Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27795 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27795 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16436/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME ; rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrente-
nonché di
NOME COGNOME ; rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 517/2021 della CORTE d’APPELLO di BARI, pubblicata il 31 marzo 2021, notificata il 13 aprile 2021; udìta la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con contratto registrato il 17 ottobre 2003, NOME COGNOME concesse in locazione ad NOME COGNOME un immobile ubicato in Trani per svolgervi attività di ristorazione;
dall’agosto 2004 sulla volta del locale si verificarono copiose infiltrazioni provenienti dall’appartamento sovrastante di proprietà di NOME COGNOME;
con provvedimento dell’aprile 2005, reso all’esito di ricorso ex art. 700 cod. proc. civ., il Tribunale di Trani ordinò a NOME COGNOME di eseguire i lavori necessari ad eliminare le infiltrazioni e le loro cause;
al provvedimento d ‘ urgenza, nel maggio 2005, fece seguito una transazione tra le parti, poi eseguita, con cui NOME COGNOME si impegnò a svolgere i lavori prescritti e a rimborsare a NOME COGNOME le spese anticipate;
nel febbraio 2009, poiché, non ostante l’esecuzione dei lavori oggetto della transazione, non erano cessati gli episodi di scrostamento di intonaci e di caduta di calcinacci, NOME COGNOME propose, dinanzi al Tribunale di Trani, nei confronti sia di NOME COGNOME che di NOME COGNOME, un ricorso per RAGIONE_SOCIALE, che accertò l’ inidoneità dei lavori svolti e indicò quelli necessari ai fini del ripristino del locale;
2. con ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ., depositato il 18 dicembre 2009, NOME COGNOME convenne NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Trani, chiedendo, tra l’altro, la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della locatrice e il risarcimento dei danni, nonché, ai sensi dell’art. 1578 cod. civ., la riduzione dei canoni già pagati in misura del 70% , con restituzione dell’eccedenza, avuto riguardo ai vizi manifestati dalla cosa locata e alla necessità di riequilibrare il sinallagma contrattuale;
si costituì in giudizio NOME COGNOME, la quale resistette alla domanda invocando l’applicazione dell’art. 1585 cod. civ. ; inoltre, chiese, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore alla corresponsione dei canoni dal dicembre 2009 (di cui quegli aveva interrotto il pagamento in ragione del recesso dal contratto) e chiamò in manleva NOME COGNOME;
con distinto ricorso, depositato il 22 gennaio 2010, NOME COGNOME domandò a sua volta la risoluzione del contratto di locazione, invocando lo sfratto di NOME COGNOME per mancato pagamento dei canoni dal dicembre 2009;
il conduttore, costituitosi in giudizio, resistette alla domanda, invocò la convalida dell ‘ offerta reale medio tempore effettuata e chiese, in via riconvenzionale, la restituzione del deposito cauzionale;
riunite le cause, nelle more del giudizio decedette NOME COGNOME e il processo fu proseguito in confronto dell’erede, NOME COGNOME, che si costituì in giudizio resistendo, a sua volta, alla domanda di manleva;
con sentenza del 30 aprile 2018, il Tribunale di T rani, tra l’al tro:
dichiarò cessata la materia del contendere sulle reciproche domande di risoluzione del contratto, in ragione del rilascio dell’immobile , avvenuto il 31 marzo 2010;
condannò NOME COGNOME a rimborsare ad NOME COGNOME, oltre ad una spesa effettuata di Euro 148,00, una parte dei canoni per riduzione degli stessi, ai sensi dell’art. 1578 cod. civ. , quantificando la somma dovuta in Euro 11.940,07;
condannò NOME COGNOME a pagare a NOME COGNOME i canoni non corrisposti dal dicembre 2009 (epoca del recesso) al marzo 2010 (momento del rilascio), per un importo di Euro 3.818,40;
rigettò la domanda di manleva proposta da NOME COGNOME contro NOME in ragione della transazione del 2005;
avverso questa sentenza proposero, dinanzi alla Corte territoriale di Bari, appello principale NOME COGNOME e appello incidentale NOME COGNOME;
il primo si dolse del rigetto della domanda risarcitoria e chiese che fosse aumentato l’importo dovutogli a titolo di restituzione dei canoni, avuto riguardo alla percentuale di riduzione da lui originariamente invocata ai sensi dell’art. 1578 cod. civ. e in funzione del riequilibrio contrattuale; lamentò, inoltre, il mancato esame della domanda di restituzione del deposito cauzionale e il rigetto di quella di indennità di avviamento;
la seconda si dolse della mancata applicazione dell’art . 1585, secondo comma, cod. civ. e chiese che la condanna di NOME COGNOME al pagamento dei canoni non corrisposti (indebitamente limitata al periodo dicembre 2009-marzo 2010) fosse estesa al periodo aprile –
giugno 2010, ovverosia all’intero periodo di sei mesi successivo alla disdetta, da ritenersi irrituale ai sensi dell’art. 27 l. n. 392/1978;
con sentenza 31 marzo 2021, n. 517, la Corte d’ appello di Bari, nel contraddittorio con NOME COGNOME, costituitasi anche in secondo grado, accolse parzialmente l’appello incidentale di NOME COGNOME e rigettò quello principale di NOME COGNOME, sulla base dei seguenti rilievi:
Isecondo il prevalso orientamento della giurisprudenza di legittimità, le immissioni derivanti alla cosa locata da immobili vicini non sarebbero idonee ad integrare vizi della stessa, agli effetti dell’art.1578 cod. civ., in quanto non attengono all’intrinseca struttura della cosa né alla sua interazione con l’ambiente circostan te ma dipendono dal fatto del terzo; essi pertanto, integrerebbero molestie di fatto, ai sensi dell’art. 1585, secondo comma, cod. civ., con l’effetto, pe r un verso, di escludere l’ obbligo di garanzia del locatore, per l’altro di attribuire al conduttore la legittimazione ad agire direttamente in via risarcitoria nei confronti del terzo responsabile;
IInella fattispecie, pertanto, indebitamente era stata disposta la riduzione del corrispettivo della locazione dovuto da NOME COGNOME a NOME COGNOME con condanna della stessa alla restituzione di parte dei canoni pagati, posto che la locatrice non era tenuta a garantire il conduttore dai danni delle infiltrazioni imputabili al fatto del terzo, nei cui confronti il danneggiato avrebbe avuto l’onere di agire;
IIIciò escludeva anche la sussistenza del dedotto diritto di NOME COGNOME ad ottenere da NOME COGNOME il risarcimento degli ulteriori danni ed escludeva altresì il presupposto (la soccombenza di
NOME COGNOME) della domanda di manleva da essa proposta contro NOME: entrambe le domande erano dunque assorbite;
avverso la sentenza della Corte barese ha proposto ricorso peer cassazione NOME COGNOME, sulla base di due motivi;
hanno risposto, con distinti controricorsi, sia NOME COGNOME che NOME COGNOME;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale; il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte;
tutte le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
con il primo motivo viene denunciata « Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n.3) e 5), c.p.c. per violazione o falsa applicazione degli artt. 1580, 1581, 1578 e 1585 c.c. per avere erroneamente ritenuto che il conduttore dovesse agire autonomamente e direttamente nei confronti del terzo »;
la sentenza d’appello è censurata per avere escluso che NOME COGNOME fosse responsabile dei danni subìti da NOME COGNOME per effetto delle infiltrazioni verificatesi nell’immobile locato e per aver ritenuto che il danneggiato fosse legittimato ad agire esclusivamente nei confronti del terzo a cui era imputabile il fatto dannoso;
1.a. sotto un primo profilo, il ricorrente sostiene che la fattispecie in esame non sarebbe sussumibile in quella delle ‘molestie del terzo nel libero possesso del bene locato’, contemplata dall’art. 1585, secondo comma, cod. civ., bensì in quella dei ‘vizi’ della cosa locata di cui all’art. 1578 cod. civ., in quanto la nozione di ‘vizio’
comprenderebbe tutte le situazioni che incidono sulla struttura materiale della cosa alterandone l’ integrità, impedendone o riducendone il godimento secondo la destinazione contrattuale, ancorché eliminabili e manifestatesi successivamente alla conclusione della locazione;
1.b. sotto un secondo profilo, il ricorrente sostiene che, a prescindere dalla specifica garanzia di cui all’art. 1578 cod . civ., la legittimazione del conduttore ad agire contro il locatore troverebbe comunque la sua fonte nell’art. 1454 cod. civ., allorché venga data la prova dell’ inadempimento ‘di non scarsa importanza’ del locatore; pro va che nel caso concreto sarebbe stata fornita, dato che l’immobile, a seguito delle scrostature di intonaci e delle cadute di calcinacci, era divenuto inagibile;
1.c. sotto un terzo profilo, il ricorrente sostiene che al di là della previsione dell’art. 1585, secondo comma, cod. civ., nella specifica fattispecie, NOME COGNOME, attraverso la transazione del 2005 stipulata con NOME COGNOME, avrebbe « definito con il terzo la questione del risarcimento del danno in forma specifica lasciando fuori dall’ accordo il conduttor sig. COGNOME » (pag.15 del ricorso), e avrebbe quindi assunto « a proprio carico la garanzia verso il COGNOME in ordine all’assenza di vizi nel bene locato » (pag.14 del ricorso);
con il secondo motivo viene denunciata « Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 3) e 5), c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1585 cc con riferimento all’omesso accoglimento della domanda di manleva nei confronti della sig.ra COGNOME »;
il ricorrente lamenta che la Corte d’appello , dopo avere reputato che egli avrebbe dovuto agire direttamente nei confronti del terzo responsabile delle infiltrazioni, ai sensi dell’art . 1585, secondo comma, cod. civ., non abbia ritenuto che la domanda da lui proposta nei confronti di NOME COGNOME si fosse automaticamente estesa a NOME COGNOME, dopo che la stessa si era costituita in giudizio per effetto della domanda di manleva della convenuta, già proposta contro il suo dante causa e continuata contro di lei;
il merito degli illustrati motivi non può essere delibato, dovendosi dichiarare l’improcedibilità del ricorso;
invero, sebbene nell’atto (pag. 1, ultimo rigo) si asserisca che la sentenza impugnata è stata notificata il 13 aprile 2021, non risulta essere stato assolto, da parte dal ricorrente, l’onere di depositare la relata dell’indicata notificazione, prescritt o, appunto, a pena di improcedibilità del ricorso, da ll’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ.;
la sanzione di improcedibilità non è evitata né dalla neutralizzazione del detto onere per effetto della disponibilità della relata di notifica della sentenza da parte della Corte (non essendo essa stata prodotta dalla parte controricorrente né acquisita mediante l ‘ istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio), né per effetto del superamento de lla c.d. ‘prova di resistenza’ , avuto riguardo alla data di pubblicazione della sentenza (31 marzo 2021) e a quella di notificazione del ricorso (11 giugno 2021), tra le quali intercorre un intervallo temporale superiore al termine ‘breve’ di sessanta giorni di cui all’art. 325 cod. proc. civ.;
il ricorso, dunque, va dichiarato improcedibile, a norma del l’art.369, secondo comma, n.2, cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 2/05/2017, n. 10648; Cass., Sez. Un., 6/07/2022, n. 21349; Cass. 29/10/2024, n. 27883);
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte dichiara improcedibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 2.600,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
a norma dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 2 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME