Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3250 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2   Num. 3250  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA FORNITURA
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Ud. 23/01/2024
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso 11540-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in  INDIRIZZO ,  presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  de ll’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA n. 446/2022 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 3/03/2022;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto Procuratore  generale  in persona  del  dott. NOME  COGNOME  che  ha  concluso  per l’ inammissibilità  del motivo di ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente e NOME COGNOME  per  la  controricorrente  che  hanno  concluso  come  dai rispettivi atti;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo  n.  1106/2013,  emesso  in  favore  di  RAGIONE_SOCIALE,  che l’a veva condannata al pagamento di euro 22.085,72, a titolo del saldo  per  la  fornitura  di  un  parapetto  autoportante,  denominato STABILIC V4.
L’opponente eccepi va l’inadempimento della società venditrice, non avendo la stessa fornito il certificato di conformità del manufatto o quantomeno dei suoi componenti con apposito timbro firmato CE in originale, il certificato di conformità del parapetto rispetto alla certificazione classe 1B1 testato secondo quanto dispone la legge 206/2005, la verifica del parapetto secondo le prescrizioni del d.m. 14 gennaio 2008 e della circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 617/2009, la relazione a firma di un professionista abilitato del calcolo per la specifica applicazione del sistema, supportata da una prova di impatto. L ‘opponente formula va domanda di riduzione del prezzo
ai sensi del comma 2, dell’art. 1492 c.c. , non avendo la venditrice, a suo avviso, dato prova delle qualità essenziali del bene fornito.
L’opposta si costituiva e per quanto rileva nel presente giudizio -deduceva di avere inviato il certificato di conformità e che la certificazione classe 1B1 non era pertinente, trattandosi di materiale in alluminio, e che la normativa di riferimento era la EN ISO 141223, certificata dall’ente RAGIONE_SOCIALE.
Con  la  memoria  di  cui  al  comma  6  dell’art.  183  c.p.c. l’opponente mutava l’originaria domanda di riduzione del prezzo in quella di risoluzione del contratto, con richiesta di condanna alla restituzione di quanto versato e di risarcimento del danno.
 Il  Tribunale  di  Livorno  accertava  che  la  venditrice  aveva trasmesso all’acquirente il libretto di manutenzione e il certificato di  conformità  alla  norma  EN  ISO  14122-3;  con  la  sentenza  n. 1602/2015,  rigettava pertanto l’opposizione e confermava  il decreto ingiuntivo opposto.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame.
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza del n. 446/2022, accoglieva il gravame e, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava risolto il contratto di compravendita, revocava il decreto ingiuntivo e condannava RAGIONE_SOCIALE a restituire all’acquirente quanto percepito per la fornitura. La Corte, dopo avere asserito la non necessità della marcatura CE, affermava che i parapetti autoportanti dovevano unicamente essere dichiarati conformi alla norma EN ISO 14122-3 e osservava come il consulente d’ufficio avesse evidenziato che il certificato consegnato all’acquirente era incompleto, non riferendosi in modo specifico al
modello di parapetto oggetto della compravendita e non recando la sottoscrizione del soggetto certificatore, e quindi concludeva che il parapetto  venduto  a  RAGIONE_SOCIALE  era  privo  della  certificazione  di conformità alla norma EN ISO 14122-3, certificazione essenziale essendo il parapetto in questione un presidio di sicurezza del luogo di  lavoro,  così  che  il  bene  compravenduto  era  privo  di  qualsiasi utilità funzionale ed economica, ricorrendo in tal modo una vendita di aliud pro alio .
 RAGIONE_SOCIALE  ha  proposto  ricorso  per  cassazione avverso la sentenza d’appello.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria  in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio del 1° marzo 2023.
Il Collegio all’esito della suddetta adunanza ha ritenuto che le questioni giuridiche sottostanti il ricorso (v. in particolare pag. 12), ossia se nel caso di un parapetto autoportante sia necessaria una certificazione esterna, da parte di un soggetto a ciò abilitato, di conformità alla norma EN ISO 14122-3 ovvero se sia sufficiente che il produttore indichi la conformità a tale norma e, nel caso di risposta positiva, se tale mancanza comporti o meno una vendita c.d. aliud pro alio , siano questioni di rilievo nomofilattico.
La trattazione della causa, dunque, è stata rimessa alla odierna pubblica udienza.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il  Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità dell’unico motivo di ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ric. 2022 n.11540 sez. S2 – ud. 23/01/2024
1. Il ricorso è articolato in un motivo, che lamenta ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., ‘nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115, 116 e degli artt. 61 e 62 c.p.c. e della norma EN ISO 14122-3, nella parte in cui la Corte d’appello, muovendo dall’esame degli accertamenti della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado -correttamente osservando che la marcatura CE non deve essere apposta ai parapetti autoportanti come quelli oggetto della compravendita dedotta in giudizio -si è poi discostata erroneamente, arbitrariamente e senza una ragionevole giustificazione dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, adottando una decisione frutto di un errore di percezione fondato su una prova immaginaria, nonché su una motivazione priva di qualsivoglia ricostruzione logico-giuridica, che ha portato persino a concludere che il parapetto venduto alla RAGIONE_SOCIALE fosse radicalmente diverso da quello oggetto della compravendita in quanto privo della certificazione di conformità alla norma EN ISO 14122-3.
1.2 Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile in parte infondato.
Deve premettersi che le censure di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sono inammissibili, salvo quanto si dirà nel prosieguo, tenuto conto della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui: la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso
valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02). Mentre per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01)
1.3 La censura di violazione dell’art. 113 c.p.c. , in disparte il profilo di inammissibilità per la sua genericità non essendo riferita alla violazione di altre specifiche norme, è in ogni caso infondata. Infatti,  secondo  il  costante  indirizzo  di  questa  Corte,  in  tema  di compravendita, vizi redibitori e mancanza di qualità (le cui relative azioni  sono  soggette  ai  termini  di  decadenza  e  di  prescrizione ex art. 1495 c.c.) si distinguono dall’ipotesi della consegna di aliud
pro alio – che dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini e dalle condizioni di cui al citato art. 1495 c.c., la quale ricorre quando la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione di quest’ultima sì da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione dell’acquirente di effettuare l’acquisto, o che presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziali dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economicosociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (nei sensi suddetti, si vedano, ex plurimis, Cass., sentt. n. 10916 del 2011, n. 26953 del 2008, n. 9227 del 2005, n. n. 13925 del 2002, n. 2712 del 1999).
La decisione della Corte d’Appello è conforme al principio sopra richiamato in quanto la mancanza della prova da parte della ricorrente di aver fornito adeguata dichiarazione di conformità alla norma EN ISO 14122-3 dei parapetti autoportanti oggetto del contratto ha determinato una sostanziale inidoneità del bene compravenduto ad assolvere la funzione sua propria di garantire la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, trattandosi appunto di presidi di sicurezza necessari per garantire il rispetto della disciplina in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro in base al d.lgs. n. 81 del 2008.
1.4 Infine, è infondata la censura di travisamento della prova per  aver  posto  a  fondamento  della  decisione  un  documento ‘ immaginario ‘ o per aver equivocato le conclusioni della consulenza tecnica espletata. La sentenza impugnata ha ritenuto,
conformemente a quanto afferma la ricorrente, che i parapetti autoportanti come quelli oggetto della compravendita dedotta in giudizio non necessitano di marcatura CE ma, al contempo, ha evidenziato che in ogni caso manca comunque la dichiarazione di conformità del prodotto alla norma EN ISO 14122-3, perché quella fornita dalla società produttrice ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non si riferi sce in modo specifico al parapetto Stabilic 4 oggetto della compravendita e che è perfino priva di sottoscrizione, così come l’altra attestazione di conformità prodotta nel corso del giudizio e rilasciata dalla Bueau RAGIONE_SOCIALE .
Nella specie, dunque, la decisione della Corte d’Appello non si è fondata su un documento immaginario, come deduce la ricorrente, quanto piuttosto sulla valutazione delle prove dedotte dalle parti oltre che sui rilievi del consulente tecnico. Pertanto, per quanto sopra esposto e per quanto si ricava dalla consulenza tecnica come riportata dallo stesso ricorrente (pag. 7, 8 e 9 del ricorso), non è dato riscontrarsi alcuna illegittima utilizzazione di prove inesistenti, perché riferite a fonti mai dedotte in giudizio oppure a informazioni probatorie prive di alcuna possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo, unica ipotesi per la quale il vizio è rilevabile nel giudizio di cassazione per l’assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi probatori, i contenuti informativi tratti dal giudice.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna  la  ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 2500 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai  sensi  dell’art.  13,  co.  1  quater,  del  d.P.R.  n.  115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione