Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21109 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21109 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38255/2019 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
NOME EREDITA’ NOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1684/2018 depositata il 06/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto interessa in questa sede, nella causa di riduzione per lesione di legittima delle disposizioni testamentarie di COGNOME NOME (deceduta lasciando il coniuge COGNOME NOMECOGNOME il figlio COGNOME NOME e nipoti ex filia premorta NOME NOME e NOME NOME), la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di La Spezia, il quale aveva rigettato la domanda
proposta da COGNOME NOME . La Corte d’appello ha negato l’ingresso a i nuovi documenti che COGNOME Umberto intendeva produrre in appello; ha riconosciuto del pari tardive le contestazioni mosse dall’appellante contro la consulenza tecnica svolta in primo grado; ha condiviso la valutazione del primo giudice in ordine al fatto, riguardante la stima delle quote sociali già appartenenti alla defunta della ‘RAGIONE_SOCIALE, che la pluralità di gravami iscritti sugli immobili della stessa società ‘azzeravano di fatto il supposto squilibrio a sfavore dell’odierno appellante’.
Per la cassazione della decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso affidato a cinque motivi.
NOME NOME, NOME NOME e l’eredità giacente di COGNOME i COGNOME restano intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 C on il primo motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto ammettere i documenti prodotti in appello dall’attuale ricorrente, trattandosi di una sentenza relativa a vicende riguardanti una delle società partecipate dalla de cuius (quella della RAGIONE_SOCIALE), vicende in linea di principio incidenti sul valore della stessa partecipazione, oltre a una consulenza di parte.
2 Il secondo motivo censura la decisione per avere ritenuta tardive le critiche mosse alla consulenza tecnica svolta in primo grado.
3 Il terzo motivo deduce omissione di pronunzia su uno dei motivi di appello (in particolare, il motivo riguardante l’applicazione dei principi in materia di valutazione delle quote societarie);
4 Il quarto e il quinto motivo censurano la decisione in ordine al significato riconosciuto all’esistenza di iscrizioni ipotecarie sugli immobili di una delle società partecipate dalla de cuius .
Il primo motivo (nuova produzione in appello di una sentenza e della consulenza di parte) giustifica una preliminare precisazione per quanto riguarda la produzione della sentenza: il ricorrente parla di una sentenza (la n. 680 del 2009), mentre la Corte d’appello discorre di due sentenze (n. 447/2004 e 355/2008).
L’esame diretto dell’atto di appello da parte di questa Corte, consentito in ragione della natura processuale del vizio dedotto ( error in procedendo ) (Cass. n. 20716/2018), conferma la tesi sostenuta nel ricorso. Fra i documenti che si voleva produrre nel grado, oltre alle sentenze menzionate dalla decisione impugnata (estranee ai motivi di ricorso), c’è anche la sentenza n. 680 del 2009 di cui al motivo, effettivamente pubblicata dopo la scadenza dei termini per le deduzioni istruttorie nel giudizio di primo grado.
Fatta tale precisazione, il motivo è fondato.
«In tema di ammissibilità di nuovi mezzi di prova in grado d’appello, deve escludersi che dal vigente regime processuale possa ricavarsi un onere della parte, sancito a pena di decadenza, di produrre nel giudizio di primo grado gli eventuali documenti probatori che si siano formati dopo lo spirare del termine assegnato dal giudice per la deduzione dei mezzi istruttori ma prima del passaggio della causa in decisione; ne consegue che i documenti formatisi dopo il maturare delle preclusioni istruttorie vanno annoverati fra i nuovi mezzi di prova, ammissibili in grado d’appello, ai sensi dell’art. 345, comma 3, c.p.c., ancorché la parte abbia avuto la possibilità di acquisirli in data anteriore alla spedizione della causa di primo grado a sentenza, fatta soltanto salva, in tale ipotesi, la possibilità, per il giudice del gravame, di applicare il disposto dell’art. 92 c.p.c. (Cass. n. 7977/2022).
Il motivo è a maggior ragione fondato per la parte riguardante la produzione della consulenza di parte, che costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, la cui produzione, regolata dalle norme che disciplinano tali atti e perciò sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., deve ritenersi consentita anche in appello (Cass. n. 1614/2022; cfr. 20347/2017).
È altresì manifestamente fondato anche il secondo motivo: le contestazioni alla consulenza tecnica sono proponibili in appello, non sussistendo l’onere, a torto ipotizzato dalla sentenza impugnata, della loro proposizione in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado. «In tema di consulenza tecnica d’ufficio, il secondo termine previsto dall’ultimo comma dell’art. 195 c.p.c., così come modificato dalla l. n. 69 del 2009, ovvero l’analogo termine che, nei procedimenti cui non si applica, ratione temporis, il novellato art. 195 c.p.c., il giudice, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., abbia concesso alle parti, ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria e svolge ed esaurisce la sua funzione nel subprocedimento che si conclude con il deposito della relazione da parte dell’ausiliare; pertanto, la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non preclude alla parte di sollevare tali osservazioni e rilievi, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., nel successivo corso del giudizio e, quindi, anche in comparsa conclusionale o in appello» (Cass. n. 32965/2024; S.U., n. 5624/2022)
Il terzo motivo (omessa pronunzia su motivo d’appello, è ammissibile (in quanto rispettoso del principio di autosufficienza). Il
motivo, correttamente dedotto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., è anche fondato, sussistendo la denunziata violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sub specie di omessa pronunzia su uno dei motivi di appello (Cass. n. 29552/2022; n. 1755/2006)
In particolare, la Corte ha omesso la pronunzia sulla censura riguardante il metodo seguito dal Tribunale nella valutazione delle quote societarie. Con il motivo omesso fu posta una questione certamente rilevante, investendo il valore di uno dei beni sui quali calcolare la quota di riserva. In particolare, fu denunziato che il primo giudice, pur facendo riferimento al patrimonio della società, aveva poi considerato nella stima il solo avviamento. La omissione è inoltre effettiva, non essendo rinvenibile, nella decisione, alcuna affermazione idonea ad accreditare l’ipotesi del rigetto implicito (cfr. Cass. n. 2151/2021).
Il quarto motivo (nullità della sentenza per motivazione apparente) e il quinto motivo (violazione degli artt. 554 e 556 cc), riguardanti entrambi la valutazione delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE da esaminare congiuntamente, sono manifestamente fondati sotto entrambi i profili.
Nel caso in esame si discuteva del valore di quote sociali, comprese nell’asse, rispetto alle quali era stata accertata l’esistenza di gravami sugli immobili della società, che incidevano negativamente sul valore della stessa società e, di riflesso, sul valore delle quote.
Vale in proposito la regola secondo cui in materia determinazione della quota di riserva spettante ai legittimari, secondo quanto dispone l’art. 556 c.c., la deduzione che uno o più beni hanno un valore diverso rispetto a quello proposto dal consulente, non può ritenersi a priori irrilevante. Invero, da un lato, il diverso valore di
uno dei beni si riflette inevitabilmente sulla determinazione della porzione disponibile e indisponibile, diminuendone o aumentandone l’entità numerica, dall’altro, avvantaggia o svantaggia colui al quale il bene è stato attribuito.
L ‘affermazione della Corte d’appello si risolve così in una mera petizione di principio, perché l’accertamento delle conseguenze del diverso valore di uno dei beni, inclusi nella massa di calcolo della legittima, non può essere fatto in astratto, ma in concreto nell’ambito della complessiva ricostruzione del patrimonio e tenuto conto degli atti di disposizione, inter vivos o mortis causa , compiuti dall’ereditando.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata e e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda