Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27163 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27163 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
Oggetto:
società semplice pagamento quota associativa
AC -2/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10073/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, quale l.r.p.t. della RAGIONE_SOCIALE , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, e all’indirizzo pec EMAIL, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, giusta procura allegata al ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, e all’indirizzo pec EMAIL, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Bologna n. 2738/2019, pubblicata in data 30 dicembre 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
COGNOME NOME, quale l.r.p.t. della RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza con cui il Tribunale di Bologna, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Imola, ha respinto la sua domanda avente a oggetto la condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 1.410,06, pari all’importo di tre quote sociali relative alle annualità 2012, 2013 e 2014, sul presupposto che non fosse pervenuta tempestiva dichiarazione di recesso da parte dell’ associata convenuta in lite.
RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Tribunale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato che la dichiarazione di recesso dell ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dall’RAGIONE_SOCIALE attrice risultava documentata dalla copia fotostatica della
email del 13 settembre 2011, non contestata nella sua conformità all’originale e che poteva ritenersi in via presuntiva ricevuta dall’RAGIONE_SOCIALE, non essendo stata mossa idonea contestazione sul punto , avendo l’RAGIONE_SOCIALE non solo omesso di disconoscerne in alcun modo il contenuto, ma avendo assunto una difesa incentrata sul mancato rinvenimento di detta mail nei propri documenti (circostanza su cui era stata articolata un ‘ irrilevante prova per testi), circostanza del tutto incompatibile con la negazione dell ‘ avvenuta ricezione.
4. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo «1) Violazione e falsa applicazione dell’ art.
1334 c.c. in rapporto all’art. 2697 c.c. » deducendo che il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato la normativa citata, omettendo di rilevare che non solo non era stata fornita alcuna prova della ricezione della presunta mail del 13 settembre 2011 da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, ma che mancava persino la prova della spedizione della stessa, essendo stato indicato un indirizzo mail errato, tanto che l’ RAGIONE_SOCIALE aveva inviato una successiva mail di recesso nel 2014, priva di alcun riferimento alla precedente del 2011.
Il motivo è inammissibile. La ratio decidendi della sentenza impugnata è individuabile nell’affermata sussistenza di prova presuntiva, per effetto della valutazione del contenuto delle difese e del comportamento processuale tenuto nella fase di merito dall’ odierna ricorrente, della ricezione della mail di recesso datata 13 settembre 2011. Rispetto a tale ragione di decisione, il motivo in esame, a dispetto della rubrica, non contiene alcuna confutazione del ragionamento valutativo della
prova presuntiva, ma risulta inammissibilmente versato totalmente in fatto, sostanzialmente pretendendo da questa Corte di legittimità un riesame delle prove, al fine di pervenire a escludere addirittura l’avvenuta spedizione, prima ancora che l’avvenuta ricezione , della mail oggetto di lite e, in ogni caso, di ripetere il giudizio di valutazione del comportamento processuale delle parti, al fine di ritenere o meno efficacemente contestata l’avvenuta spedizione/ricezione del documento: ciò che, in tali termini, non può essere dedotto in questa fase processuale di legittimità.
b. Secondo motivo «2) Violazione e falsa applicazione dell’ar t. 2719 c.c. in luogo dell’art. 2712 c.c. rispetto alla semplice stampa di un messaggio di posta elettronica (copia analogica)» deducendo che il Tribunale avrebbe erroneamente applicato la disciplina dell’art. 2719 cod. civ., inerente all’efficacia probatoria delle copie fotostatiche dei documenti, laddove nella specie avrebbe dovuto applicare l’art. 2712 cod. civ., omettendo di considerare, comunque, che nessun onere di disconoscimento nella specie poteva sussistere, atteso che non vi era in atti alcuna prova dell’invio, ancor prima che della ricezione, della mail di recesso del 2011.
Il motivo è inammissibile sia perché, ancora una volta, pretende nella sua sostanza una rinnovazione dell’ interpretazione delle prove acquisite in atti inerenti alla ricezione del recesso, sia perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che sul punto si individua proprio nell’affermazione ( incipit di pag. 7) della natura di documento liberamente valutabile dal giudice attribuito alla mail non certificata, che nella specie è stata ritenuta non disconosciuta nella copia rispetto
all’originale, essendosi la difesa dell’ odierna ricorrente basata sulla diversa questione del mancato reperimento nei documenti della propria assistita di tale comunicazione, circostanza ritenuta irrilevante ai fini del decidere.
Terzo motivo «3) Violazione e falsa applicazione delle norme e delle regole tecniche previste dal Codice dell’ amministrazione digitale», deducendo che nella specie la copia del messaggio di posta elettronica di recesso del 2011 non conteneva alcuna attestazione di conformità all’originale, sicché non poteva assumere alcuna valenza probatoria, non potendo nemmeno considerarsi un messaggio e-mail, bensì una semplice stampa di alcune righe di testo, apocrife e senza data.
Il motivo è inammissibile perché anch’esso non si confronta con la ratio della decisione impugnata, che – come argomentato a confutazione del terzo motivo di ricorso – non ha minimamente attribuito al messaggio di posta elettronica semplice i requisiti di validità previsti dal Codice dell’ amministrazione digitale, ma ha, t utto all’ opposto, dato atto della natura semplicemente documentale di tale messaggio.
Quarto motivo «4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2730 c.c. rispetto a una supposta dichiarazione di fatti (recesso) favorevole al dichiarante», deducendo l’ erroneità della sentenza impugnata per non aver considerato che il contenuto favorevole di un documento non può giovare mai a colui che se ne avvale e, quindi, non può essere ritenuto avente valore probatorio dei fatti costitutivi della pretesa».
Il motivo è inammissibile poiché, come argomentato a confutazione del terzo e del quarto motivo di ricorso, la ragione della decisione impugnata non si rinviene nell ‘ attribuzione di un
valore confessorio alla mail per cui è causa, ma nella valutazione complessiva delle prove in atti e del comportamento processuale delle parti, dai quali il giudicante ha tratto il convincimento in ordine alla sussistenza di prova presuntiva dell’ avvenuta ricezione della mail medesima.
Quinto motivo «5. Omesso esame -con conseguente omessa motivazione -circa la questione relativa alla non autenticità/alterazione del messaggio e-mail 13/09/2011, questione da ritenersi decisiva per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.», deducendo l’ omessa pronuncia sulla questione dedotta in lite e inerente a una possibile alterazione del messaggio di posta elettronica di recesso.
Il motivo è inammissibile atteso che, nella sua sostanza, lamenta un error in procedendo della sentenza impugnata per non aver motivato sulla questione dell ‘ alterazione del contenuto della mail di recesso. Sennonché la censura è priva di autosufficienza atteso che, posto che la sentenza impugnata della questione in esame non contiene riferimento alcuno, avrebbe dovuto preliminarmente indicare a questa Corte come, dove e quando, la questione è stata introdotta in lite e ritualmente coltivata nei gradi di merito. In difetto di che, essa va considerata nuova in questa fase e, come tale, inammissibile.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna COGNOME NOME, quale l.r.p.t. della RAGIONE_SOCIALE, a rifondere a ll’ RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024.