Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27706 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35879/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME E NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO , con domicilio in Roma, INDIRIZZO.
-RICORRENTI –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO , con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO.
-CONTRORICORRENTE-
e
NOME COGNOME.
-INTIMATA- avverso l a sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5675/2019, depositata in data 18.9.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2.10.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto: CONTRATTO PRELIMINARE
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno adito il Tribunale di Latina, dolendosi che il terreno sito in Sezze, da essi acquistato da NOME e NOME con atto del 2.5.1995, era stato asservito ad altro immobile delle convenute e che, contrariamente a quanto risultante dal rogito, era totalmente inedificabile, senza che le venditrici avessero trascritto il vincolo o informato i ricorrenti dell ‘impossibilità di sfruttare il bene a fini edificatori.
Hanno chiesto il risarcimento del danno, da liquidare in corso di causa.
Le convenute hanno affermato che gli acquirenti erano a conoscenza dei vincoli, avendo perciò corrisposto un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato degli immobili edificabili ubicati nella zona.
Il Tribunale ha accolto la domanda, liquidando a titolo di risarcimento l’importo di £. 18.227,00 , pari ad un quarto del prezzo di vendita. La sentenza è stata riformata integralmente in appello.
La Corte distrettuale ha stabilito che, prima della vendita, gli acquirenti erano stati edotti dai tecnici incaricati del frazionamento che il terreno era stato asservito ad altro immobile e non aveva alcuna potenzialità edificatoria, nulla potendo pretendere a titolo di risarcimento, neppure ai sensi de ll’art. 1489 c.c. .
Per la cassazione della sentenza NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso in tre motivi; ha resistito con controricorso NOME COGNOME. NOME COGNOME non ha formulato difese.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’ art. 132 n. 4 c.p.c., 1337, 1338, 1489, 1453, 1476, 1490, 1491, 1492 e 1497 c.c., sostenendo che il bene compravenduto era gravato da un vero e proprio diritto reale, la cui esistenza era stata taciuta dalle venditrici, che nell ‘atto di vendita avevano dichiarato che il suolo
ricadeva in zona a destinazione ‘ campagna parco ‘ , con indice di edificabilità 0,15 mc/mq. Assumono i ricorrenti che sulle informazioni ricevute da terzi prima della vendita dovevano prevalere le dichiarazioni non veritiere delle venditrici contenute nel rogito riguardo all’indice di fabbricabilità del terreno e all’ assenza di pesi e vincoli. Lamentano l’omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno per la vendita di un aliud pro alio.
Il motivo non è fondato.
Nel dedurre che il terreno compravenduto era risultato totalmente inedificabile per intervenuto asservimento a favore di altro suolo, i ricorrenti avevano introdotto, in via principale, una domanda per responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi informativi nella fase delle trattative ai sensi dell’art. 1337 c.c. e, in via subordinata, la responsabilità contrattuale in relazione alle condizioni di inedificabilità del suolo.
Correttamente la sentenza ha ritenuto configurabile non una vendita di aiud pro alio, ma l’ipotesi regolata dall’art. 1489 c.c. del bene gravato da oneri non apparenti, osservando che la conoscenza del vincolo da parte dell’acquirente precludeva l’esperibilità dell’azione risarcitoria.
La norma trova, difatti, applicazione nel caso di vendita di immobile le cui potenzialità edificatorie risultino ridotte o soppresse per effetto del cd. trasferimento di cubatura (ipotesi cui deve ritenersi assimilabile, agli effetti di cui si discute, l’accorpamento di cubatura tra fondi appartenenti allo stesso proprietario; cfr., in tal senso, Cass. 1613/2003 nonché Cass. 27916/2017; Cass. 10184/2014; Cass. 14226/1999; sul cd. accorpamento di cubatura, Consiglio di Stato 5305/2022).
L’esplicita qualificazione della fattispecie, difforme da quella proposta dai ricorrenti, esclude un’omissione di pronuncia sulla sussistenza di una vendita di aliud pro alio e, quindi, la viol azione dell’art. 112 c.p.c..
Quanto agli ulteriori profili in discussione, occorre convenire che la responsabilità precontrattuale può senza dubbio sussistere anche qualora il contratto sia stato successivamente concluso, se la parte abbia taciuto circostanze decisive che, con un giudizio probabilistico, avrebbero determinato un diverso contenuto del contratto (Cass. s.u. 26724/2007; Cass. 24795/2008; Cass. 5762/2016), ma la conoscenza del vincolo -accertata in concreto dalla Corte di merito sulla base delle testimonianze – non legittimava pretese risarcitorie né a titolo di responsabilità precontrattuale c.c., né ai sensi dell’art. 1489 c.c. (esclusa, per quanto detto, un’ipot esi di vendita di aliud pro alio).
Nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi, la responsabilità del venditore è esplicitamente esclusa nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, comunque acquisita, presumendosi che egli l’abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, senza che rilevi la dichiarazione del venditore della inesistenza di pesi od oneri sul bene medesimo, non operando, in tal caso, il principio dell’affidamento su cui prevale quello di autoresponsabilità (Cass. 8500/2013; Cass. 22363/2017; Cass. 14289/2018; Cass. 57/2018).
Lo stesso art. 1491 c.c. valorizza l’affidamento del compratore nell a veridicità delle dichiarazioni del venditore circa le condizioni del bene compravenduto anche in caso di vizi riconoscibili secondo l’ordinaria diligenza, ma non consente alcuna tutela dell’affidamento ove la conoscenza dei vizi sia stata effettiva, come nel caso che ci occupa.
Il secondo motivo denuncia l’omessa valutazione delle prove e la violazione degli artt. 116, 132 c.p.c., 1489 e 2734 c.c., per aver la Corte di merito esaminato le sole dichiarazioni dei tecnici incaricati del frazionamento, trascurando il contenuto dell’interrogatorio durante il quale i ricorrenti avevano dichiarato di non essere a conoscenza dell’i nedificabilità del terreno e di non conoscere e di non
aver mai incontrato i tecnici che avevano effettuato il frazionamento. Trattandosi di dichiarazioni aggiunte alla confessione, la mancata contestazione di controparte aveva comportato il definitivo accertamento dei fatti dichiarati in base al principio di infrazionabilità della confessione, per cui non era possibile utilizzare le dichiarazioni testimoniali che attestavano il contrario. Si assume che i testi erano stati indicati a sospetto e che altro teste aveva escluso che alle trattative avessero partecipato soggetti diversi dai diretti contraenti. Il motivo non è fondato.
E’ sufficiente osserv are che i venditori -avendo affermato nel corso dell’interrogatorio di non essere a conoscenza del vincolo e di non aver mai incontrato i tecnici del frazionamento – avevano riferito circostanze favorevoli agli stessi interrogati, perciò prive di valore confessorio, restando elementi al più valutabili ma non certo idonei a prevalere sulle testimonianze per effetto dell’ inscindibilità sancita d all’art. 2734 c.c..
In assenza di confessione, l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale è soggetta al libero apprezzamento del giudice (Cass. 10494/2006; Cass. 30529/2017). Del tutto generiche e disancorate dagli atti di causa sono, infine, le doglianze concernenti l’inattendibilità dei testi, l ‘in sufficienza degli elementi valorizzati dal giudice e l’esistenza di deposizioni contrarie ai fatti accertati, restando affidato al giudice di merito la valutazione delle prove e la scelta tra quelle ritenute utili per la decisione (Cass. 7921/2011; Cass. 9097/2017; Cass. 29404/2017; Cass. 32505/2022).
in
3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 111 Cost., 132 n. 4 c.p.c., lamentando che la Corte di merito abbia immotivatamente ritenuto assorbito l’appello incidentale con cui era stato richiesto il risarcimento per lucro cessante relazione al trasferimento del bene privo di edificabilità, oltre al pregiudizio, ristorato già in primo grado, causato dal trasferimento di un suolo di ridotto valore.
Il motivo è infondato.
Le questioni concernenti le conseguenze lesive della violazione erano oggetto di assorbimento improprio (che si ha quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero determina un implicito rigetto di altre domande) e non ha comportato né un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, né l’assenza di motivazione, che è proprio quella dell’assorbimento, per cui, solo ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa (Cass. 28995/2018).
Nello specifico la ragione di assorbimento appare correttamente evocata, non potendo ritenersi esistente un danno, in nessuna delle sue possibili componenti, ove sia accertata l’insussistenza della condotta illecita posta a fondamento della domanda risarcitoria.
Il ricorso è perciò respinto, con aggravio delle spese processuali.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad € 6200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione