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Utili socio fondatore: no contributi INPS, dice la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14043/2025, ha stabilito che gli utili percepiti dal socio fondatore di una società di capitali non rientrano nella base imponibile per i contributi alla Gestione Commercianti. Questa distinzione, valida ai fini fiscali, non si applica al calcolo dei contributi previdenziali. La Corte ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale, confermando che tali redditi, non essendo qualificabili come reddito d’impresa, sono esclusi dal versamento dei contributi.

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Utili Socio Fondatore e Contributi: La Cassazione Mette un Punto Fermo

La questione della natura dei profitti percepiti dai soci di società di capitali è da tempo al centro di dibattiti legali, soprattutto per quanto riguarda gli obblighi contributivi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sugli utili socio fondatore, stabilendo che questi non rientrano nella base imponibile per i contributi dovuti alla Gestione Commercianti. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Pretesa dell’Ente Previdenziale

Il caso ha origine dalla pretesa di un ente previdenziale nei confronti di un socio fondatore di una società a responsabilità limitata (s.r.l.). L’ente sosteneva che i profitti derivanti dalla partecipazione del socio alla società, specificamente legati alla vendita di un immobile di proprietà della stessa, dovessero essere assoggettati a contribuzione previdenziale.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al contribuente, escludendo tale obbligo. Secondo i giudici di merito, i profitti di una società di capitali possono essere inclusi nell’imponibile contributivo solo se qualificabili come ‘redditi d’impresa’. Nel caso specifico, tale qualificazione era stata esclusa. L’ente previdenziale, non soddisfatto, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la gestione degli utili socio fondatore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente, confermando le decisioni dei precedenti gradi di giudizio. Il punto centrale della controversia ruotava attorno all’interpretazione delle norme fiscali e alla loro applicabilità in ambito previdenziale. L’ente previdenziale basava le sue argomentazioni su una norma del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che distingue fiscalmente gli utili del socio fondatore da quelli del socio non fondatore, assimilando i primi a redditi da lavoro autonomo.

Tuttavia, la Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: le qualificazioni fiscali non si trasferiscono automaticamente al diritto previdenziale.

Le Motivazioni: Distinzione tra Fisco e Previdenza

Il cuore della motivazione risiede nella netta separazione tra la disciplina fiscale e quella contributiva. La Corte ha spiegato che la norma fiscale invocata dall’ente (art. 53, comma 2, lettera d, del TUIR) costituisce una fictio iuris, ovvero una finzione giuridica creata per scopi puramente fiscali.

Questa finzione non può modificare la natura intrinseca del reddito ai fini previdenziali. Ai fini contributivi, ciò che conta è se il reddito possa essere classificato come ‘reddito d’impresa’. I redditi di capitale, come gli utili derivanti da una partecipazione societaria che non si accompagna a una prestazione lavorativa, sono esclusi dalla base imponibile.

In altre parole, la qualifica di ‘socio fondatore’ non è sufficiente a trasformare un reddito di capitale in un reddito d’impresa soggetto a contributi. La legge previdenziale richiede che il reddito sia il frutto di un’attività lavorativa che giustifichi l’iscrizione a una gestione obbligatoria (come quella dei commercianti).

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per i soci di società di capitali, in particolare per i soci fondatori. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

1. Separazione degli Ordinamenti: Esiste una chiara distinzione tra la qualificazione di un reddito ai fini fiscali e la sua qualificazione ai fini contributivi.
2. Irrilevanza della Fictio Iuris Fiscale: La classificazione degli utili del socio fondatore come reddito da lavoro autonomo nel TUIR è una finzione che non ha effetto sulla determinazione della base imponibile previdenziale.
3. Natura del Reddito: Per essere soggetto a contribuzione, il reddito deve derivare da un’attività d’impresa. I semplici utili da partecipazione, essendo redditi di capitale, sono esclusi, a meno che non siano collegati a una specifica attività lavorativa all’interno della società.

Gli utili percepiti da un socio fondatore di una s.r.l. sono soggetti a contribuzione per la Gestione Commercianti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, tali utili sono esclusi dalla base imponibile contributiva perché non sono qualificabili come ‘redditi d’impresa’ ai fini previdenziali, ma come ‘redditi di capitale’.

La classificazione fiscale di un reddito ha effetti anche ai fini previdenziali?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che la classificazione di un reddito ai fini fiscali (in questo caso, come ‘reddito da lavoro autonomo’ per il socio fondatore) è una finzione giuridica (fictio iuris) che non incide sulla sua qualificazione ai fini del calcolo dei contributi previdenziali.

Qual è la differenza tra reddito d’impresa e reddito di capitale ai fini dei contributi previdenziali?
Il reddito d’impresa è quello che deriva dall’esercizio di un’attività commerciale ed è incluso nella base imponibile per i contributi. Il reddito di capitale, come gli utili da partecipazione societaria, deriva dal mero possesso di capitale e, di norma, è escluso dalla base imponibile, a meno che non si accompagni a una prestazione di attività lavorativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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