Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3087 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3087  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19575/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  oggi  fusa  in  RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME  COGNOME e NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME  COGNOME    che  la  rappresenta  e  difende  unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso  la sentenza  della CORTE  D’APPELLO di  MILANO  n. 1704/2019 depositata il 17/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano con la quale era stata condannata a pagare alla RAGIONE_SOCIALE (di seguito per brevità ‘RAGIONE_SOCIALE‘) la somma di Euro 35.669,24, corrispondente al saldo (rispetto all’acconto di Euro 30.000,00 già versati) della fornitura di mais ‘Dekalb alta qualità’ -da quest’ultima a sua volta acquistata dalla RAGIONE_SOCIALE (di seguito per brevità ‘RAGIONE_SOCIALE‘), chiamata in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE manleva -e a rimborsarle le spese processuali anticipate.
La Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame. In primo luogo,  la  Corte  territoriale  dichiarava  inammissibile  la  nuova documentazione prodotta in appello e la richiesta di prove orali, le quali,  invero,  non  erano  state  oggetto  di  specifica  richiesta  di ammissione in sede di conclusioni precisate nel primo grado con conseguente comportamento abdicativo e comunque con conseguente verificarsi di decadenza ( ex multis, Cass.n.19352/2017, n.16886/2016).
Ric. 2019 n. 19575 sez. S2 – ud. 13/12/2023
Per altro verso , la Corte d’Appello evidenziava il carattere di novità de gli argomenti difensivi sviluppati nei motivi d’appello che non trovavano riscontro in corrispondenti difese svolte in primo grado. I n particolare, l’ asserito riconoscimento dei vizi da parte di GTS nonché le deduzioni sulla mancanza di qualità promesse o vizio redibitorio con riferimento alla asserita produttività ‘ in re ipsa ‘ che sarebbe desumibile dalla stessa natura ‘ibrida’ del seme oltre che dalla documentazione scientifica-informativa-pubblicitaria prodotta (inammissibilmente) in appello.
L ‘appellante aveva focalizzato sostanzialmente la difesa sulla circostanza che la RAGIONE_SOCIALE avesse assunto una sorta di comportamento concludente nel senso che, nel denunciare i vizi alla fornitrice RAGIONE_SOCIALE e nel chiederle uno sconto, come attestato dalla corrispondenza intercorsa tra dette parti avesse implicitamente ammesso l’esistenza degli stessi nella fornitura ricevuta, compresa, quindi, quella parte poi venduta alla RAGIONE_SOCIALE. Tale ammissione, secondo l’appellante, avrebbe dimostrato, primariamente, che la RAGIONE_SOCIALE avesse di fatto lamentato nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE la sussistenza del vizio di scarsa produttività del seme e la sua resa inferiore a quella promessa, come attestato dai richiamati documenti nn.2 e 5. Di conseguenza nel rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, vi sarebbe stato il riconoscimento della presenza di vizi e della mancanza di qualità nel seme fornito a RAGIONE_SOCIALE, con conseguente venir meno della necessità di tempestiva denuncia degli stessi a norma del secondo comma dell’art .1495 c.c.
Secondo  la  Corte  d’Appello  l’ allegazione dell’appellante  era inammissibile in quanto prospettata per la prima volta in appello, con conseguente inserimento nel secondo grado di giudizio di un
nuovo tema d’indagine, in violazione del divieto di ‘ nova ‘ sancito dall’art.345 c.p.c.
Nel  giudizio  di  primo  grado,  infatti,  RAGIONE_SOCIALE  aveva insistito sulla tempestività della propria denuncia del vizio negando di essere incorsa nella decadenza  di cui  al  primo  comma dell’art.1495 c.c.
Nessun riferimento aveva invece compiuto in ordine al riconoscimento del vizio da parte del venditore GTS nei termini normativi del secondo comma dall’art.1495 c.c., in base al quale sarebbe venuto meno l’onere di denuncia del vizio . Non si trattava, dunque, di un rafforzamento della propria originaria difesa con il supporto di argomenti ulteriori e più incisivi, ma dell’introduzione di un tema nuovo, per allegazione (di parte) e per indagine (del Giudice), sul quale controparte non aveva avuto possibilità di difendersi nel precedente grado. L’inammissibilità dell’argomento del riconoscimento e della sua efficacia era assorbente rispetto al merito della questione, sicché solo ad abundantiam , per sottolineare la inconcludenza su cui si fondava il motivo, la Corte osservava che non poteva comunque inferirsi l’avvenuto riconoscimento dei vizi da parte della venditrice GTS nei confronti dell’acquirente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dalla semplice denuncia fatta dalla GTS alla RAGIONE_SOCIALE quasi come se si trattasse di un effetto ‘a cascata’ basato su semplici presunzioni riguardanti un rapporto diverso da quello intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Per il resto, le allegazioni sull’errore del primo Giudice erano generiche e non valevano a scalfire la motivazione da questi resa in  ordine  alla  insussistenza  di  elementi  utili  a  rappresentare l’effettiva esistenza di una promessa e/o pattuizione sulla
produttività del seme, ed in ordine alla mancanza di elementi probatori adeguati sulla tempestività della denuncia dei vizi lamentati. La Corte d’Appello aggiungeva, in ordine alla deduzione che il comportamento di NOME, nell’accontentarsi di un pagamento parziale da parte della RAGIONE_SOCIALE, sottendesse un accordo legato alla minore produttività rispetto alle aspettative, che si trattava di argomento del tutto inconsistente perché contrario alla pratica commerciale ove gli acconti non hanno affatto il significato di un accordo nel senso della riduzione del prezzo.
A proposito delle deduzioni dell’appellante sul fatto che i vizi non potessero che riferirsi alle qualità essenziali del seme, che aveva presentato caratteristiche di produttività eccessivamente divergenti da quanto (asseritamente) garantito, l’appellante aveva speso argomenti nuovi, e come tali inammissibili, oltre che -altrettanto- inconcludenti. Infatti, a suo dire, la mancanza di un esplicito accordo sulla produttività nella proposta di vendita del 17.2.2011 non era circostanza significativa, a differenza di quanto ritenuto dal primo Giudice.
Ma gli argomenti addotti a sostegno di tale assunto (oltre a quello del comportamento tenuto da GTS di cui si è già detto) si riferivano al fatto che la qualità essenziale della maggior produttività del seme sarebbe stata in re ipsa , dovendo l”ibrido’ acquistato garantire di per sé la maggior produttività rispetto al seme tradizionale, come emergeva dalla documentazione prodotta in  appello  (all.B-C-D-E-F,  relativa  alle  caratteristiche  del  seme oggetto del contratto di compravendita).
La novità dell’argomento e della documentazione a supporto rendeva no inammissibile l’esame della deduzione, sicché, ancora
una volta, solo ad abundantiam e per sottolineare la infondatezza dell’appello si osserva va che, in mancanza di prova di una effettiva pattuizione  sulla  produttività  del  seme  ‘ibrido’  acquistato,  non potrebbe in alcun modo riscontrarsi -e tantomeno in via presuntivache detto seme mancasse delle qualità intrinseche e fosse inciso da vizio redibitorio così da giustificare la riduzione del prezzo concordato.
La  società  ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ha  proposto  ricorso  per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
 RAGIONE_SOCIALE,  oggi  fusa  in  RAGIONE_SOCIALE, ha resistito con controricorso e ha depositato memoria in prossimità dell’udienza .
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Il  primo  motivo  di  ricorso  è  così  rubricato:  Violazione dell’art.1490  e  segg.  c.c.  violazione  dell’art.1483  c.c.  violazione dell’art.  345  c.p.c.  in  relazione  all’art.  360  n.  3  c.p.c.  Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) Violazione dell’art. 101 c.p.c. (art. 360 n. 3).
La censura si rivolge avverso la statuizione di inammissibilità della eccezione di merito fondata sul riconoscimento della mancanza  di  qualità  essenziale  effettuato  dalla  convenuta  nei confronti  della  RAGIONE_SOCIALE.  Secondo  la  ricorrente  la sentenza non enuncerebbe la natura giuridica del preteso elemento di  novità  che,  attenendo  non  ad  una  domanda  ma  solo  ad  una eccezione, configurerebbe la applicabilità del disposto del secondo
comma dell’art. 345 c.p.c. che non prevede la deducibilità d’ufficio di una eventuale eccezione nuova.
Peraltro, il difetto di novità dell’ eccezione non era rilevabile di ufficio. Nella specie, la parte interessata non aveva eccepito una tale  decadenza,  né  l’aveva  rilevata,  pur  trattandosi  di  profilo estremamente  rilevante  quanto  alla  sua  difesa  e  pur  avendo espressamente richiamato  la  norma  di  divieto  di  cui  all’art.  345 c.p.c., applicandola alla produzione probatoria.
In  ogni  caso,  secondo  la  ricorrente,  non  si  tratterebbe  di questione nuova proposta per la prima volta in appello poiché tutti i fatti posti a fondamento dei motivi dell’ appello erano stati dedotti in primo grado (anche quanto ai rapporti con la società RAGIONE_SOCIALE chiamata alla garanzia in quanto fornitrice delle sementi alla RAGIONE_SOCIALE per cui, nella specie, fermo restando il petitum e la causa petendi, si è avuta una semplice evidenziazione in ordine al carattere della fattispecie).
Infine,  sarebbe  stato  violato  l’art.  101  c.p.c.  secondo  cui quando ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata  d’ufficio,  il  giudice  riserva  la  decisione,  assegnando  alle parti,  a  pena  di  nullità,  un  termine,  non  inferiore  a  venti  e  non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria  di  memorie  contenenti  osservazioni  sulla  medesima questione” .
Quanto alla documentazione nuova, secondo la ricorrente era ammissibile avendo solo la funzione di confortare la tesi principale, senza alcun apporto di rilievo  e  non  trattandosi  di  documenti  in senso  proprio,  ma  di  illustrazione  di  fatti  tecnici  e  commerciali aventi anche funzione, quanto alla illustrazione del fatto, analoga a
quella che ha la menzione di massime giurisprudenziali a sostegno di tesi di diritto.
Quanto alla prova testimoniale non può essere condivisa la tesi secondo cui una richiesta istruttoria non espressamente riprodotta in sede di conclusioni debba intendersi abbandonata.
Ed  infatti  è  nella  norma  e  nella  consuetudine  che  si  possa precisare riportandosi alle conclusioni degli atti introduttivi ed ai successivi atti istruttori ed alle richieste di cui al l’ art. 183 c.p.c.
Dalla semplice sommaria esposizione riassuntiva emergerebbe come nella specie non si sarebbe al cospetto di un motivo nuovo ma di un semplice rafforzamento della propria originaria difesa con il supporto di semplici argomentazioni esemplificative di fatti già dedotti in prima sede e la domanda (intesa come petitum e causa petendi ) sarebbe rimasta identica a quella proposta in primo grado (di garanzia assistita dai presupposti di legge quanto alla deduzione e denuncia della stessa) compendiata nei fatti ampiamente esposti e relativi anche ai rapporti con la società nei cui confronti la RAGIONE_SOCIALE ha esercito azione di garanzia per i danni conseguenti ai vizi della cosa compravenduta (che peraltro, nella loro materialità, entrambe le società non hanno negato).
In appello vi sarebbe stato un maggior approfondimento ed evidenziazione di quanto analiticamente esposto a fondamento della domanda di garanzia e dei presupposti legittimanti la stessa anche quanto ai rapporti di entrambe le società con la RAGIONE_SOCIALE. Parimenti contraddittoria (rispetto alla decisione di inammissibilità assorbente) è la parte della sentenza che si sofferma sul l’erroneità del la tesi difensiva secondo cui i vizi non possono riferirsi alle qualità essenziali del seme, che aveva
presentato caratteristiche di produttività eccessivamente divergenti tanto da richiedere la garanzia necessaria
Neppure sarebbe ipotizzabile, una pattuizione espressa sulla garanzia per vizi (che costituisce elemento naturale del contatto) anche per ciò che concerne la prestazione della qualità essenziale della maggior produttività del seme che sarebbe da ritenersi in re ipsa , dovendo l” ibrido” acquistato garantire di per sé la maggior produttività rispetto al seme tradizionale, per come emergerebbe dalla logica più elementare e dagli atti.
 Il  secondo  motivo  di  ricorso  è  così  rubricato:  Violazione dell’art. 1490 e segg. c.c. Violazione dell’art. 1492 c.c. -violazione dell’art.  345  c.p.c.  in  relazione  all’art.  360  n.  3  c.p.c.  –  Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (art. 360 n. 4 c.p.c.). Mancata corrispondenza tra richiesto e pronunciato – art. 112 c.p.c (art. 360 n. 4 c.p.c.).
La difesa della società ricorrente ha sempre sostenuto di aver effettuato la denuncia e di averla rinnovata più volte tenendo presente che poteva essere effettuata solo alla scoperta del vizio ed al riconoscimento della gravità dello stesso e, pertanto, nella specie, presupponeva (trattandosi di produttività della semenza) di aspettare la produzione per rilevare i dati significativi e sintomatici da porre a base della domanda redibitoria. Tale richiesta fondamentale (con deduzione della relativa denuncia) sarebbe stata ammessa espressamente dalla stessa Corte d’Appello.
La società RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto (e sostiene) in primo grado  ed  in  appello,  che  la  denuncia  dei  vizi  era  da  ritenersi effettuata tempestivamente dal momento che, nel caso di specie, era  stato  possibile  accertarli  soltanto  a  fine  campagna,  avendo
riscontrato  anche  dai  sub-fornitori  una  scarsa  produttività  di granoturco  e,  in  ogni  caso,  anche  alla  luce  della  sentenza  della Suprema  Corte  di  Cassazione  (la  n.  6169/2011)  sarebbe  stata «ammissibile  una  corretta  individuazione  dei  difetti  in  corso  di causa, al l’ ‘esito di  una  consulenza  tecnica  d ‘ ufficio volta  ad accertare la qualità della partita di semi venduta da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE».
Su tale domanda così proposta e reiterata, la Corte d’Appello non avrebbe provveduto e si sarebbe occupata solo della ammissibilità di una ipotizzata domanda  ulteriore e nuova, integrando tale omissione, certamente, il dedotto vizio di legittimità.
La ricorrente ribadisce che la tesi relativa al riconoscimento del vizio ed all’occultamento dello stesso aveva rilevanza aggiuntiva, il che non è stato considerato dalla sentenza che ritiene il detto argomento riferito alla applicazione dell ‘ art 1495, comma 3, c.c., come sostitutivo e non aggiuntivo per cui l’argomento originario e fondamentale non sarebbe stato nemmeno preso in considerazione dalla sentenza d’appello (con omissione rilevante anche in relazione al disposto dell’ art. 360 n. 5 c.p.c. e dell ‘ art. 360 n. 4 – stante la mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato).
E  ciò  pur  essendo  lo  stesso  fondato  per  come  ampiamente dedotto  con  l’atto  d’appello  in  cui  è  stato  evidenziato  come  la compravendita per l’annata 2011 di “semi di mais Dekalb” è stata effettuata a seguito di incontri informativi circa le caratteristiche di tale seme presso la sede della medesima “RAGIONE_SOCIALE” (con affermazione non smentita e con proposizioni ribadite nel capitolato di prova testimoniale richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE).
L ‘allora appellante aggiungeva di aver contestato «la cattiva qualità del seme Dekalb» già ad ottobre del 2011, come emergeva dalla mail inviata dal sig. COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE allorché il responsabile della RAGIONE_SOCIALE non riteneva di accordare la chiesta riduzione del prezzo.
Peraltro, la denuncia dei vizi dovrebbe ritenersi effettuata tempestivamente dal momento che, nel caso di specie, era stato possibile accertarli soltanto a fine campagna avendo riscontrato anche dai sub-fornitori una scarsa produttività di granoturco e, in ogni caso, anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 6169/2011 sarebbe stata «ammissibile una corretta individuazione dei difetti in corso di causa, all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare la qualità della partita di semi venduta da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
La Corte d’Appello avrebbe omesso i motivi residui quali anche il  secondo motivo di appello attinente alla qualificazione del vizio stesso con considerazioni sulla natura, gli effetti e la validità della denuncia per i vizi.
2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente sono inammissibili.
Preliminarmente deve evidenziarsi che nella sentenza impugnata si legge che in primo grado il Tribunale di Milano aveva ritenuto che  non  sussistesse  alcuna  pattuizione tra le parti riguardante la garanzia di alta produttività del seme allegata dalla soc ietà RAGIONE_SOCIALE oltre al fatto che quest’ultima non aveva dimostrato la tempestività della denuncia del vizio.  Del pari non risultava provata neanche la domanda subordinata di
inadempimento con riferimento alla garanzia di redditività asseritamente illustrata negli incontri preliminari.
La Corte d’Appello , nel rigettare i due motivi di appello che in questa sede sono sostanzialmente riproposti dalla ricorrente ha speso una doppia ratio decidendi, una prima di inammissibilità delle nuove deduzioni e una seconda di infondatezza della domanda perché la qualità dedotta come mancante non risultava promessa. Infatti, la Corte territoriale, dopo aver dato atto della inammissibilità della nuova documentazione prodotta in appello e dell’inammissibilità delle nuove allegazioni della società appellante circa l’impli cito riconoscimento del vizio che in ogni caso non poteva ricondursi dalla semplice denuncia fatta dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, quasi come si si trattasse di un effetto a cascata basato su semplici presunzioni riguardanti un rapporto diverso da quello intercorso tra le parti. Inoltre, la Corte d’Appello ha evidenziato la genericità delle allegazioni dell’appellante sull’errore del primo giudice , non utili a rappresentare l’effettiva esistenza di una prome ssa o pattuizione sulla produttività del seme. La Corte d’Appello ha ritenuto del pari infondata nel merito anche la tesi circa la qualità essenziale dell’alta produttività del seme da ritenersi in re ipsa dovendo necessariamente l’ibrido garantire una maggiore produttività rispetto al seme tradizionale, dopo averne evidenziato l’inammissibilità per la novità dell’allegazione conseguente all’inammissibilità della nuova documentazione prodotta in appello. Infatti, anche in questo caso, la Corte territoriale ha esaminato nel merito la censura evidenziandone l’infondatezza derivante dalla mancanza di una pattuizione circa la maggiore produttività del seme acquistato. La statuizione di infondatezza dei motivi ha
comportato che l’appello è stato rigettato e non  dichiarato inammissibile.
2.2  Ciò  premesso  deve  osservarsi  che  le  censure  di  parte ricorrente  si  incentrano  prevalentemente  sulla  tempestività  della deduzione dei vizi di scarsa produttività del seme acquistato sia per l’erroneità della statuizione della Corte d’Appello di inammissibilità della  nuova  allegazione dell’implicito  riconoscimento  del vizio  da parte di GTS sia per il fatto che il vizio sarebbe emerso solo all’esito del raccolto e, dunque, dovrebbe ritenersi tempestivo.
I ricorrenti, invece, non sviluppano alcuna censura, se non in modo del tutto generico e, quindi inammissibile, rispetto alla parte della sentenza che ha confermato quanto statuito già in primo grado circa la mancanza di una pattuizione che garantisse una maggiore produttività del seme. Tale statuizione, secondo cui la mancanza di pattuizione esclude di per sé che tale qualità possa ritenersi in re ipsa per il solo fatto che il seme acquistato fosse di tipo ‘ibrido’ , costituisce un’ autonoma ratio decidendi che ha fondato tanto la decisione tanto di primo grado che di appello.
L’aver omesso di censurare specificatamente e dettagliatamente  tale ratio rende all’evidenza inammissibili  le restanti  censure  sulla  tempestività  del  vizio  che  presuppone  la sussistenza  della  promessa  della  qualità  asseritamente  difettosa del bene compravenduto.
Nella specie, infatti, la Corte d’Appello nel dichiarare inammissibile perché nuova  l ‘allegazione dell’appellante circa l’implicito riconoscimento dei vizi da parte di RAGIONE_SOCIALE mediante la sua denuncia  alla  RAGIONE_SOCIALE  non  ha  inteso  spogliarsi  della  propria potestas  iudicandi ,  e  ha  indicato  sia  pure ad  abundantiam una
ulteriore ragione che, entrando nel merito, accerta l’infondatezza della originaria domanda e del correlato motivo di appello.
In tal modo, la Corte ha adottato una duplice statuizione, la seconda sulla base di una ragione alternativa di rigetto dell’appello per la mancanza della pattuizione della garanzia di un’alta produttività del seme ibrido, sicché era onere della RAGIONE_SOCIALE censurare efficacemente tale aspetto, logicamente preliminare rispetto alla tempestività della denuncia del vizio. D’altra parte, come si è prima evidenziato, la Corte d’Appello ha rigettato il gravame e non lo ha dichiarato inammissibile a riprova dell’autonoma statuizione sul punto idonea a reggere da sola decisione adottata di rigetto dell’appello e, dunque, della domanda.
Deve ribadirsi, infatti, che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017) Nello stesso senso anche Sez. 3, Ord. n. 15399 del 2018 secondo cui: Il giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima “ratio decidendi”, esamini e rigetti l’appello anche per una seconda “ratio”, al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della “potestas iudicandi”, pertanto, la sentenza risulta sorretta da due diverse “rationes decidendi”, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, sicché l’inammissibilità del motivo di ricorso
attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i  quali  non  risulterebbero  in  nessun  caso  idonei  a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque  consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile.
Peraltro, la Corte d’Appello non ha ritenuto inammissibile l’eccezione perché proposta tardivamente quanto piuttosto che la stessa non fosse supportata da fatti o elementi già dedotti nel corso del giudizio di primo grado. Infatti, la Corte d’Appello ha preliminarmente ritenuto inammissibili i documenti prodotti a sostegno della stessa e, dunque, anche se rilevabile d’ufficio e sottratta al divieto stabilito dall’art. 345, comma 2, c.p.c., l’eccezione riguardava fatti non emergenti dalle prove acquisite in primo grado.
Deve ribadirsi in proposito che le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio e sono sottratte al divieto stabilito dall’art. 345, comma 2, c.p.c., sempre che riguardino fatti principali o secondari emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo , (Sez. 3, Ordinanza n. 34053 del 05/12/2023, Rv. 669488 – 01).
 Il  terzo  motivo  di  ricorso  è  così  rubricato:  Violazione  dei principi sul contraddittorio in appello. Violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La  sentenza  ha  disatteso  il  motivo  di  appello  con  cui  si chiedeva,  quanto  meno,  la  compensazione  delle  spese  di  primo grado ovvero la loro quantificazione in maniera più lieve rispetto a quelle liquidate in favore in favore della RAGIONE_SOCIALE. Ciò, in quanto,
si  rilevava  nei  motivi  di  appello  che,  mentre  l’odierna  ricorrente aveva parzialmente adempiuto all’obbligazione del pagamento del 50% in favore della RAGIONE_SOCIALE,  quest’ultima  non  lo  aveva fatto a sua volta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, sicché equiparare le condanne alle spese legali rappresentava non solo una iniquità ma, addirittura, una palese illegittimità anche alla luce della circostanza che  la  RAGIONE_SOCIALE  era  stata  condannata  anche  quale  lite temeraria.
3.1  Il  terzo  motivo  di  ricorso  è  in  parte  infondato  in  parte inammissibile.
La ricorrente è stata integralmente soccombente tanto nel giudizio di primo grado che in quello di appello, di conseguenza quanto alla dedotta violazione dell’art. 91 c.p.c. è sufficiente richiamare il principio secondo il quale la soccombenza comporta solo che è vietato condannare alle spese la parte totalmente vittoriosa (Cass. n. 18128 del 31/08/2020 Rv. 658963 – 01). La censura circa l’iniquità del criterio adottato per il diverso comportamento tenuto da RAGIONE_SOCIALE rispetto a GTS è inammissibile rientrando tale aspetto nella valutazione discrezionale del giudice di merito.
4. Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti  della  due  parti  controricorrenti  che  liquida  in  favore  di RAGIONE_SOCIALE in euro 4000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge, e in  favore di RAGIONE_SOCIALE in euro 5000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge ;
ai  sensi  dell’art.  13,  co.  1  quater,  del  d.P.R.  n.  115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione