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Valore del bene evitto: come si calcola nella permuta

Una società, a seguito di evizione da un immobile ricevuto tramite permuta, ha richiesto l’ammissione al passivo fallimentare della controparte per il valore indicato nel contratto. La Cassazione ha stabilito che, in caso di permuta, il credito per il valore del bene evitto si calcola in base al suo valore di mercato effettivo al momento della stipula, e non secondo il prezzo consensualmente pattuito, confermando la decisione del tribunale di merito.

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Valore del Bene Evitto nella Permuta: La Cassazione Chiarisce il Calcolo

Il contratto di permuta, comunemente noto come baratto, rappresenta uno strumento giuridico fondamentale per il trasferimento reciproco di beni. Ma cosa accade se uno dei beni scambiati viene sottratto legalmente al nuovo proprietario a causa di diritti preesistenti di terzi? Questo fenomeno, noto come evizione, solleva una questione cruciale: come si determina il risarcimento spettante? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo come si calcola il valore del bene evitto e segnando una netta distinzione rispetto al contratto di vendita.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare aveva stipulato un contratto di permuta, cedendo un proprio terreno in cambio di un altro lotto su cui intendeva edificare. La controparte, successivamente fallita, non aveva però adempiuto all’obbligo di cancellare le ipoteche gravanti sul lotto ceduto. A causa di tali ipoteche, il terreno è stato oggetto di una procedura esecutiva e venduto all’asta, causando l’evizione della società acquirente.

Di conseguenza, la società ha presentato un’istanza di ammissione allo stato passivo del fallimento della controparte, chiedendo un credito pari al valore del terreno come indicato nell’atto di permuta, ammontante a 2,8 milioni di euro. Il Tribunale, tuttavia, ha riconosciuto un credito inferiore, basato non sul valore contrattuale, ma su una stima del valore di mercato effettivo del bene al momento della permuta, quantificato in circa 1,86 milioni di euro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società ha impugnato la decisione del Tribunale, insistendo sul proprio diritto a vedersi riconosciuto il valore pattuito nel contratto. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione del giudice di merito. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: nel contratto di permuta, il permutante che subisce l’evizione ha diritto al valore effettivo del bene perso, e non a quello meramente consensuale indicato nell’atto.

Come si calcola il valore del bene evitto nella permuta?

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 1553 del Codice Civile. Questa norma stabilisce che il permutante evitto può scegliere tra due opzioni: chiedere la restituzione del bene che aveva dato in cambio oppure pretendere il “valore” del bene di cui ha perso la proprietà. La Cassazione ha chiarito che il termine “valore” non può essere equiparato al “prezzo” pagato in una compravendita.

Mentre nella vendita il compratore evitto ha diritto alla restituzione del prezzo versato, nella permuta la logica è diversa. Lo scambio non è tra un bene e una somma di denaro, ma tra due beni. Pertanto, il risarcimento deve mirare a ripristinare la situazione economica del permutante evitto, garantendogli né più né meno di quanto ha effettivamente perso. Questo obiettivo si raggiunge riconoscendogli il valore economico reale del bene al momento in cui è stato stipulato il contratto, un valore che deve essere accertato in modo oggettivo, ad esempio tramite una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), come avvenuto nel caso di specie.

Il rigetto delle altre richieste

La Corte ha anche respinto le ulteriori domande della società ricorrente, come il risarcimento per le spese sostenute per la recinzione e l’inghiaiamento del terreno. Tali richieste sono state giudicate generiche e prive di un’adeguata prova documentale. Infine, è stato confermato l’addebito delle spese legali alla società ricorrente in base al principio della soccombenza, poiché la sua opposizione era stata, in ultima analisi, rigettata.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando la differenza strutturale tra vendita e permuta. Il richiamo alle norme sulla vendita contenuto nell’art. 1553 c.c. è solo residuale. La norma specifica per la permuta offre una tutela diversa e più aderente alla natura dello scambio. Attribuire al permutante evitto il valore contrattuale, che potrebbe essere stato gonfiato o comunque non corrispondente al mercato per varie ragioni, altererebbe l’equilibrio sinallagmatico. La scelta del legislatore è stata quella di ancorare la tutela al dato oggettivo del valore economico effettivo, assicurando così un ristoro equo e commisurato alla perdita subita.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione offre un’importante lezione pratica: chi stipula un contratto di permuta deve essere consapevole che il valore indicato nell’atto non rappresenta una garanzia assoluta in caso di evizione. La tutela reale è legata al valore di mercato effettivo del bene al momento della stipula. Di conseguenza, è fondamentale non solo effettuare una scrupolosa due diligence legale e tecnica sui beni oggetto di scambio per prevenire il rischio di evizione, ma anche avere una chiara e documentata valutazione del loro valore di mercato, che costituirà il vero parametro di riferimento in caso di future controversie.

In caso di evizione in un contratto di permuta, ho diritto al valore indicato nel contratto?
No, secondo la Corte di Cassazione, si ha diritto al “valore” effettivo del bene al momento della stipulazione del contratto, non al prezzo consensualmente pattuito tra le parti.

Qual è la differenza principale tra evizione nella vendita e nella permuta?
Nella vendita, il compratore che subisce l’evizione ha diritto alla restituzione del prezzo che ha pagato. Nella permuta, il permutante evitto può scegliere tra riavere la cosa che ha dato in cambio o ottenere il pagamento del valore effettivo della cosa che ha perso.

Perché il tribunale ha utilizzato una stima tecnica invece del valore concordato dalle parti?
Perché, ai sensi dell’art. 1553 c.c., il credito deve corrispondere al valore effettivo e oggettivo del bene al momento della permuta. Tale valore deve essere accertato tecnicamente per riflettere la reale perdita economica subita, a differenza del valore soggettivo che le parti possono aver indicato nel contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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