Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 445 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 445 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24174/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOMEINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso
dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE -controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3455/2018 depositata il 23/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2023 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME NOME e NOME avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria del padre NOME.
COGNOME NOME, NOME e NOME si costituirono per resistere alla domanda e COGNOME NOME, in via riconvenzionale, chiese accertarsi l’usucapione del podere oggetto della domanda di divisione.
La domanda riconvenzionale venne rigettata in entrambi i gradi di merito.
La Corte d’appello di Roma rigettò il motivo d’appello con il quale COGNOME NOME aveva chiesto dichiararsi la nullità del procedimento per non essere stato seguito lo speciale procedimento camerale previsto dalla L. n.1078 del 1940, trattandosi di bene assegnato all’Opera Nazionale per i Combattenti. La Corte di merito ritenne che il vincolo di indivisibilità previsto dalla L. 1078 del 1940 era stato modificato dalla L. n.191 del 1992, che prevede un limite temporale di trenta anni; ritenne inammissibile il motivo d’appello con cui era stato censurato il rigetto della domanda di usucapione, rilevando che non erano impugnate le due rationes decidendi poste a fondamento della domanda, e segnatamente la sua genericità e l’assenza di
riproposizione delle istanze istruttorie da parte del convenuto in via riconvenzionale.
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso COGNOME NOME sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con distinti controricorsi.
Gli eredi di NOME COGNOME deceduto nelle more del giudizio di cassazione, hanno depositato memoria di costituzione.
COGNOME NOME non ha svolto attività difensiva
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, COGNOME NOME e gi eredi di NOME COGNOME hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6 e 7 L.1078/40, in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., perché la Corte d’appello avrebbe dovuto rilevare, anche d’ufficio, la nullità del procedimento che si era svolto secondo il rito ordinario e non secondo le norme previste dal rito speciale.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost, art.6 CEDU, art.7 L. n.1078/40 e art.70, comma 1, n.5 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per violazione del principio del contraddittorio in quanto il procedimento, secondo il rito speciale, avrebbe dovuto
svolgersi con la partecipazione necessaria del Pubblico Ministero e dell’Ispettore Provinciale dell’Agricoltura competente.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art.1 L.191/92 perché la Corte d’appello avrebbe affermato, con motivazione apparente ed incomprensibile, che la Legge n. 191 del 1992 avrebbe soppresso il vincolo perpetuo di indivisibilità riducendolo a trenta anni.
I motivi, che vanno trattati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
L’art.1 della L. n.1078 del 1940, che prevede il divieto di frazionamento per atti inter vivos o mortis causa delle unità poderali costituite in comprensori di bonifica, assegnate in proprietà a contadini diretti coltivatori, è stato modificato dall’art.1 della L. 19.2.1992, n.191, che così recita ‘ Il divieto di frazionamento delle unità poderali dell’art.1 della Legge n.1078 del 1940 ha durata trentennale dalla prima assegnazione’.
Nel caso di specie, risulta dallo stesso ricorso che la compravendita del fondo oggetto di causa era avvenuta in data 13.6.1972 con atto per notar COGNOME sicché, per effetto della Legge n.191 del 1992, il fondo poteva essere oggetto di divisione essendo trascorsi più di trent’anni dal suo acquisto.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.115 c.p.c., 116 c.p.c. e 245 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. perché la Corte d’appello non avrebbe ammesso le prove orali articolate in comparsa di costituzione sebbene non vi fosse stata rinuncia in quanto all’udienza di precisazione delle conclusioni il difensore aveva potuto reiterarle per
rinuncia al mandato ed il nuovo difensore le aveva proposte con la memoria di replica.
Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui le prove non riproposte all’udienza di precisazione delle conclusioni si intendono rinunciate, essendo consolidato il principio secondo cui la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, poiché, diversamente, le stesse dovranno ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in appello (Cassazione civile sez. III, 14/10/2008, n.25157).
In ogni caso, come correttamente osservato dalla Corte d’appello, la prova per testi, oltre che inammissibile, era anche generica in quanto i capitoli di prova erano volti a provare il godimento del podere da parte di COGNOME NOME, che si è manifestato con la coltivazione del fondo, la realizzazione di opere e le migliorie laddove, ai fini dell’usucapione del bene comune, è richiesta la prova dell’esclusività del possesso.
La decisione è conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale il coerede che dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi quando il coerede goda del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.
A tale riguardo non è univocamente significativo che egli abbia utilizzato ed amministrato il bene ereditario e che i coeredi si siano
astenuti dall’uso della cosa comune , sussistendo la presunzione iuris tantum che abbia agito nella qualità e operato anche nell’interesse anche degli altri coeredi ( Cassazione civile sez. II, 08/04/2021, n.9359; Cassazione civile sez. II, 16/01/2019, n.966; Cass. 4.5.2018, n.10734;Cass. 25.3.2009, n.7221).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore degli eredi di NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4500, 00 per compensi , ed in € 4000,00 in favore di COGNOME NOME, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge in favore di ciascun controricorrente , con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 19 ottobre 2023.
Il Presidente
NOME COGNOME