Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17767 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17767 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25433/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
INDRACCOLO NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 275/2021 depositata il 09/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il ricorso riguarda la sentenza della Corte d’appello di Lecce che ha riformato la decisione con cui il locale Tribunale ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME contro il decreto ingiuntivo con cui MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. gli intimava il pagamento della complessiva somma di € 67.112,37 (a titolo di saldo negativo del conto corrente allo stesso intestato ed acceso presso la Banca Credito Popolare Salentino Soc. Coop. a r.l., poi incorporata da MPS Spa) chiedendo dichiararsi l’estinzione del diritto di credito della Banca per compensazione con i crediti dallo stesso maturati per l’attività professionale di avvocato prestata nell’interesse della Banca Credito Popolare Salentino.
2.La Corte d’appello, con sentenza parziale, dichiarava inammissibile l’eccezione di prescrizione dei crediti opposti in compensazione formulata da MPS nel giudizio di primo grado; con sentenza definitiva, all’esito di CTU volta a quantificare le competenze professionali maturate dall’Avv. COGNOME, ha dichiarato compensati tra le parti i crediti reciproci, sino alla concorrenza di € 67.483,32 e condannato MPS al pagamento in favore dell’avv. Indraccolo della somma di € 114.021,76, oltre agli interessi legali dal 26.2.2007 al saldo.
Osservava la Corte d’appello che l’avv. COGNOME aveva opposto in compensazione il proprio diritto ad ottenere il pagamento dei compensi maturati in relazione all’opera professionale prestata in favore della banca per n. 96 incarichi ricevuti e non onorati, che la copiosa produzione documentale prodotta dal legale era stata oggetto di certosina analisi da parte del CTU incaricato di quantificare le somme allo stesso spettanti.
Chiarito che il CTU aveva verificato che l’avv. COGNOME non aveva mai ceduto alcun credito e che la Banca, in oltre 30 pratiche tra quelle esaminate, aveva inizialmente affidato l’incarico per il recupero di crediti all’avv. COGNOME e poi glielo aveva sospeso a causa dell’avvenuta cessione dei crediti stessi, ha rilevato che il
CTU aveva correttamente seguito il metodo di quantificare il compenso per ciascuna attività difensiva ‘ applicando la tariffa forense secondo i dd.mm. in vigore al momento del completamento dell’incarico che coincide con la decisione del giudizio, ad esclusione di quelle cause per le quali, a seguito della cessione dei crediti, la Banca stessa ha interrotto l’incarico e, dunque, nel fascicolo non si riscontra una decisione giudiziale. Per tali prestazioni ‘parziali’ la tariffa applicabile sarà quella in vigore alla data di cessione del credito e saranno escluse solo a fronte di un riscontro all’interno dei fascicoli in atti, di documenti che dimostrino il pagamento delle competenze a fronte dell’interruzione dell’incarico ‘; in tal modo, l’ausiliario aveva individuato anche la tariffa applicabile agli incarichi sospesi o interrotti, interpretando in maniera condivisibile il quesito assegnatogli, fornendo indicazioni puntuali sulla tariffa applicabile (in ragione delle plurime successioni di norme verificatesi nel tempo) per i soli incarichi portati a termine.
– Avverso detta sentenza Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ha proposto ricorso affidato a due motivi di cassazione e corredato di memoria. NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo denuncia nullità del provvedimento impugnato e/o del procedimento ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per mancata valutazione di prove documentali offerte e, quindi, errore di percezione che investe circostanze che hanno formato oggetto di discussione tra le parti. Secondo la ricorrente la Corte d’appello ha ritenuto sussistente la prova sia dell’ an che del quantum del credito asseritamente vantato dal resistente senza considerare che era stato lo stesso CTU, a dar conto di lacune documentali, dell’impossibilità di ricostruire intere fasi processuali nonché della mancata conoscenza del correlato esito del giudizio: se per alcune posizioni il CTU aveva correttamente tenuto conto di tali mancanze, omettendo di
conteggiare i compensi per le attività non documentate, in altri casi, invece, inspiegabilmente aveva conteggiato compensi per intere fasi processuali pur in mancanza di riscontri certi in ordine all’attività professionale effettivamente profusa dal resistente; laddove dette mancanze dovevano essere colmate da controparte, su cui gravava il relativo onere probatorio. Con riguardo alle parti incomplete e mancanti, le conclusioni del CTU erano inattendibili e comunque frutto di ragionamenti presuntivi/deduttivi privi di valore probatorio. Conclude la ricorrente osservando che se la Corte territoriale avesse valutato attentamente le predette prove documentali ovvero se avesse adeguatamente esaminato i documenti prodotti e/o gli atti di causa, non avrebbe ritenuto che il CTU avesse reso un ‘ ragionamento immune da vizi di ordine logico ‘.
2.Il secondo motivo denuncia nullità del provvedimento impugnato e/o del procedimento ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. ed omessa pronuncia su una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti. La Corte d’Appello di Lecce si sarebbe limitata ad un generico riferimento a tutti i presunti incarichi ricevuti dall’Avv. COGNOME, ivi compresi quelli sospesi o interrotti, senza valutare l’eccezione sempre reiterata in tutti i propri scritti difensivi dalla ricorrente con riguardo al fatto che non era stata fornita alcuna effettiva prova relativamente all’attività espletata dall’appellante in favore della Banca, né tantomeno risultavano prodotte note pro forma o fatture che potessero fornire la prova dell’entità del presunto credito vantato (richiama in particolare due pratiche rispetto alle quali lo stesso giudice di prime cure aveva escluso fosse stata raggiunta la prova in ordine ad attività difensiva dell’avv. COGNOME).
3.- I motivi possono essere esaminati insieme in quanto sono entrambi inammissibili inerendo alla valutazione di merito compiuta
dal giudice
3.1- il primo motivo invoca impropriamente un errore percettivo, ovvero un travisamento della prova per non avere considerato le lacune documentali evidenziate dal CTU, infatti: a) la CTU non è una prova documentale del cui contenuto il giudice debba effettuare una ricognizione oggettiva, ma un atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi, fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente); perciò il vizio qui invocato concerne la valutazione che il Giudice di merito ha dato delle risposte ai quesiti posti al CTU; b) in tema di attività valutativa del giudice rispetto alle fonti probatorie, occorre distinguere l’errore di percezione -che, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, è sindacabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (che appunto vietano al giudice, rispettivamente, di fondare la decisione su prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, nonché di disattendere prove legali secondo il suo prudente apprezzamento) -dall’errore di valutazione, che, invece, investendo l’apprezzamento dell’efficacia dimostrativa della fonte di prova rispetto al fatto che si intende provare, non è mai sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 6774/2022; Cass.1229/2019, 27033/2018, 9356/2017). Nel caso di specie la ricorrente si duole del cattivo esercizio del potere di apprezzamento di un atto processuale, che non dà luogo al vizio dedotto e potrebbe essere censurato nel percorso argomentativo laddove questo presentasse un’anomalia rilevante che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 23153/2018, 11892/2016), perché- come noto – con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione (contrapponendovi le proprie) la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della
fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (tra le molte Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016).
3.2- Il secondo motivo, con cui il ricorrente si duole, in sintesi, di omessa pronuncia sull’eccezione di incompletezza documentale, è altrettanto inammissibile per inerenza al giudizio di fatto: invero la violazione dell’art. 112 c.p.c. implica che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile; mentre nella specie la ricorrente si duole del fatto che non sia stata considerata una sua contestazione circa la sussistenza della prova dei fatti costitutivi della domanda, ovvero una mera difesa, che attiene alla sfera del giudizio ricognitivo e valutativo rimesso in via esclusiva al giudice di merito.
4.- In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Nessuna statuizione va assunta sulle spese essendo parte resistente rimasta intimata. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile