Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5879 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 5879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16197/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 80/2020 depositata il 14/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, il AVV_NOTAIO, che ha chiesto di accogliere il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Siena, con sentenza n. 31/2015, ha respinto l’opposizione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore della società RAGIONE_SOCIALE, a saldo del pagamento di lavori edilizi; il Tribunale ha rigettato anche la domanda riconvenzionale fatta valere dalla stessa RAGIONE_SOCIALE di risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale per il ripristino delle opere difettose. Il Tribunale ha ritenuto che mancasse la prova relativa alla riconducibilità dei vizi all’opera della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ha ritenuto invece provato il credito di quest’ultima in quanto non contestato.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, contestando l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non provati ai sensi dell’art. 2697 c.c. i vizi lamentati dall’appellante e per avere posto a sostegno del rigetto della domanda riconvenzionale risultanze istruttorie inconferenti, irrilevanti e prive di obiettività e imparzialità. Si è costituita la società RAGIONE_SOCIALE, in particolare riproponendo l’eccezione di decadenza dalla garanzia perché la denuncia era avvenuta dopo sessanta giorni e comunque dopo l’accettazione dell’opera da parte del committente. La Corte d’appello di Firenze – con la sentenza 14 gennaio 2020, n. 80 – ha rigettato il gravame. Anzitutto la Corte d’appello ha esaminato l’eccezione di decadenza dall’azione di garanzia e ha ritenuto
fondata l’eccezione in quanto l’opponente aveva l’onere di provare la tempestività della denuncia e nessuna prova ha fornito al riguardo, ma poi – alla luce della considerazione della necessità di appello incidentale condizionato (appello non proposto) -ha reputato di dovere affrontare le questioni attinenti il merito della sussistenza dei vizi e difetti denunciati e ha rigettato i due motivi di appello, ritenendo provato, in termini di ‘probabilità qualificata’, che i difetti del montaggio non fossero attribuibili alla COGNOME NOME, ma alle dimensioni e alla conformazione dei muri perimetrali.
Avverso la sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione. Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE La controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1667, comma 2, c.c. e dell’art. 116 c.p.c.: la Corte d’appello ha ritenuto che la ricorrente sia decaduta dall’azione di garanzia per non avere tempestivamente contestato all’appaltatrice l’esistenza dei vizi o dei difetti entro sessanta giorni dalla scoperta ed è così giunta a ritenere irrilevante la difesa della ricorrente in materia di tardività dell’eccezione processuale di decadenza, sollevata dalla COGNOME solo in prima udienza; il giudice non ha considerato che la necessità della tempestiva denunzia è richiesta soltanto per i vizi occulti, mentre nel caso in esame si trattava di vizi palesi e trovava quindi applicazione il meccanismo preclusivo della garanzia rappresentato dall’accettazione dell’opera, accettazione che non vi è stata, né espressa né per fatti concludenti; in ogni caso, la Corte non ha considerato che vi è stata contestazione dei vizi, come confermato dalle dichiarazioni di un testimone.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. La Corte d’appello ha -come si è detto sopra -esaminato l’eccezione di
decadenza dall’azione di garanzia e l’ha ritenuta fondata, ritenendo irrilevante la contrapposta eccezione della ricorrente secondo cui l’eccezione di decadenza sarebbe stata tardivamente proposta ‘dal momento che l’onere di provare la tempestività della denuncia era comunque a carico della parte che intende avvalersi della garanzia’. È vero – come evidenzia il pubblico ministero nelle sue conclusioni scritte -che tale affermazione si pone in contrasto con l’insegnamento di questa Corte per cui la decadenza del committente dall’azione di garanzia per vizi dell’opera deve essere eccepita dalla parte con la comparsa di costituzione in giudizio (cfr. Cass. n. 18078/2012), ma si tratta di errore che non ha influito sulla decisione del giudice, che ha poi esaminato nel merito la sussistenza dei vizi e difetti addebitabili all’opera dell’appaltatrice.
2. Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1667, comma 1, c.c. e dell’art. 116 c.p.c.: la Corte d’appello, laddove ha affermato che ‘la prova liberatoria è stata sufficientemente resa dall’appaltatrice, alla luce dei dati fattuali concernenti l’accettazione tacita dell’opera da parte della committente e del collaudo positivo del direttore dei lavori, che ha attestato la conformità dell’opera ai progetti’, ha posto in essere un assunto ‘del tutto inconferente con i principi di diritto e con i dati istruttori acquisiti al processo’; il giudice di merito avrebbe dovuto motivare perché ha ritenuto sussistente nel caso di specie l’accettazione dell’opera da parte dell’appaltante, quando non vi è stata alcuna accettazione espressa e, alla luce dell’istruttoria, è da escludersi che la ricorrente abbia accettato l’opera anche tacitamente; la sentenza impugnata è erronea anche laddove afferma che il direttore dei lavori avrebbe collaudato positivamente l’opera, attestandone la conformità ai progetti, quando da nessun dato probatorio emerge che sia stato svolto un collaudo idoneo a certificare la conformità dell’opera rispetto a quanto previsto dal contratto.
Il motivo è anch’esso inammissibile in quanto privo di interesse. Si denuncia infatti la violazione dell’art. 1667 c.c. che esclude la garanzia per vizi ove vi sia stata accettazione dell’opera, ma nel caso in esame – come si è appena detto – la Corte d’appello ha proceduto alla verifica della sussistenza dei vizi. È vero che ha parlato di accettazione tacita dell’opera e di collaudo positivo del direttore dei lavori, ma ad essi riferendosi quali elementi di conferma, non decisivi, dell’esclusione di vizi o difetti addebitabili all’opera svolta dall’appaltatrice.
3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c.: la Corte d’appello ha sì ritenuto che era onere dell’appaltatrice dimostrare che il non corretto adempimento era stato l’effetto dell’impossibilità di eseguire la prestazione dovuta, ma ha poi erroneamente ritenuto che la COGNOME abbia fornito la prova liberatoria, sull’assunto che l’erroneo montaggio dei pannelli fosse riconducibile alla cattiva previa esecuzione dei muri perimetrali e ciò ha affermato sulla base della consulenza tecnica d’ufficio nel cui ambito non erano però stati compiuti accertamenti sulle pareti originarie, con ragionamento pertanto contraddittorio, tale da costituire violazione dell’art. 1218 c.c.
Il motivo è inammissibile. Viene denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., ma quello che si contesta è la valutazione degli elementi di prova effettuata dal giudice d’appello. La Corte d’appello, pur avendo riconosciuto che non si era proceduto, per ragioni di costo, allo smontaggio delle pareti (vedere pag. 5 della sentenza impugnata), ha ritenuto dimostrato ‘in termini di probabilità qualificata’ che il fuori squadra dei pannelli in cartongesso dipendesse dalla conformazione dei muri perimetrali su cui i pannelli erano stati montati, da ciò ricavando la prova dell’assenza di responsabilità dell’appaltatrice. Si tratta di valutazioni di merito censurabili davanti a questa Corte di legittimità unicamente in caso di omesso esame di fatti decisivi ai
sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. ovvero di mancanza di motivazione, vizi non denunciati dalla ricorrente, che si limita a parlare di contraddittorietà del ragionamento seguito dalla Corte d’appello (al riguardo va precisato che il vizio di semplice contraddittorietà non è più denunciabile in cassazione; sui limiti del controllo di legittimità sulla motivazione v., per tutte, la pronuncia delle sezioni unite n. 8038/2018).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 6.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza della seconda