Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1277 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1277 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5008 – 2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione -c.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento d ella ‘ RAGIONE_SOCIALE in persona del dottor NOME COGNOME
INTIMATO
e
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di PISTOIA.
INTIMATO Firenze, avverso la sentenza n. 3131 -29.11/27.12.2019 Corte d’Appello di
udita la relazione nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con richiesta ex art. 6 l.fall. il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia instava per la dichiarazione di fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE
Adduc eva l’esistenza, alla stregua delle risultanze del bilancio dell’esercizio 2016, di un attivo patrimoniale superiore ad euro 300.000,00.
Si costituiv a la ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Eccepiva che il valore dell’immobile che concorreva in larga misura a costituire l’attivo patrimoniale, era , in bilancio, rimasto immutato sin dagli anni 2006/2007, sicché non si era tenuto conto del deprezzamento cagionato dalla crisi del mercato immobiliare; che del resto l’esperto nominato nell’ambito dell’espropriazione immobiliare intrapresa nei suoi confronti aveva stimato il cespite in euro 152.152,00 ; che dunque il valore dell’attivo esposto nei bilanci dei tre esercizi precedenti era inferiore alla soglia di cui alla lett. a) del 2° co. dell’art. 1 l.fall.
Instava per il rigetto dell’avversa richiesta.
Con sentenza n. 144/2019 il Tribunale di Pistoia dichiarava il fallimento d ella ‘ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proponeva reclamo.
Invocava la revoca della dichiarazione di fallimento.
Non si costituivano né il curatore del fallimento né il P.M.
Con sentenza n. 3131/2019 la Corte di Firenze rigettava il reclamo.
Reputava, la corte d ‘appello , in aderenza all’elaborazione di questa Corte di legittimità, che, ai fini del riscontro del superamento della soglia di cui alla lett.
del 2° co. dell’art. 1 l.fall. e segnatamente ai fini del riscontro del valore delle immobilizzazioni materiali, aveva rilievo unicamente il criterio -al quale si era attenuto l’organo di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE in sede di redazione del bilancio relativo all’esercizio 2016 – del costo di acquisto o di produzione ex art. 2426, n. 1 e n. 2, cod. civ. e non già il criterio del valore di mercato al momento della decisione circa il fallimento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la ‘ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il curatore del fallimento d ella ‘ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
Del pari non ha svolto difese il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione degli artt. 2424 e 2426, n. 1 e n. 2, cod. civ. e de ll’art. 1 l.fall.
Deduce che l’ unico cespite immobiliare di sua spettanza -ovvero l’unità immobiliare in Santa Croce sull’Arno non è da annoverare tra le immobilizzazioni materiali bensì tra le rimanenze, sicché il criterio di valutazione è quello di cui al n. 9 dell’art. 2426 cod. civ. (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deduce quindi che, versando in stato di liquidazione, il valore dell’immobile avrebbe dovuto esser identifica to con il valore di realizzo, valore, quest’ultimo, in grado di esprimere, al di là del formale dato contabile, la reale dimensione dell’impresa (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deduce che del resto depongono in tal senso il principio contabile OIC 5 §7 e il principio contabile OIC 29 § E.III.c (cfr. ricorso, pag. 13) .
Il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ.
Inv ero, la Corte di Firenze si è uniformata all’elaborazione di questa Corte di legittimità, ossia all’insegnamento per cui, in tema di presupposti dimensionali per l’esonero dalla fallibilità dell’imprenditore commerciale, nella valutazione del capitale investito, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, trovano applicazione i principi contabili, cui si richiama il legislatore nell’art. 1, 2° co., lett. a), l.fall. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 5 del 2006, applicabile ‘ ratione temporis ‘ , ed anche successivamente in quello sostituito dal d.lgs. n. 169 del 2007) e di cui è espressione l ‘ art. 2424 cod. civ., sicché, con riferimento agli immobili iscritti tra le poste attive dello stato patrimoniale, opera – al pari di ogni altra immobilizzazione materiale – il criterio di apprezzamento del costo storico al netto degli ammortamenti, quale risultante dal bilancio di esercizio, ai sensi dell’art. 2426, nn. 1 e 2, cod. civ., e non il criterio del valore di mercato al momento del giudizio (cfr. Cass. 1.10.2015, n. 19654; Cass. 29.10.2010, n. 22146) .
In questi termini, del tutto ingiustificati sono i riferimenti al criterio di valutazione di cui al n. 9 dell’art. 2426 cod. civ., al criterio del valore di mercato, di realizzazione dell’immobile e ai principi contabil i OIC 5 §7 e OIC 29 § E.III.c (cfr. ricorso, pag. 13) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 116 e 115 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Firenze non si è pronunciata in ordine all’inattendibilità del dato contabile, risultante dal bilancio dell’esercizio 2016, già addotta alla cognizione del primo giudice e reiterata con l’esperito reclamo.
Deduce altresì che la corte d’appello non ha preso posizione in ordine alla richiesta di c.t.u. né ha tenuto conto delle risultanze contabili emergenti dalla situazione patrimoniale aggiornata e per tal fine depositata.
Il secondo motivo di ricorso del pari è inammissibile.
Si rimarca innanzitutto che immeritevoli sono le ragioni di censura formulate con specifico riferimento al primo dictum (‘nel caso di specie il Giudice di primo grado ha errato allorché ha ritenuto che (…)’: così ricorso, pag. 14) .
Invero, il controllo di legittimità da parte di questa Corte, eccettuate l’ipotesi della cosiddetta revisio per saltum e l’ipotesi di cui all’art. 348 ter , 3° co., cod. proc. civ., ha per oggetto la sola decisione di appello e non anche la decisione di primo grado e le considerazioni che la sorreggono (cfr. Cass. 7.6.2002, n. 8265; Cass. sez. lav. 18.7.1989, n. 3367; Cass. 6.2.1989, n. 722) .
Si rimarca altresì che l ‘ art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (nella riformulazione risultante dall’art. 54 del d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito in legge 7.8.2012, n. 134, ed applicabile nella specie) ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (cfr. Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053 (Rv. 629831); cfr. altresì Cass. 8.10.2014, n. 21152) .
Su tale scorta non può non darsi atto che ‘la valutazione del bene effettuata dal Tribunale di Pisa in sede esecutiva’ (così ricorso, pag. 14) non integra propriamente gli estremi di un fatto storico, di un preciso accadimento o di una precisa circostanza in senso storico.
15. Va poi ribadito che, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto, quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile -è il caso di specie -con l’impostazione l ogico/giuridica della pronuncia (Cass. 4.10.2011, n. 20311; Cass. (ord.) 13.10.2017, n. 24155) .
Ingiustificatamente, perciò, la ricorrente assume che la corte distrettuale è incorsa in una omissione di pronuncia, per giunta, in ordine alla ‘situazione aggiornata’.
16. Si evidenzia infine che l a consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell ‘ ausiliario e potendo la motivazione dell ‘ eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (cfr. Cass. (ord.) 13.1.2020, n. 326; Cass. 5.7.2007, n. 15219) .
17. Il curatore del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ed il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia non hanno svolto difese. Nonostante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, pertanto, nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va assunta.
18. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della s.r.l. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte