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Usucapione tra coeredi: la Cassazione chiarisce

Un coerede ottiene la proprietà di un immobile ereditario per usucapione, dimostrando un possesso esclusivo e continuato per decenni. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21135/2024, ha respinto il ricorso degli altri eredi, i quali sostenevano si trattasse di mera tolleranza dovuta ai legami familiari. La Corte ha stabilito che la lunga durata del possesso e i lavori di miglioria sull’immobile sono prove decisive che escludono la tolleranza, confermando così l’avvenuta usucapione tra coeredi.

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Usucapione tra coeredi: quando il possesso esclude la tolleranza

L’usucapione tra coeredi rappresenta una delle questioni più complesse nell’ambito del diritto successorio e immobiliare. Può un erede diventare proprietario esclusivo di un bene facente parte dell’asse ereditario, escludendo gli altri? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 21135 del 29 luglio 2024, torna su questo tema, fornendo chiarimenti cruciali sulla distinzione tra possesso valido ai fini dell’usucapione e mera tolleranza derivante dai vincoli familiari. Il caso analizzato dimostra come un possesso prolungato e manifestato con atti concreti possa prevalere sui diritti degli altri coeredi.

I Fatti: una lunga controversia ereditaria

La vicenda giudiziaria ha origine nel 2006, quando un erede cita in giudizio i suoi parenti (anch’essi coeredi) per chiedere al Tribunale di accertare il suo acquisto per usucapione di un immobile facente parte del patrimonio del comune genitore defunto. Oltre all’usucapione, l’attore chiedeva la divisione del restante patrimonio ereditario.

I coeredi convenuti si opponevano alla domanda di usucapione, pur non contestando la necessità di procedere alla divisione. Il Tribunale, con una sentenza parziale, accoglieva la domanda di usucapione. Successivamente, con una sentenza definitiva, procedeva allo scioglimento della comunione ereditaria sui beni rimanenti.

Gli eredi soccombenti proponevano appello, ma la Corte territoriale confermava le decisioni di primo grado. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione cruciale dell’usucapione tra coeredi

Il cuore della controversia risiede nella difficoltà di dimostrare un possesso uti dominus (cioè, ‘come se fosse il proprietario’) su un bene in comproprietà con altri familiari. Gli altri eredi sostenevano che l’utilizzo dell’immobile da parte del parente fosse frutto di semplice tolleranza, un atteggiamento comune nei contesti familiari, e quindi non idoneo a far maturare l’usucapione.

I ricorrenti lamentavano un’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. A loro avviso, non era stata data adeguata considerazione né alla documentazione prodotta né alle testimonianze, che avrebbero dovuto essere interpretate alla luce del rapporto di parentela.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i motivi proposti.

Il possesso esclusivo vince sulla tolleranza

La Corte ha ribadito che, per vincere la presunzione di tolleranza nei rapporti familiari, è necessario fornire la prova di un possesso esclusivo, inconciliabile con il godimento altrui. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato le testimonianze che confermavano come il coerede avesse posseduto l’immobile in modo esclusivo fin dal 1984. Egli non si era limitato a utilizzare il bene, ma vi aveva eseguito importanti lavori per renderlo abitabile, vivendoci stabilmente con la propria famiglia. Secondo la Cassazione, un’attività sul bene di tale durata (oltre vent’anni) e intensità non può essere considerata transitoria o di modesta entità, caratteristiche tipiche degli atti di tolleranza.

L’effetto della riserva di impugnazione sulla divisione

Un secondo motivo di ricorso riguardava un aspetto procedurale. I ricorrenti sostenevano che il Tribunale non avrebbe potuto procedere alla divisione escludendo l’immobile usucapito, poiché la sentenza parziale che accertava l’usucapione non era ancora passata in giudicato, essendo stata oggetto di una ‘riserva di impugnazione’. La Corte ha respinto anche questa censura, chiarendo che la riserva di impugnazione non ha l’effetto di paralizzare il giudizio. Il giudice può e deve proseguire la causa, decidendo le questioni rimanenti sulla base delle sue precedenti statuizioni, anche se non definitive. Ragionare diversamente, secondo la Corte, creerebbe un ‘cortocircuito logico’ in cui la riserva di appello avrebbe lo stesso effetto di un’impugnazione accolta.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha sottolineato che la valutazione delle prove (documenti e testimonianze) è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o inesistente, cosa che non è avvenuta nel caso in esame. La Corte di Appello aveva fornito una motivazione adeguata, spiegando perché le prove raccolte dimostravano un possesso esclusivo e non una mera tolleranza. Per l’usucapione tra coeredi, non è necessario un atto formale di interversione del possesso, ma è sufficiente un comportamento durevole che manifesti in modo inequivocabile l’intenzione di possedere il bene per sé, in modo incompatibile con il diritto degli altri.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, conferma che l’usucapione tra coeredi è una strada percorribile, ma richiede una prova rigorosa del possesso esclusivo. Il semplice legame di parentela non è sufficiente a qualificare ogni utilizzo come tolleranza, specialmente di fronte a un possesso che si protrae per decenni e si manifesta con interventi significativi sul bene. In secondo luogo, chiarisce un importante aspetto processuale: la scelta di riservare l’impugnazione di una sentenza parziale non ferma il processo, che prosegue verso la sua conclusione sulla base delle decisioni già assunte.

È possibile per un erede usucapire un bene che fa parte dell’eredità?
Sì, è possibile. Un coerede può acquistare per usucapione la proprietà esclusiva di un bene ereditario se dimostra di averlo posseduto in modo continuato e ininterrotto per il tempo previsto dalla legge, comportandosi come unico proprietario in modo inconciliabile con i diritti degli altri coeredi.

Il legame di parentela impedisce l’usucapione?
No, il legame di parentela non impedisce l’usucapione, ma può rendere più difficile la prova. Spesso, l’uso di un bene da parte di un familiare è considerato un atto di ‘tolleranza’. Tuttavia, come chiarito dalla Corte, se il possesso è prolungato per molti anni e si manifesta con atti significativi (come ristrutturazioni), si può superare la presunzione di tolleranza e dimostrare un possesso valido per l’usucapione.

Cosa significa ‘riserva di impugnazione’ e che effetti ha sul processo?
La ‘riserva di impugnazione’ è uno strumento processuale che permette a una parte di posticipare l’impugnazione di una sentenza non definitiva, per proporla insieme all’impugnazione della sentenza finale. Tuttavia, come stabilito dalla Corte, questa riserva non blocca il proseguimento del giudizio sulle questioni rimanenti. Il giudice può quindi decidere la causa basandosi sulla sua sentenza parziale, anche se non è ancora passata in giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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