Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4107 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4107 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13672-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE e NOME;
– intimati – avverso la SENTENZA N. 2906/2021 della CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA, depositata il 21/4/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 24/9/2024.
FATTI DI CAUSA
1.1. RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE propose reclamo avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa il 6/11/2019 dal Tribunale di Roma su ricorso d ell’ex dipendente NOME COGNOME, titolare di un credito da lavoro di oltre 56.000 euro, accertato con sentenza di primo grado esecutiva, in forza
della quale l’istante aveva inutilmente tentato un pignoramento presso la sede della società.
1.2. A sostegno del reclamo COGNOME, non costituitasi nel procedimento prefallimentare, dedusse: a) la nullità della notifica del ricorso di fallimento, eseguita, mediante consegna a ‘ persona qualificatasi per NOME COGNOME incaricata ‘ , presso lo studio della commercialista dove, con contratto di domiciliazione scaduto nel 2013, essa aveva eletto la propria sede, stante la falsità della dichiarazione della consegnataria, cui non aveva mai conferito alcun incarico, tanto più in quanto non aveva più dipendenti sin dal secondo semestre del 2014; b) il decorso del termine di cui all’art. 10 l. fall. perché, con efficacia dal 2016, si sarebbe dovuto procedere alla sua cancellazione d ‘ ufficio dal registro delle imprese, come stabilito dall ‘ art. 2490 c.c., in ragione del mancato deposito dei bilanci sociali sin dall ‘ anno 2012; c) l ‘ insussistenza dello stato d ‘ insolvenza.
1.3. La Corte d ‘ appello di Roma, con sentenza del 21/4/2021, ha rigettato il reclamo.
1.4. La corte, in particolare, ha ritenuto: a) che l ‘ accertamento, compiuto dall ‘ ufficiale giudiziario, della qualità di incaricata alla ricezione della signora COGNOME, risultava assistito da ‘ efficacia probatoria privilegiata ‘ , con la conseguenza che la reclamante avrebbe potuto provare che la consegnataria dell’atto non rivestiva tale qualità solo proponendo, in sede di reclamo, giudizio incidentale di falso; b) che l ‘ art. 2490 c.c. prevede la cancellazione di diritto di una società in stato di liquidazione che ometta di depositare per tre anni il bilancio finale di liquidazione, mentre la reclamante non era mai stata posta in liquidazione e che, comunque, il termine di cui all’art. 10 l. fall. decorre solo dalla data di iscrizione nel R.I. del provvedimento di cancellazione, nella specie mai
avvenuta; c) che sussisteva lo stato di insolvenza in quanto la reclamante aveva ammesso di essere del tutto inattiva e di trovarsi, quindi, in ‘ uno stato di impotenza non transitoria a soddisfare le proprie obbligazioni’ , come, peraltro, attestato dall ‘ inesistenza di beni presso la sede sociale e dalla mancata indicazione di altri beni su cui i creditori potessero soddisfarsi.
1.5. RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 21/5/2021, ha chiesto, per sei motivi, la cassazione della sentenza.
1.6. Il Fallimento è rimasto intimato al pari di NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2700 c.c., 15 l.fall., 24 e 111 Cost., 107 del d.P.R. n. 1229/1959, 139, 145 c.p.c., anche in relazione agli art. 115 e 116 c.p.c., all ‘ art. 2697 c.c. e agli artt. 2727 e ss. c.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 15 l.fall. e 354 c.p.c., nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 e ss. c.c., anche in relazione agli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c.., per avere la corte d’appello ritenuto che la relata di notificazione facesse fede sino a querela di falso della qualità di addetta al ritiro di colei che aveva ricevuto in consegna il plico, senza considerare che ‘ la relata di notificazione dell ‘ ufficiale giudiziario, giudiziario o, su delega dello stesso, dall ‘ agente postale, fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l ‘ attività svolta dal pubblico ufficiale procedente, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza ed il ricevimento delle dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco ‘ mentre ‘ non sono assistite da pubblica fede tutte le altre attestazioni che non sono frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì di
informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri, sebbene tali attestazioni siano però assistite da presunzione di veridicità che può essere superata solo con la prova contraria’ . COGNOME sostiene, pertanto, che per provare la mancanza di qualità di incaricata al ritiro della persona che ha ricevuto l’atto -e dunque la sua inidoneità a ricevere la notifica -non è necessario proporre giudizio incidentale di falso, ben potendo la prova in questione essere fornita con ogni mezzo e lamenta che la corte d’appello non abbia ammesso la prova testimoniale articolata col reclamo, in cui era stato dedotto che essa aveva cessato ogni attività nel 2013, non aveva più dipendenti dal 2014 e non aveva mai conferito alcun incarico a NOME COGNOME, che neppure aveva mai rivestito alcuna qualifica al suo interno. Assume, peraltro, che tale prova era evincibile anche in via presuntiva, essendo state versate in atti sia la comunicazione della commercialista di avvenuta cessazione del rapporto di domiciliazione nel 2013, sia la visura da cui risultava che nello stesso anno essa aveva anche cessato l’ attività e che, a partire dal secondo semestre del 2014, non aveva più dipendenti .
2.2. Col secondo motivo COGNOME denuncia l’omesso esame dei fatti, a suo avviso decisivi ai fini dell’accertamento della nullità della notificazione, emergenti dai documenti prodotti.
2.3. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati, ma la motivazione resa dalla corte d ‘ appello dev ‘ essere corretta ai sensi dell’art. 3 84 u. comma c.p.c.
2.4. In tema di notificazione, compresa quella del ricorso di fallimento, si applica il principio secondo cui la relazione di notifica fa fede fino a querela di falso soltanto delle operazioni che l ‘ ufficiale giudiziario abbia attestato di aver compiuto e
dell ‘ avvenuta acquisizione delle informazioni che lo stesso abbia riferito di aver assunto, trattandosi di circostanze che costituiscono il frutto della sua diretta attività e percezione, mentre il contenuto intrinseco delle predette informazioni (come quella fornitagli da colui che si dichiara incaricato alla ricezione dell’atto) non è assistito da fede pubblica privilegiata, trattandosi di notizie apprese da terzi, la cui difformità dal vero, pu ò̀ essere dimostrata con ogni mezzo di prova (cfr. Cass. n. 14545 del 2020, n. 21199 del 2021, in motiv., n. 2421 del 2014, in motiv.).
2.5. La corte d ‘ appello ha dunque errato nel ritenere che l’ufficiale giudiziario avesse ‘direttamente’ accertato, con attestazione assistita da efficacia probatoria privilegiata revocabile in dubbio solo mediante la proposizione della querela di falso, la qualità di incaricata alla ricezione della signora COGNOME, in tal modo escludendo implicitamente l ‘ ammissibilità delle prove testimoniali che, come emerge dalla loro riproduzione in ricorso (p. 7 e 8), la reclamante aveva dedotto proprio per confutare la corrispondenza al vero della dichiarazione attestata.
2.6. Resta, nondimeno, il fatto che, trattandosi di error in procedendo, invocato dalla ricorrente quale causa di nullità del procedimento e della sentenza impugnata, questa Corte, chiamata ad operare il relativo accertamento quale giudice anche del relativo fatto processuale mediante l ‘ esame diretto degli atti e indipendentemente dalla motivazione adottata dal giudice di merito (Cass. n. 21199 del 2021, in motiv.; Cass., n. 20716 del 2018; Cass. n. 22952 del 2015; Cass. n. 13683 del 2012), ritiene che la prova contraria, così come richiesta dalla reclamante, per la manifesta genericità dei fatti a tal fine dedotti (e cioè che ‘ COGNOME NOME è sprovvista di qualsivoglia
incarico da parte della società, ivi compreso quello di ricevere notificazioni e, in generale, la corrispondenza ‘ e che ‘ COGNOME NOME è sprovvista di qualsivoglia qualifica nei confronti della società ‘) , sia del tutto inidonea a superare la presunzione di veridicità che assiste l ‘ informazione acquisita in loco dall ‘ ufficiale giudiziario.
2.7. COGNOME, pur deducendo che il contratto di domiciliazione era cessato sin dal 2013, non contesta infatti che la sua sede legale, per come risultante dal R.I., alla data della notifica fosse ancora ubicata presso lo studio della commercialista: ai fini della ritualità della notificazione non era dunque necessario che l’atto venisse consegnato a persona alle dipendenze della ricorrente o da questa espressamente incaricata al ritiro degli atti di cui era destinataria, ma era invece sufficiente che il ritiro venisse effettuato da persona a ciò addetta al l’interno dello studio , dato che questo costituiva anche la sede societaria. Ne consegue che, per smentire la veridicità della dichiarazione di COGNOME, la ricorrente avrebbe dovuto provare che si trattava di persona estranea all’organizzazio ne dello studio, ivi trovatasi casualmente al momento della notificazione dell’istanza di fallimento.
2.8. Resta assorbito il sesto motivo del ricorso, col quale NOME RAGIONE_SOCIALE lamenta in via specifica la mancata ammissione della prova orale articolata.
2.9. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2490 c.c., anche in relazione all ‘ art. 2188 c.c., all ‘ art. 10 l.fall. e all ‘ art. 115 c.p.c., per avere la corte d’appello respinto il secondo motivo del proposto reclamo senza considerare che la sua cancellazione d’ufficio dal R.I., per il mancato deposito per più di un triennio dei bilanci societari, doveva essere disposta con decorrenza
quanto meno dal 2016 o dal 2017, con conseguente decorso del termine annuale previsto dall ‘ art. 10 l.fall..
2.10. Il motivo è infondato.
2.11. Ai fini della decorrenza del termine annuale entro il quale, ai sensi dell ‘ art. 10 l.fall., può essere dichiarato il fallimento di un ‘ impresa svolta in forma societaria, occorre infatti fare esclusivo riferimento alla data della sua cancellazione dal registro delle imprese (anche se operata in via ufficiosa a norma dell ‘ art. 2490 c.c.: Cass. n. 5655 del 2012), che nella specie non è mai stata eseguita, non potendo la società dimostrare il momento anteriore dell ‘ effettiva cessazione dell ‘ attività, né rilevando l ‘ iter procedimentale che, presso il registro, abbia portato, ove disposta, alla cancellazione ed alla individuazione della relativa data (Cass. n. 24549 del 2016).
2.12. Con il quarto motivo, che denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 5 l.fall. anche con riferimento all ‘ art. 10 l.fall., nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 e ss. c.c. e 115 c.p.c., la ricorrente contesta la sussistenza del suo stato di insolvenza, deducendo, per un verso, che la cessazione dell ‘ attività da oltre un anno avrebbe dovuto comportare l ‘ applicazione dell ‘ art. 10 l.fall., e, per altro verso che, contrariamente a quanto affermato dal giudice del reclamo, l’impossibilità per la creditrice istante di procedere a pignoramento era dipesa dalla presenza di beni di terzi presso la s ede sociale e non dall’inesistenza , nello stesso luogo, di suoi beni.
2.13. Questa seconda censura è riproposta con il quinto motivo di ricorso, sotto il profilo dell’ omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.
2.14. Assorbita la questione concernente la dedotta violazione dell ‘ art. 10 l.fall. dal rigetto del terzo motivo, il quarto e il quinto mezzo sono manifestamente infondati. La corte d ‘ appello, infatti, ha accertato, con statuizione rimasta incensurata, che l ‘allora reclamante (non formalmente in liquidazione) si trovava in uno stato di impotenza non transitoria a soddisfare le proprie obbligazioni per l ‘ inesistenza di beni, presso la sede sociale o in altro luogo, sui quali i creditori avrebbero potuto soddisfarsi.
2.15. L ‘ insolvenza, intesa come impotenza strutturale (e non soltanto transitoria) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito a tal fine necessarie (cfr. Cass. n. 7087 del 2022; Cass. n. 32280 del 2022), non può essere, d ‘ altra parte, esclusa, come invece pretende la ricorrente, dalla mera esistenza di beni (asseritamente) costituenti l ‘ attivo del suo patrimonio, quali emergono dai (risalenti) bilanci prodotti in giudizio, ove non sia emerso che la società disponeva della liquidità necessaria per il pagamento dei debiti scaduti, a partire da quello vantato dalla creditrice istante.
In conclusione, il ricorso dev ‘ essere interamente rigettato.
Nulla per le spese processuali in mancanza di attività difensiva degli intimati.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima