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Usura originaria: conta il patto, non l’erogazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30404/2024, ha respinto il ricorso di un cliente contro una società finanziaria, chiarendo un punto fondamentale in materia di usura originaria. La Corte ha stabilito che, per verificare il superamento del tasso soglia, si deve considerare la data in cui gli interessi sono stati pattuiti e non la data successiva in cui è stata erogata la somma. Qualsiasi contestazione sulla data di stipula deve essere sollevata tempestivamente e non tardivamente nel corso del processo. La decisione conferma anche la validità della “clausola di salvaguardia” che previene l’applicazione di interessi usurari.

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Usura Originaria: La Cassazione Chiarisce il Momento Decisivo del Contratto

Quando si parla di finanziamenti e tassi di interesse, una delle questioni più delicate è quella dell’usura. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su quale sia il momento esatto da considerare per valutare la liceità di un tasso di interesse. La corretta individuazione del momento contrattuale è cruciale per la verifica dell’usura originaria, ovvero quella presente sin dalla stipula del contratto. La Suprema Corte ha ribadito che ciò che conta è la data della pattuizione, non quella, successiva, dell’effettiva erogazione dei fondi.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’opposizione di un cliente a un decreto ingiuntivo ottenuto da una società finanziaria per il recupero del saldo di un prestito non rimborsato. Il cliente sosteneva, tra le altre cose, che il tasso di interesse corrispettivo fosse usurario. La sua tesi si basava su una specifica interpretazione della data di conclusione del contratto: a suo avviso, il contratto si sarebbe perfezionato non alla firma della richiesta di finanziamento, ma alcuni giorni dopo, al momento dell’effettiva erogazione della somma. In quel momento successivo, il tasso soglia anti-usura era leggermente diminuito, rendendo, secondo la sua prospettiva, il tasso applicato illegale.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto questa tesi, ritenendo che la data rilevante fosse quella della firma dell’accordo, data peraltro mai contestata dal cliente fino a uno stadio avanzato del processo.

L’Analisi della Cassazione sull’Usura Originaria

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso del cliente, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della motivazione riguarda proprio la determinazione del momento in cui si verifica la pattuizione degli interessi, fondamentale per l’analisi dell’usura originaria. I giudici hanno chiarito che:

1. Il Momento della Pattuizione è Decisivo: Ai sensi della normativa anti-usura, si considerano usurari gli interessi che superano il limite legale “nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti”. Questo momento coincide con la conclusione dell’accordo contrattuale, non con la successiva fase esecutiva come l’erogazione dei fondi.
2. Irrilevanza dell’Usura Sopravvenuta: L’eventuale superamento del tasso soglia in un momento successivo alla stipula (c.d. usura sopravvenuta) non rende la clausola originaria nulla.
3. Onere di Contestazione Tempestiva: La Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto tardiva l’allegazione del cliente riguardo a una diversa data di conclusione del contratto. Tale fatto doveva essere introdotto e provato sin dall’inizio del giudizio e non dopo il deposito della consulenza tecnica d’ufficio (CTU). Il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) aveva reso pacifica la data di stipula originariamente indicata.

La Questione degli Interessi di Mora e la Clausola di Salvaguardia

Il ricorrente aveva contestato anche la presunta usurarietà degli interessi di mora. Tuttavia, il contratto conteneva una cosiddetta “clausola di salvaguardia”, la quale prevedeva che, qualora il tasso di mora fosse risultato superiore alla soglia, sarebbe stato automaticamente ricondotto al limite massimo consentito dalla legge.
La Cassazione ha ritenuto anche questo motivo inammissibile, evidenziando che la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato come, in virtù di tale clausola, la finanziaria non avesse mai percepito interessi usurari. La clausola aveva, di fatto, sterilizzato ogni potenziale illegittimità. Inoltre, la Corte ha sottolineato che il ricorrente si era qualificato nel contratto come “professionista”, rendendo inapplicabile la disciplina a tutela del consumatore che egli invocava.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, l’usura deve essere valutata con riferimento al momento genetico del rapporto, ovvero quando le parti si accordano sulle condizioni economiche del prestito. Cambiare le carte in tavola a processo inoltrato, introducendo tardivamente fatti nuovi come una diversa data di perfezionamento del contratto, viola le regole processuali e il principio del contraddittorio. In secondo luogo, le clausole di salvaguardia sono ritenute uno strumento valido per garantire la conformità del contratto alla normativa anti-usura, purché effettivamente applicate. Infine, la Corte ribadisce che la qualifica che la parte si attribuisce nel contratto (consumatore o professionista) è determinante per l’applicazione delle relative tutele legali.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Per chi stipula un finanziamento, è cruciale comprendere che la verifica sull’usura va fatta sulla base delle condizioni pattuite al momento della firma. Per gli operatori finanziari, viene confermata la legittimità delle clausole di salvaguardia come strumento di autotutela contrattuale. Dal punto di vista processuale, la decisione è un monito sull’importanza di allegare e provare tutti i fatti rilevanti sin dalle prime fasi del giudizio, poiché le contestazioni tardive sono destinate all’insuccesso. La chiarezza sul momento della pattuizione è, in definitiva, un pilastro per la certezza dei rapporti giuridici nel settore del credito.

Per determinare se un tasso di interesse è usurario, quale data si deve considerare: quella dell’accordo o quella dell’erogazione dei fondi?
Secondo la Corte di Cassazione, la data da considerare è quella in cui gli interessi vengono “promessi o comunque convenuti”, ovvero il momento della pattuizione e della conclusione del contratto, non la data successiva in cui la somma viene materialmente erogata.

Una “clausola di salvaguardia”, che riduce automaticamente il tasso di interesse al limite di legge se questo viene superato, è valida?
Sì, la sentenza conferma la validità ed efficacia di tale clausola. Nel caso specifico, la sua presenza ha fatto sì che non venissero mai applicati interessi superiori alla soglia, rendendo infondata la doglianza del ricorrente.

È possibile contestare la data di conclusione di un contratto per la prima volta solo dopo il deposito di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU)?
No. La Corte ha ritenuto tardiva tale contestazione. I fatti costitutivi della propria pretesa, come la data di perfezionamento del contratto, devono essere allegati e provati tempestivamente all’inizio del giudizio, in rispetto del principio di non contestazione e del corretto svolgimento del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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