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Vendita immobile difettoso: quando scatta la risoluzione

La Corte d’Appello di Cagliari ha confermato la risoluzione di un contratto di compravendita per una vendita di immobile difettoso. Gli acquirenti avevano riscontrato gravi vizi, come infiltrazioni e muffa, che rendevano l’appartamento di nuova costruzione inabitabile. La Corte ha stabilito che tali difetti, compromettendo la funzione abitativa del bene, giustificano la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1490 c.c., senza la necessità di configurare un’ipotesi di ‘aliud pro alio’. L’appello della società costruttrice è stato respinto, con condanna alla restituzione delle somme e al pagamento delle spese.

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Vendita Immobile Difettoso: Quando si Può Chiedere la Risoluzione del Contratto?

L’acquisto di una casa è un passo fondamentale, ma cosa succede se l’immobile di nuova costruzione si rivela inabitabile? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Cagliari fa luce su un caso di vendita immobile difettoso, confermando che la presenza di vizi gravi, tali da rendere il bene inidoneo all’uso, è sufficiente per ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione di quanto pagato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un Sogno Trasformato in Incubo

Una coppia acquistava un appartamento di nuova costruzione da una società venditrice. Poco dopo l’acquisto, con le prime piogge autunnali, l’immobile manifestava gravi problemi: infiltrazioni d’acqua, umidità diffusa e formazione di muffa. Questi difetti compromettevano la salubrità degli ambienti a tal punto da renderli inabitabili, come successivamente accertato anche dall’autorità sanitaria locale (ASL).

Di fronte all’inadeguatezza degli interventi proposti dalla venditrice, gli acquirenti avviavano un procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo (ATP), che confermava la presenza di seri vizi costruttivi, tra cui problemi di impermeabilizzazione e coibentazione. Successivamente, citavano in giudizio la società costruttrice chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita e del collegato accollo del mutuo, oltre alla restituzione di tutte le somme versate.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda degli acquirenti, dichiarando la risoluzione del contratto. La società venditrice, soccombente, proponeva appello.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Cagliari ha rigettato l’appello della società costruttrice, confermando integralmente la sentenza di primo grado. La Corte ha ribadito che i difetti riscontrati erano di tale gravità da rendere l’appartamento del tutto inidoneo alla sua funzione principale: quella abitativa. Di conseguenza, l’inadempimento della venditrice è stato giudicato sufficientemente grave da giustificare la risoluzione del contratto.

Analisi della Vendita di un Immobile Difettoso: le motivazioni della Corte

Il cuore della decisione della Corte d’Appello risiede nell’interpretazione degli articoli 1490 e 1492 del Codice Civile, che regolano la garanzia per i vizi della cosa venduta. I giudici hanno chiarito alcuni punti fondamentali:

1. La Gravità del Vizio è Centrale: La Corte ha sottolineato che il presupposto per la risoluzione del contratto non è tanto la qualificazione del vizio come aliud pro alio (consegna di una cosa per un’altra), quanto la sua capacità di rendere il bene inidoneo all’uso cui è destinato. In questo caso, la diffusa presenza di muffa e umidità, certificata da un consulente tecnico e dall’ASL come ‘antigienica e malsana’, comprometteva totalmente la funzione abitativa dell’immobile.

2. Irrilevanza degli Interventi Tardivi: La società venditrice aveva eseguito alcuni interventi correttivi, ma questi erano stati realizzati dopo l’avvio della causa di risoluzione e, soprattutto, si erano rivelati inefficaci e non conformi alla buona tecnica costruttiva. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’offerta di adempimento, una volta proposta la domanda di risoluzione, è irrilevante.

3. L’Idoneità all’Uso Prevale sul Costo della Riparazione: Nell’azione di risoluzione, l’aspetto determinante non è il costo necessario per eliminare i vizi, ma l’incidenza che tali vizi hanno sulla funzionalità del bene. Anche se le riparazioni potessero non essere eccessivamente costose, la condizione di inabitabilità dell’immobile al momento della consegna e successivamente costituiva un inadempimento grave che legittimava la richiesta di risoluzione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre importanti tutele per chi acquista un immobile. Dimostra che il compratore non è costretto ad accettare un bene che, seppur strutturalmente integro, presenta difetti che ne precludono l’utilizzo pattuito, come quello abitativo. La decisione chiarisce che la presenza di vizi gravi, che incidono sulla salubrità e sulla fruibilità della casa, costituisce un inadempimento contrattuale sufficiente a sciogliere il vincolo e a ottenere la restituzione di tutte le spese sostenute. Per i costruttori, rappresenta un monito a garantire non solo la conformità strutturale, ma anche la piena agibilità e salubrità degli immobili che immettono sul mercato.

Quando un acquirente può chiedere la risoluzione del contratto di compravendita di un immobile?
L’acquirente può chiedere la risoluzione quando l’immobile presenta vizi talmente gravi da renderlo inidoneo all’uso per cui è stato acquistato. Nel caso di un’abitazione, vizi come infiltrazioni, muffa diffusa e condizioni antigieniche che ne compromettono la salubrità e l’abitabilità giustificano la risoluzione.

È necessario dimostrare che l’immobile consegnato sia un ‘aliud pro alio’ (una cosa per un’altra) per ottenere la risoluzione?
No. La sentenza chiarisce che non è necessario rientrare nella specifica ipotesi di ‘aliud pro alio’. È sufficiente che i difetti siano così rilevanti da violare la garanzia prevista dall’art. 1490 c.c., rendendo il bene non fruibile per la sua funzione essenziale, per giustificare la risoluzione ai sensi dell’art. 1492 c.c.

Se il venditore si offre di riparare i difetti dopo che l’acquirente ha avviato la causa, la richiesta di risoluzione può essere respinta?
No. La Corte ha stabilito che l’offerta di adempimento formulata dal venditore dopo che l’acquirente ha già proposto la domanda di risoluzione è irrilevante e non impedisce lo scioglimento del contratto, specialmente se la gravità dell’inadempimento iniziale era tale da giustificare la domanda stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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