Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23345 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24945/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, DI NOME COGNOME NOME COGNOME, DI COGNOME, DI COGNOME, COMUNE DI COGNOME, IN PERSONA DEL SINDACO PRO-TEMPORE AVV. NOME COGNOME, DI COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME (n. il 9.3.1930), COGNOME NOME (n. il 10.10.1930), COGNOME NOME
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME PARAFIORITI FATIMA, PARAFIORITI NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, rappresentati e difesi da ll’avvocat a NOME COGNOME -domicilio digitale alla PEC: EMAIL–
-ricorrenti- contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME -domicilio digitale alla PEC: avvEMAIL–
-controricorrente-
nonché contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME -domicilio digitale alla PEC: studiolegalemongiojEMAILpec.it-
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 898/2023 depositata il 18/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Galati Mamertino, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME,
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (nata il 10.10.1930), NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (nata il 9.3.1930), NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano adito il Tribunale di Patti convenendo in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME; gli attori avevano chiesto la declaratoria di ‘revocatoria e/o annullamento’ di due contratti di cessione di proprietà con costituzione di rendita vitalizia intervenuti tra NOME COGNOME e NOME COGNOME quali venditori, e NOME COGNOME quale acquirente, in data 30.3.2016 e in data 3.5.2017, sul presupposto che i due negozi fossero stati preordinati a sottrarre arbitrariamente la loro proprietà; gli attori avevano affermato di essere loro i reali proprietari, e possessori di gran parte dei terreni oggetto dei contratti indicati. I suddetti fondi appartenevano formalmente al Comune, in base a delibera espropriativa con atto pubblico di cessione volontaria in sostituzione di espropriazione per pubblica utilità, registrato e trascritto nel 1986, ed ad una serie di privati in forza di titoli negoziali -non trascrittie di successioni ereditarie -non regolarizzate-, oltre che di altri documenti.
I venditori e l’acquirente convenuti si erano costituiti separatamente, contestando le domande proposte (i cedenti avevano affermato di aver usucapito tutti gli immobili, posseduti da almeno trent’anni prima del contratto di compravendita) e, prima ancora, eccependone l’improcedibilità per omesso svolgimento della mediazione.
Il Tribunale di Patti, ritenuto che la pretesa azionata fosse relativa ad una controversia in materia di diritti reali, aveva affermato procedibile l’azione solo per i tre attori –NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME– che si erano presentati personalmente per il tentativo di mediazione: per questi aveva rigettato nel merito le domande proposte, per carenza di legittimazione attiva non essendo stato dimostrato il necessario presupposto del loro diritto
di proprietà, mentre per gli altri ne aveva rilevato l’improcedibilità per omessa mediazione.
Gli attori avevano proposto appello avverso alla sentenza di primo grado e, all’esito, la Corte d’Appello di Messina, dichiarata procedibile la pretesa azionata per tutti gli attori, vertendosi in materia di contratti e non in materia di diritti reali, aveva respinto nel merito l’appello ( rectius , quanto alla posizione degli attori appellanti in relazione ai quali la domanda era stata considerata dal primo Giudice improcedibile, le domande proposte) perché infondato. A giustificazione della decisione la Corte di merito aveva osservato quanto segue: -essendo stata chiesta la declaratoria di nullità dei due contratti di cessione di proprietà con costituzione di rendita vitalizia, da soggetti diversi dalle parti contraenti questi, in qualità di terzi, debbono dimostrare di avere interesse alla pronuncia richiesta; -gli attori appellanti hanno agito qualificandosi come gli effettivi proprietari delle particelle di terreno oggetto dei due contratti impugnati; per fondare la loro qualità essi hanno allegato dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà (che non posseggono valenza probatoria nei giudizi civili) e scritture private prive di data certa anteriore ai contratti contestati e/o si sono affermati eredi dei precedenti proprietari (senza dimostrarlo); solo il Comune di Galati Mamertino ha allegato un titolo trascritto nel 1986; -in definitiva gli attori appellanti, ad eccezione del Comune di Galati Mamertino, non hanno dimostrato l’esistenza di un interesse ad agire, poiché i documenti richiamati non sono utili nemmeno a tal fine; -la domanda può essere quindi esaminata nel merito solo per il Comune di Galati Mamertino e deve essere respinta: la cessione di un immobile da chi non ne è proprietario integra infatti non un’ipotesi di nullità o annullabilità del contratto di compravendita ma un’ipotesi di acquisto a non domino disciplinata dall’art.1159 c.c., che tutela il proprietario attraverso l’inefficacia/inopponibilità nei suoi confronti del contratto stipulato dal non proprietario; -il Comune non ha però mai chiesto la declaratoria di inefficacia dei contratti intervenuti tra le parti appellate ma ha agito per la declaratoria di nullità; -‘ nell’un caso o
nell’altro, comunque, incombeva sull’appellante l’onere di provare i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda e, specificamente, nel caso dell’invocata nullità spettava al Comune provare la causa illecita da cui erano presuntivamente affetto il contratto o la violazione della norma imperativa di cui all’art.483 c.p. ‘; i venditori appellati avrebbero infatti, secondo il Comune, falsamente dichiarato di essere proprietari di fronte al notaio, commettendo un falso ideologico, ma l’Ente territoriale avrebbe dovuto dimostrare l’assunto attraverso la prova dell’essere rimasto nel possesso dei beni dalla data dell’acquisto fino a meno di vent’anni prima della stipula dei contratti impugnati, ‘ ossia per un tempo sufficiente a impedire che, alla data in cui fu resa la dichiarazione al notaio, l’usucapione in favore dei convenuti si fosse maturata ‘; -difettando la prova dell’illiceità della causa delle cessioni con vitalizio e dell’eventuale violazione di norme imperative nei termini sopra esposti, l’appello va rigettato.
Il Comune di Galati Mamertino e gli altri attori appellanti propongono ricorso per cassazione avverso alla sentenza della Corte d’Appello di Messina, affidandolo a quattro motivi.
Resistono con controricorsi separati NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME: entrambe le parti controricorrenti rilevano per diversi profili l’infondatezza del ricorso e NOME COGNOME contesta pure la sussistenza di legittimazione attiva in capo a diverse controparti, asseritamente prospettatesi come eredi di danti causa attori in primo grado senza darne adeguata dimostrazione.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata, ex art.380 bis c.p.c., del ricorso, con declaratoria di sua inammissibilità/manifesta infondatezza.
I ricorrenti hanno proposto rituale istanza di decisione, ai sensi dello stesso art.380 bis c.p.c.
Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative delle difese già svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Non appare necessario valutare separatamente e preliminarmente i rilievi svolti da NOME COGNOME per contestare la sussistenza di legittimazione attiva delle controparti e, comunque, la qualità di eredi -o di unici eredi- di alcuni di coloro che sono intervenuti in corso di causa sul presupposto dell’intervenuto decesso di una delle parti originarie: da una parte, infatti, gli attuali ricorrenti sono gli stessi soggetti che avevano già proposto appello, di conseguenza parti legittime di questo giudizio, dall’altro le considerazioni che seguono nell’esaminare i motivi di ricorso superano la necessità di una trattazione specifica delle questioni richiamate; considerazioni analoghe giustificano la mancata analitica considerazione pure dei pretesi profili di inammissibilità del ricorso evidenziati dai controricorrenti.
Con un primo motivo di ricorso il Comune di Galati Mamertino e gli altri ricorrenti lamentano la ‘Violazione o falsa applicazione di norma di diritto ed in particolare dell’art.5 d. lgs. n.28/2010, in relazione all’art.360 c.p.c., n.5 -pag.10 della sentenza di gravame impugnata -Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di motivazione illogicità e contraddittorietà della motivazione’
La Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto che il petitum del giudizio verterebbe sulla rivendicazione del diritto di proprietà e sul disconoscimento dell’usucapione non riconosciuta giudizialmente, con conseguente annullamento delle due cessioni con vitalizio (con richiesta di usucapione che sarebbe stata proposta in via riconvenzionale dai resistenti): essa avrebbe dichiarato non obbligatorio il procedimento di mediazione azionato, pur vertendosi in materia di diritti reali e quindi mal applicando le disposizioni del d. lgs. n.28/2010. In sostanza, l’errore del primo Giudice che avrebbe ingiustificatamente dichiarato improcedibile la domanda per gli attori assenti alla mediazione, sarebbe stato aggravato dalla Corte di merito, che avrebbe ingiustificatamente disapplicato le disposizioni in materia di mediazione, obbligatoria nel caso di specie; ‘ i ricorrenti chiedono la riforma della statuizione sul punto
con ogni conseguenza di legge, trattandosi di palesi violazioni della normativa sulla mediazione e di illogicità e contraddittorietà della motivazione dei due giudici di merito ‘ -così il ricorso, a pag.13 nella parte finale dell’esposizione del primo motivo -.
Nella sostanza i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte di merito abbia ritenuto procedibili le domande di tutti gli attori appellanti qualificando le domande stesse come di natura negoziale invece che reale, mentre sarebbe stata da riconoscere la natura reale delle domande e la loro procedibilità per il corretto svolgimento del necessario procedimento di mediazione: il punto non è quindi l’effettiva procedibilità delle domande, riconosciuta comunque dalla Corte di merito in riforma del deciso di primo grado, ma la loro interpretazione e qualificazione come domande di fondamento contrattuale.
Nei termini prospettati il motivo di ricorso in esame è inammissibile.
La Corte di merito ha interpretato e qualificato come di fondamento negoziale le domande svolte dagli attori/appellanti/ricorrenti dando conto del percorso logico giuridico a tal fine seguito, nel cui ambito è stato valorizzato il petitum , costituito dalla sostanziale declaratoria di nullità delle due cessioni con vitalizio intervenute tra COGNOME/NOMECOGNOME sul presupposto che non i venditori ma gli attori/appellanti fossero i reali proprietari e possessori dei beni immobili ceduti a NOME Destro. Nella sentenza d’appello impugnata si legge, ancora, come l’accertamento della proprietà in capo agli appellanti rilevi non ai fini della legittimazione attiva essendosi gli attori/appellanti qualificati effettivamente come proprietariall’azione di nullità proposta ma ai fini della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante a richiedere la relativa pronuncia: questo sul presupposto, esplicitato in relazione all’unica posizione esaminata nel merito che è quella del Comune di Galati Mamertino affermato sicuramente proprietario di particelle immobiliari oggetto dei contratti contestati, che la vendita a non domino non determina la nullità/annullabilità del contratto di
cessione, considerato il disposto dell’art.1159 c.c., ma la sua inopponibilità/inefficacia nei confronti del reale proprietario (cfr. del resto, in particolare, gli art.1481 e 1483 c.c.).
In tema di ricorso per cassazione, l’erronea interpretazione delle domande e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. -così, da ultimo, Cass. n.31546/2019-.
I limiti in cui è tuttora possibile il sindacato sul vizio della motivazione sono identificati nella mancanza di soddisfazione del requisito del «minimo costituzionale» (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), requisito che nel caso di specie, alla luce di quanto sopra esposto, è stato senz’altro rispettato: la motivazione offerta dalla Corte di merito è effettiva e congruente e tiene adeguato conto dell’articolazione delle domande rispetto alla quale la qualità di proprietari/possessori dei ricorrenti rappresenta il presupposto, essendo il petitum formulato volto ad ottenere l’eliminazione dell’esistenza giuridica dei contratti individuanti il reale oggetto della controversia, in termini qualificabili come di declaratoria di loro nullità (si legge nel ricorso, a pag.7, che ‘gli istanti chiedevano il ripristino dello stato quo ante alle predette stipule ‘), con le pronunce conseguenti, e non l’accertamento -o la rivendica- della reale titolarità dei beni immobili che delle vendite con riserva di vitalizio sono stati oggetto, titolarità che non dipende necessariamente dalla validità di dette vendite.
Neppure è ipotizzabile che l’interpretazione della domanda operata dalla Corte d’Appello abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 c.p.c.) nemmeno prospettato, del resto, nel motivo di ricorso in esame.
In sostanza, i motivi per cui i ricorrenti censurano l’interpretazione e qualificazione delle domande effettuata dalla Corte d’Appello di Messina sottendono una rivalutazione di merito con esito per loro favorevole, preclusa in sede di legittimità.
Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono della ‘Violazione o falsa applicazione degli art.2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c. e 112 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 e 5 c.p.c. -pag.10, 11, 12 e 13eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di adeguata istruttoria’.
Attraverso il richiamo sintetico dei motivi di appello proposti i ricorrenti lamentano che la Corte di merito non avrebbe valutato le prove documentali determinanti ai fini della decisione, effettuando un ‘ vero e proprio travisamento dei fatti oggetto di rivendica, con conseguente difetto di motivazione ‘: in particolare, non sarebbero stati valorizzati testamenti pubblici e olografi pubblicati, dichiarazioni di successione, certificati di famiglia, note di trascrizione, contratti di affitto, verbale di denuncia querela in data 12.2.2002 a carico di NOME e NOME COGNOME tutte le scritture private pienamente valide ed efficaci; tutta la documentazione tempestivamente allegata proverebbe sia la legittimazione attiva dei ricorrenti, sia l’esercizio del diritto di proprietà in capo agli stessi e conseguentemente la nullità delle due cessioni con vitalizio, dalla quale deve derivare la restituzione formale di tutti gli immobili oggetto di controversia ai legittimi proprietari e possessori. ‘ L’error in iudicando, nel caso di specie, è evidente sia per l’erronea percezione dei fatti di causa che per l’errata valutazione meramente parziale e incompleta dei documenti prodotti, tutti conducenti ai fini della decisione. Detta violazione è censurabile anche quale vizio di motivazione, resa al di fuori dei nessi di pregiudizialità-dipendenza delle domande attrici, con la conseguente nullità delle decisioni impugnate ‘ -così il ricorso introduttivo-.
Anche questo motivo di critica è inammissibile.
Occorre premettere che ‘ In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.’ (così Cass. n.26739/2024, in linea con le pronunce precedenti: cfr. Cass. n.11176/2017, Cass. n.4699/2018, Cass. n.13395/2018, Cass. n.26769/2018).
Nel caso di specie la Corte di merito è correttamente partita dal presupposto che fosse onere dei ricorrenti dimostrare la propria titolarità sugli immobili oggetto dei contratti contestati, intervenuti tra Destro/Anastasi e Destro ed ha ritenuto che, salvo che per la posizione del Comune di Galati Mamertino, le prove documentali allegate non fossero adeguate a tal fine, perché costituite da documenti privi di valenza probatoria reale nel giudizio civile (dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà, in alcune delle quali la dichiarazione di proprietà veniva affermata come eredi dei precedenti titolari senza offrire la prova di detto assunto) o perché rappresentate da scritture private non registrate e quindi prive di data certa anteriore ai contratti contestati, valutando in concreto il materiale probatorio messo a disposizione dalle parti.
Non risulta violato, pertanto, l’art.2697 c.c., e non risultano violati gli art.115 e 116 c.p.c. nei termini sopra esposti -i soli rilevanti in sede di legittimità-. Anche per il profilo in esame la motivazione offerta dal Giudice d’appello è congruente e priva di contraddizioni, a nulla rilevando che non siano stati specificamente esaminati tutti i documenti prodotti.
Si rileva in proposito che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ” ratio decidendi ” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa -così Cass n.16812/2018; cfr, anche, nello stesso senso: Cass. n.16583/2024; Cass. n.34787/2024-. Nulla di tutto ciò è avvenuto nel caso di specie perché i ricorrenti hanno richiamato tutti i documenti allegati, affermandone apoditticamente la rilevanza senza identificarne in concreto la decisività e senza indicare il rapporto di derivazione diretta tra l’omesso esame e la decisione per loro sfavorevole nei termini esposti -cfr. anche Cass. n.29954/2022.
Fuori posto è, infine, il richiamo ad una pretesa violazione dell’art.112 c.p.c., atteso che l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. consiste nell’omesso esame di una domanda od un’eccezione introdotta in causa; in concreto, i ricorrenti lamentano invece una pretesa omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., applicabile ” ratione temporis ‘, che riguarda l’attività di esame del giudice in tesi assunta carente -cfr., tra le altre, Cass. n.1539/2018-; detta pretesa carenza non è invece riscontrabile in concreto, per quanto sopra esposto, mirando sostanzialmente le critiche dei ricorrenti a provocare una rivalutazione meritale della controversia preclusa in questa sede.
Con il terzo motivo di critica i ricorrenti lamentano ‘Errore in procedendo per l’omessa ammissione di prova orale ritualmente richiesta e totale assenza di motivazione per la non ammissione
della prova costituenda -omessa pronuncia sulle prove richieste da parte attrice e in particolare sulla prova orale e la CTU tecnica’.
Anche nelle note di precisazione delle conclusioni avanti alla Corte d’Appello di Messina i ricorrenti avrebbero ribadito le richieste di ammissione della prova testimoniale ritualmente invocata in primo grado e della consulenza tecnica d’ufficio; entrambe le richieste sarebbero state reiterate con il quarto motivo di appello. ‘ Fermo restando il principio di inversione dell’onere della prova, per la dichiarata usucapione non riconosciuta giudizialmente, contestata dai legittimi proprietari, odierni ricorrenti, anche le richieste istruttorie di parte attrice, non valutate, avrebbero permesso al Giudice di merito di giungere a ben altre conclusioni e consentire la intestazione formale degli immobili oggetto di causa ai legittimi proprietari anzichè a Destro Giuseppe ‘. Dovrebbe essere pertanto rimediato l’errore della Corte di merito, che non avrebbe ammesso ingiustificatamente le prove orali e la consulenza tecnica d’ufficio richieste.
Richiamate le considerazioni svolte sopra in ordine alla corretta identificazione degli oneri probatori a carico delle parti (si ribadisce che, contrariamente a quanto sembrano sottintendere i ricorrenti, la Corte di merito ha respinto le domande volte alla declaratoria di nullità dei due contratti di compravendita con costituzione di rendita vitalizia oggetto di contestazione, non ha accertato l’intervenuto acquisto per usucapione del diritto di proprietà sugli immobili oggetto dei due contratti in capo alle parti venditrici), il motivo sub iudice è infondato.
Anche a prescindere dal fatto che il motivo non trascrive i capitoli di prova articolati, come sarebbe stato necessario per permettere alla Corte la valutazione della loro decisività -cfr., al riguardo, Cass. n.23194/2017; Cass. n.8204/2018-, l’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in
concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito (in tal senso Cass. n.27415/2018). Su questi profili rimangono totalmente generiche le allegazioni dei ricorrenti, che avrebbero dovuto dimostrare, ai fini di rendere possibile il controllo di legittimità sulla decisività, sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa.
Come già evidenziato nell’esame del precedente motivo di ricorso, nel caso di specie la motivazione della sentenza d’appello non risulta viziata da apparenza, non è illogica e non presenta contraddizioni: essa rispetta quindi il minimo costituzionale imposto dall’art.111 Cost. (si richiama ancora Cass. a SSUU n.8053/2014, alle cui indicazioni di principio si sono uniformate le pronunce successive).
Con l’ultimo motivo di ricorso i ricorrenti rilevano la ‘Violazione o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare del DM 55/2014 e DM 8.3.2018 n.37 e n.147/2022 in relazione all’art.360 c.p.c. comma 1 n.5 -errata statuizione sulle spese e compensi del giudizio per il primo e secondo grado’.
Il Tribunale di Patti avrebbe errato anche in relazione alle spese processuali e alla loro quantificazione, non tenendo conto né del valore documentale della singola quota né dell’intero valore dichiarato di € 50.000,00; nel giudizio di appello sarebbe stato inflitto un rimborso spese inferiore, pur se comunque ingiusto, a ulteriore conferma dell’errore commesso dal primo Giudice. Le sentenze conclusive di entrambi i gradi di merito sarebbero pertanto censurabili anche per il profilo in esame.
Si osserva che il provvedimento impugnato in questa sede è la sentenza della Corte d’Appello di Messina, non quella del Tribunale di Patti, rispetto alla quale i ricorrenti costruiscono i motivi di critica proposti in relazione alla quantificazione delle spese processuali
liquidate: la pronuncia di condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza d’appello viene utilizzata come termine di confronto per affermare l’illegittimità della liquidazione operata dal primo Giudice.
Il motivo, come formulato, è quindi inammissibile prima di tutto per carenza di autosufficienza, perché nemmeno vi si allega che la condanna alle spese per il primo grado fosse stata oggetto, in che punto dell’atto di citazione in appello e in che termini, di specifico motivo di impugnazione ex art.342 c.p.c. da parte dei ricorrenti; se poi lo si intende come riferito alla pronuncia di primo grado, è inammissibile in questa sede, mentre se lo si intende come riferito alla pronuncia d’appello, è inammissibile comunque perché non lamenta la violazione da parte della Corte di merito dei parametri individuati nel DM n.55/2014 e s.m.i. -che non si può desumere dalla sola considerazione che la liquidazione in appello sarebbe di molto inferiore a quella operata in primo grado- dandone una individuazione e quantificazione specifica rispetto ai valori che avrebbero dovuto essere presi a riferimento.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto integralmente.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis c.p.c. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il Comune di Galati Mamertino, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMEnata il 10.10.1930), NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMEnata il 9.3.1930), NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME e di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ogni parte controricorrente (COGNOME/COGNOME, venditori, e COGNOME, acquirente) in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Condanna altresì i ricorrenti, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME e di NOME COGNOME, di una somma ulteriore, pari ad € 5.000,00 per ogni parte, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 16 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME