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Variazioni in appalto: prova scritta non sempre serve

Una società appaltatrice richiede il pagamento per lavori extra. Il committente si oppone, invocando una clausola contrattuale che esige l’autorizzazione scritta per le modifiche. La Corte d’Appello dà ragione al committente. La Cassazione ribalta la decisione, chiarendo che per le variazioni in appalto ordinate dal committente, la prova può essere fornita con ogni mezzo, incluse le presunzioni, e che la clausola sulla forma scritta può essere tacitamente derogata. Il caso viene rinviato per un nuovo esame.

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Variazioni in Appalto: La Prova Scritta Non È Sempre Necessaria

Nel mondo dei contratti di appalto, le modifiche in corso d’opera sono all’ordine del giorno. Ma cosa succede se il contratto prevede che ogni modifica debba essere autorizzata per iscritto e il committente ordina verbalmente dei lavori extra? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, stabilendo che le variazioni in appalto richieste dal committente non necessitano sempre di prova scritta. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società appaltatrice realizzava un fabbricato per una società committente. Al termine dei lavori, l’appaltatrice chiedeva il pagamento del saldo, comprensivo di opere extra-capitolato. Di fronte al mancato pagamento, otteneva un decreto ingiuntivo.

La società committente si opponeva, sostenendo che il credito fosse stato estinto e, in ogni caso, contestando la richiesta per le opere extra. In primo grado, il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione, riducendo l’importo dovuto all’appaltatrice per tenere conto di alcuni vizi dell’opera.

La Decisione della Corte d’Appello

La committente impugnava la sentenza di primo grado. La Corte d’Appello, riformando la decisione precedente, dava pienamente ragione alla committente. Il ragionamento dei giudici d’appello si basava su una clausola del capitolato d’appalto che imponeva la forma scritta per qualsiasi variazione. Secondo la Corte, in assenza di un’autorizzazione scritta, l’appaltatrice non aveva diritto ad alcun compenso per i lavori extra, poiché non aveva adempiuto all’onere probatorio richiesto dal contratto.

L’Intervento della Cassazione sulle Variazioni in Appalto

La società appaltatrice non si arrendeva e ricorreva in Cassazione, che ha accolto i suoi motivi, cassando la sentenza d’appello. La Suprema Corte ha chiarito un punto fondamentale del diritto degli appalti, distinguendo nettamente due tipi di variazioni.

La Differenza tra Variazioni Proposte dall’Appaltatore e Ordinate dal Committente

Il Codice Civile disciplina le variazioni in appalto con norme diverse a seconda di chi ne abbia l’iniziativa:

Art. 1659 c.c. (Variazioni concordate): Se le modifiche sono proposte dall’appaltatore, necessitano di un’autorizzazione scritta del committente (ad substantiam*), pena la nullità.
* Art. 1661 c.c. (Variazioni ordinate dal committente): Se è il committente a ordinare le variazioni, l’appaltatore ha diritto a un compenso extra. In questo caso, la legge non impone una forma specifica per l’ordine. Di conseguenza, l’appaltatore può dimostrare di aver ricevuto tale ordine con qualsiasi mezzo di prova, incluse le testimonianze e le presunzioni.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello abbia errato nel non applicare correttamente questi principi. I giudici di secondo grado si erano fermati alla clausola contrattuale che richiedeva la forma scritta, senza verificare se, nei fatti, le variazioni fossero state ordinate direttamente dal committente. Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: le parti possono rinunciare a un requisito di forma, come quello scritto, anche tacitamente, attraverso comportamenti incompatibili con la volontà di mantenerlo. Ad esempio, l’accettazione dell’opera senza riserve, pur essendo a conoscenza delle modifiche, può essere interpretata come una rinuncia alla clausola formale. La Corte d’Appello non aveva valutato se il comportamento del committente potesse configurare una tale rinuncia tacita, omettendo di esaminare fatti decisivi che avrebbero potuto portare a una conclusione diversa. Di conseguenza, non ha fatto buon governo dei principi che regolano l’onere della prova in materia di lavori extra-capitolato commissionati dal cliente.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che una clausola contrattuale che impone la forma scritta per le variazioni non è un ostacolo insormontabile per l’appaltatore, specialmente quando è il committente stesso a richiedere oralmente i lavori aggiuntivi. L’appaltatore può provare la richiesta del committente con ogni mezzo, inclusi comportamenti concludenti come la consegna e l’accettazione dell’opera modificata. Questa sentenza tutela l’appaltatore da possibili abusi del committente, che potrebbe ordinare lavori extra e poi rifiutarsi di pagarli trincerandosi dietro un formalismo contrattuale. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la vicenda alla luce di questi fondamentali principi di diritto.

Quando le variazioni in un contratto d’appalto non necessitano di prova scritta?
Quando sono ordinate direttamente dal committente (art. 1661 c.c.). In questo caso, a differenza delle variazioni proposte dall’appaltatore (art. 1659 c.c.), la legge non impone un requisito di forma e l’ordine può essere provato con qualsiasi mezzo.

Un patto contrattuale che impone la forma scritta per le modifiche può essere superato?
Sì. Secondo la Cassazione, le parti possono rinunciare a un requisito di forma convenzionale, anche tacitamente, mediante comportamenti successivi che sono incompatibili con la volontà di mantenerlo in vita. L’accettazione dell’opera modificata senza riserve può costituire un esempio di tale rinuncia.

Quali mezzi di prova può usare l’appaltatore per dimostrare le variazioni ordinate verbalmente dal committente?
L’appaltatore può utilizzare qualsiasi mezzo di prova consentito dalla legge. Ciò include prove testimoniali, documenti (anche se non formali), e presunzioni basate su indizi gravi, precisi e concordanti, come la consegna dell’opera e l’assenza di contestazioni immediate da parte del committente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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