Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10254 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10254 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1391/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il decreto del Tribunale Roma n. 23887/2023 depositato il 30/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Il Tribunale di Roma, con decreto del 30/11/2023, respingeva l’opposizione, proposta da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, al decreto di esecutività dello stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE(di seguito denominata per brevità GCS) che aveva escluso i crediti fatti valere dalle odierne ricorrenti.
1.1 Gli opponenti si erano insinuati al passivo del Fallimento deducendo: a) di avere stipulato i contratti di appalto aventi ad oggetto i servizi di pulizia ai piani e nelle aree comuni degli hotel da essi gestiti con RAGIONE_SOCIALE la quale aveva subappaltato i servizi oggetto degli appalti alla società RAGIONE_SOCIALE, ii) di avere provveduto al pagamento delle retribuzioni del mese di novembre 2018, nonché della tredicesima mensilità 2018 dei dipendenti dell’impresa subappaltatrice che si era resa inadempiente a tali obbligazioni, iii) di aver diritto, in via di surrogazione, alla restituzione degli importi versati dall’impresa appaltatrice.
1.2 Il Tribunale di Roma rilevava la carenza di prova del fatto costitutivo del credito, poiché le buste paga prodotte attenevano a soggetti diversi dalla società fallita, non era provato che i lavoratori, per i quali era stato richiesto il pagamento in surroga, fossero stati occupati negli alberghi delle opponenti in esecuzione dei contratti di appalti di pulizie sottoscritti dalla RAGIONE_SOCIALE e le distinte di bonifico allegate non dimostravano neppure l’effettivo pagamento in favore dei lavoratori indicati.
2 RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto avverso il decreto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi; il Fallimento non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 2709 c.c., 115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione
all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per non aver ritenuto il Tribunale di Roma dimostrata la sussistenza dei crediti vantati dalle ricorrenti sulla base delle prove fornite.
I ricorrenti sostengono che i contratti di appalto e di subappalto risultavano documentalmente provati; anche la prova dei pagamenti, secondo i ricorrenti, era stata correttamente fornita attraverso la produzione delle buste paga dei lavoratori assunti dalla subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE e delle distinte di pagamento a mezzo bonifico bancario effettuati per i corrispondenti importi al nominativo dei lavoratori indicati – appunto – nelle buste paga stesse.
Il provvedimento impugnato avrebbe, quindi, errato nel non aver attribuito adeguata rilevanza probatoria alle buste paga, limitandosi ad asserire che esse erano relative a soggetti terzi rispetto alle parti.
2 Il motivo è inammissibile laddove, pur deducendo un vizio di violazione di legge, mira in realtà al riesame del fatto e a una reiterata valutazione delle risultanze processuali, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.
Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 331/2020, 21098/2016 e 27197/2011).
2.1 Non può, invero, consentirsi che una simile doglianza sia mascherata dai riferimenti agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. La violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. rileva nella distinta condizione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammessa solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come per es. il valore di prova legale), o al contrario non abbia osservato la specifica regola di valutazione di una prova così stabilita dalla legge; non mai invece ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (cfr. risolutivamente Cass. S. U. 20867/20).
2.2 Giova altresì ricordare che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto circa le prove proposte dalle parti (ex multis, Cass. 7919/ 2020, 13395/2018 e 15107/2013).
3 Il secondo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere il Tribunale di Roma trascurato di esaminare la documentazione prodotta dalle ricorrenti (contratti di appalto e subappalto, buste paga, distinte di bonifico), decisiva per la dimostrazione dei crediti delle ricorrenti.
3.1 Il motivo è parimenti inammissibile in quanto anch’esso tende ad una rivalutazione nel merito della controversia.
3.2 Sul tema questa Corte ha affermato che « l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie » (Cass. S.U. 19881/2014, in termini anche Cass.800/2015).
La censura dei ricorrenti più che denunciare l’omesso esame di fatti storici ancora una volta contesta la valutazione del materiale probatorio compiuta dal Tribunale risolvendosi in una richiesta di diversa decisione, più consona alle loro aspettative.
Nulla è da statuire sulle spese del presente giudizio non avendo il Fallimento svolto difese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 13 marzo 2025.