Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11120/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, ex lege domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL, EMAIL);
– ricorrente –
Oggetto:
Obbligazioni
–
Locazione finanziaria –
Lease
back
immobiliare.
CC 6.11.2024
Ric. n. 11120/2022
Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio del secondo, INDIRIZZO (pec:EMAIL, EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3297/2021 pubblicata il 15/11/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 novembre 2024 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, in Liquidazione, avverso la sentenza n. 2190/2020 del Tribunale della stessa città che, per quanto ancora qui di rilievo, previa riunione dei separati giudizi proposti dalla Utilizzatrice (RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, la cessionaria RAGIONE_SOCIALE), e dalla Concedente (allora RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata da Mediocredito Italiano RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE e per fusione, ora, in RAGIONE_SOCIALE), rigettava le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE e accoglieva quelle proposte dalla Concedente;
in particolare il Tribunale aveva accertato l’intervenuta risoluzione di diritto in data 26/4/2016 del contratto di lease back immobiliare n. 905861 stipulato tra RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE s.p.a. in data 29/05/2008 (successivamente ceduto alla RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto un immobile sito in Genova, INDIRIZZO (acquistato dalla Concedente e concesso in locazione finanziaria all’Utilizzatrice) , stante il mancato pagamento dei canoni a far data
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dal luglio 2015, con conseguente condanna al rilascio del predetto compendio immobiliare; – aveva ritenuto infondate tutte le domande ed eccezioni proposte dalla RAGIONE_SOCIALE (e nello specifico, quelle volte all’accertamento e declaratoria di usurariet à degli interessi applicati dalla Concedente RAGIONE_SOCIALE ed in particolare, in relazione al contratto finanziario tipo Interest Rate Swap (IRS) stipulato contestualmente a quello di locazione dalla Utilizzatrice con Banca Intesa San Paolo, nonchè all’assenza di alcuna morosità, stante quanto indebitamente versato a titolo di interessi usurari, con domanda di condanna alla restituzione di quanto percepito indebitamente a tale titolo nella misura da determinarsi a mezzo c.t.u. contabile ed infine alla richiesta di risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniali subiti dall’ Utilizzatrice.
Avverso la sentenza della Corte d’a ppello di Milano, la RAGIONE_SOCIALE, in Liquidazione, ha proposto ricorso per cassazione illustrato da sei motivi. Ha resistito con controricorso Intesa Sanpaolo s.p.a..
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis comma 1 c.p.c.
Parte controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘ in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.) ‘ la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c. come modificati dalla legge 7 marzo 1996 n. 108 ‘ , per avere la Corte d’appello di Milano escluso l’onere discendente dal contratto IRS e dalla penale di estinzione anticipata, dal computo delle voci rilevanti ai fini della verifica in materia di usura del contratto di leasing sia nell’ipotesi di non inadempimento sia nell’ipotesi di inadempimento ; in particolare, la ricorrente ribadisce quanto già lamentato in appello, cioè che gli oneri discendenti dal Contratto IRS, in quanto negozialmente
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collegato al contratto di leasing e del costo previsto per i casi di estinzione anticipata del medesimo contratto, non siano stati inclusi nell’esame di verifica dell’usurarietà del leasing ai senso dell’art. 644 c.p..
Con il secondo motivo denuncia ‘ in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. ‘ la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 2729 c.c. ‘ , avendo la Corte d’appello di Milano escluso il collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di IRS, nonostante tale collegamento sia stato espressamente dichiarato e voluto dalle parti e nonostante sussistessero elementi gravi, precisi e concordanti tali da doversi presumere tale collegamento.
Con il terzo motivo denuncia ‘ in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.) ‘ la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c. come modificati dalla legge 7 marzo 1996 n. 108, nonché per violazione e falsa applicazione del d.l. 29.12.2000, n. 394 ‘ avendo la Corte d’appello di Milano svolto valutazioni in materia di usura avuto riguardo a momenti diversi dalla data di stipulazione del contratto di leasing; nello specifico contesta che la Corte d’appello abbia ritenuto i propri assunti ‘astratti e ipotetici’.
Con il quarto motivo denuncia ‘ in relazione all’art. 360 , comma 1, n.3 c.p.c. ‘ la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c. ‘; in particolare, la Corte territoriale con la sentenza impugnata escludendo il superamento del tasso soglia avrebbe inoltre erroneamente escluso la gratuità del contratto di locazione finanziaria de quo .
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminate in quanto connessi, concernendo -sotto profili diversil’asserito superamento del tasso soglia usurario derivante dalle clausole interessi nonché dal collegamento negoziale tra contratto di leasing in esame e contratto di IRS con conseguente pretesa gratuità del contratto, sono inammissibili.
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5.1. Va anzitutto osservato che le articolate censure hanno l’effettiva consistenza di una sollecitazione rivolta a questa Corte in ordine ad un’inammissibile prodromica rivalutazione della ricostruzione della quaestio facti .
Invero, mediante il preteso vizio di violazione degli artt. 644 c.p. e 1815, 1362 e 2729 c.c., il ricorrente propone censure dirette esclusivamente alla rilettura di elementi fattuali ed istruttori, posti dalla Corte d’appello alla base della decisione assunta, senza formulare alcuna critica alla motivazione della sentenza impugnata mostrando, tra l’altro, di non tenere conto della giurisprudenza di questa Corte in ordine al principio secondo il quale, in sede di legittimità, non sono ammissibili i motivi che comportano una non consentita rivisitazione nel merito dei fatti di causa e degli elementi istruttori acquisiti nei precedenti gradi di giudizio; da ciò discende, in particolare, che le numerose censure formulate non possono utilmente essere proposte mediante la mera contrapposizione ad esse di valutazioni diverse, poiché tali contestazioni non riguardano, evidentemente, la valutazione della correttezza delle risultanze istruttorie, bensì il riesame del merito della controversia.
Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, in tema di interessi convenzionali la disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi (e ai costi posti a carico del debitore per il caso di regolare adempimento del contratto) che a quelli moratori (e ai costi posti a carico del medesimo debitore per il caso, e come conseguenza dell’inadempimento), non risultando peraltro consentita sommare il tasso corrispettivo e quello di mora, poiché gli interessi corrispettivi e quelli moratori si fondano su presupposti diversi e antitetici, essendo i primi previsti per il caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto e i secondi per il caso di (e in conseguenza dell’) inadempimento del contratto (cfr. Cass. Sez. U 18/09/2020 n. 19597, Cass Sez. 1, 05/05/2022 n. 14214).
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Sul punto la corte territoriale ha affermato che «da un lato, non può non sottolinearsi come dalla lettura dell’atto di citazione in primo grado e dalle successive memorie ex art. 183 c.p.c. risulti chiaramente che, per sostenere l’usurarietà degli interessi pattuiti nel contratto de quo , RAGIONE_SOCIALE ha proceduto alla sommatoria fra il tasso leasing (5.90%) e il tasso di mora alla data di stipula del contratto (10,65%uguale al tasso soglia-), lamentando e deducendo l’usurarietà del costo effettivo del con tratto di leasing calcolata (sommando i due tassi di interessi) pari al 16,6041% e, quindi, oltre il tasso soglia usura. Pertanto, correttamente il giudice di primo grado ha stigmatizzato la non correttezza di tale operazione.» (pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata).
La corte di merito ha anche verificato, ai fini dell’accertamento della pretesa usura, i prospetti di ipotesi di calcolo posti dalla società appellante a fondamento del gravame, ribadendo che da essi «emerge chiaramente che, per sostenere l’usurarietà degli interessi la parte arriva a sommare tutte le voci a vario titolo indicate in contratto a titolo di interessi (corrispettivi, moratori, incidenza attualizzazione, nonché gli oneri previsti nel contratto IRS) oltre i costi ed accessori derivanti per i casi di estinzione anticipata del contratto.» (pag. 7 della sentenza impugnata).
La c orte d’appello ha esaminato, inoltre, la doglianza formulata dalla società appellante in merito all”onere derivante dalla penale di estinzione anticipata’, escludendo anche per tale verso il preteso superamento del tasso soglia.
In proposito, correttamente la Banca odierna controricorrente ha richiamato gli orientamenti di questa Corte in materia di verifica del superamento del tasso soglia nel mutuo e dedotto l’impossibilità di cumulare, ai fini in esame, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori (pag. 4 della memoria). Difatti, è stato affermato, con pronunciamento che il Collegio ribadisce e fa proprio, che ‘Non sono accomunabili, nella comparazione necessaria alla
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Est. I. Ambrosi verifica delle soglie usuraie voci, del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni (cfr., in tema di commissione di massimo scoperto, Cass., Sez. UUU., 20.06.2018, n. 16303, cui adde Cass., 18.01.2019, n. 1464).
Ne deriva l’impossibilità di cumulare, ai fini in esame, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori; la prima costituisce infatti una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di liberarsi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venir meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio; i secondi, come noto, costituiscono una clausola penale risarcitoria volta a compensare il ritardo nella restituzione del denaro, così da sostituire, incrementati, gli interessi corrispettivi. Proprio la natura di penale per recesso, propria della commissione di estinzione anticipata, comporta che si tratta di voce non computabile ai fini della verifica di non usurarietà.’ (di recente, Cass., Sez. 3, 07/03/2022, n. 7352; in senso conforme Cass. Sez. 1 01/08/2022 n. 23866).
Parte ricorrente non ha invero idoneamente censurato la ratio decidendi della decisione impugnata.
Quanto al dedotto collegamento negoziale tra contratto di leasing in esame e contratto di IRS, la corte di merito ha affermato che «è del tutto sbagliato sommare agli interessi pattuiti per il contratto di leasing gli oneri derivanti dal contratto IRS per sostenere il superamento del tasso soglia stabilito ai fini dell’usurarietà delle clausole contrattuali del leasing», aggiungendo che «quanto al contratto IRS» si tratta di «uno Swap che è, tipicamente, un contratto finalizzato a coprire la componente variabile del tasso concordato, nel caso di specie, nel contratto di leasing (il tasso da contratto si compone del tasso 3 mesi Euribor + spread ); il fine dello Swap per la società debitrice è quello di andare ad
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Est. I. Ambrosi elidere/neutralizzare, gli effetti sull’azienda della variazione dell’Euribor nel tempo, trasformando sostanzialmente il tasso da variabile a fisso» aggiungendo, subito dopo, che «è tecnicamente sbagliato sostenere che il tasso Swap vada ad aggiungersi al tasso di interessi fissato per il leasing, perché quest’ultimo viene in un certo senso sostituito dallo Swap e per calcolare il costo dei due contratti collegati, bisogna al più aggiungere al tasso del derivato, lo Spread se questo si muove in senso sfavorevole al cliente. A ciò si aggiunga che lo Swap può considerarsi ‘collegato’ al contratto di leasing solo nel senso che è stato stipulato per coprire la specifica posizione debitoria da quello derivante, ma rimane del tutto distinto dal contratto da cui nasce il debito; inoltre, nel caso di specie il contratto IRS è stato concluso con soggetto giuridico (Intesa Sanpaolo) differente dalla società concedente il leasing e a questa non formalmente opponibile.» (pag. 8 della sentenza impugnata).
La corte di merito ha infine ritenuto del tutto infondata la pretesa ( reiterata anche in questa sede ) dell ‘allora appellante «di far discendere dal rilievo del superamento della soglia usuraria degli interessi di mora pattuiti la conseguenza della gratuità del contratto e, quindi, della non spettanza alla concedente delle somme alla stessa versate a titolo di interessi corrispettivi e delle quali è chiesta la restituzione. L’assunto di parte appellante è tanto più infondato laddove, si ripete, non ha potu to rilevare l’usurarietà di alcuna clausola singolarmente intesa, ma ha dedotto ‘l’usurarietà del contratto di leasing ‘ nella sua complessità, valutando il ‘costo potenziale promesso in contratto’ » (pag. 11 della sentenza impugnata).
Del tutto inammissibilmente la ricorrente si limita a reiterare la deduzione del mancato riconoscimento della gratuità del contratto, non tenendo invero conto della motivazione della corte d’appello.
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Con il quinto motivo la ricorrente denuncia ‘ in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. ‘ la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1206 e 1220 c.c., avendo la Corte d’appello ritenuto applicabile una maggiorazione rispetto al tasso soglia previsto dalla legge per tenere conto dell’interesse di mora ‘.
6.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.
La corte di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare al riguardo orientamento.
Secondo quanto chiarito da questa Corte, anche a Sezioni Unite, la mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengono comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato”, donde la formula: “T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto” (Cass. Sez. U n. 19597/2020 cit.).
Ebbene di tale principio la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione (pag. 10 della sentenza impugnata).
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia ‘ in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. ‘ la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1206 e 1220 c.c., non avendo la Corte d’appello di Milano dichiarato la mora del creditore o, quantomeno, escluso la mora del debitore; nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 1465 c.c., non avendo dichiarato insussistenti i presupposti di applicabilità della clausola risolutiva espressa invocata dalla banca ‘ ; in particolare, lamenta che la Corte d’appello erroneamente ha
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RAGIONE_SOCIALE. COGNOME affermato che ‘i tentativi di pagamento di canoni tramite addebito su conto corrente non siano andati a buon fine’ , a parere della ricorrente ‘per fatto pacificamente addebitabile alla Banca’ .
7.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Le doglianze concernenti le paventate violazioni degli artt. 1206 e 1220 c.c. sono inammissibili, in quanto in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., la ricorrente non indica debitamente nel ricorso quando le abbia sollevate e in che esatti termini, né argomenta compiutamente in ordine alla dedotta violazione del l’art. 1465 c.c.
Quanto alla pretesa insussistenza dei presupposti di applicabilità della clausola risolutiva espressa invocata dalla Banca va osservato che la corte di merito ha compiutamente e correttamente posto in rilievo come «il fatto che i tentativi di pagamento dei canoni effettuati tramite addebito su conto corrente non siano andati a buon fine, non esonerava la debitrice dall’obbligo di provvedere diversamente al pagamento dei canoni scaduti, con conseguente sussistenza dell’inadempimento dell’obbligo di pagamento su lei gravante e legittimità della scelta della Banca di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 11 delle condizioni generali di contratto», aggiungendo che «La decisione assunta dal giudice di primo grado in punto risoluzione contratto e domanda restitutoria è esente da errori logico e fa corretto uso dei principi vigenti in materia, con conseguente sua conferma. » (pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro
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10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione