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Usucapione: la divisione ereditaria interrompe i termini

Una coppia rivendicava l’usucapione di un fondo agricolo posseduto per decenni. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che un precedente giudizio di divisione ereditaria aveva interrotto i termini necessari per l’usucapione. Inoltre, è stato accertato che il possesso non era esclusivo, ma esercitato in ‘compossesso’ con altri familiari, elemento che osta all’acquisto della proprietà.

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Usucapione e Compossesso: Quando la Divisione Ereditaria Ferma Tutto

L’usucapione è un istituto giuridico che permette di diventare proprietari di un bene altrui attraverso il possesso prolungato nel tempo. Ma cosa succede se, durante questo periodo, viene intentata una causa di divisione ereditaria da un altro coerede? E se il possesso non è esclusivo ma condiviso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questi aspetti cruciali, delineando i confini tra possesso utile all’acquisto e semplice godimento condiviso.

I Fatti del Caso: Una Complessa Vicenda Familiare

La vicenda trae origine da una disputa familiare sulla proprietà di un podere agricolo, originariamente assegnato negli anni ’50 a un capofamiglia con patto di riservato dominio da parte di un ente di colonizzazione. Dopo la sua morte, due dei suoi figli, insieme alla moglie di uno di essi, hanno continuato a gestire l’azienda agricola, vivendo e lavorando su quei terreni. Ritenendo di averne avuto il possesso esclusivo e ininterrotto per oltre vent’anni, hanno avviato una causa per ottenere il riconoscimento dell’avvenuta usucapione.

Tuttavia, la situazione era più complessa. Altri eredi, tra cui un altro fratello, contestavano tale esclusività, sostenendo di aver partecipato, seppur in misura minore, alla vita e alle decisioni relative al podere. A complicare ulteriormente il quadro, nel 1993 la seconda moglie del defunto capofamiglia aveva avviato un giudizio di divisione ereditaria proprio su quei beni.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Cassazione

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda di usucapione, ritenendo che il giudizio di divisione del 1993 avesse interrotto il termine ventennale necessario. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza, aveva confermato il rigetto della domanda principale. Secondo i giudici di secondo grado, non solo l’azione di divisione aveva avuto efficacia interruttiva, ma soprattutto il possesso dei ricorrenti non era mai stato esclusivo, bensì un “compossesso” esercitato insieme ad altri familiari, in particolare un fratello.

I soccombenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata valutazione della portata interruttiva dell’azione di divisione e un’erronea interpretazione delle prove sul carattere esclusivo del loro possesso.

La Decisione della Corte sull’Usucapione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello e fornendo chiarimenti fondamentali su due punti centrali in materia di usucapione.

L’Efficacia Interruttiva della Domanda di Divisione

Il primo motivo di ricorso si concentrava sull’idea che il giudizio di divisione del 1993 non potesse interrompere l’usucapione. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando un principio consolidato: un atto di citazione che introduce un giudizio di divisione è un atto volto alla conservazione del patrimonio ereditario. Come tale, è pienamente idoneo a interrompere il corso dell’usucapione, poiché manifesta la volontà di un coerede di far valere il proprio diritto sul bene, negando l’esclusività del possesso altrui. L’effetto interruttivo, precisa la Corte, si protrae per tutta la durata del giudizio.

Il Compossesso come Ostacolo all’Usucapione Esclusiva

Il cuore della decisione risiede nel secondo punto: la mancanza di un possesso esclusivo. La Corte ha sottolineato che, per usucapire un bene, non è sufficiente goderne per lungo tempo, ma è necessario possederlo uti dominus, cioè come se se ne fosse il proprietario esclusivo, escludendo chiunque altro. Nel caso di specie, le prove testimoniali avevano dimostrato che anche un altro fratello partecipava alla gestione del fondo e che la prima moglie dell’assegnatario originario aveva continuato a viverci fino alla sua morte. Questa situazione configura un “compossesso”, ovvero un possesso esercitato congiuntamente da più soggetti, che per sua natura impedisce a uno solo di essi di usucapire l’intero bene.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su due pilastri giuridici. In primo luogo, l’azione di divisione giudiziale è qualificata come un atto che, manifestando la volontà di ottenere la propria quota di un bene, è incompatibile con la pretesa di possesso esclusivo da parte di un altro coerede e, di conseguenza, interrompe la prescrizione acquisitiva. In secondo luogo, il requisito fondamentale per l’usucapione è l’esclusività del possesso. La coesistenza di più possessori (compossesso) esclude in radice che uno di essi possa acquistare la proprietà dell’intero bene, a meno che non compia un atto di “interversione del possesso”, manifestando in modo inequivocabile la volontà di escludere gli altri dal godimento del bene, cosa che nel caso di specie non è stata provata.

Le Conclusioni

La decisione offre importanti implicazioni pratiche. Chi intende far valere l’usucapione su un bene caduto in eredità deve essere consapevole che qualsiasi azione giudiziaria intrapresa da un altro coerede per la divisione di quel bene interromperà i termini. Inoltre, è fondamentale dimostrare non solo un possesso continuato, ma anche un possesso esclusivo e inequivocabile, che si manifesti con atti che neghino il diritto degli altri eredi. La semplice gestione di fatto o la coltivazione di un fondo, se tollerata o condivisa con altri familiari, non è sufficiente a integrare i requisiti per l’acquisto della proprietà per usucapione.

Un’azione giudiziale di divisione ereditaria può interrompere i termini per l’usucapione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che un’azione per la divisione giudiziale dei beni ereditari è un atto idoneo a interrompere il decorso del tempo necessario per l’usucapione, poiché manifesta la volontà di far valere un diritto sul bene, negando l’esclusività del possesso altrui. L’interruzione dura per tutto il corso del giudizio.

Perché la richiesta di usucapione è stata respinta nonostante un possesso duraturo del bene?
La richiesta è stata respinta perché il possesso non era esclusivo. Dalle prove è emerso che altri familiari, in particolare un fratello, esercitavano anch’essi il possesso sul bene (c.d. compossesso). Per l’usucapione è necessario un possesso esclusivo, esercitato con l’intenzione di considerarsi l’unico proprietario, cosa che in questo caso mancava.

È possibile usucapire solo una quota indivisa di un immobile?
Sì, la giurisprudenza, come richiamato anche in questa ordinanza, ammette la possibilità di usucapire la quota di un immobile. Infatti, la Corte d’Appello aveva riconosciuto l’usucapione di una quota indivisa di una porzione di fabbricato a favore di uno dei ricorrenti, in quanto discendente del possessore originario, e questa parte della decisione non è stata oggetto di censura efficace in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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