Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25304 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16815/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE società incorporante di RAGIONE_SOCIALE a sua volta incorporante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME , domicilio digitale come per legge
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALEsocietà incorporante RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli avv. ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, domicilio digitale come per legge
-controricorrente –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE e BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.ARAGIONE_SOCIALE
-intimate – avverso la sentenza della Corte d’ appello di Roma n. 3226/2022, pubblicata in data 13 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
Fatti di causa
La controversia trae origine dalla cessione di crediti in blocco del 23 dicembre 1999, ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge n. 130 del 1999, con cui RAGIONE_SOCIALE si era resa cessionaria di un portafoglio di crediti in sofferenza di titolarità di RAGIONE_SOCIALE, tra i quali era compreso anche il credito da quest’ultima vantato, in forza di contratto di mutuo fondiario, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, e dal successivo contratto perfezionatosi il 12 luglio 2002, con cui RAGIONE_SOCIALE si era resa, a sua volta, cessionaria delle predette ragioni di credito.
1.1. RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, SPV Venezia s.r.lRAGIONE_SOCIALE e la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. al fine di chiedere il risarcimento del danno, esponendo che: a) aveva acquistato, per la somma di euro 1.235.614,15, dalla prima convenuta, il credito derivante da mutuo fondiario, ammontante ad euro 1.424.714,70 (di cui euro 1.372.905,72 assistito da privilegio), vantato dalla RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE, garantito da ipoteca iscritta su immobile sito in Roma; b) Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. aveva intrapreso azione esecutiva e RAGIONE_SOCIALE
pur non intervenendo nella procedura esecutiva, aveva ottenuto l’aggiudicazione dell’immobile , a seguito di vendita all’incanto , per il prezzo complessivo di euro 2.625.000,00, che era stato versato in denaro limitatamente alla somma di euro 1.252.094,00 e quanto ad euro 1.372.906,00 in compensazione; c) in data 27 luglio 2005 essa ricorrente aveva ricevuto la notifica della ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione che le ingiungeva di pagare, in favore della procedura esecutiva, la somma di euro 683.501,00, derivante da importi versati a B.NRAGIONE_SOCIALE s.p.a. dalla società esecutata e di cui la stessa Banca non aveva fatto menzione.
1.2. Ritenendo che il credito oggetto di cessione risultasse parzialmente inesistente, chiedeva la condanna delle società convenute al pagamento, in suo favore, della somma di euro 683.501,00.
Nel contraddittorio delle parti convenute, il Tribunale adito rigettava la domanda.
La Corte d’appello di Roma, investita del gravame interposto dalla soccombente, riformando la sentenza impugnata, ha condannato RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e già RAGIONE_SOCIALE) al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE) della somma di euro 440.000,00, oltre interessi.
Ha, in primo luogo, osservato che il Tribunale aveva rilevato che ‹‹l’ammontare del credito al momento della cessione (12.7.2002) era pari: a) ad euro 1.944.440,86 al lordo dei versamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE nel 1992; b) ad euro 1.417.122,80 al netto dei versamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE nel 1992′ ; il credito di euro 1.417.122,80 corrispondeva poi ‘a euro 646.826,34 con privilegio ipotecario -al netto dei versamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE nel 1992 -ad euro 770.296,46 in chirografo ›› ; ed aveva, quindi, concluso che ‹‹ la somma di euro 646.826,34 (privilegiato) e di euro
770.296,46 (chirografario)››, pari ad euro 1.417.122,80, era ‹‹ sostanzialmente coincidente con il credito oggetto di acquisto, pari ad euro 1.424.714,70 ››. La Corte territoriale ha, quindi, rilevato che, seppure era vero che l’importo nominale del credito accertato dal c.t.u. e quello oggetto di cessione erano pressoché identici, ‹‹ il valore effettivo del credito era assai diverso se, come era invece stato pattuito nel negozio di cessione, il credito garantito da ipoteca era di euro 1.372.905,72, mentre il c.t.u. ne aveva accertato il minor valore di euro 646.826,34 ››. Ha aggiunto che, proprio per tale ragione, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 6 luglio 2005 , aveva assegnato alla creditrice chirografaria intervenuta nella procedura esecutiva, Banca di Roma s.p.a., la somma di euro 683.501,00, disponendo che dovesse essere Augusta 2002 s.r.l. a versare detto importo in favore della procedura esecutiva.
Considerato che l’appellante aveva transatto con il cessionario del credito, ottenendo di poter versare il minor importo di euro 440.000,00, la Corte territoriale, sull’assunto che il credito ceduto non avesse la composizione pattuita (euro 1.372.905,72), ma quella inferiore di euro 646.826,34 con privilegio ipotecario e di euro 770.296,46 in chirografo, ha condannato RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE a pagare, in favore dell’appellante, l’importo determinato in sede di transazione.
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE società incorporante RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie illustrative.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia ‹‹ nullità della sentenza per motivazione apparente ed omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti ›› .
1.1. Premette che: i) RAGIONE_SOCIALE aveva avanzato domanda risarcitoria, lamentando la parziale inesistenza del credito che le era stato ceduto da RAGIONE_SOCIALE posto che, successivamente all’instaurazione della procedura esecutiva, la debitrice ceduta RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato pagamenti parziali per euro 495.828,92 e di tanto non si era tenuto conto nella quantificazione del credito in sede contrattuale; nel giudizio di primo grado era stata disposta consulenza tecnica contabile, all’esito della quale era stato accertato che i pagamenti effettuati dalla debitrice erano stati tutti contabilizzati da RAGIONE_SOCIALE (dante causa di RAGIONE_SOCIALE) e che il credito residuo, detratti tali pagamenti, ammontava ad euro 1.417.122,80; ii) la differenza tra l’ammontare del credito indicato in contratto (euro 1.424.714,80) e l’ammontare del credito successivamente accertato dal c.t.u. era di soli euro 7.591,90; iii) nonostante ciò, RAGIONE_SOCIALE aveva insistito nella propria pretesa risarcitoria, seppure modificando la propria linea difensiva, deducendo che il danno lamentato traeva origine non dalla inesistenza del credito, ma dalla qualità del credito esistente, in quanto la componente del credito assistita da privilegio ipotecario (nei limiti di cui all’art. 2855 cod. civ.) era inferiore rispetto a quanto da essa atteso.
1.2. Sostiene, quindi, che la Corte territoriale, accogliendo la domanda risarcitoria, avrebbe reso una motivazione sostanzialmente inesistente, limitandosi a ritenere che ‘il credito ceduto non aveva la composizione pattuita… e che tanto aveva procurato un ingiusto esborso in capo alla società appellante’ ed a fare riferimento, in un
passaggio della motivazione, al ‹‹ valore effettivo del credito ›› , di cui non aveva chiarito il significato. Soggiunge che è pure incomprensibile il percorso logico-giuridico in ragione del quale il giudice d’appello ha ritenuto la cedente RAGIONE_SOCIALE di fatto responsabile della gestione del credito operata dalla cessionaria, onerandola di risarcire ad RAGIONE_SOCIALE la somma che quest’ultima ha ritenuto di riconoscere alla propria controparte (RAGIONE_SOCIALE s.p.a.) con una transazione, di cui SPV RAGIONE_SOCIALE non era stata parte.
1.3. Con la medesima doglianza addebita alla Corte d’appello di non avere preso in considerazione l’art. 4 del contratto di cessione, con cui le parti avevano espressamente pattuito l’assunzione da parte del cessionario del cd. rischio credito, ed in particolare il rischio che il credito ceduto potesse essere decurtato in ragione del diverso computo ed addebito degli interessi, nonché il rischio concernente l’ effettiva copertura della garanzia ipotecaria; ciò che esclude, ad avviso della ricorrente, l’esistenza di qualsiasi garanzia sulla qualità del credito relativa alla quota di esso da collocare in privilegio ed alla quota destinata a degradare a chirografo.
La censura è in parte infondata ed in parte inammissibile.
2.1. Anzitutto, la ricorrente si duole della difficile intelligibilità della motivazione, facendo leva soprattutto sul riferimento in essa contenuto al ‹‹ valore effettivo del credito ›› , in assenza di una qualsiasi indicazione, da parte del giudice d’appello , sul significato da attribuire a tale locuzione e sulle modalità con cui il ‹‹ valore effettivo ›› sarebbe stato stimato. Assume, di conseguenza, che la sentenza, non consentendo di cogliere le ragioni della decisione, si appalesa meramente apparente.
2.2. Va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054) hanno affermato che l’anomalia
motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.
Dalla giurisprudenza di legittimità è stato precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa ed incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‹‹ percepibili le ragioni della decisione, perché consiste in argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice ›› (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599).
È stato pure chiarito che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sulla logicità del ragionamento (Cass., sez. 6 -5, 07/04/2017, n. 9105) ovvero che è nulla per mancanza -sotto il profilo sia formale che sostanziale -del requisito di cui all’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. la sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati, senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa (Cass., sez. 3, 23/03/2017, n. 7402).
Si è, altresì, specificato che il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze
processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti (Cass., sez. 30/05/2019, n. 14762).
2.3. Il vizio radicale di motivazione apparente ed intrinsecamente contraddittoria, desumibile dagli arresti sopra richiamati, non si riscontra nella sentenza qui impugnata.
Il ragionamento seguito dalla Corte d’appello, in realtà, seppure in modo sintetico, illustra il percorso che l’ha condotta all’accoglimento del motivo di gravame. Difatti, nella sentenza si è ben evidenziato che Augusta 2002 RAGIONE_SOCIALE.r.lRAGIONE_SOCIALE ha acquistato, con il contratto di cessione, un credito derivante da contratto di mutuo fondiario, pari a complessivi euro 1.424.714,70, la cui quota assistita da garanzia ipotecaria, secondo le pattuizioni, doveva essere pari ad euro 1.372.905,72. Nell’ambito della procedura esecutiva in cui risultava pignorato l’immobile su cui gravava l’ipoteca accesa a garanzia del credito ceduto, la cessionaria RAGIONE_SOCIALE si è resa aggiudicataria dell’immobile , ma non ha versato l’intero prezzo di aggiudicazione, offrendo in compensazione il credito ceduto sino alla concorrenza del privilegio ipotecario previsto in contratto, pari ad euro 1.372.905,72; tuttavia, i l giudice dell’esecuzione, avendo accertato , tramite la c.t.u. disposta, che il credito ceduto era assistito da garanzia ipotecaria limitatamente al minore importo di euro 646.826,34 e stante la presenza nella procedura di altro creditore intervenuto (Banca di Roma s.p.a.), ha ordinato ad Augusta 2002 s.r.l., quale assegnataria del cespite oggetto di aggiudicazione, il pagamento della somma di euro 683.501,00.
La Corte territoriale ha, in tal modo, posto in rilievo che il valore economico ‘effettivo’ del credito ceduto, sulla base di quanto emerso
dall’accertamento contabile espletato, risultava ben diverso da quello pattuito nel negozio di cessione, cosicché doveva ritenersi sussistente un ingiusto esborso in capo alla società allora appellante, ora controricorrente, tale da giustificare l’accoglimento della domanda da questa formulata, sia pure nei limiti di quanto concordato da Augusta 2002, ora RAGIONE_SOCIALE, a seguito di intervenuta transazione, pari al minor importo di euro 440.000,00. In altri termini, la rilevata differenza di valore del credito ceduto, derivante dalla mancanza di garanzia ipotecaria su una quota consistente di esso, secondo la ricostruzione operata dalla Corte di merito, ha determinato un danno alla cessionaria, che è stato quantificato nella misura di euro 440.000,00, esattamente corrispondente alla somma che Augusta 2002 s.r.l.RAGIONE_SOCIALE ora URBS s.r.l. (destinataria dell’ordine del Giudice dell’esecuzione di versamento, in favore del creditore assegnatario in sede esecutiva Banca di Roma s.p.a., del maggior importo di euro 685.789,91, oltre interessi) ha concordato in via transattiva con RAGIONE_SOCIALE s.p.a., società alla quale Banca di Roma s.p.a. aveva ceduto il proprio credito.
Tanto spiega l’utilizzo, da parte della Corte di merito, delle locuzioni ‘valore effettivo’ e ‘valore nominale’ al fine di distinguere il valore reale di un titolo di credito (nel caso di specie, crediti) dal valore nominale indicato nel titolo stesso.
Il percorso motivazionale reso dalla Corte romana, dunque, non rientra paradigmaticamente in una di quelle gravi anomalie sopra individuate dalla giurisprudenza citata, perché consente di comprendere l’iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato.
2.4. L’altra doglianza fatta valere con il motivo in disamina omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità.
Come emerge evidente dalla illustrazione del motivo, la ricorrente
ha, nella sostanza, inteso contestare al giudice d’appello la mancata e non corretta interpretazione del contratto, ed in particolare della clausola di cui all’invocato art. 4 del medesimo contratto. Trattasi di censura manifestamente inammissibile, perché l’eventuale omessa interpretazione di una clausola contrattuale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, in tale nozione dovendosi far rientrare gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (Cass., sez. 3, 08/03/2017, n. 5795; Cass., sez. 2, 13/08/2018, n. 20718).
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‹‹ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello omesso di esaminare la condotta inadempiente di Augusta 2002 all’obbligazione di cui all’art . 6 del contratto di cessione ed i fatti ad essa connessi ›› .
Richiamando il contenuto del citato art. 6 (‘sino a che non avremo provveduto alla notifica della cessione di credito, manterrete, secondo le legittime istruzioni che Vi saranno volta a volta impartite con adeguato anticipo…, la titolarità formale del credito nei procedimenti in corso, anche per gli effetti di cui all’art. 111 cod. proc. civ., ferma restando la gestione di tale posizione processuale a nostra cura e spese nell’osservanza delle disposizioni di legge e regolamentari volta a volta applicabili ed il nostro obbligo di intervenire senza ritardo nel procedimento in surroga e con la Vostra estromissione’), evidenzia che, in violazione di tale disposizione contrattuale, RAGIONE_SOCIALE non era intervenuta nella procedura esecutiva, né aveva in quella sede precisato il proprio credito, ma aveva partecipato all’asta per la vendita dell’immobile, ottenendone l’aggiudicazione ; sostiene che, spiegando intervento nella procedura, RAGIONE_SOCIALE avrebbe, invece, potuto esperire i rimedi di legge previsti per ottenere un diverso riconoscimento della quota di credito assistita dal privilegio ipotecario, con la conseguenza che il danno
lamentato non poteva che essere imputato alla stessa condotta inadempiente di RAGIONE_SOCIALE Si duole che tale circostanza, pur assumendo rilievo decisivo, non sia stata in alcun modo valutata dalla Corte d’appello.
3.1. La censura è inammissibile.
3.2. L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti ed avente carattere decisivo, nel cui paradigma non può essere inquadrata la censura nei termini qui prospettati, che non concerne un “fatto storico”, ma che attiene piuttosto a questioni ed argomentazioni difensive (Cass., sez. 2, 26/04/2022, n. 13024; Cass., sez. 1, 18/10/2018, n. 26305; Cass., sez. 6 -1, 06/09/2019, n. 22397).
Con il terzo motivo è dedotto ‹‹ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ›› , per avere la Corte d’appello omesso di esaminare la transazione intervenuta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Lam enta che la Corte d’appello abbia dato atto dell’avvenuta transazione senza tuttavia procedere alla valutazione del negozio, peraltro omettendo di considerare che RAGIONE_SOCIALE non era stata parte dell’accordo , né era stata resa edotta del suo contenuto. Aggiunge che RAGIONE_SOCIALE aveva autonomamente scelto di transigere e che nulla aveva versato, in favore della procedura esecutiva, ad integrazione del prezzo di aggiudicazione, né era intervenuto un provvedimento giudiziale di accertamento del diritto di
RAGIONE_SOCIALE
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. La Corte territoriale ha, in realtà, preso in esame la transazione intercorsa tra Augusta RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e, procedendo alla valutazione del contenuto e degli effetti da essa scaturenti, ha pure ritenuto che, in forza di tale accordo, dovesse essere ridotta l’entità del danno lamentato da Augusta 2002, ora RAGIONE_SOCIALE, il che impone di escludere che possa essere ravvisato il vizio contestato.
All’inammissibilità ed infondatezza dei motivi di ricorso consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli ulteriori accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 14 aprile 2025
IL PRESIDENTE NOME COGNOME