Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23053 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23053 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26706/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliat a all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende – ricorrente –
contro
dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 521/2022 del la Corte d’Appello di Bari, depositata il 28.3.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE propose, davanti al Tribunale di Foggia, azione di accertamento della simulazione del contratto
di data 5.12.2013 con cui quella società, poi dichiarata fallita, aveva ceduto a RAGIONE_SOCIALE la propria quota di partecipazione al 50% del capitale di RAGIONE_SOCIALE società proprietaria di un complesso immobiliare in corso di costruzione (in via subordinata venne svolta azione revocatoria ordinaria nei confronti del medesimo contratto di cessione di quota).
Instauratosi il contraddittorio, il tribunale accolse la domanda principale, dichiarando la nullità del contratto simulato.
RAGIONE_SOCIALE impugnò la sentenza di primo grado davanti alla Corte d’Appello di Bari , la quale -rinnovatosi il contraddittorio -rigettò il gravame.
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso.
A seguito di proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, RAGIONE_SOCIALE a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato istanza per la decisione del ricorso.
Infine, entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è rubricato «Violazione ed errata applicazione delle norme di diritto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Dalla successiva illustrazione del motivo si comprende che la norma di diritto che si assume violata è quella contenuta
nell’art. 2729 c.c. , secondo cui il giudice del merito «non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti».
Il secondo motivo di ricorso denuncia «violazione per omesso esame, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ».
Il fatto asseritamente non esaminato dalla Corte territoriale sarebbe « l’incasso di € 46.600 per altrettanti versati con bonifici da parte del procuratore alla vendita», dal che la ricorrente conclude che «è davvero arduo comprendere perché l’adito Giudice d’appello abbia preso per buono (e non presunto) che il prezzo della vendita non sia stato pagato».
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Per quanto apparentemente paradossale, nel l’ incipit della memoria illustrativa è la stessa ricorrente a dare atto in termini inequivoci della correttezza della proposta di definizione anticipata, che tuttavia non è stata accettata: «Chiarissima, e giusta, è stata ed è la proposta di definizione del ricorso da parte dell’Ecc.ma Corte, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.».
In particolare la ricorrente dichiara di condividere il seguente passo e la seguente citazione contenuti nella proposta di definizione del giudizio: «In tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio -in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all ‘ osservazione e alla valutazione del giudicante -costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della S.C. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per
cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali’ ( Cass. Sez. 3, Sentenza n. 37382 del 21/12/2022) ».
3.2. Secondo la ricorrente tale riconosciuta correttezza della proposta di definizione sarebbe però rimessa in discussione dalla sopravvenuta giurisprudenza delle Sezioni unite sul «travisamento del contenuto oggettivo della prova» (Cass. S.u. n. 5792/2024).
Il che, però, non può essere, posto che -secondo quella giurisprudenza -« Il travisamento del contenuto oggettivo della prova … , ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale ».
La contestazione della ricorrente riguarda certamente un fatto sostanziale (il pagamento del prezzo stabilito nel contratto della cui simulazione si discute), sicché il vizio potrebbe essere fatto valere, « in concorso dei presupposti di legge », ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Sennonché, tale ricorso non è consentito in un processo come il presente, in cui la decisione sul fatto è stata conforme in entrambi i gradi del giudizio di merito (art. 348 -ter , commi 4 e 5, c.p.c., applicabile ratione temporis , la cui disposizione è stata comunque ribadita nel novellato art. 360, comma 4, c.p.c.).
3.3. Rimane, pertanto, la constatazione -condivisa dalla stessa ricorrente nella memoria illustrativa -che il ricorso contiene, nel primo motivo, una critica all’accertamento del fatto, sicuramente argomentata, ma volta a prospettare nient’altro che un esito alternativo e diverso della valutazione delle prove, che in quanto tale è riservata al giudice del merito.
3.4. Per quel che concerne il secondo motivo -oltre a essere inammissibile, in base a quanto appena osservato, perché esplicitamente proposto « in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.» -è agevole rilevare che non esiste alcun fatto storico non esaminato dai giudici del merito. Infatti, i versamenti di denaro sul conto corrente di RAGIONE_SOCIALE da parte del procuratore alla vendita, avv. NOME COGNOME sono stati presi in considerazione nella sentenza impugnata, ma la Corte territoriale -valutandoli nel contesto complessivo descritto nella motivazione -li ha ritenuti inidonei a provare l’avvenuto pagamento del prezzo . Si tratta, all’evidenza, di una valutazione del fatto nell’ambito del prudente apprezzamento delle prove e dell’uso delle presunzioni semplici, che condivisibile o meno nel suo risultato finale -esclude l’ipotesi dell’«omesso esame» .
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, liquidate in dispositivo.
Poiché l’esito del giudizio è conforme alla proposta di definizione di cui all’art. 380 -bis c.p.c., la ricorrente viene condannata altresì al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, di una ulteriore somma pari a quella liquidata a titolo di compensi di avvocato.
Inoltre, per il combinato disposto degli artt. 380 -bis , comma 3, e 96, comma 4, c.p.c., il ricorrente viene condannato
al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del solo ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in € 8.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, dell’ulteriore somma equitativamente determinata in € 8.000;
condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del