Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7943 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7943 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 10319 del ruolo generale dell’anno 2023 , proposto da
Comune di Lampedusa e Linosa , in persona del Sindaco protempore, con sede in INDIRIZZO (C.F. P_IVA), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso ed in virtù della Delibera della G.M. n. 32 del 30/3/2023, dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CPN GTN CODICE_FISCALE, fax NUMERO_TELEFONO, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni di rito al seguente indirizzo PEC: EMAIL).
Ricorrente
contro
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE, nato a Lampedusa il 25.09.1942, residente in Monte Argentario (GR), frazione INDIRIZZO INDIRIZZO, COGNOME Maria (C.F. CODICE_FISCALE), nata a Lampedusa il 01.05.1945, residente in Monte Argentario (GR), frazione INDIRIZZO, INDIRIZZO, COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), nata a Pantelleria il 26.06.1956, residente in Monte Argentario –INDIRIZZO Porto INDIRIZZO INDIRIZZO, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME (C.F. NZZ CODICE_FISCALE -PEC EMAIL
ordineavvocatiroma.org), NOME COGNOME (C.F. NZZ CODICE_FISCALE -PEC EMAIL ordineavvocatiromaEMAIL), entrambi del Foro di Roma e NOME COGNOME (C.F. PCN CODICE_FISCALE -PEC EMAIL) del Foro di Grosseto, elettivamente domiciliati presso lo studio degli avvocati NOME e NOME COGNOME in INDIRIZZO -00195 Roma, giusta procura in calce al controricorso.
Controricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n° 322 depositata il 14 febbraio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con sentenza n° 1817/2014 la Corte d’appello di Palermo, confermando la sentenza del tribunale di Agrigento, rigettava la domanda proposta da NOME, NOME a NOME COGNOME diretta ad ottenere il risarcimento del danno patito a seguito dell’occupazione, da parte del Comune di Lampedusa e Linosa, della loro particella 425 (foglio 19), già particella 3, sulla quale era stata realizzata una strada senza alcuna formale procedura di esproprio del suolo.
Adita dai Riso, questa Corte con ordinanza n° 15033/2020, cassava quella decisione, rilevando che la Corte territoriale non si era attenuta ai principi enunciati in sede di legittimità in tema di appartenenza della strada all’ente pubblico territoriale.
Tale appartenenza doveva essere desunta da una serie di elementi presuntivi, che il giudice di merito non aveva esaminato.
Era, dunque, fondato il difetto di motivazione denunciato dai ricorrenti, poiché la Corte d’appello, non procedendo alla disamina di tutte le risultanze di causa e dei documenti acquisiti al processo, era pervenuta alla conclusione che non erano stati forniti validi elementi a sostegno della asserita natura pubblica della strada, con l’ulteriore precisazione che, in tema di occupazione illegittima, non
rilevava l’autore materiale della condotta occupativa, bensì il soggetto al quale l’occupazione illegittima, alla data della domanda, era giuridicamente riferibile.
2 .- I Riso riassumevano la causa e in sede di rinvio la Corte palermitana accoglieva la domanda e liquidava in favore degli attori euro 266.212,11, somma comprensiva della rivalutazione secondo gli indici Istat per le famiglie di operai ed impiegati (FOI).
Osservava la Corte in tale sede -premesso un breve riassunto della relazione peritale -che, tenuto conto dei principi enunciati da Cass. 15033/2020, vi erano ‘ sufficienti elementi per ritenere la natura pubblica dei manufatti contestazione, una volta che, con l’esercizio dell’azione di risarcimento per equivalente, i privati proprietari del fondo occupato hanno manifestato di voler abdicare alla loro posizione dominicale e che le strade in discorso, immediatamente e liberamente percorribili, sono ormai divenute parte integrante del complesso viario del Comune, tanto da essere incluse nella toponomastica cittadina ‘.
Pertanto, doveva essere dichiarata la responsabilità del Comune per la realizzazione delle strade locali denominate INDIRIZZO, INDIRIZZO, INDIRIZZO, INDIRIZZO in aree di proprietà privata non assoggettate a legittimo procedimento espropriativo.
Quanto alla liquidazione del risarcimento, la Corte partiva dal presupposto che il c.t.u. aveva appurato che, su una complessiva superficie di metri quadrati 2280 della particella 425, soltanto mq 1774 erano state occupate da opere stradale e che il valore presunto di mercato del terreno occupato, stimato con criterio sintetico -comparativo, tenuto conto della destinazione d’uso del terreno stabilita nello strumento urbanistico per l’area ove ricadeva la particella in questione, era di euro 150.790,00 (calcolato sulla base del valore medio di euro 120,00 al mq per la parte di terreno in zona B e di euro 50,00 al mq per la parte in zona C2).
3 .-Ricorre per cassazione il Comune, affidando l’impugnazione a quattro mezzi.
Resistono gli ex proprietari che concludono per l’inammissibilità del ricorso e, comunque, per la sua infondatezza.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Sia il ricorrente che i resistenti hanno depositato una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo il Comune lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, n° 1, cod. proc. civ., per non avere considerato, la Corte d’appello, l’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, ai sensi dell’art. 133 del cod. proc. amm.
5 .- Il motivo è inammissibile.
Va precisato che al presente giudizio è applicabile il testo dell’art. 37 cod. proc. civ. anteriore alle modifiche apportate con d.lgs. n° 149/2022 (art. 3), il quale stabiliva: ‘ Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo ‘.
Ora, è noto che la norma predetta è stata interpretata tenendo conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo e si è, pertanto, stabilito sia che le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità, sia che il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato predetto (Cass. sez. un., 18 dicembre 2008, n° 29523).
Pertanto, anche ove fosse stata sollevata eccezione di carenza di giurisdizione ‘ in tutti gli atti del giudizio ‘ (ricorso pagina 3:
eccezione che, peraltro, non emerge dagli atti di causa, non essendo stati trascritti), la questione non risulta essere stata posta alla Corte d’appello di Palermo in sede di appello avverso la sentenza del tribunale di Agrigento e nemmeno davanti a questa Suprema corte nel giudizio che venne definito con l’ordinanza n° 15033/2020 (nel quale il Comune di Lampedusa rimase meramente intimato), con la conseguenza che la giurisdizione deve ormai ritenersi definitivamente attribuita all’autorità giudiziaria ordinaria.
6 .- Col secondo mezzo il Comune censura la sentenza impugnata per ‘ Violazione dell’art. 360 comma 1° c.p.c. per carenza della motivazione. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 2043 c.c.) ‘.
La Corte d’appello non avrebbe considerato che le particelle 432 e 433 (derivate dalla originaria particella 425) -sulle quali in parte vennero costruiti i fabbricati, mentre per altra parte vennero destinate ad accesso agli stessi -erano inserite nel programma di fabbricazione del Comune di Lampedusa e Linosa con destinazione viaria.
Pertanto, la Corte avrebbe liquidato il risarcimento del danno agli attori senza tener conto di tale vincolo conformativo discendente dallo strumento urbanistico.
Unitamente a tale mezzo, pare utile lo scrutinio del quarto motivo. Dunque, col quarto motivo il Comune lamenta la ‘ violazione dell’art. 306 c.p.c. 1° comma n. 3 in relazione all’art. 2043 del c.c. e n. 5. carenza di motivazione e omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ‘.
Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe considerato che le aree in lite erano comprese nel programma di fabbricazione e che la destinazione a viabilità determinava per le stesse un vincolo conformativo, del quale si sarebbe dovuto tenere conto nella liquidazione del danno.
7 .-I mezzi, esaminabili congiuntamente in ragione dell’identità della questione che pongono, sono fondati.
Dopo che Corte cost. n° 23/1978 ha ben chiarito che l’iniziale divario fra i programmi di fabbricazione ed i piani regolatori generali è stato ampiamente – se non completamente – colmato dalla legislazione statale successiva alla legge urbanistica n° 1150 del 1942, il programma di fabbricazione è, dunque, uno strumento idoneo, nonostante le minori garanzie di contraddittorio con i singoli interessati, a far sorgere vincoli sia conformativi che espropriativi.
La Corte, dunque, avrebbe dovuto accertare sulla base della relazione del c.t.u. o, eventualmente, sulla base di un’integrazione della stessa, se il programma di fabbricazione nel quale erano comprese le particelle di proprietà dei Risi aveva apposto sui suoli un vincolo conformativo o espropriativo, tenendo presente che la distinzione tra l’uno e l’altro non dipende dalla collocazione del fondo in una specifica categoria di strumenti urbanistici (come pure è stato sostenuto da remota giurisprudenza di questa stessa Corte, con alterne vicende: Cass., sez. I, 15 febbraio 2000, n° 1698 ha ritenuto che i vincoli del programma di fabbricazione fossero conformativi, mentre Cass., sez. I, 28 maggio 2012, n° 8435 e Cass., sez. I, 7 settembre 2020, n° 18584 hanno invece deciso che i vincoli del predetto programma fossero espropriativi), ma soltanto dai requisiti oggettivi, per natura e struttura, dei vincoli stessi, ricorrendo in particolare il carattere conformativo ove essi siano inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto, perlopiù spaziale, con un’opera pubblica ( ex multis : Cass., sez. I, 18 settembre 2024, n° 25109).
Al contrario, la sentenza della Corte d’appello ha affidato la liquidazione ad un percorso logico che non sembra coerente con il predetto principio e che comunque non appare sufficiente per far comprendere come essa sia giunta alla liquidazione finale del risarcimento.
Essa, infatti, ha accertato che l’area corrispondente alla particella 425 coincide in larga misura con la rete stradale al servizio dei fabbricati presenti in loco (tra i quali quelli dei Sig.ri COGNOME); che l’ausiliario avrebbe appurato l’esistenza presso l’UTE di un progetto di una rete fognante di INDIRIZZO, redatto nel 1992, e di una Deliberazione amministrativa del 18 marzo 1992 di approvazione del progetto, comprensivo della previsione dei tracciati stradali prossimi alla rete fognaria, e dell’espropriazione per pubblica utilità di alcune particelle, tra cui la ex n. 3 poi acquisita iure successionis da parte attrice e ridenominata col n. 425; che, secondo quanto appurato dal c.t.u., presso il Comune non vi era alcun atto comprovante la volontà dell’ente o di privati di dare esecuzione alle suddette opere.
Com’è agevole notare, la Corte si è preoccupata, ancora una volta, di temi estranei all’oggetto del giudizio, mentre nessun riferimento è stato fatto alla tipologia di vincolo sussistente sull’area occupata, ossia ad un elemento indispensabile per giustificare la quantificazione del risarcimento nella misura di euro 150.790,00.
In particolare, non è stato in alcun modo chiarito perché sia stato attribuito un ‘ valore medio di euro 120,00 al mq per la quota parte di terreno in zona B e di euro 50,00 al mq per quota parte in zona C2 ‘: dati che la Corte dichiara di aver individuato, ma mediante una motivazione apparente, ossia ‘ tenuto conto della destinazione d’uso del terreno stabilita nello strumento urbanistico ‘.
Né può dirsi che le allegazioni delle parti fossero al riguardo carenti o insufficienti, poiché, in tema di indennità di espropriazione per pubblica utilità il giudice adito non è vincolato dalle indicazioni dei
litiganti, ma ha egli stesso il potere-dovere di individuare i criteri indennitari applicabili alla procedura ablatoria in forza delle norme che li contemplano, dovendo tale indennità esser liquidata in riferimento a criteri prefissati dalle norme, con conseguente accoglimento o rigetto della domanda a seconda che un siffatto accertamento esiti in una somma maggiore o minore di quella censurata dalla parte per la sua non conformità al dettato normativo ( ex multis : Cass., sez. I, 25 giugno 2020, n° 12619, con menzione di altri precedenti).
8 .- Col terzo motivo -rubricato ‘ violazione e falsa applicazione di legge (art. 2043 c.c. ed art. 360 c.p.c.). carenza di motivazione e omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ‘ -il Comune deduce che i COGNOME avevano abusivamente edificato le loro abitazioni in violazione dell’art. 14 della legge reg. Sicilia n° 71/1978, ossia senza la stipula di una convenzione, nella quale i proprietari avrebbero dovuto assumersi gli oneri di urbanizzazione primaria.
Ne deriverebbe, a dire del ricorrente, che i proprietari sarebbero stati liberati da un’obbligazione e che di tale circostanza la Corte d’appello avrebbe dovuto tenere conto nella liquidazione del risarcimento.
In subordine, il credito risarcitorio dei Riso sarebbe compensabile col controcredito della Pubblica amministrazione.
9 .- Il motivo è assorbito, in quanto le questioni che esso pone dovranno essere discusse in sede di rinvio.
10 .- In conclusione, la sentenza va cassata e la causa rimessa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, per un nuovo esame.
La Corte territoriale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
p.q.m.
la Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo ed il quarto, dichiara assorbito il terzo. Cassa e rinvia alla Corte d’appello di
Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma l’11 marzo 2025, nella camera di