Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4052 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26141/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 3404/2018, depositata il 22/05/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1. Con decreto ingiuntivo n. 485/07 del 14.07.2007, il Tribunale di Viterbo, su istanza della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in
avanti: RAGIONE_SOCIALE), ingiungeva alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di €84.719,16, a titolo di corrispettivo per la fornitura di macchinari prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE per il trattamento di nocciole. Il decreto ingiuntivo veniva opposto dalla RAGIONE_SOCIALE, che formulava, altresì, domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni derivati dai vizi dell’impianto , per il mancato o cattivo funzionamento dello stesso e per la sua scarsa produttività. Più precisamente, l’opponente lamentava -tra l’altro che il cattivo e mancato funzionamento dell’impianto aveva determinato la necessità di trasportare le merci presso altri stabilimenti per poter effettuare una serie di trattamenti sulle nocciole.
1.1. Il Tribunale di Viterbo confermava il decreto ingiuntivo e accoglieva anche la domanda riconvenzionale elevata dalla RAGIONE_SOCIALE, riconoscendole l’importo di €169.153,00 a titolo di risarcimento del danno.
La pronuncia veniva impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di Roma che, in parziale accoglimento del gravame, riformava la sentenza di prime cure relativamente alle voci di danno riconosciute a RAGIONE_SOCIALE attinenti al costo della spazzolatrice e delle bilance, nonché alle maggiori spese per il mancato funzionamento dell’impianto, riducend o il risarcimento alla somma di €34.980,00, riguardanti il materiale della granellatrice, non idoneo al contatto con i prodotti alimentari, e il mancato collaudo dell’impianto. Rigettava, altresì, l’appello incidentale elevato da RAGIONE_SOCIALE per il riconoscimento di ulteriori voci di danno relative -per quel che qui ancora rileva ai vizi dell’impianto e alla ridotta capacità produttiva dello stesso.
RAGIONE_SOCIALE ricorreva per la cassazione della suddetta pronuncia, affidando il ricorso a cinque motivi.
Resisteva RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti depositavano memorie.
CONSIDERATO CHE:
I. RICORSO PRINCIPALE
1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697 cod. civ. e 113, 115 cod. proc. civ. Alternativamente: violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 della Costituzione. Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione all’art. 1176 cod. civ. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui evince dalla stessa documentazione prodotta da RAGIONE_SOCIALE la detrazione del corrispettivo del costo della spazzolatrice e delle bilance, affermando che detto corrispettivo risultava defalcato dal prezzo della fornitura. Nella prospettazione della ricorrente, invece, mentre agli atti vi è la prova dell’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di ritirare bilance e spazzolatrice, e di riconoscere a RAGIONE_SOCIALE quanto da questa pagato per detti beni mediante detrazione del relativo costo da successive forniture (v. doc. 6 e 7, citati in modo inconferente in sentenza quali prove dell’avvenuto rimborso), non esiste analoga prova di siffatto rimborso in favore di RAGIONE_SOCIALE, se non -appunto -le fatture nn. 154/06 e 185/06, dall’esame delle quali la Corte d’ Appello ha ritenuto acquisita la prova dell’avvenuta detrazione dei costi della spazzolatrice e delle bilance. In realtà, precisa la ricorrente, detti beni furono forniti – e il loro pagamento era stato interamente saldato da RAGIONE_SOCIALE – il 20/10/2005, mentre le fatture richiamate dalla Corte di merito si riferiscono all’anno 2006. Tanto sarebbe bastato, prosegue la ricorrente, a giustificare la revoca del decreto ingiuntivo.
La pronuncia víola, dunque, l’art. 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione all’art. 2697 cod. civ. -ovvero l’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., laddove omette di esaminare un fatto del processo qual è l’insussistenza della prova dell’avvenuto rimborso del costo di bilancio spazzolatrici.
1.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione. In disparte l’errato riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. (peraltro reiterato nel secondo motivo di ricorso): il «fatto processuale» cui fa riferimento la ricorrente non soddisfa il nuovo paradigma normativo, quale risulta dal n. 5) della norma citata. Il fatto controverso e decisivo per il giudizio deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni -nel caso di specie relative al peso probatorio da riferire alle fatture – sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019, Rv. 655413 -01; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018, Rv. 651305 -01; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017, Rv. 644485 – 01).
1.2. Tanto precisato, la Corte d’Appello ha erroneamente conferito valore probatorio a documenti unilateralmente formati, quali sono le fatture nn. 154/06 e 185/06, poste a base del convincimento del giudice di seconde cure. Non rileva in questa sede il fatto che dette fatture siano o meno conferenti, come contestato dalla ricorrente, che afferma trattarsi di fatture successive alla data di quietanziamento dell’impianto (ottobre 2005) con cui furono forniti i due beni di cui si discute; come confermato, peraltro, dalla controricorrente, a giudizio della quale (p. 7, ultimo capoverso): «Le due fatture interessano la sola fornitura di materiali di tutt’altra natura e consistenza che niente
hanno a che vedere con la spazzolatrice e con le bilance …». Si tratta, infatti, di questione attinente al merito, la cui prospettabilità in questa sede è inammissibile.
1.2.1. Ciò che, invece, rileva è che la Corte d’Appello ha male applicato principi già espressi da questa Corte (peraltro richiamati più oltre nella stessa sentenza impugnata), in virtù dei quali la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 462 del 2014, citata dalla ricorrente, conf. da: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18611 del 2017). Pertanto, la fattura può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite, specie nell’ipotesi in cui il debitore le abbia accettate, senza contestazioni, nel corso dell’esecuzione del rapporto, solo quando tale rapporto non sia contestato fra le parti -come invece accade nel caso che ci occupa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 299 del 12/01/2016, Rv. 638451 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15383 del 28/06/2010, Rv. 613803 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13651 del 13/06/2006, Rv. 590631 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8126 del 28/04/2004, Rv. 572408 -01). Del resto, la fattura rappresenta titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19944 del 12/07/2023, Rv. 668145 -01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19944 del 12/07/2023, Rv. 668145 – 01). Essa è un mero documento contabile che può, ai sensi dell’art. 2710 cod. civ., far prova dei rapporti intercorsi tra imprenditori, ma che in
nessun caso assume la veste di atto scritto avente natura contrattuale, sicché essa è inidonea a fornire la prova tanto della esistenza, quanto della liquidità di un credito (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30309 del 14/10/2022, Rv. 665971 -01). Analogamente, dalle fatture menzionate dalla Corte territoriale non può dedursi -come nel caso di specie l’estinzione del credito della RAGIONE_SOCIALE per avvenuto rimborso.
1.3. La sentenza, pertanto, merita di essere cassata in parte qua , affinché il giudice di seconde cure accerti l’effettiva detrazione del credito riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 111 Costituzione. Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. Violazione -alternativamente – dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 167 e 345 dello stesso codice. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la Corte di merito ha rilevato un difetto di prova incombente su RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE in merito al l’attività di trasporto e trattamento delle nocciole eseguita presso altre aziende per €84.000,00. A giudizio della Corte territoriale, infatti, RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto provare la concreta attività svolta presso aziende terze per completare il ciclo di produzione, nonché l’effettivo pagamento delle somme portate dalle fatture; in assenza di dimostrazione di pagamento, come della prova dell’annotazione delle scritture contabili e dei documenti di trasporto per la movimentazione delle merci, il giudice d’appello non aveva ritenuto adeguatamente provato il lamentato danno subíto dalla RAGIONE_SOCIALE Benché la ricorrente sia consapevole dell’orientamento della Corte Suprema relativo al valore probatorio di mero indizio riconosciuto alle fatture, tuttavia le
fatture di cui si discute non solo non erano contestate dalla RAGIONE_SOCIALE, ma risultavano finanche confermate in sede di prova orale, cosicché erano assurte a vera e propria prova legale.
2.1. Il motivo è infondato. Quanto alla non contestazione delle fatture : come chiaramente si evince anche dalla lettera dell’art. 167 cod. proc. civ. (vigente ratione temporis all’epoca della data di inizio del processo di opposizione a DI, ove si legge: «Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda»), peraltro ripresa nel vigente art. 115 cod. proc. civ. asseritamente violato, la non contestazione riguarda i fatti posti a fondamento della pretesa, essendo suscettibili di non contestazione soltanto i fatti storici sottesi a domande ed eccezioni, la cui ricostruzione ex post richieda il dispendio dell’attività probatoria (Cass. Sez. 3, sentenza 05.03.2020, n. 6172, Rv. 657154-01; Cass. Sez. 6 2, sentenza n. 8969 del 2015). Le fatture di cui si discute hanno comunque natura di atti giuridici: non può da esse dedursi la pacificità e incontrovertibilità di accadimenti quali le lavorazioni delle nocciole eseguite da altre aziende, né l’attestazione degli avvenuti pagamenti in favore di dette aziende. La mancata contestazione di una fattura prodotta in giudizio non equivale al mancato disconoscimento di una scrittura privata avente efficacia di piena prova fino a querela di falso, ex art. 2702 cod. civ., tenuto conto che tale valenza è prevista nei soli confronti di chi abbia sottoscritto il documento ed è limitata alla provenienza, e non alla veridicità, delle dichiarazioni in essa riportate (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23414 del 19/09/2019, Rv. 655353 – 01).
2.2. Non ha nessun pregio, infine, l’argomento per cui una fattura – documento che di per sé ha mero valore indiziario: v. supra , punto
1.2.1 -ove avvalorata da prova testimoniale – a sua volta non rientrante tra le prove legali – si trasformerebbe in prova legale.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione all’art. 2697 cod. civ., nonché in relazione agli artt. 61, 62, 132, 191 cod. proc. civ. e con riferimento all’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 24, comma 2, Costituzione. La ricorrente lamenta la mancata ammissione dell’ulteriore, differente CTU finalizzata alla quantificazione di ulteriori vizi dell’impianto non quantificati dal CTU. Nella fattispecie dedotta in giudizio risultava provato – a séguito dell’acquisizione dell’ATP – il fatto storico, cioè l’esistenza dei vizi dell’impianto (indicati nell’appello in cidentale) diversi rispetto a quelli riconosciuti e liquidati dal Tribunale, mentre non risultava ancora provata la quantificazione dei vizi ulteriori. A giudizio della Corte la CTU era stata chiesta subordinatamente alla mancata acquisizione dell’ATP. Tale affermazione viene contestata dalla ricorrente che afferma di aver formulato una duplice richiesta di CTU: una prima subordinata alla mancata acquisizione dell ‘A TP, una seconda autonoma, tesa alla quantificazione degli ulteriori vizi accertati dall’esperto ma da lui non quantificati. A sostegno della sua affermazione, la ricorrente indica l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo; richiesta successivamente riproposta in altri atti successivi.
3.1. Il motivo è inammissibile: con la proposizione del ricorso per cassazione il ricorrente non può rimettere in discussione l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma
solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo di valutare le prove, control larne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 9507 del 06.04.2023; Cass. sez. 2, n. 19717/2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01).
3.1.1. Nel caso che ci occupa, la Corte d’Appello ha motivato in modo congruo la scelta del rigetto della domanda di nuova CTU, ritenendo che non fosse stata fornita da RAGIONE_SOCIALE adeguata allegazione probatoria a sostegno della domanda: circostanza che avrebbe reso la CTU puramente esplorativa (v. sentenza p. 6, righi 17, 18). La doglianza si traduce, pertanto, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697 e 2724 cod. civ. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 24, commi 1 e 2, Costituzione. La ricorrente lamenta il fatto che la Corte d’Appello ha respinto la richiesta di somme risultanti dalle fatture 2008-2009 per attività di lavorazione del prodotto svolta in data successiva all’espletamento della prova orale, comunque in data successiva all’ordinanza di ammissione della prova.
Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Violazione -alternativamente -dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. in relazione agli artt. 113 e 115 dello
stesso codice e in relazione all’art. 189 cod. proc. civ. La ricorrente lamenta che la domanda di revoca del decreto ingiuntivo non è stata accolta dal giudice di seconde cure a causa della mancata ammissione delle prove orali. Secondo la Corte territoriale, la richiesta non sarebbe stata specificamente reiterata in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado, e quindi è stata ritenuta abbandonata. Quanto alla richiesta di revoca del decreto ingiuntivo, secondo la Corte territoriale essa non era supportata da alcuna concreta e specifica doglianza. Con riferimento alla richiesta di prova testimoniale, la ricorrente afferma di aver formulato conclusioni per relationem , ciò che rende legittima ed ammissibile la richiesta di prove. Quanto alla revoca del decreto ingiuntivo e al risarcimento dei danni, il riferimento era ai danni subíti da RAGIONE_SOCIALE a séguito del suggerimento proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE di effettuare interventi tecnici che avrebbero migliorato la produttività dell’impianto, indicati nelle fatture poste a base del decreto ingiuntivo.
6. Il quarto e quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto entrambi sollevano dinanzi a questa Corte una questione (relativa alla sussistenza ed entità dei danni subíti dalla committente per l’asserito mancato utilizzo dell’impianto acquistato da RAGIONE_SOCIALE a causa della ridotta o mancata capacità produttiva del medesimo, che avrebbe determinato il ricorso ad altre aziende per la lavorazione delle nocciole) inammissibile in questa sede, poiché attiene ad accertamenti meritali. La Corte distrettuale ha motivato adeguatamente le ragioni per le quali il danno lamentato da RAGIONE_SOCIALE non poteva essere risarcito, non essendovi prova negli atti in causa di uno specifico obbligo assunto da RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla capacità produttiva dell’impianto (v. sentenza p. 6, righi 11 e 12), mentre per ciò che attiene alle somme portate in fatture nel 2008-9
non risulta da esse -per le ragioni ampiamente ricordate supra , punti 1.2. e 2.1. -la prova, non adeguatamente fornita in via documentale, dell’atti vità di trattamento eseguita presso altre aziende né il relativo pagamento del prezzo (v. sentenza p. 6, 5° capoverso).
6.1. Con specifico riferimento alla doglianza rivolta a contestare l’affermazione del giudice di se conde cure nella parte in cui ha ritenuto abbandonata la richiesta di prova testimoniale (v. sentenza p. 6, penultimo capoverso), questa Corte ha già avuto modo di precisare che nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, in modo specifico, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, devono ritenersi abbandonate e non più riproponibili in sede di impugnazione; tale presunzione può essere ritenuta superata dal giudice di merito qualora dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l’esame degli scritti difensivi. Nel caso che ci occupa, invece, il giudice del merito ha espressamente escluso tale volontà inequivoca, e detta valutazione non è sindacabile in questa sede.
II. RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo del ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza della Corte d ‘A ppello nella parte in cui rigetta l’istanza di parte opposta di convocazione a chiarimenti del CTU dell’ATP , e/o di rinnovazione della consulenza d’ufficio, come da richiesta già espressa nella memoria ex art. 183, comma 6, cod. proc. civ. Più precisamente, la ricorrente contesta le risultanze dell’ATP – sulla base delle quali la
Corte d’appello ha accolto l’istanza della committente di risarcimento dei danni causati dalla consegna di un bene (la granellatrice) non idoneo al contatto con prodotti alimentari, in quanto realizzato non in materiale di acciaio inox- dalle quali emergono valutazioni apodittiche sulla natura e qualità del materiale ricostruzione del macchinario.
7.1. Il motivo è infondato: il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica c.d. percipiente (come nel caso di specie) può anche disattenderne le risultanze, ma solo ove motivi in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori utilizzati per addivenire alla decisione, specificando le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 36638 del 25/11/2021, Rv. 663298 -02, conf. Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 200 del 11/01/2021, Rv. 660211 -01). Nel caso di specie la Corte distrettuale ha motivato, al contrario, la piena attendibilità delle risultanze dell’ausiliario (v. sentenza p. 5, 1° capoverso) , posto che tenuto conto della struttura del macchinario, le problematiche relative alla granellatrice evidenziate dal CTU (realizzazione con acciaio comune non idoneo al contatto con prodotti alimentari) sono tali da non richiedere alcuna particolare motivazione a sostegno della decisione.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale lamenta la mancata ammissione di prove orali per interpello e testi su un punto decisivo della controversia, immotivatamente non ammessa dalla Corte d’Appello, aventi ad oggetto sia l’adeguatezza dei materiali utilizzati da RAGIONE_SOCIALE in quanto contrassegnati con il marchio CEE, sia la funzionalità dell’intero impianto ed il suo utilizzo da parte della committente senza interruzioni dal 06.10.2005 fino a settembre 2007.
8.1. Avendo il Collegio respinto il quarto e il quinto motivo del ricorso principale, il secondo motivo del ricorso incidentale resta assorbito.
In definitiva, il Collegio accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara infondato il secondo motivo, inammissibili gli altri, respinge il primo mezzo del ricorso incidentale, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione , che deciderà anche sulle spese del presente giudizio;
dichiara infondato il secondo motivo del ricorso principale; dichiara inammissibili il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso principale;
rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della controricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda