LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Vizi cessione d’azienda: quando non si ha diritto

La Corte di Cassazione ha stabilito che non tutti i difetti in una cessione d’azienda costituiscono un vizio che dà diritto alla riduzione del prezzo. Nel caso specifico, riguardante l’acquisto di un ramo d’azienda con case di riposo, la Corte ha rigettato le richieste dell’acquirente. È stato chiarito che la minor valutazione dell’avviamento, la mancanza di crediti promessi e i difetti strutturali facilmente riconoscibili non rientrano nella nozione di “vizio della cosa venduta” (art. 1490 c.c.), ma afferiscono ad altri rimedi legali, come la risoluzione per inadempimento o l’annullamento del contratto, che la parte non aveva richiesto. La sentenza sottolinea l’importanza di inquadrare correttamente l’azione legale in base alla natura dei vizi nella cessione d’azienda.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Vizi Cessione d’Azienda: Non Sempre si ha Diritto alla Riduzione del Prezzo

L’acquisto di un’azienda o di un suo ramo è un’operazione complessa, che nasconde numerose insidie. Cosa succede se, dopo la firma del contratto, l’acquirente scopre che la realtà è ben diversa da quella promessa? La recente sentenza della Corte di Cassazione analizza proprio un caso di presunti vizi nella cessione d’azienda, chiarendo i confini tra i diversi rimedi a disposizione dell’acquirente e sottolineando l’importanza di scegliere la giusta azione legale. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Una società acquirente si opponeva a un decreto ingiuntivo per il pagamento del saldo del prezzo relativo all’acquisto di un ramo d’azienda composto da due case di riposo. Secondo l’acquirente, il prezzo non era dovuto, o doveva essere ridotto, a causa di tre gravi problemi scoperti dopo la cessione:

1. Mancata proprietà: Una delle due strutture non era di proprietà della venditrice, come si credeva, ma era solo in affitto. Ciò, secondo l’acquirente, riduceva drasticamente il valore dell’avviamento.
2. Crediti inesistenti: Il contratto includeva un ingente valore di “fatture da emettere” verso un’associazione, crediti che si sono poi rivelati non riconosciuti e inesigibili.
3. Vizi strutturali: Le strutture necessitavano di costosi lavori di adeguamento alle normative sulla sicurezza, spese che l’acquirente ha dovuto sostenere.

Per questi motivi, l’acquirente chiedeva non solo la revoca del decreto ingiuntivo, ma anche la restituzione di somme e il risarcimento dei danni. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste.

La Decisione della Cassazione: I Vizi nella Cessione d’Azienda e i Rimedi

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso dell’acquirente. La sentenza è fondamentale perché distingue nettamente tra le diverse tipologie di difformità che possono presentarsi in una cessione d’azienda e i corrispondenti strumenti di tutela.

Le motivazioni

La Corte ha smontato, una per una, le doglianze della società ricorrente, spiegando perché la richiesta di semplice riduzione del prezzo non fosse la strada corretta.

L’Avviamento Non è un Bene, ma una Qualità

Il primo punto contestato riguardava la riduzione del valore dell’avviamento a causa della mancata proprietà di una delle case di riposo. La Cassazione ha chiarito che l’avviamento non è un bene a sé stante, ma una qualità immateriale dell’azienda. Pertanto, un suo difetto o un valore inferiore a quello pattuito non costituisce un “vizio della cosa venduta” ai sensi dell’art. 1490 c.c., che giustificherebbe un’azione di riduzione del prezzo (art. 1492 c.c.). Si tratta, piuttosto, di una “mancanza di qualità promesse” (art. 1497 c.c.), che può portare, a certe condizioni, alla risoluzione del contratto, ma non a una semplice riduzione del corrispettivo. L’acquirente aveva quindi scelto il rimedio sbagliato.

Crediti Inesistenti: Inadempimento, Non Vizio

Anche per quanto riguarda i crediti rivelatisi inesistenti, la Corte ha escluso che si trattasse di un vizio dell’azienda. La presenza di poste attive non veritiere nel bilancio può configurare un inadempimento contrattuale o un vizio del consenso (errore indotto dalla controparte). Queste situazioni possono portare alla risoluzione del contratto con risarcimento del danno o all’annullamento del contratto stesso, ma non rientrano nella garanzia per i vizi che consente la riduzione del prezzo. Ancora una volta, l’azione legale intrapresa era errata.

Vizi Strutturali: L’Onere della Prova e la “Doppia Conforme”

Infine, riguardo ai costi sostenuti per gli adeguamenti strutturali, la Corte ha dichiarato il motivo inammissibile. In primo luogo, ha applicato il principio della “doppia conforme”: essendo le decisioni di primo e secondo grado basate sulle stesse ragioni di fatto, il ricorso in Cassazione su tale punto era precluso. In secondo luogo, i giudici hanno osservato che il contratto specificava che la cessione avveniva “nello stato di fatto in cui si trovava” l’azienda e che i presunti vizi erano palesi o facilmente riconoscibili al momento della conclusione del contratto, escludendo così l’operatività della garanzia. L’acquirente, inoltre, non aveva fornito prove specifiche e dettagliate della non conoscibilità di tali difetti.

Le conclusioni

Questa sentenza offre importanti lezioni pratiche per chi si appresta ad acquistare un’azienda. Innanzitutto, evidenzia la cruciale differenza tra “vizi”, “mancanza di qualità promesse” e “inadempimento”. Non sono sinonimi e portano a rimedi legali diversi. Scegliere l’azione sbagliata può compromettere l’intero esito della causa. In secondo luogo, ribadisce l’importanza fondamentale di una due diligence approfondita prima dell’acquisto. Verificare la titolarità degli immobili, l’effettiva esistenza dei crediti e lo stato di conformità delle strutture è un passo imprescindibile per evitare brutte sorprese. Infine, la decisione conferma che la garanzia per vizi non opera per difetti noti o facilmente riconoscibili, specialmente se il contratto contiene clausole che vendono il bene “visto e piaciuto” o “nello stato di fatto in cui si trova”.

La scoperta che un immobile del ramo d’azienda non è di proprietà ma solo in affitto è un “vizio” che dà diritto alla riduzione del prezzo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non si tratta di un vizio della cosa venduta (art. 1490 c.c.), ma di una mancanza di qualità immateriale dell’azienda (l’avviamento), che non giustifica l’azione di riduzione del prezzo (azione estimatoria), ma potrebbe eventualmente fondare un’azione di risoluzione del contratto.

Se nel contratto di cessione sono indicati crediti che poi si rivelano inesistenti, l’acquirente può chiedere la riduzione del corrispettivo?
No, non attraverso l’azione di riduzione del prezzo per vizi. La Corte ha stabilito che la non veritiera esposizione di una posta attiva non è un vizio dell’azienda, ma può costituire un inadempimento contrattuale o un vizio del consenso. I rimedi corretti sarebbero la risoluzione del contratto con risarcimento del danno o l’annullamento, non la semplice riduzione del prezzo.

L’acquirente può chiedere il rimborso per le spese di adeguamento a norma di un’azienda se i difetti strutturali erano facilmente riconoscibili?
No. La garanzia per i vizi è esclusa se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa o se questi erano facilmente riconoscibili. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i vizi fossero palesi e che il contratto prevedesse la cessione “nello stato di fatto in cui si trovava”, escludendo quindi il diritto al rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati