Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4053 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19006/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO (c/o studio legale RAGIONE_SOCIALE), presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso,
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in PARTINICO INDIRIZZO), INDIRIZZO DOM DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO
COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrenti-
nonchè contro
LO BIONDO VINCENZA e LO COGNOME NOME,
-intimate- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO PALERMO n.776/2022 depositata il 10.5.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.1.2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 20.2.2004 i fratelli COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME, proprietari per successione al padre COGNOME NOME, di un appezzamento di terreno in INDIRIZZO del Comune di Partinico (PA), convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Partinico, COGNOME NOME, proprietario di un confinante terreno di circa quattro ettari con un’azienda vitivinicola, che esercitava il passaggio carrabile attraverso la stradella esistente sui loro terreni per raggiungere il suo fondo dalla strada INDIRIZZO, asseritamente per benevola concessione di COGNOME NOME, venuta meno per la morte di quest’ultimo, per fare accertare la libertà da pesi del loro appezzamento di terreno ed interdire il transito sullo stesso del COGNOME.
Si costituiva in primo grado COGNOME NOME, che contestava le avverse domande, sostenendo che aveva sempre esercitato il passaggio sia a piedi che con mezzi meccanici sulla stradella,
costituente l’unico accesso al suo terreno fin da quando lo aveva acquistato nel 1977; che nell’ottobre 1999 gli attori avevano già tentato di estrometterlo dall’esercizio della servitù, sostituendo il lucchetto apposto al cancello di accesso alla stradella dalla strada INDIRIZZO ed arando la parte terminale della stradella sterrata in prossimità del suo terreno, ma egli aveva vittoriosamente agito in giudizio contro i germani COGNOME, ottenendo la reintegrazione nel possesso del passaggio pedonale e carrabile sulla stradella, definitivamente confermata in suo favore con la sentenza del Tribunale di Palermo del 17.4.2002, passata in giudicato. In via riconvenzionale COGNOME NOME chiedeva il riconoscimento, a favore del suo terreno, della servitù di passaggio pedonale e carrabile sulla stradella nel tratto della proprietà dei germani COGNOME che partiva dal cancello sulla strada vicinale INDIRIZZO fino ad arrivare al suo terreno.
Con sentenza n. 234/2008 del 28.6/2.12.2008 il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Partinico, accoglieva l’ actio negatoria servitutis dei germani COGNOME e rigettava la riconvenzionale di usucapione di COGNOME NOME.
Essendo quest’ultimo deceduto, i fratelli COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME e COGNOME NOME, quali suoi eredi, proponevano appello avverso la sentenza di primo grado, mentre i germani COGNOME ne chiedevano il rigetto.
La Corte d’Appello di Palermo con la sentenza n. 1071/2015 del 14.4/2.7.2015, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva l’ actio negatoria servitutis dei germani COGNOME, e dichiarava l’avvenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio sulla stradella a favore del terreno degli eredi COGNOME, condannando i germani COGNOME alle spese del doppio grado.
Su ricorso dei germani COGNOME la Corte di Cassazione con l’ordinanza n.7004/2017 cassava la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n.1071/2015, in accoglimento del primo e del terzo motivo
(proposti rispettivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), relativi al requisito dell’apparenza della servitù di passaggio, rinviando alla Corte panormita anche per le spese del giudizio di legittimità.
La Suprema Corte riteneva quei motivi manifestamente fondati, richiamando la sua giurisprudenza consolidata, secondo la quale ” il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (art. 1061 c.c.), si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile; ne consegue che non è al riguardo sufficiente l’esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, essenziale viceversa essendo che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante, e, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù ” (Cass. n. 13238 del 31.5.2010; Cass. n. 2994 del 17.2.2004) ed osservando che la Corte territoriale non aveva motivato in ordine alla sussistenza, sulla stradella che attraversava il fondo degli attori, di quel necessario ” quid pluris ” (cancello di ingresso, apertura o altri segni materiali e visibili) rivelante in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente.
Riassunto il giudizio davanti alla Corte d’Appello di Palermo dai germani COGNOME, che chiedevano il rigetto dell’appello proposto dagli eredi COGNOME contro la sentenza di primo grado, contrastati dagli eredi COGNOME, che riproponevano la riconvenzionale di usucapione della servitù di passaggio formulando anche ulteriori richieste istruttorie, la Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n.776/2022 del 5/10.5.2022, rigettava l’ actio negatoria servitutis
dei germani COGNOME, dichiarava l’acquisto per usucapione, a favore delle particelle 455, 190, 685, 454 e 189 del foglio 5 del NCT del Comune di Partinico degli eredi COGNOME, del diritto di servitù di passaggio sulla stradella, che partendo dalla strada vicinale INDIRIZZO attraversava i terreni riportati nel foglio 6, particelle 537, 607, 718, 536, 606, 924, 922, 920, 921 e 918 del NCT del Comune di Partinico di proprietà dei germani COGNOME, che condannava al pagamento in favore degli eredi COGNOME delle spese processuali del giudizio di primo grado e del giudizio di rinvio, compensando invece le spese del precedente giudizio di appello e del primo giudizio di legittimità.
Avverso tale ultima sentenza, notificata il 23.5.2022, hanno proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato agli eredi COGNOME il 19.7.2022, i germani COGNOME, affidandosi a quattro motivi, e resistono COGNOME NOME, NOME e NOME con controricorso notificato il 26.9.2022, mentre sono rimasti intimati COGNOME NOME e COGNOME NOME.
In data 27.2.2023 il AVV_NOTAIO NOME COGNOME ha formulato proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c. per inammissibilità, o comunque manifesta infondatezza del ricorso, comunicata alle parti in pari data, ed il 6/7.4.2023 l’AVV_NOTAIO, munito di procura speciale per i germani COGNOME, ha chiesto la decisione della causa ex art. 380 bis comma 2° c.p.c.
La causa è stata quindi trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 25.1.2024, senza che le parti abbiano depositato memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.
1061 cod. civ. per avere la Corte territoriale dichiarato l’usucapione della servitù di passaggio in assenza del requisito dell’apparenza.
I ricorrenti lamentano, riportando testualmente uno stralcio di motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 1071/2015 del 14.4/2.7.2015, anziché della sentenza impugnata, che la Corte territoriale abbia basato la motivazione dell’accoglimento della domanda di usucapione della servitù di passaggio sull’accertata esistenza della stradella nell’ambito di un giudizio possessorio distinto dal presente giudizio, e sull’esercizio del possesso del passaggio da parte del dante causa degli eredi COGNOME, COGNOME NOME, senza accertare se i requisiti della visibilità, permanenza e specifica destinazione della stradella rivelanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, e necessari ai fini della sussistenza del requisito dell’apparenza ai sensi dell’art. 1061 cod. civ., che doveva sussistere fin dall’inizio del possesso, esistessero già al principio del ventennio utile per l’usucapione. Si dolgono ulteriormente i ricorrenti che la sentenza impugnata, in un quadro probatorio che non aveva minimamente evidenziato il requisito dell’apparenza della servitù -in quanto non era stato dimostrato il tracciato lungo il quale il possesso del passaggio sarebbe stato esercitato, la sua specifica destinazione al solo fine del raggiungimento attraverso il preteso fondo servente del preteso fondo dominante, né la visibilità del percorso -abbia accolto l’avversa domanda di usucapione della servitù di passaggio, in contrasto con la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte sulla necessaria sussistenza di un quid pluris rispetto al tracciato della strada, che dimostri la specifica destinazione del percorso all’esercizio della servitù.
Il primo motivo è inammissibile, anzitutto perché individua ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. il fatto che non sarebbe stato considerato nella asserita mancanza dell’apparenza della servitù di passaggio, sulla quale al contrario si è prevalentemente
concentrata la motivazione della sentenza impugnata, emessa in sede di rinvio, chiamata appunto dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 1071/2015 a rivalutare le risultanze istruttorie per verificare se sussistesse il requisito dell’apparenza dell’art. 1061 cod. civ., indispensabile ai fini dell’usucapione della servitù di passaggio, e se sussistesse un quid pluris rispetto alla strada che dimostrasse la specifica destinazione del percorso all’esercizio della servitù.
Anche nell’ipotesi in cui il primo motivo di ricorso fosse inteso come sostanzialmente, anche se non formalmente, volto a far valere un error in iudicando ex art. 360 comma primo n. 3) c.p.c. per violazione della nozione di apparenza dettata dall’art. 1061 cod. civ. secondo l’interpretazione consolidata che era stata richiamata nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.7004/2017, che ha disposto il rinvio, il motivo risulterebbe inammissibile ex art. 366 comma primo n. 4) c.p.c., in quanto i germani COGNOME non hanno riportato nel ricorso le specifiche affermazioni contenute nell’impugnata sentenza in relazione alle quali sarebbe ipotizzabile una violazione, o falsa applicazione dell’art. 1061 cod. civ..
Ed invero lo stralcio di motivazione ripresa tra virgolette alla pagina 13 del ricorso, dal rigo 2 al rigo 13, è tratto dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 1071/2015, che è già stata cassata dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7004/2017, e non dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 776/2022 del 5/10.5.2022 impugnata in questa sede, della quale non è stata affatto riportata la parte di motivazione con cui si è ritenuto sussistente il requisito dell’apparenza della servitù indispensabile ai fini della riconosciuta usucapione della servitù di passaggio. A fronte della mancata individuazione delle motivazioni dell’impugnata sentenza nelle quali si è ritenuto dimostrato il requisito dell’apparenza della servitù, e quindi della mancata riferibilità specifica della lamentata violazione dell’art. 1061 cod.
civ. alla sentenza impugnata, questa Corte non è messa in condizione di verificare il fondamento della denunciata violazione di legge senza doversi sostituire ai ricorrenti nell’onere di individuare, attraverso una non consentita ricerca officiosa, i passaggi motivazionali contrastanti con l’invocata nozione di apparenza della servitù di passaggio (vedi sull’inammissibilità ex art. 366 comma primo n. 4 c.p.c. del ricorso per il vizio dell’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. quando il ricorrente non individui le specifiche motivazioni della sentenza impugnata che sarebbero in contrasto con la corretta interpretazione della norma di legge che si assume violata Cass. 12.7.2023 n. 19822; Cass. n.18998/2021; Cass. sez. un. 12.7.2023 n. 19822; Cass. n. 1108/2006; Cass. 28.10.2002 n. 15177; Cass. 1.8.2001 n. 10475; Cass. 18.1.2001 n. 721; Cass. 27.4.2001 n. 6123).
L’impugnata sentenza ha, in ogni caso, desunto il requisito dell’apparenza della servitù di passaggio e del quid pluris rispetto al mero tracciato della stradella da una serie di elementi:
) l’esistenza di un cancello all’imbocco sulla strada vicinale Principe della stradella sterrata che conduce al terreno degli eredi COGNOME, chiuso con un lucchetto le cui chiavi erano nel possesso di COGNOME NOME e non per mera tolleranza o concessione di COGNOME NOME, dante causa dei ricorrenti (non provate dai germani COGNOME);
) la testimonianza di NOME COGNOME, che ha riferito che la stradella in questione era stata prolungata almeno a partire dal 1999 fino al fondo di COGNOME NOME;
) il fatto che i germani COGNOME nell’atto di citazione di primo grado non avevano sostenuto che, a parte la stradella in terra battuta, il terreno del Lo COGNOME fosse raggiungibile con mezzi meccanici attraverso percorsi alternativi rispetto alla stradella oggetto di causa;
) il fatto che l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 6/7.6.2000, che aveva ordinato agli eredi COGNOME di reintegrare COGNOME NOME nel possesso del passaggio in questione, dopo che essi nell’ottobre 1999 avevano sostituito il lucchetto del cancello posto all’imbocco della stradella sulla INDIRIZZO ed arato la parte terminale della stradella, aveva affermato che il COGNOME si era sempre servito dell’unico passaggio carrabile esistente per il suo fondo, rappresentato dalla stradella;
) la consulenza tecnica degli eredi COGNOME, corredata da mappe catastali, che evidenziava che la stradella in questione costituiva almeno dal 1978 l’unico accesso al fondo di COGNOME NOME;
) il fatto che sul terreno di quattro ettari del Lo COGNOME esistesse un’azienda agricola vitivinicola di grandi dimensioni, risultante dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 1071/2015 e confermato dalla testimonianza di COGNOME;
) l’esistenza del cancello con lucchetto all’imbocco della stradella dalla strada vicinale Principe dalla fine degli anni ’70 dello scorso secolo, emergente dalla testimonianza di COGNOME NOME;
) la circostanza che i germani COGNOME nell’atto di citazione avessero ammesso che sul loro fondo si snodava una stradella che permetteva a COGNOME NOME di raggiungere il proprio fondo, per un’asserita, e poi non dimostrata, concessione del loro padre, COGNOME NOME;
) il fatto che già nell’ordinanza di reintegrazione nel possesso di COGNOME NOME emessa dal Tribunale di Palermo nel 2000 fosse stato affermato che all’epoca il COGNOME esercitava il passaggio sulla stradella da oltre venti anni;
) il fatto che un esercizio del passaggio così prolungato sulla stradella da parte del COGNOME, non poteva essere indicativo di una mera occasionalità, o transitorietà, né poteva essere giustificato dalla mera tolleranza di COGNOME NOME.
Da questo coacervo di elementi probatori l’impugnata sentenza ha desunto, con motivazione logica e coerente, che la stradella sterrata oggetto di causa costituiva in modo evidente un peso gravante sul terreno di COGNOME NOME, e poi per successione dei germani COGNOME, a favore del terreno di COGNOME NOME, e poi per successione dei suoi eredi, sul quale la stradella medesima terminava, terreno quest’ultimo altrimenti non accessibile.
Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1061 e 1158 cod. civ., per avere l’impugnata sentenza dichiarato l’usucapione della servitù di passaggio sulla stradella in questione a favore del terreno di proprietà degli eredi COGNOME in assenza di un possesso continuato ventennale.
Anche il secondo motivo di ricorso é inammissibile ex art. 366 comma primo n.4) c.p.c., in quanto i ricorrenti, pur lamentando un error in iudicando per l’asserita violazione degli articoli 1061 e 1158 cod. civ., non riportano le motivazioni dell’impugnata sentenza che non sarebbero conformi a tali disposizioni normative, per cui questa Corte non è messa in condizione di verificare il fondamento della denunciata violazione di legge senza doversi sostituire ai ricorrenti nell’onere di individuare, attraverso una non consentita ricerca officiosa, i passaggi motivazionali contrastanti con le norme di legge delle quali si lamenta la violazione.
Pure in questo caso i ricorrenti alla pagina 15, righi da 8 a 9, hanno riportato testualmente uno stralcio di motivazione che non è tratto dalla sentenza in questa sede impugnata, ma dalla sentenza n.1071/2015 della Corte d’Appello di Palermo, che è già stata cassata con rinvio dalla Suprema Corte con l’ordinanza n.
7004/2017, laddove l’impugnata sentenza, ha fondato l’accoglimento della domanda degli eredi COGNOME di usucapione della servitù di passaggio sulla stradella in questione, sull’accertamento di un possesso del passaggio da oltre venti anni contenuto già nell’ordinanza di reintegrazione nel possesso emessa dal Tribunale di Palermo il 6/7.6.2000 a favore di COGNOME NOME (vedi pagine 11 e 12 della motivazione), in tal modo valorizzando le testimonianze rese nel giudizio possessorio, conclusosi prima dell’inizio in primo grado di questo giudizio, nonché sul fatto che la stradella almeno dal 1978 costituiva l’unico accesso al fondo dei COGNOME, e sul fatto che i germani COGNOME avevano ammesso l’esercizio del passaggio sulla stradella da parte di COGNOME NOME, giustificandolo però in base ad una concessione amichevole da parte del loro dante causa, COGNOME NOME, rimasta indimostrata.
Per il resto il motivo si risolve in una censura alla valutazione delle prove compiuta dall’impugnata sentenza, pretendendosi di attribuire maggiore peso alle testimonianze acquisite nel giudizio petitorio rispetto a quello possessorio e di ottenere dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, una nuova ricostruzione dei fatti attraverso una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.
Occorre però ricordare che sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. ord. n. 21187 dell’8.8.2019; Cass. n. 1554 del 28.1.2004), e si deve osservare ulteriormente che non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, in quanto tale profilo è esterno all’esatta interpretazione della norma
e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. ord. n. 640 del 14.1.2019; Cass. ord. n.3340 del 5.2.2019) se non nei limiti della deducibilità del vizio di motivazione (Cass. ord. n. 24155 del 13.10.2017).
Col terzo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, individuandolo nel principio dell’apparenza, previsto dall’art. 1061 cod. civ. per dichiararsi l’usucapione della servitù di passaggio.
Si dolgono i ricorrenti del fatto che l’impugnata sentenza avrebbe omesso di esaminare la presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate all’esercizio della servitù di passaggio e rivelanti in modo univoco l’esistenza di un peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si trattava di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere stabile.
Tale motivo è inammissibile perché non viene individuato un preciso accadimento, o una circostanza in senso storico -naturalistico che non sarebbero stati considerati (vedi sulla necessità di individuare ai fini della doglianza ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. un fatto decisivo con queste caratteristiche e non una questione, un’argomentazione, o una prova Cass. ord. 26.1.2022 n. 2268) ai fini della decisione, e peraltro, come sopra si è visto, l’impugnata sentenza ha dedicato la gran parte della sua motivazione proprio alla dimostrazione della sussistenza del requisito dell’apparenza della servitù, tenendo conto della presenza della strada sterrata avente inizio dal cancello sulla INDIRIZZO, chiuso da un lucchetto del quale COGNOME NOME aveva le chiavi, e terminante sul solo terreno di proprietà di quest’ultimo sul quale insiste un’azienda vitivinicola, per cui non è neppure sostenibile che il profilo dell’apparenza o meno della
servitù di passaggio non sia stato considerato nell’impugnata sentenza.
Col quarto motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., assumendo che l’impugnata sentenza in conseguenza degli errori in cui sarebbe incorsa, denunciati coi precedenti tre motivi, sarebbe addivenuta a condannare i germani COGNOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado e del giudizio di rinvio, mentre se avesse deciso secondo diritto, quelle spese sarebbero state poste a carico degli eredi Lo COGNOME.
L’ultimo motivo è a sua volta inammissibile, in quanto i ricorrenti si limitano a contestare la statuizione sulle spese adottata dal giudice di rinvio in relazione al differente esito della lite conseguente all’auspicato, e non verificatosi, accoglimento del ricorso, e non per un’errata attribuzione del carico delle spese rispetto alla soccombenza verificatasi nel giudizio di rinvio.
Si tratta di un “non motivo” e, comunque, pur a volerlo ritenere un vero e proprio motivo di ricorso, esso è inammissibile, atteso che, in realtà, con lo stesso si censura la regolamentazione delle spese non con riferimento all’esito del giudizio di rinvio, nel quale tale regolamentazione trova il suo fondamento, ma in relazione ad un’ipotizzata e sperata cassazione della sentenza impugnata che, oltre tutto, travolgerebbe la pronuncia sulle spese, laddove, peraltro, detta sentenza non risulta, per quanto sopra evidenziato, censurata con esito positivo (Cass. ord. 26.1.2022 n. 2268; Cass. 15.5.2019 n.11813; Cass. ord. 15.11.2017 n. 26959; Cass. 31.5.2017 n. 13716; Cass. 30.6.2015 n. 13314).
Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360 -bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria
d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348 -bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
In base al principio della soccombenza i ricorrenti vanno condannati in solido al pagamento in favore di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, e poiché sono state confermate le ragioni che erano state poste a sostegno della proposta di definizione anticipata in base alla previsione dell’art. 380 bis ultimo comma c.p.c., i ricorrenti vanno altresì condannati in solido al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. (vedi sulla configurabilità di un abuso del processo valutato sussistente dal legislatore in caso di conformità della decisione alla proposta di definizione anticipata Cass. sez. un. 22.9.2023 n. 27195) in favore di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, liquidati in € 1.500,00, ed al pagamento ex art. 96 4° comma c.p.c. in favore della cassa delle ammende della somma di € 1.000,00.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico delle ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e li condanna in solido al pagamento in favore di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME
NOME delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per spese ed € 2.500,00 per compensi, oltre IVA, C.A. e rimborso spese generali del 15%, al pagamento in favore degli stessi della somma equitativamente determinata di €1.500,00 ed al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 1.000,00. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 25.1.2024