Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3122 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3122 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
R.G.N. 4505/19
C.C. 12/1/2024
ORDINANZA
Vendita -Preliminare -Inadempimento -Risarcimento danni -Rimborso provvigione mediatore sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE);
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1665/2018, pubblicata in data 11 luglio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. –COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Prato, COGNOME NOME, al fine di sentire accertare l’inadempimento del promittente alienante convenuto all’obbligo di stipulazione del contratto definitivo di vendita RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente sua condanna al risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali, nella misura di euro 25.000,00 ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, risultante di giustizia.
Rimaneva contumace COGNOME NOME.
Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali ammesse.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 783/2013, depositata il 6 giugno 2013, accoglieva, per quanto di ragione, le domande attoree e, per l’effetto, condannava COGNOME NOME a corrispondere, in favore di COGNOME NOME, la minor somma di euro 2.000,00, quale rimborso della caparra confirmatoria versata, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale per responsabilità precontrattuale, oltre rivalutazione ed interessi da lucro cessante.
2. -Proponeva appello avverso la sentenza di primo grado COGNOME NOME, la quale lamentava che non si trattava di responsabilità precontrattuale, ma contrattuale, con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate sotto il profilo delle voci di danno risarcibile.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME NOME, il quale contestava le ragioni addotte a fondamento del gravame e ne chiedeva il rigetto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva
parzialmente l’appello spiegato e, per l’effetto, previo accertamento dell’inadempimento all’obbligo assunto dal promittente alienante con il contratto preliminare di vendita RAGIONE_SOCIALE stipulato tra le parti, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore di COGNOME NOME, dell’ulteriore somma di euro 5.400,00, oltre rivalutazione e interessi dal 13 gennaio 2010 sino alla pubblicazione della pronuncia e limitatamente ai soli interessi legali dalla pubblicazione sino al soddisfo, confermando, per il resto, la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, in relazione alle provvigioni spettanti all’RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, era in atti la prova che l’esborso preteso fosse stato effettivamente sostenuto, come da fattura n. 2 del 13 gennaio 2010, debitamente quietanzata, poiché era stata apposta in calce l’annotazione ‘saldato’, con timbro a secco dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; b ) che era dunque ‘ragionevolmente certo’ che la promissaria acquirente avesse versato alla predetta RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 5.400,00 nella ovvia considerazione del giusto diritto di quest’ultima di esigere il versamento delle proprie provvigioni per avere correttamente procurato alle parti la conclusione dell’affare, come si evinceva chiaramente dalla sottoscrizione che le stesse parti avevano apposto sulla proposta/accettazione depositata nel fascicolo di parte appellante.
3. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, COGNOME NOME.
È rimasta intimata Di NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento agli artt. 1199, 2702 e 2708 c.c., per avere la Corte di merito attribuito alla fattura n. 2 del 13 gennaio 2010 dell’RAGIONE_SOCIALE, per un importo di euro 5.400,00, il valore di quietanza di pagamento, benché il timbro apposto avesse il mero fine di attribuire la paternità della fattura alla società autrice del documento e la dicitura ‘saldato’, posta sopra il timbro a penna e con grafia tremolante, non fosse di certa riconduzione al creditore.
Ad ogni modo, osserva l’istante che in detta fattura non sarebbe stato indicato che la mediazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si riferisse alla pratica COGNOME, in quanto nell’oggetto sarebbe stata semplicemente riportata l’indicazione ‘saldo per intermediazione RAGIONE_SOCIALE‘, sicché sarebbe difettata la debita indicazione sia dell’ammontare della somma pagata sia del titolo per il quale il pagamento era avvenuto, avendo la resistente conferito altri mandati all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché la data del pagamento e le modalità di tale pagamento.
1.1. -Il motivo è infondato.
In primis , la contestazione della paternità della dicitura ‘saldato’, come riportata nella fattura emarginata, costituisce circostanza nuova, che non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, implicando un accertamento in fatto che non può essere demandato a questa Corte.
Parte istante non ha, infatti, dato atto di avere già sollevato tale obiezione nei gradi di merito, in che termini e in quale specifico frangente processuale.
E peraltro detta contestazione si pone in insanabile contrasto con le ulteriori argomentazioni sviluppate nella medesima doglianza, secondo cui la quietanza sarebbe generica (il che postula che essa fosse riconducibile all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
In secondo luogo, nessuna violazione delle norme sostanziali richiamate ricorre, alla stregua dello stesso assunto del ricorrente.
Al riguardo, il rilascio della quietanza non richiede forme particolari, sicché essa può essere contenuta anche nella fattura che il creditore invii al proprio debitore e risultare da qualsiasi non equivoca attestazione dell’adempimento dell’obbligazione, come l’annotazione ‘pagato’, o altra equivalente, apposta sulla fattura, che riveli sia l’ammontare della somma pagata, sia il titolo per il quale il pagamento è avvenuto, sempreché tale annotazione sia sottoscritta dal soggetto da cui essa proviene, solo in tal modo potendo rivestire l’efficacia probatoria privilegiata propria della scrittura privata, a norma dell’art. 2702 c.c.; né si richiede, peraltro, che la dichiarazione di quietanza annotata sulla fattura sia autografa, potendo la stessa essere costituita anche da un timbro dattiloscritto con la dicitura ‘pagato’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20644 del 08/08/2018; Sez. 2, Sentenza n. 22655 del 31/10/2011; Sez. 2, Sentenza n. 2298 del 19/03/1996; Sez. 2, Sentenza n. 5919 del 26/05/1993).
Ora, lo stesso ricorrente ha dato atto che il pagamento di cui alla fattura n. 2 del 13 gennaio 2010, come da relativa quietanza
desumibile dal riferimento alla dicitura ‘saldato’ apposta prima del timbro a secco dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, riportava l’importo pari ad euro 5.400,00 e la causale ‘saldo per intermediazione RAGIONE_SOCIALE‘.
A fronte di questi riferimenti, l’onere della prova di una diversa imputazione (e segnatamente dell’asserito conferimento di altri incarichi alla stessa RAGIONE_SOCIALE) sarebbe gravato sulla parte interessata a contestarne la rilevanza rispetto alla fattispecie (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27247 del 25/09/2023; Sez. 6-1, Ordinanza n. 26275 del 06/11/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 24837 del 21/11/2014).
2. -Con il secondo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento agli artt. 1460, 1988, 2700, 2730, 2732 e 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che la fattura indicata, così come apparentemente quietanzata, fosse idonea a costituire piena prova contro il terzo circa l’avvenuto pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Ad avviso dell’istante, dunque, attraverso l’espressione ‘risulta ragionevolmente certo’, la Corte d’appello avrebbe attribuito ad una quietanza di pagamento intervenuta tra una parte processuale ed un terzo estraneo al processo una valenza probatoria di fatto parificata ad una confessione stragiudiziale, valevole quale fatto estintivo dell’obbligazione della COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre la quietanza intervenuta tra altri soggetti sarebbe stata priva degli effetti propri della confessione e avrebbe potuto assumere soltanto il
valore di un documento probatorio dell’avvenuto pagamento, apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118, primo comma, disp. att. c.p.c., per avere la Corte distrettuale adottato una motivazione apparente, omettendo ogni indicazione degli elementi da cui avrebbe tratto il proprio convincimento oppure indicando elementi senza un’approfondita disamina logico -giuridica.
E ciò perché le quietanze di pagamento intervenute tra una parte processuale e un terzo avrebbero mero valore indiziario e, nella specie, sarebbe stata carente la ragione giustificativa del pagamento, assente nella fattura.
4. -Con il quarto motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte del gravame, in sede di valutazione delle prove, attribuito alla quietanza di pagamento con timbro di un terzo valore legale tipico di confessione stragiudiziale, mentre tale documento avrebbe dovuto essere liberamente valutato dal giudice.
5. -I tre motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
E tanto perché la sentenza impugnata non ha affatto attribuito alla fattura quietanzata la valenza di piena prova, sulla scorta della portata confessoria che essa avrebbe avuto tra le
parti del rapporto obbligatorio da cui ha tratto origine, bensì la valenza di mero elemento indiziario, idoneo a ritenere che la promissaria acquirente avesse sostenuto la spesa conseguente alla stipulazione del preliminare, corrispondente alla provvigione versata in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, cui si era rivolta per manifestare adesione all’acquisto del cespite.
Sicché non risulta perpetrata alcuna lesione del precetto a mente del quale la quietanza, rilasciata dal creditore al debitore all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale in ordine al fatto estintivo dell’obbligazione ai sensi dell’art. 2735 c.c. e, come tale, solleva il debitore dal relativo onere probatorio, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui la stessa sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, l’autore e il destinatario di quella dichiarazione di scienza. Ne consegue che, nel giudizio promosso nei confronti di un terzo, la suddetta quietanza non ha l’efficacia vincolante della confessione stragiudiziale, ma unicamente il valore di documento probatorio dell’avvenuto pagamento, apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 38975 del 07/12/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 24690 del 19/10/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21258 del 08/10/2014; Sez. 3, Sentenza n. 23318 del 18/12/2012).
Per converso, la ‘ragionevole certezza’ circa il pagamento della provvigione è stata desunta dalla fattura quietanzata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in adesione al principio secondo cui le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle
stesse né la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all’art. 214 c.p.c., atteso che esse costituiscono prove atipiche, il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21554 del 07/10/2020; Sez. 3, Sentenza n. 23155 del 31/10/2014; Sez. U, Sentenza n. 15169 del 23/06/2010).
Nella fattispecie, la prova del pagamento della provvigione in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è stata tratta con debite e non già apodittiche argomentazioni -non solo dalla asettica valutazione della fattura quietanzata, ma anche dalla plastica considerazione del giusto diritto di quest’ultima di esigere il versamento delle proprie provvigioni per avere correttamente procurato alle parti la conclusione dell’affare, come si evinceva chiaramente dalla sottoscrizione che le stesse parti avevano apposto sulla proposta/accettazione depositata nel fascicolo di parte appellante.
Infatti, nel contratto di mediazione, il diritto alla provvigione di cui all’art. 1755 c.c. sorge nel momento in cui può ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. (o per la risoluzione) del contratto stesso, con la conseguenza che la provvigione spetta al mediatore anche quando questi sia intervenuto per consentire la stipula tra le parti di un contratto preliminare di vendita di un immobile (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 31431 del 13/11/2023; Sez.
6-2, Ordinanza n. 28879 del 05/10/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 20132 del 22/06/2022; Sez. 2, Sentenza n. 30083 del 19/11/2019; Sez. 3, Sentenza n. 22273 del 02/11/2010; Sez. 2, Sentenza n. 13260 del 09/06/2009).
Sicché tale accertamento è avvenuto in conformità alla regola sulla scorta della quale le scritture provenienti da terzi (o formate da una parte e da un terzo) non hanno efficacia di prova piena in ordine ai fatti da esse attestati o alla data del loro verificarsi, ma sono rimesse alla libera valutazione del giudice di merito e possono, in concorso con altre circostanze desumibili dalla stessa natura della controversia, che ne confortino l’attendibilità, fornire utili elementi di convincimento, specialmente se di esse sia provata, o non sia contestata, la veridicità formale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23788 del 07/11/2014; Sez. L, Sentenza n. 23261 del 08/11/2007; Sez. 3, Sentenza n. 14122 del 27/07/2004).
6. -In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, stante che la controparte del ricorrente è rimasta intimata.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda