Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1542 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 1542 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17485/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA C.SO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA C.INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE,
COGNOME NOME (BNTFNC34M14H225Q), NOME (MRONCL66D02E326G)
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
TABLE
-intimato- sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA C.INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE,
COGNOME NOME (BNTFNC34M14H225Q), NOME (MRONCL66D02E326G)
-controricorrente all’incidentale-
nonché
contro
ENI
REWIND
SPA
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 4383/2019 depositata il 05/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che
1.-La RAGIONE_SOCIALE (avente causa della RAGIONE_SOCIALE) e la società RAGIONE_SOCIALE (all’epoca RAGIONE_SOCIALE) hanno venduto, con tre diversi contratti, nel 1985, nel 1987 e nel 1989, alcuni loro terreni alla società RAGIONE_SOCIALE (prima RAGIONE_SOCIALE).
2.-Nel 1998, COGNOME ha contestato alle società venditrici di aver dovuto bonificare quei terreni, in quanto già inquinati da sostanze chimiche, al fine di ottemperare ad ordinanze della Regione Lombardia che lo imponevano: provvedimenti impugnati, si, da COGNOME che ne ha ottenuto sospensiva ed annullamento, ma che, in ragione della loro immeditata efficacia esecutiva, avevano comunque costretto la società ad ottemperare e dunque a spendere una cospicua somma per la bonifica dell’area.
Un anno dopo, con atto di citazione del 16.12.1999, COGNOME ha agito in giudizio nei confronti delle società venditrici (RAGIONE_SOCIALE per ottenere il risarcimento dei danni pari al costo della
bonifica: la domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE è stata poi oggetto di rinuncia.
3.-Quel giudizio è stato tuttavia sospeso, ex articolo 295 c.p.c., in quanto era pendente una causa ritenuta pregiudiziale, che era stata intrapresa dalla Regione Lombardia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE BraccoRAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE per inquinamento ambientale, relativamente a tutta l’area ex Acna, all’interno della quale i terreni comprati da COGNOME erano soltanto una parte.
Il giudizio pregiudicante si è così sviluppato: nel 2002 il Tribunale di Milano ha disposto, con sentenza parziale, una CTU per accertare l’inquinamento lamentato dalla Regione e per stabilirne le cause e le responsabilità; questa decisione è stata impugnata e in appello confermata (sentenza del 2006); il giudizio è poi proseguito davanti al Tribunale, che ha emesso nel 2008 la sentenza definitiva con cui ha accertato che una parte dell’area, quella di proprietà Basf, era inquinata da trielina, ed ha condannato i convenuti al risarcimento.
3.1.- A questo punto COGNOME ha riassunto il giudizio che, iniziato, come si è detto verso RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE), suoi danti causa, era stato sospeso in attesa della definizione di quello promosso dalla Regione Lombardia e di cui si è testé detto. Ripreso dunque il giudizio, il Tribunale di Milano ha condannato RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno, e respinto la domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
Questa decisione è stata confermata in appello.
Tuttavia, questa Corte, con decisione n. 16654/ 2017, annullando la sentenza di appello, ha disposto nuovo esame al giudice di rinvio.
In particolare, la Corte ha accolto il primo motivo di ricorso con cui RAGIONE_SOCIALE lamentava l’erroneo inquadramento della sua condotta nei termini di una responsabilità extracontrattuale,
anziché solamente da responsabilità contrattuale per vizi della cosa venduta.
In pratica, COGNOME aveva sostenuto la tesi secondo cui l’inquinamento del terreno non era soltanto motivo di vizio della cosa venduta, ma configurava altresì una responsabilità extracontrattuale in quanto impediva al compratore il godimento del diritto di proprietà, secondo la sua funzione economico sociale, salvo costose opere di bonifica: da un lato, quindi, l’aver venduto a COGNOME un terreno inquinato costituiva responsabilità contrattuale, ma, per altro verso, aver inquinato quel terreno era altresì motivo di responsabilità extracontrattuale, così che le due azioni dovevano ritenersi coesistenti.
Questa Corte, con la sentenza prima citata, ha smentito questa tesi, osservando come, in caso di vendita, oltre all’azione da contratto, può prospettarsi una responsabilità extracontrattuale se la condotta del venditore ha leso interessi diversi da quelli già tutelati dal contratto e di conseguenza non lesi dall’inadempimento. Riassunta la causa, a seguito del rinvio da annullamento, il Tribunale di Milano ha ribadito la decisione precedente ritenendo responsabile RAGIONE_SOCIALE verso Bracco.
4.-Questa decisione è qui impugnata da RAGIONE_SOCIALE con otto motivi, cui si oppone COGNOME con controricorso, ma proponendo altresì ricorso incidentale con due motivi. V’è poi controricorso di Eni, già RAGIONE_SOCIALE. Ciascuna parte ha depositato memoria.
Il PG ha chiesto l’accoglimento del sesto motivo, ed il rigetto degli altri.
Considerato che
La ratio della decisione impugnata.
Secondo i giudici di merito oggetto del giudizio di rinvio è l’accertamento dell’avvenuta prescrizione dei diritti nascenti dal terzo ed ultimo contratto (quello del 1989), essendovi invece giudicato sugli altri: conclusione tratta dal fatto che, nel precedente
ricorso per Cassazione, la questione dei primi due contratti non sarebbe stata posta, e sarebbe dunque diventata definitiva.
Questa ratio è contestata con i primi tre motivi di ricorso.
§. Sul ricorso principale .
5.-Il primo motivo prospetta una violazione dell’articolo 384 c.p.c.
Si è detto che questa Corte, con precedente sentenza, ha annullato la decisione della Corte di Appello, nella parte in cui aveva ritenuto un concorso tra la responsabilità contrattuale del venditore e quella extracontrattuale dell’inquinatore: dopo avere accolto il motivo di ricorso sulla infondatezza del concorso dei due titoli di responsabilità, questa Corte ha escluso di dover decidere nel merito, come era stato richiesto, evidenziando la necessità di accertamenti di fatto, relativamente alla decadenza e prescrizione dei diritti nascenti dal contratto, ed ha pertanto dichiarato assorbiti gli altri motivi di ricorso.
Il giudice del rinvio ha interpretato la decisione di questa Corte come se avesse dichiarato che la prescrizione non era maturata per i contratti del 1985 e del 1987, e che dunque era da riesaminare, nel giudizio di rinvio, solo la prescrizione dei diritti nascenti dal contratto del 1989.
La ricorrente contesta al giudice di merito di voler fornire lui una interpretazione del precedente ricorso per cassazione, e di quanto quel ricorso abbia devoluto al giudice di legittimità.
Secondo la ricorrente il giudice di rinvio ha inoltre frainteso la decisione della Corte e gli ambiti da questa stabiliti per il giudizio di rinvio: non vi sarebbe infatti alcuna decisione che costituisce giudicato sulla questione della prescrizione dei contratti 1985 e 1987, in quanto la sentenza di questa Corte, che ha annullato quella della Corte di Appello, ha imposto al giudice di rinvio il riesame dell’intera vicenda e non solo di una parte di essa, ossia non soltanto di quella relativa al contratto del 1989.
Il motivo è fondato.
La questione qui è quella dell’ambito del giudizio di rinvio, e dunque di cosa sia stato demandato da questa Corte, con la precedente decisione di annullamento, al giudice del rinvio.
Espressamente questa Corte ha previsto che ‘nessuna decisione di merito può essere assunta in questa sede… posto che la sentenza milanese non ha affrontato il problema della decadenza e della prescrizione dell’azione contrattuale e nulla ha statuito sul punto….’ E dunque ha invitato il giudice di rinvio ‘ad esaminare l’intera vicenda e a verificare se, ed in quali limiti, la società RAGIONE_SOCIALE abbia ancora la possibilità di chiedere il risarcimento ‘ (p. 13).
Il che significa che questa Corte, nella precedente decisione, rinviando al giudice di merito perché accertasse la prescrizione, evidentemente ha escluso che si sia formato il giudicato, che, altrimenti quell’accertamento impedirebbe.
Risulta chiaro che la precedente decisione di questa Corte ha avuto ad oggetto solo la questione della concorrenza tra l’azione da contratto e quella da delitto, e l’ha esclusa, affermando la disponibilità, in capo all’acquirente, della sola azione da inadempimento contrattuale: non ha deciso le altre questioni e segnatamente non ha deciso sulla prescrizione dell’azione da contratto, la quale avrebbe richiesto accertamenti di fatto inammissibili in sede di legittimità.
Il giudice di rinvio, per contro, ritiene che sulla prescrizione ci sia stata statuizione, diventata ormai giudicato, che sarebbe ricavabile da un passo della motivazione della precedente decisione di annullamento con rinvio, secondo cui la prospettazione della responsabilità contrattuale era finalizzata ad aggirare la preclusione ‘inesorabilmente maturata’ relativamente al contratto del 1989: ma quel passo contenuto nella decisone della n. 16654/ 2017 è un mero obiter, ossia un punto della motivazione che non contiene un accertamento (circa l’avvenuta prescrizione) ma una ipotesi sul perché COGNOME ha fatto valere il concorso di responsabilità: ipotesi
che neanche è formulata dal collegio, ma che il collegio attribuisce alla ricorrente. La tesi che l’azione da delitto è esperita per ovviare alla prescrizione di quella da contratto (del 1989) non è una tesi sostenuta dal collegio, ma è una tesi della ricorrente (in quel giudizio) che il collegio cita nella esposizione del motivo di ricorso.
Dalla decisione di annullamento si ricava per contro come la questione della prescrizione era ancora da risolvere, rispetto a tutti e tre i contratti. E lo era anche rispetto alla azione contrattuale, poiché il giudice di appello (quello precedente all’annullamento) se ne era occupato solo con riguardo alla azione ex delicto, che illegittimamente aveva ritenuto esperibile.
E del resto lo stesso giudice del rinvio, poi, ne prende atto, come risulta dal successivo motivo di censura.
6.- Il secondo motivo prospetta violazione dell’articolo 1495 c.c.
La Corte di merito, dopo avere ritenuto coperta da giudicato la questione della prescrizione dei diritti derivanti dai contratti del 1985 e del 1987, ha tuttavia, secondo la ricorrente, esaminato, e dunque contraddittoriamente, nel merito, la detta questione, ed ha ritenuto che, poiché nel 1988 Edison si è impegnata ad eliminare i vizi, ciò ha comportato un nuovo termine di prescrizione.
Nell’affrontare dunque, nel merito, il problema della prescrizione dei diritti derivanti dai contratti del 1985 e 1987, il giudice di merito -in ciò implicitamente ritenendo, in contrasto con quanto detto prima, che non si è formato dunque giudicato su tale questione- sostiene che la prescrizione non è maturata in ragione dell’impegno assunto da Edison nel 1988 di eliminare i vizi.
Secondo la ricorrente in questa affermazione c’è un errore di interpretazione della giurisprudenza di questa Corte ed in particolare della decisione a Sezioni unite nl 19072 del 2012.
Il motivo è fondato.
La controricorrente COGNOME eccepisce che su tale questione si è formato il giudicato, ma, come abbiamo visto, e come lo stesso giudice del rinvio ammette, non è così.
Il punto è che il principio di diritto posto dalla citata decisione delle Sezioni Unite è nel senso che <> (Cass. Sez. Un. 19702/ 2012).
Chiaramente, l’impegno ad eliminare i vizi determina un nuovo termine di prescrizione (decennale) solo per il diritto che quell’impegno fa sorgere, ossia il diritto a che i vizi vengano eliminati secondo l’impegno assunto, mentre rimane soggetto al termine annuale il diritto alla riduzione del prezzo ed alla risoluzione del contratto. Con la conseguenza che si è fatta erronea applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite del 2012, sopra citate, nell’estendere la regola, riferibile ad un diritto, anche agli altri diritti nascenti dal contratto.
7.- Il terzo motivo prospetta una omessa pronuncia.
La Corte di rinvio non avrebbe deciso una eccezione di decadenza, pur se tempestivamente introdotta.
La ricorrente chiede che sia questa Corte a farlo, decidendo nel merito.
Il motivo è inammissibile.
Non è chiaro se la eccezione sia stata posta nei giudizi di merito, ed in che termini.
E’ questione poi assorbita dall’accoglimento dei primi due motivi, ed è inoltre questione che presuppone accertamenti di fatto (quando sia avvenuta la scoperta esattamente dei vizi ecc.) che qui non possono effettuarsi.
8.Il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 2909 c.c. nonché degli articoli 115 e 116 c.p.c.
La tesi è la seguente.
Edison aveva eccepito che, al momento in cui ha venduto i terreni (1985, 1986, 1988), non esisteva la legge sull’inquinamento ambientale (che è del 1997). E dunque neanche l’illecito corrispondente. Il che significa che, in quel momento, Edison non poteva rispondere dell’inquinamento, non essendo questa condotta prevista in quel momento dalla legge come illecita.
Significativamente il giudice del rinvio, secondo la ricorrente, ha preso atto della circostanza che la legge non era in vigore, e tuttavia ne ha fatto una illecita applicazione retroattiva, anche se non esplicitamente, nel momento stesso in cui ha fatto riferimento ai vizi del bene in termini di inquinamento da ‘rifiuti tossici’, che è termine usato, per l’appunto, dalla legge del 1997.
Oltre a ciò, in modo immotivato ed illegittimo, la corte di merito ha ritenuto sussistenti i vizi della cosa compravenduta, ravvisandoli nella presenza dei rifiuti tossici, incorrendo in un vizio di sussunzione, in quanto di rifiuti tossici può parlarsi solo in riferimento alla fattispecie prevista dalle leggi successive.
Infine, il giudice di rinvio avrebbe errato nel considerare alla stregua di giudicato esterno, avente efficacia riflessa in questo giudizio, il precedente del Tribunale di Milano 2008, reso nella causa iniziata dalla Regione Lombardia contro i proprietari dell’aerea inquinata.
Sostiene la ricorrente che l’errore dei giudici di merito è evidente nel fatto che qui COGNOME vanta un diritto autonomo (quello al risarcimento da vizi della cosa) rispetto a quello fatto valere dalla Regione nel precedente giudizio. In particolare, secondo la ricorrente, l’errore del giudice del rinvio sta nell’aver ritenuto che nei due giudizi (questo e quello iniziato dalla Regione Lombardia) vi sia una identica situazione di fatto. Invece la situazione di fatto è radicalmente diversa, in quanto l’inquinamento accertato nel precedente giudizio era da trielina e interessa una falda acquifera posta nel terreno di Basf, e non in quello comprato da COGNOME.
Inoltre, il giudice del rinvio avrebbe male inteso le prove in quanto, oltre a fare un elenco semplicemente delle sole fonti di prova dell’inquinamento, senza dare conto del contenuto di tali fonti, ha omesso del tutto di considerare l’inquinamento operato dalla stessa società attrice, COGNOME, cui il terreno era del resto stato venduto per impiantarvi un’attività chimica.
Quanto a tali prove, peraltro, nella misura in cui si tratta di dichiarazioni di scienza rese all’interno delle indagini ambientali, non sono opponibili a Edison che non ha partecipato alla loro formazione né ha potuto contraddire: così per il rapporto della Provincia, rispetto al quale il giudice di rinvio ammette, si, che è stato formato fuori dal processo, ma lo ritiene comunque utilizzabile e probante in quanto proveniente da pubblici ufficiali. Obietta la ricorrente, a questo proposito, che la provenienza da pubblico ufficiale non consente di supplire alla mancanza di contraddittorio.
Il motivo presenta diverse censure, da ritenersi infondate.
Intanto, non si può ritenere che il giudice di rinvio abbia fatto applicazione retroattiva della legge sull’inquinamento, dal momento che qui si discute di vizi della cosa compravenduta, ad integrare i quali è sufficiente un inquinamento tale da dover essere eliminato a spese dell’acquirente: la circostanza che questo fatto
(l’inquinamento) rilevi anche sotto una diversa fattispecie a partire dal 1997 , non significa che al momento della vendita non ha potuto rilevare sotto la fattispecie di vizio della cosa: quello stesso fatto può costituire vizio ai sensi della disciplina sulla compravendita e inquinamento ambientale ai sensi della successiva legge del 1997. Ma ovviamente la circostanza che questo ultimo illecito (inquinamento ambientale) sia stato introdotto nel 1997, ossia successivamente, non significa affatto che prima che venisse introdotto, l’inquinamento del terreno fosse circostanza del tutto priva di rilievo e non costituisse neanche un vizio della cosa compravenduta, tale da costituire inadempimento.
Ciò posto, quanto all’efficacia del giudicato, va osservato che l’accertamento del vizio del terreno, ossia del fatto che fosse inquinato, non è basato nella sentenza qui impugnata solo sulla esistenza di un precedente accertamento: il giudice di rinvio infatti ha tratto la conclusione della esistenza del vizio da inquinamento da una serie di altre prove, di cui qui del resto la ricorrente contesta la corretta valutazione.
A pagina 7, come del resto riportato anche in ricorso, i giudici di merito hanno dato rilievo ad una serie di prove documentali, tra cui le ordinanze della Regione, i carotaggi eseguiti nel corso degli anni, i sopralluoghi effettuati, e da tali prove hanno dedotto che risultavano i vizi: un insieme di elementi che i giudici hanno valutato complessivamente ed il cui apprezzamento qui non è censurabile.
Del resto, non si può dire che il riferimento a tali elementi di prova è immotivato, non essendone riportato il contenuto: non c’è bisogno che il giudice riporti il contenuto del documento di prova, essendo sufficiente che indichi quale esso sia e perché è rilevante per la decisione.
9.- Con il quinto motivo si prospetta violazione degli articoli 99 e 112 c.p.c.
Secondo la ricorrente il giudice di rinvio ha mutato la causa petendi: la società RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto i danni corrispondenti ai costi sostenuti per bonificare il terreno su ordine della Regione, ed invece il giudice ha riconosciuto quei danni a prescindere dalla necessità imposta dalla Regione, ma semplicemente in quanto spontaneamente effettuati.
Il danno sarebbe cosi riconosciuto sulla base di un titolo diverso: altro è chiedere il rimborso di spese imposte dalla Regione, altro è chiedere il rimborso di spese spontaneamente effettuate.
Il motivo è infondato.
E’ evidente che il titolo della domanda è il rimborso di spese effettuate per eliminare i vizi: la circostanza che tali spese siano state effettuate perché imposte da un terzo o perché si è spontaneamente deciso di affrontarle è accidentale rispetto al titolo. La ragione del rimborso è la necessità di eliminare i vizi: che tale necessità sia imposta da terzi o ponderata in proprio è ininfluente ai fini della identificazione della domanda.
10.- Il sesto motivo prospetta violazione dell’articolo 1494 c.c.
Secondo la ricorrente il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che, dopo che la pretesa della Regione si era dimostrata illegittima (le ordinanze erano state annullate) la COGNOME ha concluso comunque con l’ente pubblico una transazione, ottenendo utilità cospicue.
La ricorrente aveva eccepito che tale vantaggio -derivante cioè dalla transazioneavrebbe dovuto essere detratto dall’ammontare del danno, nel senso che dall’attività di bonifica erano risultate utilità -quelle riconosciute dalla Regione- che andavano detratte dal danno.
Il motivo è infondato.
Infatti, che non è dato al collegio di sapere quale fosse effettivamente il contenuto di quell’accordo con la Regione e
dunque a che titolo quest’ultima ha riconosciuto le somme e se esse siano correlate ai costi di bonifica del terreno.
Si invocano genericamente ‘altre utilità’ di cui non è chiara la natura, se denaro, se incentivi, se beni immobili, e comunque quale fosse la finalità di quel riconoscimento, se a titolo di risarcimento o ad altro titolo: elemento necessario a stabilire se possa farsi una compensazione del lucro con il danno.
A parte ciò, il motivo appare infondato a supporre che la Regione abbia ‘finanziato’ la bonifica (ma si, si ripete, non è chiaro): Si potrebbe dire che dal vizio della cosa e dalla richiesta della pubblica amministrazione di eliminare l’inquinamento è derivato un vantaggio, dopo che con quella amministrazione si è transatta la controversia.
Pur così intesa, però, la questione non porta ad ammettere un arricchimento: la spesa sostenuta per eliminare i vizi trova una sua ragione (utilizzare proficuamente il terreno) diversa da quella che eventualmente ha portato al guadagno (ossia chiudere una controversia con la Regione): il vantaggio sortito dalla transazione con la Regione non elide il costo sostenuto per eliminare i vizi, e non costituisce un arricchimento ingiustificato del danneggiato.
11.- Il settimo motivo prospetta una violazione dei principi in tema di prova.
Il giudice di merito avrebbe posto a base della decisione prove mal valutate, o meglio: la prova dell’inquinamento è basata sui documenti depositati dalla Regione nel precedente giudizio quello, per l’appunto, che l’ente ha intentato verso i proprietari, prove che vengono considerate attendibili per la ‘competenza e neutralità della fonte’.
Obietta la ricorrente, con questo motivo di censura, che la Regione in quel giudizio era parte e dunque non propriamente ‘neutrale’.
Il che vale altresì per il quantum, basato, a dire della ricorrente, sui soli documenti allegati da COGNOME, e dunque provenienti dalla parte. Con la conseguenza che alcuna prova può ritenersi in realtà raggiunta sull’ammontare del danno, che è stato ricavato solo da conti unilateralmente predisposti dalla controparte.
Il motivo è inammissibile.
Si traduce in una censura ad un accertamento in fatto, che, a pagina 11, è adeguatamente motivato.
Lo è altresì in quanto i documenti non sono assunti apoditticamente dal giudice di merito che li considera probanti in quanto già valutati nella precedente causa, ma sono ritenuti rilevanti in base ad una autonoma valutazione che egli compie, laddove ritiene congrua la documentazione in quanto relativa ad attività svolta sotto le direttive e sotto il riscontro contabile della Provincia.
In sostanza, il giudizio di merito è basato su prove documentali e non solamente su atti provenienti dalle parti, ossia da queste ultime formate ed in quanto tali inattendibili, ma nel senso di atti provenienti da terzi (riscontri alle fatture ecc.), e come tali utilizzabili: altra essendo la loro portata probatoria, che qui non è valutabile.
11.L’ottavo motivo denuncia violazione degli articoli 1362 c.c. e seguenti nonché dei principi in tema di legittimazione passiva, oltre che omesso esame di fatti decisivi.
La questione riguarda il difetto di legittimazione della società RAGIONE_SOCIALE nei cui confronti la ricorrente aveva affermato un diritto di regresso.
Sia nei gradi precedenti l’annullamento, che nel giudizio di rinvio, si è deciso che RAGIONE_SOCIALE non era passivamente legittimata, allo stesso modo di come era accaduto all’esito della causa intentata dalla Regione.
La ratio della decisione impugnata è nel senso che l’avente causa della società venditrice, cioè di Acna, è esclusivamente la ricorrente
RAGIONE_SOCIALE e che invece RAGIONE_SOCIALE è sorta successivamente, non solo alla vendita dei terreni, ma altresì all’accordo con cui RAGIONE_SOCIALE, che è diventata RAGIONE_SOCIALE, e si è poi fusa in RAGIONE_SOCIALE, si è assunta nei confronti di COGNOME l’obbligo di risanare i terreni.
Vero, dicono giudici di merito, che RAGIONE_SOCIALE nasce da una cessione di azienda di RAGIONE_SOCIALE che aveva creato RAGIONE_SOCIALE, ma è altresì vero che questa cessione d’azienda non ha comportato l’assunzione dell’obbligo che originariamente era in capo alla cedente.
Secondo la ricorrente, il giudice di rinvio non ha tenuto in alcun conto l’accordo con cui Montedipe si è assunta l’obbligazione della bonifica del terreno, accordo che chiaramente indica la consapevolezza di essere parte delle vendite stipulate da Acna.
Ma la censura è anche un’altra, e sembrerebbe dunque smentire la prima: è stata RAGIONE_SOCIALE a concludere l’accordo, ma poi attraverso RAGIONE_SOCIALE l’obbligazione è passata a RAGIONE_SOCIALE in ragione di una serie di accordi, compresa la convenzione del 1988, con cui RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE accetta la proposta di RAGIONE_SOCIALE di collaborare con una società di quest’ultima, RAGIONE_SOCIALE, nel risanamento ambientale dei terreni.
Secondo la ricorrente il giudice di merito non ha tenuto in alcuna considerazione questo accordo.
Il motivo è infondato.
Dalla sentenza impugnata, e la circostanza non trova smentita, risulta che è stata RAGIONE_SOCIALE ad assumersi l’obbligo di bonificare, e non già RAGIONE_SOCIALE, dante causa di RAGIONE_SOCIALE
Né l’accordo citato può intendersi come trasferimento dell’obbligo, quanto piuttosto un diverso accordo di collaborazione nel risanamento del terreno, diverso da quello assunto dalla dante causa a risanare direttamente; né infine conta che RAGIONE_SOCIALE abbia ceduto i rapporti attivi e passivi a RAGIONE_SOCIALE, posto che la
quesitone, risolta sia pure sinteticamente dal giudice di merito, è se anche RAGIONE_SOCIALE sia subentrata in quell’obbligo.
In conclusione, la legittimazione passiva è stata correttamente esclusa quanto alla obbligazione da contratto, non essendo RAGIONE_SOCIALE avente causa di alcuno dei venditori, e dunque non avendo obbligazioni da compravendita verso l’acquirente Bracco. Ma è stata altresì correttamente esclusa anche in base alla regola sulla successione nella diversa obbligazione di provvedere al risanamento, in quanto: a ) tale obbligazione è stata assunta da RAGIONE_SOCIALE, che non è dante causa di RAGIONE_SOCIALE; b) non può dirsi che nella obbligazione assunta da RAGIONE_SOCIALE sia subentrata RAGIONE_SOCIALE, in quanto dalla lettura di quanto riportato in ricorso, e dagli allegati, risulta solo un diverso impegno di quest’ultima nel collaborare al risanamento con RAGIONE_SOCIALE, dunque una obbligazione, se si vuole, diversa da quella assunta a suo tempo da RAGIONE_SOCIALE; c) anche ad ammettere che RAGIONE_SOCIALE (dante causa di RAGIONE_SOCIALE) è subentrata nella obbligazione di RAGIONE_SOCIALE, non risulta affatto che questa obbligazione si sia trasmessa con la cessione dell’azienda altresì a RAGIONE_SOCIALE non c’è traccia di un accollo o di una qualche altra vicenda di successione nel lato passivo a cui poter fare riferimento.
§.-Sul ricorso incidentale .
1.- Con il primo motivo di ricorso incidentale si prospetta omesso esame di fatti decisivi.
La decisione impugnata ha dichiarato prescritta l’azione per vizi, in relazione al contratto del 1989. Ha ritenuto che la prescrizione non potesse ritenersi sospesa ex articolo 2941 n. 8 c.c. in quanto tale ipotesi è prevista nel caso di dolosa condotta del venditore quanto alla esistenza dei vizi: secondo i giudici di rinvio, il mero occultamento dei vizi, o il fatto di averne taciuto l’esistenza, non autorizza a ritenere dolosa la condotta.
La ricorrente incidentale censura questa ratio sostenendo che essa è il frutto di una chiara omissione: i giudici non hanno tenuto conto di una dichiarazione, proveniente dal venditore, e già agli atti, nella quale costui affermava che i terreni non erano mai stati oggetto di deposito di residui o di rimaneggiamenti. E ciò contrariamente al vero. Ed in altre occasioni questa attestazione falsa era stata confermata, con l’assicurazione che non erano state depositate sostanze inquinanti.
Sostiene la ricorrente che, ove questi documenti fossero stati presi in considerazione, i giudici di merito sarebbero stati condotti ad ammettere il dolo.
2.-Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’articolo 2941 c.c. , nonché degli articoli 1490 e 1375 c.c.
La tesi è la seguente.
E’ erronea l’interpretazione dell’articolo 2941 c.c.: la norma non pretende un comportamento attivo, volto ad ingannare la controparte sulla esistenza dei vizi, ma reputa sufficiente anche la mera omissione, ossia il fatto di tacerne l’esistenza.
Questa interpretazione è imposta dalla regola di buona fede e dai principi generali: se cosi non fosse, il debitore si avvantaggerebbe dal fatto di aver taciuto i vizi della cosa.
In sostanza, l’intenzione di nuocere alla controparte si ricava non solo da condotte attive, ma altresì da quelle omissive, come il fatto di tacere l’esistenza dei vizi, e che sia così è circostanza ricavabile altresì dall’obbligo di correttezza nella esecuzione del contratto.
I due motivi, sono da considerarsi assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, e dalla devoluzione al giudice di merito, dell’accertamento della prescrizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo e secondo motivo del ricorso principale, Rigetta gli altri. Dichiara assorti i motivi di ricorso incidentale.
Cassa la decisone impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.
Roma 13.12.2023
L’estensore
Il Presidente