Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24407 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24407 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10828/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
ATS BRESCIA, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE DI BRESCIA n. 2806/2022, depositata il 15/11/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME in proprio ed in qualità di legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione all’ordinanza ingiunzione n. 146 del 27.03.2019, notificata in data 04.04.2019, per il pagamento della sanzione amministrativa pari a €. 3.100,00, oltre a €. 20,00 per le spese del procedimento, emessa a séguito dell’inottemperanza al pagamento della sanzione irrogata con verbale di accertamento n. 2016-0061, notificato il 15.02.2016, ove si rilevavano condizioni igieniche dei box di stabulazione dei vitelli non conformi al decreto legislativo 126 del 2011.
In data 16.11.2015 i veterinari operatori del Dipartimento di Prevenzione Veterinario dell’ASL di Brescia, avevano effettuato un sopralluogo presso l’RAGIONE_SOCIALE: rilevate le scarse condizioni igieniche dei box di stabulazione dei vitelli, gli operatori concedevano termine di 10 giorni per la risoluzione delle non conformità. Spirato detto termine, nel secondo sopralluogo del 21.12.2015 gli operatori riscontravano nuovamente un’incompleta pulizia, in violazione dell’art. 4 , comma 1 d.lgs. 7 luglio 2011, n.126.
A sostegno dell’opposizione, NOME COGNOME deduceva l’insussistenza dei presupposti di fatto, l’assenza di elementi probatori e la genericità delle contestazioni, che sfociava in una valutazione discrezionale degli agenti accertatori.
1.1. Il Giudice di Pace di Brescia accoglieva l’opposizione, in quanto la sussistenza della violazione non era adeguatamente comprovata da fotografie attestanti la non conformità delle condizioni igieniche dal momento che nei verbali di accertamento emergono valutazioni non coperte dal valore di fede privilegiata.
La pronuncia veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE Brescia innanzi al Tribunale di Brescia che, in totale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Brescia, con sentenza n. 2806/2022 confermava l’ordinanza –
ingiunzione n. 146 del 27 marzo 2019 emessa dall’ATS Brescia nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, sostenendo che:
-secondo l’art. 2700 cod. civ. il verbale, quale atto pubblico, fa fede dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, e fra questi l’aver trovato la stalla in condizioni igieniche carenti, due volte a distanza di 10 giorni;
-gli agenti accertatori dell’ATS di Brescia, soggetti con competenza scientifica in materia, hanno formulato valutazioni tecniche che non hanno valore discrezionale né comunque di facile accertamento, rispetto alle quali le fotografie non sono necessarie, non dovendo assicurare prova, ma costituendo prova il verbale stesso. Gli agenti accertatori, che assumono la qualità di pubblici ufficiali in questo caso, infatti si sono limitati a descrivere la situazione che hanno trovato nelle stalle;
le contestazioni degli agenti accertatori, inoltre, non possono ritenersi generiche avendo essi indicato precisamente i luoghi nei quali erano presenti le non conformità igieniche, come quando nel verbale si denuncia «la presenza di urine ed escrementi sul pavimento sotto i box dei vitelli, pareti e soffitti dei box non adeguatamente puliti e la totale assenza di azioni preventive contro i roditori».
La suddetta sentenza è impugnata per la cassazione da NOME COGNOME e il ricorso affidato ad un unico motivo.
Resiste ATS Brescia.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
E’ opportuno precisare che, alla luce della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato, proponente ex art. 380bis cod. proc. civ., come componente del Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3), e n. 5) c od. proc. civ. Il ricorrente richiama l’orientamento di questa Corte in virtù del quale, nel giudizio di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata del documento non si estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante. A giudizio del ricorrente, l’errore del Tribunale di Brescia consiste nell’aver attribuito al verbale di accertamento dell’infrazione piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante ma estesi agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante in ordine alla adeguatezza o meno delle operazioni di pulizia in base alle proprie percezioni sensoriali, così attribuendo fede privilegiata in maniera errata a giudizi di tipo valutativo e ad apprezzamenti personali.
1.1. La doglianza non può trovare accoglimento.
La questione dell’efficacia probatoria dei fatti attestati nel processo verbale di accertamento delle violazioni amministrative è già stata risolta da questa Corte nel senso che il processo verbale costituisce un atto pubblico, in quanto forma necessaria dell’esternazione dell’atto di accertamento che il pubblico ufficiale compie sulla base dell’attribuzione normativa di uno specifico potere di documentazione. L’art. 2700 cod. civ. attribuisce all’atto pubblico l’efficacia di piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
L’efficacia di prova legale del verbale non può estendersi alle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale ed alla menzione di fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali, perché mediati attraverso la occasionale percezione sensoriale di accadimenti, che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun margine di apprezzamento. Sicché è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17355 del 24/07/2009, Rv. 609190 -01; conf., ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2259 del 30.01.2025; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3705 del 14/02/2013, Rv. 624937 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2434 del 02/02/2011, Rv. 616575 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 232 del 11/01/2010, Rv. 610808 – 01).
1.2. Ciò detto, n on può essere condiviso l’argomento prospettato in ricorso, per il quale l’efficacia probatoria dell’atto pubblico, redatto dai veterinari in sede di verifica dell’ottemperanza alle prescrizioni di cui all’Allegato I (richiamato dall’art. 4) d.lgs. n. 146 del 2019 , sarebbe stata estesa ad apprezzamenti personali e a giudizi di tipo valutativo, non coperti da fede privilegiata.
Al contrario: come correttamente rilevato in sentenza (p. 3, 4° e 5° capoverso) le statuizioni degli ufficiali roganti costituiscono esattamente quei «fatti» riscontrati alla loro presenza (la non idoneità delle condizioni igieniche dei box di stabulazione dei vitelli) e dei quali, peraltro, detti pubblici ufficiali hanno fornito precisa descrizione, che il principio di diritto sopra richiamato copre con fede privilegiata. Ed infatti, sono coperti dalla fede pubblica privilegiata i fatti la cui descrizione implica un giudizio di verità, siccome ancorato a prescrizioni legali di natura tecnica, mentre ne eccedono solo quelli di tipo precipuamente critico o di valore, che non esprimono altro se non il convincimento personale del verbalizzante (ad es. la ricostruzione dinamica di un sinistro stradale).
1.3. Pertanto, per confutare la piena idoneità del verbale di accertamento e contestazione a provare tale fatto, il ricorrente avrebbe dovuto esperire querela di falso (di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 31360 del 06.12.2024).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità
alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 1.800,00 per compensi, oltre a €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di € . 700,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 700,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda