di motivazione. Non è necessario che il giudice si soffermi a confutare ogni singola deduzione contraria, se queste sono implicitamente disattese perché incompatibili con la soluzione accolta.

Il cuore della decisione si basa sull’applicazione dell’art. 1455 del Codice Civile, che subordina la risoluzione del contratto a un inadempimento “di non scarsa importanza”. Nel caso di specie, il valore accertato dei vizi della merce (circa 2.000 euro) era palesemente esiguo rispetto all’importo totale della fornitura (oltre 227.000 euro). Tale sproporzione ha portato i giudici a concludere che la violazione contrattuale non fosse sufficientemente grave da giustificare una misura drastica come la risoluzione del contratto.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti implicazioni pratiche per le imprese:

1. Chiarezza Contrattuale: È fondamentale definire con la massima precisione le specifiche tecniche della merce nei contratti di fornitura. Requisiti non formalizzati o introdotti unilateralmente potrebbero non essere opponibili alla controparte.
2. Gravità dell’Inadempimento: Non ogni difetto legittima la risoluzione del contratto. Il giudice valuta la gravità della violazione in rapporto all’equilibrio complessivo del contratto e all’interesse della parte non inadempiente.
3. Valore della CTU: In controversie tecniche, una CTU ben argomentata assume un peso determinante. Le contestazioni delle parti devono essere specifiche e tecnicamente fondate per poter incrinare le conclusioni dell’esperto del giudice.

Un qualsiasi difetto nella merce fornita è sufficiente per chiedere la risoluzione del contratto?
No. Secondo la sentenza, per ottenere la risoluzione del contratto è necessario che l’inadempimento sia di “non scarsa importanza”, come previsto dall’art. 1455 del Codice Civile. Un difetto di valore esiguo rispetto al valore complessivo della fornitura non è considerato sufficientemente grave.

Come valuta il giudice le contestazioni tecniche di una parte contro la perizia dell’esperto (CTU)?
Il giudice non è tenuto a confutare punto per punto le osservazioni del consulente di parte se ritiene che la relazione del CTU sia completa, logica e abbia già adeguatamente risposto a tali contestazioni. L’adesione del giudice a una CTU ben motivata è considerata sufficiente a fondare la decisione.

Qual è il criterio per stabilire se un inadempimento contrattuale è ‘grave’?
Il criterio è la “non scarsa importanza” dell’inadempimento, valutata tenendo conto dell’interesse della parte che lo subisce. La sentenza dimostra che un fattore chiave in questa valutazione è la proporzione tra il valore del difetto e il valore totale della prestazione contrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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