Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8649 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8649 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
U.P. 7/3/2024
Vendita -Terreno edificabile -Aliud pro alio -Mancanza di qualità essenziali
domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE);
-intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 781/2019, pubblicata il 9 aprile 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto: A) il rigetto del ricorso principale; B) l’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso incidentale, con l’assorbimento dei rimanenti motivi; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’AVV_NOTAIO per delega dell’AVV_NOTAIO -per la ricorrente e l’AVV_NOTAIO per i controricorrenti e ricorrenti incidentali.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 20 febbraio 1993, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al
Tribunale di Sciacca, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al fine di sentire condannare i convenuti, quali venditori del terreno sito in Sciacca, località Tranchina, dell’estensione di mq. 7.800, con annesse concessioni edilizie, in forza di atto pubblico del 23 marzo 1990, al risarcimento dei danni subiti, in ragione della parziale altruità del cespite alienato e della previsione -a cura dei progetti e delle concessioni edilizie cedute -della costruzione anche sul terreno altrui, oltre che per la irregolarità delle concessioni, che aveva implicato la disposizione di un sequestro penale.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali chiedevano che le domande avverse fossero disattese e, in via riconvenzionale, che la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata al risarcimento dei danni subiti a causa del richiamato sequestro penale nonché all’esecuzione delle opere previste nel contrato di appalto di cui alla coeva scrittura privata e alla rimozione delle opere costruite sulla propria proprietà, oltre che alla riparazione del pregiudizio da ritardo nella consegna delle opere medesime (11 unità abitative comprese nel complesso turistico che la RAGIONE_SOCIALE doveva realizzare sul terreno acquistato).
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Interrotta la causa per la dichiarazione del decesso di COGNOME, essa era riassunta verso i suoi eredi.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 370/2006, depositata il 18 ottobre 2006, condannava i convenuti al pagamento, in favore della società attrice, della complessiva somma di euro 747.932,85, di cui euro 740.438,53 per interessi
sull’importo di euro 1.088.836,32 maturati sino a tutto il 31 ottobre 2004 ed euro 7.494,32 a titolo di costi sostenuti per la definizione di una pratica di sanatoria pendente, oltre agli ulteriori interessi sul predetto importo a decorrere dal 1° novembre 2004 sino al saldo. In parziale accoglimento della riconvenzionale spiegata, condannava inoltre la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dei convenuti, della somma di euro 17.342,04, oltre interessi dal 19 ottobre 2004 sino al soddisfo.
2. -Con atto di citazione del 15 maggio 2007, proponevano appello COGNOME NOME e COGNOME NOME, lamentando: – la nullità della decisione impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nonché per mancanza di motivazione, in ragione dell’acritico recepimento delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio; -l’intervenuta decadenza e/o prescrizione dell’azione risarcitoria, ai sensi dell’art. 1495 c.c. per i vizi della cosa venduta ovvero per la mancanza delle qualità essenziali; l’esclusione di alcun inadempimento imputabile ai venditori per difetto di alcun addebito rimproverabile quale causa del sequestro penale, in mancanza di alcun accertamento della difformità del progetto rispetto alle prescrizioni di legge e dell’illegittimità delle concessioni edilizie rilasciate; -l’accertamento indebito e non richiesto del consulente tecnico d’ufficio sulla difformità delle concessioni edilizie; -l’esiguità della misura del risarcimento dei danni riconosciuta, in collegamento con l’omessa pronuncia sulle eccezioni e richieste istruttorie avanzate; -l’assenza di alcuna decisione sulla richiesta di conseguire il risarcimento dei danni per la mancata consegna delle unità abitative e per il mancato completamento delle opere.
Spiegava separato appello, per le stesse ragioni, anche COGNOME NOME, quale ulteriore erede di COGNOME NOME.
Si costituiva nei giudizi di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva il rigetto delle impugnazioni e, in via incidentale, instava per l’integrazione del quantum del danno patito e per il rigetto delle domande riconvenzionali di risarcimento danni proposte in primo grado dalle controparti.
Previa riunione, decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 1724/2010, depositata il 9 dicembre 2010, rigettava gli appelli principali e, in accoglimento dell’appello incidentale, riconosceva alla RAGIONE_SOCIALE una ulteriore somma a titolo di risarcimento danni, pari ad euro 53.638,75, confermando nel resto la pronuncia impugnata.
3. -Con ricorso notificato il 3 marzo 2011, articolato in dodici motivi, chiedevano la cassazione della pronuncia di secondo grado COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Questa Corte, con sentenza n. 5329/2016, depositata il 17 marzo 2016, rigettato il primo motivo, accoglieva il secondo motivo e dichiarava assorbiti i rimanenti motivi e, per l’effetto, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio.
In particolare, la pronuncia di legittimità evidenziava che nella fattispecie non poteva ritenersi sic et simpliciter integrata un’ipotesi di vendita di aliud pro alio , atteso che sul terreno oggetto di compravendita risultavano essere stati compiuti notevoli interventi edificatori, con la realizzazione di numerose
unità abitative, sicché, nell’ipotesi in cui oggetto della compravendita fosse stato un terreno edificatorio, la parziale edificabilità dello stesso, seppure minore rispetto alle aspettative, non avrebbe comportato automaticamente la configurabilità di un’ipotesi di vendita di aliud pro alio , dovendo il giudice di merito provvedere a valutare congruamente se il tipo di edificabilità in concreto attuabile consentisse o meno l’inquadramento entro tale categoria.
Avverso tale pronuncia proponevano ricorso per revocazione COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella parte in cui gli ulteriori motivi undicesimo e dodicesimo spiegati erano stati assorbiti, ricorso dichiarato inammissibile con ordinanza di questa Corte n. 5460/2018, depositata il 7 marzo 2018.
-Riassumeva il giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale insisteva nella declaratoria di inammissibilità o nel rigetto degli appelli principali spiegati e nella conferma della sentenza di primo grado.
Si costituivano nel giudizio di rinvio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali chiedevano che, previo accertamento della inesistenza di una fattispecie di vendita di aliud pro alio , fosse dichiarata l’estinzione del diritto fatto valere dalla controparte, in ragione degli eventuali vizi accertati, per intervenuta decadenza o comunque per prescrizione, rigettando, per l’effetto, tutte le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, ed insistevano nelle riconvenzionali già spiegate e, in specie, nella condanna della CRAGIONE_SOCIALE.F. al risarcimento di tutti i danni subiti a causa del sequestro penale e all’esecuzione di tutte le opere previste nel contratto di appalto nonché alla rimozione delle opere costruite
nella proprietà degli esponenti ed al risarcimento del danno causato dalla mancata consegna delle opere, reiterando l’istanza di ammissione dei mezzi istruttori già dedotti.
A conclusione del giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Palermo, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava le domande risarcitorie avanzate dalla C.I.F. e confermava, nel resto, la sentenza impugnata, quanto alla condanna al risarcimento del danno della C.I.F. verso COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per la somma di euro 17.342,04, oltre interessi legali dal 19 aprile 2004 al soddisfo, compensando interamente le spese di lite.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a ) che il terreno oggetto del contratto di vendita stipulato tra le parti il 23 marzo 1990 era edificabile e, dunque, consentiva la realizzazione del complesso turistico programmato, come da progetto redatto dagli stessi venditori; b ) che alla difformità delle originarie concessioni edilizie cedute era seguito l’acquisto, a cura di RAGIONE_SOCIALE, con atto pubblico dell’8 settembre 1998, dopo il dissequestro del terreno avvenuto il 3 novembre 1997, della proprietà del terreno di cui alla limitrofa particella n. 106, oltre che la presentazione in data 10 dicembre 2004, dopo l’entrata in vigore della legge sul condono edilizio del 2003, di istanza di condono, in ordine alla realizzazione di una cubatura eccedente quella consentita dallo strumento urbanistico, seppure autorizzata dalla concessione in variante n. 1659/1988, con il successivo rilascio, nel maggio 2013, in relazione alle unità abitative realizzate, della concessione
in sanatoria e del certificato di agibilità; c ) che, conseguentemente, nel caso di specie, era ravvisabile un vizio redibitorio ovvero una mancanza di qualità essenziali della cosa consegnata, alla stregua delle imperfezioni del terreno alienato, che tuttavia non rendevano il bene consegnato completamente diverso da quello pattuito, in quanto non appartenente ad un genere diverso e rivelatosi funzionalmente idoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l’utili tà richiesta; d ) che, pertanto, la parziale edificabilità del terreno venduto (minore rispetto alle aspettative) e la difformità rispetto alla normativa urbanistica non valevano a configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio ; e ) che l’eccezione di prescrizione in ordine ai vizi redibitori -o, comunque, alla mancanza di qualità essenziali -, sollevata dai venditori nel giudizio di gravame, secondo il rito vigente ratione temporis , era fondata, poiché l’azione risarcitoria era stata proposta successivamente al decorso del termine annuale dalla consegna del terreno alienato, senza che vi fosse stato alcun atto interruttivo e pur avendo il legale rappresentante della società acquirente la concreta possibilità di rendersi conto delle illegittimità della concessione edilizia entro tale termine annuale, sicché l’azione risarcitoria avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE. doveva essere disattesa; f ) che non poteva essere riconosciuto il risarcimento dei danni per il ritardo nella consegna delle 11 unità abitative, oggetto del contratto di appalto collegato funzionalmente alla vendita, in favore dei venditori -consegna che sarebbe dovuta avvenire entro il 23 luglio 1991 -, poiché doveva essere esclusa la colpa della RAGIONE_SOCIALE per tale ritardata consegna; g ) che, infatti: –
COGNOME NOME, in data 18 settembre 1991, aveva autorizzato la RAGIONE_SOCIALE ad effettuare alcune modifiche degli 11 miniappartamenti appaltati; – il 21 marzo 1992 era stato richiesto il rinnovo della concessione edilizia n. 1018/1987; – il 25 marzo 1992 era intervenuta la concessione di proroga di 12 mesi; – solo in data 26 marzo 1992 la RAGIONE_SOCIALE era autorizzata ad ultimare le opere; ancora, il 23 giugno 1992 era stato comunicato ai venditoriappaltanti che la realizzazione delle opere era stata sospesa per la scoperta della non inclusione nell’oggetto della vendita della particella n. 106, su cui era stata realizzata una parte delle costruzioni; – nel novembre 1992 era intervenuto il sequestro penale, che aveva impedito qualsiasi ulteriore attività; senza che alla scadenza del termine di consegna COGNOME NOME avesse mai contestato alcun ritardo, il che costituiva contegno univocamente concludente nel senso della concessione di una proroga nella consegna; h ) che il consulente tecnico d’ufficio aveva compiutamente individuato le opere appaltate non realizzate dalla RAGIONE_SOCIALE e quelle realizzate in difformità dalle prescrizioni contrattuali, specificando le ragioni per cui non poteva tenersi conto di talune voci; i ) che, in conseguenza, i danni liquidati nella misura di euro 17.342,24 per l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE erano conformi alle risultanze processuali; l ) che la richiesta di adempimento in forma specifica dell’appalto, formulata solo nel giudizio di rinvio, era tardiva, in quanto nel processo d’appello era stato richiesto solo il risarcimento dei danni per equivalente.
5. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Hanno resistito con controricorso, proponendo -a loro volta -ricorso incidentale, articolato in sei motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
È rimasta intimata COGNOME NOME.
6. -Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
Le parti hanno presentato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1497, 1495, 1490, 1494, 1218, 1453 e 1362 c.c. nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in ordine al rigetto della domanda risarcitoria proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, per avere la Corte di merito ritenuto che, nella specie, la parziale edificabilità del terreno venduto (minore rispetto alle aspettative) e la difformità delle concessioni cedute rispetto alla normativa urbanistica non valessero a configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio , richiamando sul punto la motivazione dei giudici di legittimità, che aveva rimesso alla Corte di valutare se il tipo di edificabilità in concreto attuabile consentisse o meno l’inquadramento entro la categoria innanzi delineata.
Obietta l’istante che sarebbe stata configurabile la consegna di aliud pro alio , con le conseguenze giuridiche che ne sarebbero derivate, non solo quando la cosa consegnata fosse stata completamente diversa da quella contrattata, appartenendo ad un genere affatto diverso, ma anche laddove fosse stata
assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente o avesse avuto difetti tali da impedire l’assolvimento della sua funzione naturale o di quella concreta assunta come essenziale dalle parti, ossia fosse stata inidonea ad assolvere la funzione economico-sociale, con la conseguenza che l’accento avrebbe dovuto essere posto, non tanto sulle caratteristiche oggettive della cosa, quanto piuttosto sulla sua particolare utilizzazione, in vista della quale l’acquirente aveva stipulato il contratto, come contemplata dalle parti nella negoziazione, avendo riguardo alla causa concreta.
In adesione a siffatte coordinate, avrebbe dovuto essere preso in considerazione il fatto che l’appezzamento di terreno di cui alla particella n. 106 non era di proprietà degli alienanti, sebbene fosse essenziale nella redazione del progetto e della variante e nel rilascio delle relative concessioni edilizie, tanto da costringere la RAGIONE_SOCIALE ad acquistare la porzione di mq. 4.800, di proprietà dei confinanti, poiché, in mancanza, le 58 unità immobiliari previste dalla variante non avrebbero potuto essere realizzate.
1.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, la sentenza impugnata -analizzando il tema oggetto del rinvio disposto dalla sentenza di questa Corte n. 5329/2016, in ordine alla congrua valutazione della incidenza del tipo di edificabilità in concreto attuabile sulla configurabilità della vendita di aliud pro alio -ha puntualizzato, per un verso, che l’atto di vendita non comprendeva anche la citata particella n. 106 e, per altro verso, che le attività ulteriori svolte dalla RAGIONE_SOCIALE (acquisti, dissequestri, condoni, sanatorie, agibilità), in ragione delle
‘difformità’ rilevate (in specie nelle concessioni edilizie cedute dai venditori), avevano comunque consentito la realizzazione del progetto.
Per l’effetto, la Corte d’appello ha evidenziato che, a fronte dell’acquisto di un terreno edificabile (rivelatosi effettivamente tale), le ‘imperfezioni’ riscontrate e sanate non incidevano sull’ an della natura della res , ma solo sul quomodo , non determinando la funzionale e assoluta inidoneità del cespite ad assolvere la destinazione economico-sociale promessa e, quindi, a fornire l’utilità richiesta, tanto da far degradare le irregolarità dedotte a meri vizi redibitori o a mancanza di qualità essenziali della cosa consegnata.
Ebbene, in tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.), presupponendo l’appartenenza della cosa al genere pattuito, differiscono dalla consegna di aliud pro alio , che si determina quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23604 del 02/08/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 36360 del 13/12/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 28069 del 14/10/2021; Sez. 2, Sentenza n. 7557 del 23/03/2017; Sez. 2, Sentenza n. 6596 del 05/04/2016; Sez. 1, Sentenza n. 2313 del 05/02/2016; Sez. 2, Sentenza n. 28419 del 19/12/2013; Sez. 2, Sentenza n. 10916 del 18/05/2011; Sez. 3, Sentenza n. 18859 del 10/07/2008; Sez. 2, Sentenza n. 5202 del 07/03/2007; Sez. 1, Sentenza n. 11018 del 21/12/1994).
La vendita di aliud pro alio , la quale dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale, svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all’art. 1495 c.c., presuppone, infatti, che la causa concreta che aveva giustificato l’atto traslativo non sia realizzabile in modo irrimediabile (come accade allorché il terreno edificabile trasferito sia in realtà inedificabile, il quadro d’autore alienato non sia autentico, l’acqua oggetto della fornitura per uso domestico non sia potabile, i mobili d’epoca acquistati non siano effettivamente tali, il toro da riproduzione venduto sia infertile), tanto da pregiudicare la stessa identità della cosa acquistata (e i connessi interessi sottesi al programma negoziale), e non già che vi sia la mera carenza di requisiti sanabili, non costituenti un elemento di identificazione del bene e senza un definitivo pregiudizio della idoneità allo specifico uso cui il compratore intende destinare la cosa.
Nella fattispecie, secondo le risultanze valorizzate dalla pronuncia impugnata, all’esito della sanatoria delle irregolarità rilevate, il bene alienato è stato comunque sfruttato per la sua destinazione edificatoria (ossia per la realizzazione del progetto relativo alla creazione di un complesso turistico), con la conseguenza che la sua natura non ha comunque compromesso la ratio giustificativa per la quale il negozio era stato stipulato.
Rispetto ad un quadro giurisprudenziale consolidato e univoco, siccome innanzi descritto, non sussistono le condizioni per la rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente principale contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 184 e 359 c.p.c. nonché
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte territoriale accolto l’eccezione di prescrizione formulata dagli appellanti e ribadita all’esito del rinvio disposto dalla Corte di legittimità, benché essa fosse stata eccepita per la prima volta nel giudizio di gravame.
E, in ogni caso, a fronte di un rapporto contrattuale ancora pendente, nessuna decadenza o prescrizione avrebbe potuto decorrere, poiché i diritti nascenti da un contratto non si prescrivono durante il tempo in cui viene data ad esso esecuzione.
La non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di prescrizione avrebbe dunque precluso la possibilità della sua proposizione per la prima volta in appello.
2.1. -Il mezzo di critica è infondato.
In proposito, la sentenza impugnata ha correttamente dato conto della circostanza che, in ordine al rito vigente sulla scorta del tempo di introduzione della causa in primo grado (dovendo farsi riferimento al giudizio unitariamente considerato e non già alle fasi o ai gradi in cui esso si scandisce: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18207 del 10/09/2004; Sez. 3, Sentenza n. 10654 del 04/06/2004) -introduzione risalente al 20 febbraio 1993, quale data di notifica della citazione introduttiva del giudizio davanti al Tribunale -, non avrebbe operato il principio di preclusione o eventualità, come introdotto dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 (vedi, per il giudizio d’appello, l’art. 52 di tale legge, che ha introdotto, in particolare, la preclusione alla facoltà di sollevare eccezioni non rilevabili d’ufficio in sede di gravame), legge entrata in vigore a decorrere dal 30 aprile 1995, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 345 c.p.c. vigente ratione temporis , quale
risultante per effetto dell’art. 36 della legge 14 luglio 1950, n. 581 (‘riforma chiovendiana’), pur trattandosi di eccezione in senso proprio, la prescrizione avrebbe potuto essere proposta anche in grado di appello, in quanto rivolta unicamente al rigetto della domanda (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 120 del 07/01/2016; Sez. 3, Sentenza n. 18488 del 25/08/2006; Sez. 3, Sentenza n. 15936 del 13/11/2002; Sez. 2, Sentenza n. 5191 del 11/04/2002; Sez. 3, Sentenza n. 9927 del 28/07/2000; Sez. 3, Sentenza n. 1074 del 01/02/2000; Sez. 2, Sentenza n. 1298 del 07/02/1998; Sez. 1, Sentenza n. 6086 del 03/07/1996; Sez. 1, Sentenza n. 9487 del 13/09/1993).
D’altronde, il richiamato contratto di vendita con effetti reali del 23 marzo 1990 si è perfezionato con lo scambio dei consensi legittimamente manifestato ex art. 1376 c.c., cui ha fatto seguito la pronta consegna del terreno alienato in favore dell’acquirente. Sicché non può sostenersi che la fase esecutiva fosse ancora in corso al momento in cui l’eccezione di prescrizione è stata sollevata.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente principale prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2935 c.c. e 112 c.p.c. nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte distrettuale affermato che il termine annuale di prescrizione ex art. 1495 c.c. decorresse dalla consegna della res venduta, mentre il termine di prescrizione relativo al risarcimento del danno derivante dall’illegittima attività edilizia sull’immobile oggetto di vendita avrebbe iniziato a decorrere, non già dal momento di verificazione
dell’effetto traslativo, bensì dall’epoca di manifestazione oggettiva del danno, poiché solo da tale frangente temporale il danneggiato avrebbe potuto conoscerne l’esistenza e le cause.
Senonché l’evento lesivo ossia l’esecuzione del sequestro penale -nella fattispecie sarebbe stato percepito solo il 3 settembre 1992, con la conseguenza che solo dall’effettiva conoscenza della suddetta violazione delle norme urbanistiche poteva decorrere il termine prescrizionale.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente principale si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1495, 2941, n. 8, c.c. e 112 c.p.c. nonché dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte del gravame ritenuto che il termine annuale di prescrizione della garanzia per i vizi o per la mancanza di qualità essenziali, decorrente dalla consegna del fondo, coincidesse con la stipulazione del contratto di vendita, coincidenza che non avrebbe potuto essere affermata in mancanza della relativa prova, spettando all’eccipiente l’onere di dimostrare il dies a quo di essa, prova nella fattispecie nient’affatto fornita.
Peraltro, il termine di decadenza di otto giorni avrebbe avuto decorso dalla scoperta del vizio occulto, ossia dal momento in cui il compratore ne avesse avuto certezza obiettiva e completa.
Ed inoltre, avrebbe potuto essere invocata la sospensione della prescrizione dell’azione di garanzia, fino a quando il compratore non avesse scoperto i vizi, scoperta che doveva
risalire al 3 settembre 1992, con la conseguente tempestività dell’azione.
4.1. -Le due censure -che possono essere affrontate congiuntamente, essendo avvinte da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondate.
E tanto perché il giudice di merito ha accertato che la consegna del terreno compravenduto -intesa come acquisizione della sua effettiva e materiale disponibilità, tale da porre il compratore a diretto contatto con il bene medesimo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4826 del 19/02/2019) -fosse avvenuta in epoca prossima alla stipulazione dell’atto pubblico di vendita del 23 marzo 1990 e da tale momento, conseguentemente, ha fatto decorrere il termine annuale di prescrizione.
E ha aggiunto che, sin da tale consegna, immediatamente seguita alla stipulazione dell’atto traslativo, l’acquirente quale società operante nel settore delle costruzioni -avrebbe potuto rendersi conto dell’illegittimità delle concessioni edilizie cedute.
D’altronde, nella fattispecie, è stata fatta valere, non già l’azione ordinaria di inadempimento (non essendovi i presupposti della consegna di aliud pro alio ), bensì la garanzia speciale per i vizi o per la mancanza di qualità essenziali.
In base a tale inquadramento sistematico, l’azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia a norma dell’art. 1495, terzo comma, primo periodo, c.c. quand’anche essa sia limitata, come nel caso di specie, alla sola rivendicazione del risarcimento dei danni -si prescrive, ‘in ogni caso’, nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto (sempre ché tale consegna sia avvenuta successivamente al
perfezionamento della vendita, altrimenti il termine decorre dalla stipulazione dell’atto), anche se i vizi non sono stati scoperti o non sono stati tempestivamente denunciati o se la denuncia stessa non è necessaria (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 3926 del 09/02/2023; Sez. 2, Sentenza n. 11037 del 05/05/2017; Sez. 62, Ordinanza n. 26967 del 15/12/2011; Sez. 2, Sentenza n. 8169 del 22/07/1991; Sez. 2, Sentenza n. 1384 del 11/03/1981; Sez. 2, Sentenza n. 2322 del 06/06/1977).
Sicché, in virtù del richiamo alla locuzione ‘in ogni caso’, la prescrizione decorre anche nell’ipotesi in cui il venditore abbia volontariamente occultato i vizi o la mancanza di qualità, il che rende, piuttosto, non necessaria la denuncia ex art. 1495, secondo comma, c.c., giustificandosi tale soluzione sulla scorta dell’esigenza di evitare che i rapporti negoziali restino per lungo tempo sospesi, ma anche, e soprattutto, di rendere più agevole l’accertamento della sussistenza, della causa e dell’entità dei vizi medesimi (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 28454 del 15/12/2020; Sez. 2, Sentenza n. 18891 del 28/07/2017; Sez. 3, Sentenza n. 2540 del 17/09/1963).
La causa di sospensione dell’azione di garanzia accordata al compratore, agli effetti dell’art. 2941, n. 8, c.c., opera solo allorché sia accertata la sussistenza di una dichiarazione del venditore, non solo obiettivamente contraria al vero, quanto altresì caratterizzata dalla consapevolezza dell’esistenza della circostanza taciuta e dalla conseguente volontà decipiente -dolo per mendacio -, ossia consistente in una condotta ingannatrice e fraudolenta, tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento
(Cass. Sez. L, Ordinanza n. 5413 del 27/02/2020; Sez. L, Sentenza n. 21567 del 13/10/2014; Sez. 2, Sentenza n. 19240 del 20/08/2013; Sez. L, Sentenza n. 9113 del 17/04/2007; Sez. L, Sentenza n. 26355 del 05/12/2005).
Né peraltro risulta in atti (e la ricorrente principale non vi ha fatto riferimento, essendosi limitata a rilevare la scoperta successiva della mancanza di qualità essenziali) che, nella fattispecie, i venditori abbiano dolosamente occultato la mancanza di qualità essenziali del terreno, nell’accezione restrittiva indicata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19567 del 30/09/2016).
Quanto alla ritenuta decorrenza del termine di prescrizione, sulla scorta dell’individuazione dell’appropriata cornice normativa, la Corte d’appello ha, dunque, fornito plurimi e congrui elementi a supporto, verificando, altresì, che non si fosse verificata alcuna causa interruttiva.
Per l’effetto, l’accertamento in ordine a detta decorrenza, quale indagine di fatto demandata al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità, in quanto appunto sorretta da adeguata e congrua motivazione e non inficiata da errori logici o di diritto (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9014 del 11/04/2018; Sez. 3, Sentenza n. 17157 del 03/12/2002; Sez. 1, Sentenza n. 1710 del 06/06/1968; Sez. 2, Sentenza n. 2839 del 05/12/1966).
5. -Con il quinto motivo la ricorrente principale lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113 c.p.c. e 1665 ( recte 1655) e ss. c.c. nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte d’appello applicato la disciplina sulla garanzia per i vizi nella
vendita, a fronte della qualificazione giuridica del contratto intercorso tra le parti quale appalto, rispetto al quale il termine di prescrizione dell’azione di garanzia sarebbe decorso dalla data di scoperta dei vizi.
Osserva l’istante che il sinallagma negoziale sarebbe stato rivolto alla costruzione del fabbricato e, all’esito, sarebbe rientrato nel potere officioso del giudice, in qualsiasi fase del procedimento, il compito di qualificare giuridicamente la natura effettiva del contratto.
5.1. -La doglianza è infondata.
Nella fattispecie occorre distinguere la vendita del terreno a scopo edificatorio con atto pubblico del 23 marzo 1990 e il coevo appalto con scrittura privata, con cui i venditori-appaltanti del terreno commissionavano all’acquirente -appaltatrice la costruzione di 11 unità immobiliari sul terreno proprio dei venditori, attiguo a quello oggetto di alienazione, unità che avrebbero fatto parte del più ampio complesso immobiliare turistico che la RAGIONE_SOCIALE intendeva realizzare.
Ebbene, la tutela risarcitoria pretesa dalla RAGIONE_SOCIALE attiene all’atto di vendita, alla stregua delle contestate irregolarità dell’oggetto dell’effetto traslativo, e non già al separato appalto, oggetto invece delle pretese avanzate dai committenti.
Nonostante il collegamento negoziale sussistente tra i due contratti, con precipuo riguardo alle imperfezioni denunciate, il negozio giuridico evocato si è imperniato sull’obbligazione di dare , con esclusivo riferimento alla materia traslata rispetto al lavoro (in assenza di alcuna prestazione d’opera affidata dalla RAGIONE_SOCIALE agli alienanti affinché il trasferimento della proprietà potesse
verificarsi), il che escludeva che potesse trovare applicazione la disciplina sull’appalto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5935 del 12/03/2018; Sez. 2, Sentenza n. 26574 del 09/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 20301 del 20/11/2012; Sez. 2, Sentenza n. 20391 del 24/07/2008).
6. -Con il sesto motivo la ricorrente principale rileva, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2937 c.c. nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte di merito erroneamente valutato il comportamento processuale della controparte, la quale, in primo grado, non aveva mai eccepito la prescrizione, comportamento, questo, ponderabile come tacita rinunzia alla prescrizione stessa, che non avrebbe potuto quindi essere opposta in appello.
6.1. -Il motivo è infondato.
A fronte della riconosciuta possibilità, secondo il rito vigente ratione temporis , che l’eccezione in senso stretto di prescrizione potesse essere sollevata nel giudizio di gravame, come innanzi chiarito, il mero fatto che essa non sia stata sollevata nel giudizio di primo grado non è indicativo di una volontà abdicativa.
In aggiunta il generico richiamo alle difese svolte dal procuratore della parte, senza alcuna esplicitazione della consistenza di tali difese, non può essere considerato circostanza rilevante ai fini di ritenere integrata la prospettata rinuncia alla prescrizione.
Ora, la rinuncia alla prescrizione, pur integrando un’eccezione in senso lato, che può essere rilevata anche d’ufficio,
postula che i fatti su cui essa si fonda, anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 24113 del 25/11/2015; Sez. 3, Sentenza n. 4804 del 01/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 963 del 07/02/1996; Sez. 2, Sentenza n. 3409 del 13/10/1976), il che non risulta nella fattispecie.
7. -Con il settimo motivo la ricorrente principale assume, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113 c.p.c. e 2043 c.c. nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte territoriale qualificato la responsabilità dei venditori come contrattuale anziché come responsabilità extracontrattuale, sicché, in presenza degli estremi sia dell’illecito contrattuale sia dell’illecito aquiliano, come nella specie, la prescrizione di una delle due azioni non avrebbe impedito di agire con l’altra.
D’altronde, la diversa qualificazione della domanda processuale, in ordine al titolo contrattuale o extracontrattuale, non avrebbe impedito al giudice di operare la corretta qualificazione per il diverso titolo deducibile, indipendentemente dalle indicazioni delle parti.
Orbene, ad avviso dell’istante, la condanna dei venditori al risarcimento dei danni subiti per i fatti descritti avrebbe integrato certamente gli estremi dell’illecito aquiliano.
7.1. -Il motivo è inammissibile.
La doglianza non supporta la ricostruzione della fattispecie in termini di illecito aquiliano, rinvenendo piuttosto la sua genesi esclusivamente nel dedotto inadempimento dei venditori nella
consegna di un terreno edificabile che fosse utilizzabile per la destinazione programmata dal compratore.
Ora, in caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso, qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest’ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, abbiano la consistenza di diritti assoluti; diversamente, quando il danno lamentato sia la conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità, come nel caso di specie, si resta nell’ambito della responsabilità contrattuale, le cui azioni sono soggette a prescrizione annuale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24872 del 21/08/2023; Sez. 3, Sentenza n. 3021 del 11/02/2014; Sez. 2, Sentenza n. 11410 del 08/05/2008; Sez. 2, Sentenza n. 4833 del 28/07/1986).
8. -Con l’ottavo motivo la ricorrente principale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte distrettuale disposto la compensazione delle spese di lite relative a tutti i gradi di giudizio in ragione della peculiarità della vicenda e della complessità di alcune delle questioni giuridiche esaminate, mentre, in realtà, avrebbe dovuto condannare alla rifusione delle spese la controparte, quale effetto dell’accoglimento della domanda dell’esponente, in applicazione del principio di soccombenza.
8.1. -Il motivo è inammissibile.
Attraverso tale doglianza si censura, infatti, la regolamentazione delle spese non già in sé, bensì quale mero effetto riflesso dell’auspicato accoglimento dei precedenti motivi (e della conseguente ritenuta fondatezza della domanda proposta).
In questi termini la doglianza articolata non costituisce un autonomo motivo, posto che, per effetto della riforma, sia pure parziale, dei capi principali della pronuncia impugnata, automaticamente si produce la caducazione del capo accessorio sulla regolamentazione delle spese, in ragione dell’effetto espansivo interno di cui all’art. 336, primo comma, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27152 del 22/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 10941 del 26/04/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7618 del 16/03/2023; Sez. 1, Sentenza n. 3204 del 08/10/1969; Sez. 2, Sentenza n. 312 del 26/01/1966).
9. -Con il primo motivo i ricorrenti incidentali sostengono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento, con violazione degli artt. 384 e 394, terzo comma, c.p.c. nonché degli artt. 112 e 132 c.p.c. e delle regole del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte del gravame mancato di pronunciarsi sull’ottavo motivo di gravame reiterato in sede di rinvio, r elativo alla critica della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva erroneamente sottostimato i danni rinvenienti dalla mancata consegna delle opere oggetto dell’appalto, in quanto realizzate solo in minima parte, tralasciando di considerare che i committenti non avevano potuto commercializzare le 11 villette e
le opere accessorie, che avrebbero avuto diritto di mettere a reddito sin dalla scadenza del termine per la consegna delle opere -che sarebbe dovuta avvenire nel luglio dell’anno 1991 , sicché il danno risarcibile avrebbe dovuto necessariamente comprendere anche il lucro cessante.
Adducono gli istanti che, sul punto, la sentenza impugnata si sarebbe limitata ad una pedissequa riproduzione (‘copia e incolla’) della motivazione della sentenza cassata, in tal modo evitando qualsiasi confronto con le censure ad essa rivolte.
In particolare, non sarebbe stato considerato il fatto che anche dopo la presunta concessione di una proroga per l’ultimazione delle opere da parte dei committenti e del successivo sequestro penale dell’area, l’appaltatrice non aveva mai consegnato alcunché ai committenti, con l’effetto che un ritardo nell’adempimento protratto per oltre un ventennio non avrebbe non potuto che configurare un definitivo inadempimento causativo di ingenti danni, circostanze dedotte nella domanda riconvenzionale spiegata davanti al Tribunale.
10. -Il secondo motivo dei ricorrenti incidentali investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1256 e 1183 c.c., per avere la Corte d’appello escluso la colpa della RAGIONE_SOCIALE per la ritardata consegna dei miniappartamenti.
Secondo gli istanti, la sentenza impugnata non avrebbe considerato che la ‘implicita concessione di proroga’, desumibile dalla disposizione di ulteriori modifiche rispetto al previsto sugli immobili da consegnare, non avrebbe consentito uno slittamento indefinito nel tempo del termine di adempimento
dell’obbligazione, tanto più che la modifica contrattuale avrebbe richiesto l’adesione di tutte le parti e la forma scritta ad substantiam .
E d’altronde la richiesta di modifiche della prestazione e la mancata protesta avverso il ritardo non avrebbero avuto un significato univoco di modificazione in itinere di un elemento del contratto, peraltro scritto, qual è il termine di adempimento della controprestazione, senza alcuna nuova definizione della durata.
11. -Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali censurano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito trascurato di rilevare che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai consegnato alcunché ai committenti, posto che il suo totale inadempimento perdurava sino all’attualità.
Aggiungono gli istanti che, all’esito del dissequestro dei beni del 3 novembre 1997, di cui era stato dato atto, persisteva la mancata consegna delle opere appaltate, sicché i rilievi del giudice di merito non potevano essere limitati al semplice ritardo rispetto ai termini contrattualmente previsti, circostanza, questa, debitamente evidenziata davanti al giudice di rinvio.
12. -Il quarto motivo del ricorso incidentale concerne, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su domande ritualmente proposte, per avere la Corte di merito ritenuto che la domanda di esecuzione delle opere appaltate, in forma specifica, dovesse ritenersi tardiva, essendo stata formulata solo nel giudizio di rinvio, stante che nel processo di appello sarebbe stato chiesto solo il risarcimento dei danni subiti.
Nei termini anzidetti, il giudice di rinvio non si sarebbe avveduto del fatto che già con la comparsa di risposta depositata dinanzi al Tribunale di Sciacca il 29 giugno 1993, istanza successivamente ribadita nella comparsa di costituzione di COGNOME NOME depositata il 12 aprile 2005, era stato richiesto, in via riconvenzionale, che la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata all’esecuzione di tutte le opere previste nel contratto di appalto e alla rimozione delle opere dalla stessa costruite sulla proprietà degli esponenti.
Sicché, contrariamente all’assunto della Corte d’appello, non si sarebbe trattato di domanda nuova.
13. -Il quinto motivo del ricorso incidentale afferisce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., alla violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia, e alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., per avere la Corte territoriale accertato e dichiarato soltanto la prescrizione, tralasciando di accertare anche la maturata decadenza dell’azione per mancata tempestiva denunzia dei vizi o della mancanza di qualità.
E ciò condizionatamente al fatto che siano accolti i motivi del ricorso principale volti ad attaccare la pronuncia sulla prescrizione dell’azione.
14. -Il sesto motivo del ricorso incidentale riguarda, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere il giudice di rinvio regolamentato le spese processuali, disponendone l’integrale compensazione per tutti i gradi di giudizio, senza considerare la totale soccombenza della RAGIONE_SOCIALE, anche con riferimento all’accoglimento della domanda
riconvenzionale delle controparti, sia pure nei limiti quantitativi indicati.
Osservano gli istanti che la compensazione sarebbe stata motivata attraverso il richiamo a mere clausole di stile, inerenti alla presunta ‘peculiarità della vicenda’ e alla profilata ‘complessità di alcune questioni giuridiche esaminate’, senza che fosse stata specificata la consistenza di tali peculiarità e complessità.
15. -Il primo, il terzo e il quarto motivo -che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi logicamente e giuridicamente -sono fondati.
Infatti, la Corte distrettuale ha motivato esclusivamente sull’esclusione dell’imputabilità del ritardo a colpa della appaltatrice, rispetto al termine iniziale concordato, senza affrontare il tema del danno da definitivo inadempimento, in ragione della mancata consegna delle opere appaltate, nonostante il lungo tempo decorso, e della persistenza dell’inadempimento anche oltre le cause di giustificazione individuate (circostanza prontamente dedotta dagli odierni ricorrenti incidentali, i quali hanno precisato che gli 11 villini non erano stati ancora consegnati).
Ed invero le ragioni addotte a sostegno della giustificazione del ritardo non avrebbero potuto legittimare un differimento della consegna sine die , non potendo il tempo dell’adempimento essere rimesso all’arbitrio del soggetto obbligato, aspetto, questo, per nulla scrutinato dalla pronuncia impugnata.
In altri termini non è stata esaminata la questione, seppure allegata, dei limiti di esigibilità della prestazione nonostante il
ritardo nell’adempimento: il superamento di una certa soglia di tollerabilità di detto ritardo concreta sostanzialmente un inadempimento definitivo, importando la irrealizzabilità funzionale dell’adempimento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4314 del 04/03/2016; Sez. 1, Sentenza n. 10127 del 02/05/2006; Sez. 2, Sentenza n. 2057 del 28/03/1980; Sez. 2, Sentenza n. 3010 del 03/08/1976; Sez. 3, Sentenza n. 3456 del 28/12/1973).
Ebbene, premesso che l’inadempiente per la mancata esecuzione della prestazione è tenuto al risarcimento dei danni, il contenuto di tale obbligo si profila diversamente a seconda che si tratti di un semplice ritardo ovvero di un inadempimento definitivo: nel primo caso l’ id quod interest è dovuto in via accessoria, fermo restando l’obbligazione originaria (adempimento), nel secondo caso, invece, alla prestazione originariamente dovuta si sostituisce quella del risarcimento del danno (trasformazione del contenuto primitivo dell’obbligo) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1050 del 31/03/1969 -.
15.1. -E ove si fosse ritenuto che la prestazione fosse ancora esigibile e il ritardo tollerabile, anche oltre le cause di giustificazione argomentate dalla pronuncia impugnata, la Corte territoriale non si è pronunciata sulla domanda di adempimento in forma specifica dell’appalto, erroneamente ritenuta tardiva, benché essa fosse stata formulata sin dal primo grado di giudizio attraverso la richiesta, a cura dei convenuti, con domanda riconvenzionale, dell’esecuzione dell’appalto stipulato con scrittura privata coeva alla vendita del 23 marzo 1990, come da comparsa di risposta depositata il 29 giugno 1993 (il cui contenuto rilevante è riportato nel corpo del controricorso).
16. -All’esito, i rimanenti motivi del ricorso incidentale sono assorbiti.
17. -In definitiva, il ricorso principale deve essere rigettato mentre devono trovare accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale, con assorbimento dei restanti motivi.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale, con assorbimento dei rimanenti motivi, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda