Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7910/2021 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1010/2020 della CORTE di APPELLO di SALERNO, depositata il 14/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME proprietaria di un fondo agricolo sito in Scafati, INDIRIZZO in catasto al foglio 16, particella 1478, confinante con altro fondo agricolo di proprietà di NOME COGNOME convenne quest’ultima innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore per sentirla condannare all’arretramento del fabbricato costruito sul confine in violazione delle distanze, per come stabilite dal piano regolatore in vigore alla data della citazione (10 metri) o del previgente programma di fabbricazione (6 metri), nonché al risarcimento dei danni.
1.1. La convenuta si costituì in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea. Per quel che qui ancora rileva, eccepì, in particolar modo, l’usucapione ventennale del diritto di mantenere il fabbricato ad una distanza inferiore dal confine con la proprietà dell’attrice, come provato dalla richiesta di condono e dalla successiva concessione edilizia in sanatoria, da cui emergeva che l’edificio era stato realizzato nell’anno 1977.
1.2. Il Tribunale rigettò la domanda principale, ritenendo provata l’eccezione di usucapione.
Su appello proposto dall’Aquino, la Corte di Salerno riformò la sentenza di primo grado e condannò la convenuta ad arretrare il fabbricato di mt 6 dal confine con la proprietà dell’attrice, nonché al risarcimento dei danni.
I Giudici di secondo grado ritennero che non fosse possibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza non legale dal confine, stante la inderogabilità delle norme di ordine pubblico poste dalla disciplina urbanistico-edilizia locale.
La sentenza di secondo grado fu cassata (sentenza n. 24014/2014). I Giudici di legittimità accolsero il primo motivo del
ricorso proposto dalla COGNOME, affermando che <>.
Riassunto il giudizio da NOME COGNOME la Corte del rinvio rigettò la domanda di quest’ultima e compensò le spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
Questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza, per quel che qui possa rilevare:
la dichiarazione resa in sede di condono era idonea a provare che il manufatto fosse stato effettivamente realizzato nel 1977, a fronte di una contestazione tardiva da parte della ricorrente sul punto (svolta solamente in sede di comparsa conclusionale e di memoria di replica), nonché della circostanza che la domanda di condono aveva dato impulso ad un procedimento amministrativo conclusosi con il rilascio della concessione in sanatoria, nonché dell’ <> ;
-al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado (9/12/1999), pertanto, era già maturato il termine ventennale per l’acquisto a titolo di usucapione del diritto di servitù a mantenere il fabbricato ad una distanza dal confine inferiore rispetto a quella prescritta dallo strumento urbanistico.
NOME COGNOME propone ricorso fondato su cinque motivi. Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Entrambe le parti hanno depositato memorie. Occorre specificare, per quel che appresso si dirà, che per la controricorrente la memoria proviene dall’avvocato NOME
COGNOME la quale si è costituita con apposita procura a margine dell’atto.
6. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza della Corte salernitana per violazione dell’art. 190 cod. proc. civ., assumendo che la contestazione dell’efficacia probatoria della dichiarazione unilaterale e della sanatoria non costituiva domanda o eccezione nuova, bensì semplice argomento difensivo, come tale non soggetto ad alcuna preclusione.
6.1. Il motivo è infondato.
L’epoca della costruzione costituiva circostanza decisiva, che l’odierna ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente contestare, così da consentire alla controparte di difendersi sul punto, anche articolando mezzi di prova. Invece, una tal contestazione venne effettuata solo in sede di comparsa conclusionale, così impedendo alla controparte a istruttoria oramai esaurita.
Sul punto è bastevole richiamare la condivisa decisione di questa Corte, con la quale si è affermato che L’art 190, comma 2, c.p.c., prescrivendo che le comparse conclusionali devono contenere le sole conclusioni già precisate dinanzi al giudice istruttore e il compiuto svolgimento delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano, mira ad assicurare che non sia alterato, nella fase decisionale del procedimento, in pregiudizio dei diritti di difesa della controparte, l’ambito obiettivo della controversia, quale precisato nella fase istruttoria. Tale norma non impedisce, perciò, che l’attore, senza apportare alcuna aggiunta o modifica alle conclusioni precisate in precedenza, e, soprattutto, senza addurre nuovi fatti, esponga, nella comparsa conclusionale, una nuova ragione giustificativa della domanda rivolta al giudice adito, basata su fatti in precedenza accertati o su acquisizioni processuali mai
oggetto di contestazione tra le parti (Sez. 1, n. 11547, 02/05/2019, Rv. 653741).
Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 115, 116 e 190 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., nonché dell’art. 2 d.P.R. n. 445/2000, avendo la Corte d’appello errato nel considerare che la dichiarazione resa dalla parte nella domanda di condono ex lege n. 47/1985 valesse a comprovare che il manufatto fosse stato effettivamente realizzato nell’anno 1977.
Ciò si sarebbe posto in contrasto con l’art. 2 del d.P.R. n. 445/2000, come interpretato costantemente dalla Corte di cassazione, <>.
Inoltre, contrariamente a quanto affermato nella sentenza gravata, la ricorrente aveva contestato l’efficacia probatoria della suddetta dichiarazione; tale contestazione, come asserito anche col motivo che precede, non poteva considerarsi tardiva, in quanto compresa nell’esercizio del diritto di difesa e consistente nella valutazione di una circostanza che si assume costituire prova idonea nel processo.
7.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità poiché non attinge compiutamente la ‘ratio decidendi’.
Questa Corte ha affermato che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, così come l’autocertificazione in genere, ha attitudine certificativa e probatoria solo nei rapporti con la P.A. e non in sede giurisdizionale nelle liti tra privati (fra le tante, Sez. 3, n. 4556, 26/02/2014, Rv. 630129).
Tuttavia, nel caso in esame il Giudice del merito ha formato il proprio convincimento in ordine all’epoca di costruzione
dell’immobile sulla base del principio di non contestazione, del fatto che <> e, infine dell’assenza di emergenze processuali di segno contrario.
Con la terza doglianza si censura la sentenza impugnata per <>, avendo la Corte d’appello errato nel considerare quale elemento probatorio utile a sostenere l’eccezione di usucapione, il fatto che la domanda di condono avrebbe dato impulso al procedimento amministrativo poi conclusosi con il rilascio della concessione in sanatoria n. 21/90.
Questa la sintesi delle mosse critiche:
-l’art. 31 della Legge n. 47/1985 richiedeva che la costruzione abusiva fosse stata realizzata entro il 31/10/1983, dunque gli eventuali accertamenti della p.a. avrebbero potuto riguardare quest’ultima circostanza e non la data di effettiva ultimazione del manufatto, come tale irrilevante;
alcuna verifica era stato effettuato da parte del Comune o dai consulenti circa la data di effettiva ultimazione dei lavori della costruzione nel 1977, né ciò risultava dagli atti.
la Corte avrebbe dovuto negare valenza probatoria alla citata dichiarazione, e, quindi, rigettare l’eccezione di usucapione,
mancando la prova dell’effettivo inizio del periodo ventennale di cui all’art. 1158 cod. civ.
8.1. Anche questo motivo è inammissibile e in parte smentito dalla sconfessione dei precedenti (assorbimento improprio).
A parte quel che s’è detto a riguardo dei primi due motivi va precisato che la doglianza in esame pone asserto ipotetico non rilevante. A tutto concedere, per vero, al fine che qui importa non assume valore dirimente l’epoca di completamento dei lavori, bensì quella in cui l’opera, nella sua struttura essenziale appariva pubblicamente tale da contrastare il diritto del vicino al rispetto delle distanze legali. È da quel momento, infatti, che quest’ultimo nel ventennio di legge deve far valere il proprio diritto (conf. Cass. nn. 12733/2024, 11052/2016).
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., nonché degli artt. 115 e 132 n. 4 cod. proc. civ., avendo la Corte d’appello ritenuto erroneamente che la prova di costruzione nell’anno 1977 potesse desumersi anche dalla assenza di emergenze processuali di segno contrario.
9.1. Il motivo è inammissibile in quanto privo di forza effettivamente avversativa, non attingendo la pluralità di argomenti valorizzati dalla Corte di Salerno.
Inconsistente deve ritenersi il richiamo agli artt. 115 e 116, in quanto una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove
legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., da ultimo, Sez. 6-1, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299).
L’evocazione, infine, della regola sull’onere probatorio perciò solo non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito manifesti la prospettata violazione di legge, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la conclusione nel senso auspicato dal ricorrente, evenienza che qui niente affatto ricorre, richiedendosi, in definitiva, che la Corte di legittimità, sostituendosi inammissibilmente alla Corte d’appello, faccia luogo a nuovo vaglio probatorio, di talché, nella sostanza, peraltro neppure efficacemente dissimulata, la doglianza investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile. La critica, in sostanza, presuppone che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito sia tale da integrare il rivendicato inquadramento normativo, e che, quindi, ancora una volta, l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, risulti tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 11775/019, 6806/019).
10. Con il quinto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. <>, in quanto la Corte salernitana aveva rigettato la domanda di <>.
10.1. Il motivo è palesemente inammissibile in quanto ripropone l’istanza di giustizia della parte senza minimamente confrontarsi con le ragioni che hanno indotto la sentenza impugnata a disattenderla.
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore del controricorrente.
11.1. Avuto riguardo alle attività svolte nulla spetta alla controricorrente per la memoria. L’avvocato NOME COGNOME come anticipato, rappresenta in giudizio la parte in forza di procura speciale nulla, in quanto apposta a margine di atto non ricompreso fra quelli tassativamente previsti dall’art. 83, co. 3, cod. proc. civ., al tempo vigente, prima della riforma operata con l’art. 45, co. 9, lett. a, l. n. 69, 18/6/2009, la quale si applica per le cause instaurate dopo la sua entrata in vigore, nel mentre qui la citazione di primo grado risale al 1999.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 maggio