Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7452 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7452 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
Oggetto: Vendita- Preliminare di compravendita di una porzione di immobile – Risoluzione per inadempimento promittente venditore
sul ricorso iscritto al n. 27760/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), in persona del suo procuratore generale NOME COGNOME, rappresentato e difeso, con procura speciale in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Cesena (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliato all’i ndirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Forlì e dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Roma, con procura
speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio di quest’ultimo difensore;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 2181/2021, pubblicata il 20 agosto 2021 e notificata il 24 agosto 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
– con atto di citazione notificato il 25 ottobre 2016 NOME COGNOME evocava, dinanzi al Tribunale di Forlì, NOME AVV_NOTAIO al fine di ottenere la risoluzione, con i conseguenti obblighi restitutori, del contratto preliminare avente ad oggetto l’acquisto di una porzione di immobile sita in Cesenatico a causa del grave inadempimento del promittente venditore, il quale non addiveniva alla stipula del contratto definitivo davanti al notaio assumendo di non avere mai sottoscritto il negozio, che comunque era nullo per illiceità dei motivi, per mancanza di accordo e della causa concreta; aggiungeva, inoltre, l’attore che l’immobile oggetto del preliminare era ben lontano dall’essere completato;
instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che insisteva nelle difese svolte nella fase stragiudiziale, il giudice adito, con sentenza n. 4287 del 2019, espletata CTU che rilevava l’autenticità della firma del COGNOME, accoglieva la domanda attorea e per l’effetto dichiarava risolto il contratto preliminare per inadempimento del convenuto, con condanna alla restituzione della somma di 200.000,00 euro, versata come da quietanza rilasciata dal promittente venditore;
sul gravame interposto dal COGNOME, la Corte di appello di Bologna, nella resistenza dell’appellato, in riforma della sentenza del giudice di prime cure, rigettava le domande del COGNOME, compensate le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
A sostegno della decisione, il giudice del gravame riteneva che essendo la scrittura posta a base della domanda stata disconosciuta dall’appellante, e in virtù del disconoscimento era stata dall’attore/appellato proposta istanza di verificazione, la c.t.u. grafologica disposta dal giudice di prime cure non forniva certezze circa la difformità di due firme apposte sul contratto preliminare, a fronte di altrettante cinque sottoscrizioni rese nel medesimo negozio pacificamente riferibili al COGNOME per cui rivelava un intento dissimulatorio, che rendeva coerente la non attendibilità delle sottoscrizioni. Aggiungeva che a siffatte divergenze intrinseche dovevano aggiungersi ulteriori elementi estrinseci che, secondo la giurisprudenza di legittimità, rilevavano concretamente ai fini della valutazione della possibile autenticità o meno delle
sottoscrizioni, nella specie rappresentate dal fatto che l’appellato affermava di non ricordare né la persona del COGNOME né l’atto controverso. Inoltre, il figlio dell’appellato, NOME COGNOME (commercialista), presente a suo dire a un coevo incontro in cui erano stati consegnati dal COGNOME tre assegni di euro 140.000,00 all’ordine di COGNOME NOME, non solo non sapeva riferire alcunché sul preliminare, ma negava che il padre volesse mai comprare l’appartamento a Cesenatico, e ciò pur seguendo la situazione economica del genitore. Inoltre, nessuna documentazione a supporto del preliminare (ad es. pratiche edilizie, contabili relative al pagamento, copie di assegni o altro) era stata mai reperita o consegnata nonostante le specifiche richieste da parte dei COGNOME, che invece avrebbero dovuto avere interesse a produrli stante le accuse del COGNOME. A ciò si aggiungeva, dal punto di vista formale, che il preliminare de quo recava nell’intestazione nome e generalità dell’acquirente manoscritti, mentre erano a stampa quelli del promittente venditore e che, dal punto di vista sosta nziale, la vendita era ‘su carta’, trattandosi di immobile da costruire, con pagamento anticipato dell’intero prezzo, senza indicazione alcuna nella quietanza delle relative modalità, nonostante il ragguardevole importo. Ne conseguiva una possibile diversa interpretazione di caratteristiche grafiche comunque disomogenee e difformi, che inducevano a prospettare più di una perplessità sulla ragionevole certezza delle conclusioni assunte dalla medesima
consulenza tecnica d’ufficio;
avverso la citata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, in qualità di procuratore generale di NOME COGNOME, sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME; -in prossimità dell’adunanza camerale parte controricorrente ha anche curato il deposito di memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 2702 c.c. e delle norme processuali di cui agli artt. 214 e 216 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
La Corte d’appello, ad avviso del COGNOME, avrebbe fatto mal governo della ripartizione dell’onere probatorio sotto il profilo sostanziale e processuale ritenendo che, all’esito della CTU, il COGNOME fosse tenuto a dimostrare con prova rigorosa l’autenticità delle sottoscrizioni, prova impossibile, se non attraverso l’esperimento di CTU grafologica. Peraltro, il COGNOME avrebbe pienamente soddisfatto l’onere probatorio anche attraverso la compiuta contestazione delle pretestuose e fantomatiche obiezioni e suggestioni avversarie. Sotto il profilo processuale, osserva il ricorrente che la Corte d’appello ha interpretato in modo non corretto l’orientamento (apparentemente solo minoritario) secondo cui la CTU grafologica non apparirebbe suscettibile di conclusioni obbiettivamente e assolutamente certe.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione e della falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 116 c.p.c., 2729, 2721 e 2722 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Secondo il COGNOME la Corte d’appello avrebbe erroneamente sopravvalutato a rango di presunzioni fatti che non possiedono i requisiti di legge per tale valutazione, quali le dichiarazioni del COGNOME di non aver mai sottoscritto il contratto, il mancato recepimento di non meglio precisa ‘documentazione’ da parte di NOME COGNOME in ordine al preliminare di cui è causa, la mancata dimostrazione delle modalità di pagamento del prezzo del preliminare e la mancata costruzione dell’immobile promesso in vendita.
A norma dell’art. 2729 c.c., infatti, si considerano presunzioni tali da consentire il loro prudente apprezzamento probatorio soltanto quei fatti gravi precisi e concordanti, ovvero quei fatti noti da cui, seguendo un ragionamento logico e scientifico, possa giungersi alla ricostruzione di un fatto noto.
I due motivi di ricorso tendono complessivamente a prospettare violazioni di norme di diritto ovvero vizi di motivazione della sentenza, denunziando nella realtà l’in adeguata spiegazione logica relativa all’apprezzamento, operato dal giudice di merito, dei fatti della controversia o delle prove circa l’autenticità della grafia, per cui vanno esaminate unitariamente. Esse sono fondate.
Si ha riguardo nella specie alla valenza di una consulenza tecnica volta ad accertare l’autenticità della grafia di un
documento, ovvero ad una consulenza grafologica, che è quella, appunto, volta a dedurre dati di rilievo psicologico dall’analisi della scrittura, e la stessa notoriamente non è suscettiva di conclusioni obiettivamente ed assolutamente certe, e perciò esige che il giudice fornisca un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla condivisibilità delle conclusioni raggiunte dal perito, come avvenuto nell’impugnata sentenza (Cass. 2 febbraio 2009 n. 2579; Cass. 28 aprile 2005, n. 8881). Pur facendosi applicazione del principio ormai consolidato secondo il quale, a seguito della riformulazione dell’art. 360 , comma 1 n.5 c.p.c. disposta dall’art. 54 d.l. n. 83/2012 conv. in legge n. 134/2012, per cui il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6 Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o risulti perplessa e obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, con la conseguenza che in tale caso si concreta in nullità deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 , comma 1 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132 , comma 2 n. 4 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053; Cass. 25 settembre 2018 n. 22598, per tutte), nella specie siamo di fronte ad una motivazione apparente, benché graficamente esistente, in quanto non rende percepibile il
fondamento della decisione, recando argomentazioni obiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento svolto dal giudice per formare il proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (v. Cass., Sez. Un., 30 gennaio 2023 n. 2767; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016 n. 22232; Cass. 23 maggio 2019 n. 13977).
La Corte d’appello, premesso che l’esame grafologico poggia su elementi che non appartengono a scienza esatta – di conseguenza dichiara di porre alla base delle sue considerazioni i principi affermati dalla Corte di legittimità sulla limitata consistenza probatoria della consulenza grafologia circa l’autenticità della firma del COGNOME -, tuttavia non fornisce adeguata giustificazione del proprio convincimento, valutando i risultati della consulenza grafologica con argomentazioni che si risolvono nel negare in modo incomprensibile qualsiasi valenza probatoria all’indagine grafologica.
Infatti, la sentenza ha proseguito rilevando la ‘diversità apparente’ tra le cinque firme apposte sul contratto preliminare e la ‘limitatezza degli esempi di concreto confronto tra sottoscrizioni autentiche e verificande’, quali considerazioni intrinseche, a cui ha aggiunto ulteriori elementi ‘estrinseci’, definendoli ‘finanche in contrasto o prescindendo dalla CTU grafologica’. In particolare, ha fatto riferimento al procedimento penale aperto su denuncia di NOME COGNOME, commercialista, figlio dell’a ttore, nel corso del quale veniva
sentito lo stesso NOME COGNOME che dichiarava di non ricordare di conoscere il COGNOME e di non sapere del preliminare del 30.09.2013. Pur precisando che si trattava di risultanze che non avevano valore di ‘prova legale’, ma di ‘prova atipica o elemento indiziario’, comunque erano valutabili ‘indipendentemente all’esito del procedimento stesso’; ha aggiunto, con riguardo al giudizio sulle discordanze delle scritture, che ‘ COGNOME risulta apparente emittente di n. 3 assegni per complessivi euro 14 0.000 all’ordine di COGNOME NOME, da questo azionati con d.i. poi opposto con relativo disconoscimento di firme, datati 3.10.2013, in relazione ai quali in altro procedimento penale COGNOME, che ne aveva denunciato lo smarrimento, è stato indagato e condannato in primo grado’ per avere la perizia grafologica concluso per l’autenticità delle firme di traenza dei titoli, ‘ritenendo però le stesse frutto di dissimulazione’; in quella occasione NOME COGNOME aveva dichiarato che si era stato un incontro fra le parti proprio il 30.09.2013 e che i titoli erano stati ‘consegnati sempre a rientro del debito societario di cui sopra’. Inoltre, ha rilevato che il figlio del COGNOME aveva negato nella stessa occasione che il padre volesse comprare l’appartamento a Cesenatico ‘e ciò pur seguendo la situazione economica del genitore -almeno in relazione al di lui presunto credito -ed essendo anche in rapporti di affari con il COGNOME‘; che nessuna documentazione a supporto del preliminare ‘ad es. pratiche edilizie, contabili relative al pagamento, copie di assegni o altro’, era mai stata reperita ‘o consegnata
nonostante le specifiche richieste della GDF da parte dei COGNOME, che invece avrebbero avuto interesse a produrli stante le accuse del COGNOME; ‘che secondo la ricostruzione dei COGNOME, COGNOME avrebbe contemporaneamente ricevuto 200.000 euro -non è emerso in quale forma -da COGNOME e contemporaneamente pagato a lui 140.000 euro per un vecchio debito’ sempre negato dal COGNOME; ‘che, sempre contemporaneamente, sarebbe stata pagata da RAGIONE_SOCIALE la terza e ultima tranche del prezzo del terreno venduto da COGNOME, per la cui transazione si era adoperato COGNOME NOME, percependo compensi (palesi e fatturati) da entrambe le parti’ .
In questo modo la motivazione si è limitata a prendere in esame le conclusioni del consulente d’ufficio sulle concordanze e differenze tra le grafie, esprimendo un giudizio di ‘perplessità’ che risulta obiettivamente incomprensibile perché, in quanto tale, dimostra di non avere avuto elementi sufficienti a fondare e argomentare l’affermazione dell’erroneità o almeno inattendibilità delle conclusioni del consulente d’ufficio, che invece sarebbe stata necessaria a fronte della sentenza di primo grado che quelle conclusioni aveva recepito. Per questo il giudizio appare esclusivamente il frutto di suggestione fondata sui complessivi rapporti fra le parti, che ricomprendeva anche terze persone, come gli affari fra il COGNOME e COGNOME NOME, che oltre ad essere elementi estranei alla vicenda, come tali non utilizzabili, appaiono più il
risultato di una inammissibile c.d. “praesumptio de praesumpto”, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto per derivarne da essa un’altra presunzione e non già una compiuta valutazione dell’indagine svolta dal consulente d’ufficio e di tutti gli elementi probatori a disposizione. Per di più, l’affermazione sulla ‘perplessità’ è stata fondata su una evidente genericità del giudizio del consulente d’ufficio che, diversamente da quanto affermato dalla sentenza, avrebbe potuto emergere soltanto se la sentenza avesse dimostrato di avere preso in esame l’analisi svolta dal consulente d’ufficio, e perciò non limitandosi a richiamare esclusivamente le sue conclusioni sintetiche al fine di lamentarne il carattere apodittico. In altri termini, il giudizio di genericità e di carenza di rigore scientifico risulta un’opinione che non dimostra di essersi realmente confrontata con il contenuto della consulenza d’ufficio e con il dato che, sulla base di quell’indagine tecnica, era stata dichiarata l’autenticità delle sottoscrizioni.
La motivazione è perplessa allorché è obiettivamente incomprensibile, e cioè non è idonea a fare emergere la ratio decidendi , per essere basata su elementi irrilevanti o su notazioni che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice, cosicché il relativo giudizio risulti privo di conclusione razionale (Cass. 6 luglio 2020 n. 13944; Cass. 4 settembre 2004 n. 17895; Cass., Sez. Un., 31 marzo 1971 n. 936).
Conclusivamente il ricorso va accolto e ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio – che riesaminerà la vicenda alla stregua dei principi di diritto sopra enunciati.
P . Q . M .
La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione