Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26996 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26996 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30442/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende, -ricorrenti- contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
nonchè contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.5722/2021 depositata il 24.8.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.9.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (la COGNOME e la COGNOME quali eredi di COGNOME NOME), NOME COGNOME, NOME, NOME (le tre NOME in quanto eredi di COGNOME NOME, seconda moglie di COGNOME NOME deceduta nel 2009), NOME NOME, COGNOME NOME e NOME (i tre NOME eredi di NOME), per sentir dichiarare l’intervenuto acquisto in loro favore, per usucapione ultraventennale, di alcune proprietà facenti parte di un podere contraddistinto col n. 201 in Rignano Flaminio, località Campomaggiore, composto da 16 ettari di terreni (particelle 15, 16, 19, 26, 27, 28, 29, 113, 141, 282, 283 della partita 1334, foglio 14) e da un fabbricato rurale (particella 132 e 142 del foglio 14, in realtà facenti parte del podere 202, ma scambiate per errore, in sede di assegnazione, con le particelle 18 e 130 del foglio 14, facenti parte del podere 201 ma immesse nel possesso di COGNOME NOME, assegnatario del podere 202).
Gli attori sostenevano di avere posseduto tali terreni e porzioni di fabbricato rurale uti domini dal 1966, dopo che essi erano stati oggetto di assegnazione e vendita con patto di riservato dominio, a
rogito del notaio NOME COGNOME dell’8.10.1953, a favore del padre, NOME Libero NOME, da parte dell’Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco-Laziale e del Territorio del Fucino (per brevità Ente Maremma), e dopo che l’assegnatario, nel 1961, si era allontanato dal podere, separandosi poi dalla moglie, NOMECOGNOME (che era rimasta a vivere nel fabbricato rurale fino alla morte intervenuta nel 1994) insieme ai figli COGNOME (sposatosi nel 1964 con NOME, che avevano condotto l’azienda agricola), NOME e NOME, i quali ultimi due erano rimasti a vivere nel podere fino al 1974, mentre NOME, divorziatosi dalla prima moglie, aveva sposato in seconde nozze NOME
Si costituiva in giudizio COGNOME NOMECOGNOME che chiedeva il rigetto della domanda di usucapione degli attori, la correzione dell’errore commesso in sede di assegnazione dei poderi 200 e 201 in caso di accordo delle eredi di COGNOME NOME ed in difetto l’usucapione delle particelle 132 e 142 del foglio 14 a favore di tutti gli eredi di COGNOME Libero NOMECOGNOME e spiegava domanda riconvenzionale di divisione giudiziale dei beni controversi.
Si costituivano altresì COGNOME NOME e COGNOME NOME, le quali formulavano domanda riconvenzionale volta a ottenere la dichiarazione dell’acquisto del diritto di proprietà, per intervenuta usucapione, della porzione di fabbricato rurale e del fondo da loro posseduti a seguito dello scambio intervenuto in sede di assegnazione dei poderi 201 e 202 (particelle 8 e 130 del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio), quest’ultimo assegnato a COGNOME NOME e NOME.
Nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. gli originari attori, in conseguenza della riconvenzionale di divisione di COGNOME NOME, chiedevano di accertare le addizioni ed i miglioramenti da loro apportati ai beni originariamente assegnati al padre, e la
condanna dei convenuti al pagamento delle indennità loro spettanti per la gestione di affari altrui ex art. 2028 cod. civ..
Si costituivano, infine tardivamente, le figlie di NOME, NOME, NOME e NOMECOGNOME che eccepivano la nullità degli atti processuali posti in essere in violazione del principio del contraddittorio, nonché il loro difetto di legittimazione passiva.
Con la sentenza definitiva parziale n. 1212/2015, il Tribunale di Tivoli (dopo la soppressione della sezione distaccata di Castelnuovo di Porto) rigettava le richieste di usucapione formulate dagli originari attori, in quanto riteneva che si fosse formato un giudicato implicito negativo sull’usucapione invocata da NOME COGNOME a seguito del passaggio in giudicato della sentenza n.1078/2009 della Corte d’Appello di Roma, relativa al giudizio di divisione che era stato promosso nel 1993 da COGNOME NOME, seconda moglie di COGNOME Libero NOME, nei confronti della prima moglie, NOMECOGNOME e dei figli del predetto, COGNOME e NOME e dei NOME, eredi per rappresentazione della figlia premorta, COGNOME NOME, per la divisione dei beni che componevano il podere 201, domanda che era stata respinta in secondo grado perché alla morte di COGNOME Libero NOME (8.8.1990) il suddetto podere era ancora gravato dal vincolo di riservato dominio, e quindi non poteva ricomprendersi nella successione del predetto.
La sentenza di primo grado, inoltre, considerava l’atto introduttivo di quel giudizio di divisione volto anche a fare conseguire la quota ereditaria a Polino NOME, come atto interruttivo della prescrizione acquisitiva invocata da NOME COGNOME per tutta la durata di quel giudizio (e quindi dal 1993 fino al 2009), e respingeva nel merito la domanda di usucapione di NOME pur considerando la di lei estraneità alla suddetta causa di interruzione della prescrizione acquisitiva.
Sempre con la sentenza di primo grado venivano dichiarate inammissibili le domande conseguenziali avanzate dagli originari attori nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. (addizioni, miglioramenti, gestione di affare altrui), venivano compensate le spese tra le parti costituite e dichiarate irripetibili nei confronti dei contumaci, e veniva rimessa la causa sul ruolo previa separazione in ordine alle domande riconvenzionali di COGNOME NOME e COGNOME–COGNOME con ordinanza in pari data, che dichiarava la nullità di tutta l’attività istruttoria svolta nel corso del procedimento su quelle domande riconvenzionali per difetto di contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME NOME e NOMECOGNOME concedendo per esse i termini dell’art. 183 c.p.c..
Gli originari attori interponevano appello principale avverso la predetta sentenza definitiva parziale. Resistevano al gravame, impugnando a loro volta la pronuncia di prime cure, con appello incidentale, COGNOME NOME, e con separato atto, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Riformando parzialmente la pronuncia impugnata, con la sentenza n. 5722/2021 del 2.5/24.8.2021, la Corte d’Appello di Roma dichiarava l’intervenuto acquisto per usucapione in favore delle COGNOME della proprietà della porzione di fabbricato rurale con annessa corte che erano state per errore di fatto assegnate ai loro danti causa benché non ricomprese nel podere 202 (particelle 18 e 130 del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio), dichiarava l’intervenuto acquisto per usucapione da parte del solo NOME COGNOME per la sua quota indivisa, quale discendente di NOME NOME NOME, della proprietà di una porzione di fabbricato rurale con corte annessa (particelle 132 e 142 del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio), che non era stata oggetto del giudizio di divisione a suo tempo promosso dalla seconda moglie di NOME NOME NOME e che per errore era
stata oggetto di scambio in sede di assegnazione dei poderi 201 e 202.
La sentenza di secondo grado rigettava, per il resto, l’appello principale di NOME COGNOME e NOMECOGNOME in quanto, pur dovendosi escludere il giudicato implicito ritenuto in primo grado e valendo l’efficacia interruttiva della prescrizione del giudizio di divisione solo per NOME COGNOME e per gli immobili ricompresi nel podere 201, l’usucapione non poteva essere maturata neppure in favore di NOME fino alla scadenza del ventennio dall’assegnazione del podere 201, ossia fino al 1983, e non vi era stato un possesso esclusivo degli originari attori per via del compossesso di COGNOME NOME, e rigettava l’appello incidentale di quest’ultimo sulle spese processuali, dichiarando compensate le spese del giudizio di secondo grado.
Avverso tale sentenza COGNOME e NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro censure, e COGNOME NOME ha resistito con controricorso, mentre NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, NOME e NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimasti intimati.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata ex art. 380bis c.p.c. per inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso, ed i difensori di COGNOME e NOME Rosa hanno depositato tempestiva istanza di decisione ex art. 380bis, comma 2°, c.p.c., a seguito della quale è stata fissata udienza in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che a seguito della decisione di questa Corte resa a sezioni unite (Cass. sez. un. 10.4.2024 n. 9611), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380-bis c.p.c., al Collegio che
definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 c.p.c..
Col primo motivo, rubricato violazione di legge -violazione art. 360 comma 1 punto 3 -violazione o falsa applicazione di norme di diritto -artt. 2945, 2943, 1165 cod. civ. -sull’atto interruttivo dell’usucapione giudizio di divisione ereditaria anno 1993 NOME COGNOME i ricorrenti lamentano che il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto che l’atto introduttivo del giudizio di divisione intentato nel 1993 da COGNOME NOME -moglie in seconde nozze di NOME, padre dei germani COGNOME NOME e NOME -avesse interrotto il decorso del termine ad usucapionem ancorché l’attrice avesse chiesto solo la divisione dei beni facenti parte del podere 201 a suo tempo assegnato a COGNOME Libero NOME, e non l’assegnazione della quota di sua spettanza, e benché detto giudizio si fosse concluso col rigetto della domanda di divisione della COGNOME, in quanto all’apertura della successione di COGNOME Libero NOME, nel 1990, il podere 201 risultava ancora gravato dal vincolo di riservato dominio dell’Ente Maremma, e non era quindi ancora entrato nel patrimonio del de cuius.
Il primo motivo è infondato, in quanto l’atto di citazione introduttivo di un giudizio di divisione, quale quello introdotto da COGNOME NOME contro la prima moglie ed i figli (o loro eredi) di NOME NOME NOME, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, essendo volto alla conservazione del patrimonio ereditario, è idoneo ad interrompere il corso dell’usucapione (vedi in tal senso Cass. 1.4.2025 n. 8519; Cass. n. 5037/2011; Cass. n. 2326/1990), e peraltro nel caso specifico la COGNOME non aveva chiesto solo la divisione del fabbricato rurale e dei terreni facenti parte del podere 201 al predetto venduto con patto di riservato dominio dall’Ente Maremma nel 1953, ma anche
l’assegnazione in natura della quota di sua spettanza, atto giudiziale diretto ad ottenere ope iudicis il possesso dei beni destinati a comporre la quota di pertinenza, che certamente rientrava tra quelli dotati di efficacia interruttiva della prescrizione per tutta la durata del giudizio in base al combinato disposto degli articoli 2943 e 2945 comma 2° cod. civ. anche secondo la giurisprudenza più risalente di questa Corte (vedi in tal senso con specifico riferimento ad atto di citazione per divisione con assegnazione di quota Cass. 30.4.2019 n. 11476; nonché con riferimento agli atti di citazione comunque volti ad acquisire il possesso dei beni contro l’usucapiente Cass. 25.7.2011 n. 16234). La circostanza poi che la domanda di divisione giudiziale di COGNOME NOME sia stata respinta perché al momento dell’apertura della successione dell’assegnatario del podere 201, COGNOME Libero NOME, nel 1990, il podere stesso era ancora gravato dal vincolo di riservato dominio a favore dell’Ente Maremma, venuto poi meno nel 2008, dopo la fine del giudizio di divisione promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, e non era quindi ancora entrato nel patrimonio del defunto per la mancata verificazione della condizione sospensiva alla quale era subordinata la vendita con patto di riservato dominio del 1953, non intacca la qualificazione, come interruttivo della prescrizione acquisitiva di COGNOME e NOME COGNOME relativa ai beni che componevano quel podere (tra i quali non erano ricomprese le due particelle oggetto di scambio fra gli assegnatari dei poderi per le quali la domanda di usucapione è stata accolta per COGNOME COGNOME), dell’atto introduttivo del stesso, che evidentemente prescinde dall’esito della causa, rilevando solo come manifestazione della volontà dell’attrice di acquisire tramite il giudice il possesso
giudizio per tutta la durata dello dei beni oggetto dell’altrui pretesa di usucapione.
Attraverso la seconda doglianza, rubricata violazione di legge -violazione art. 360 comma 1 punti 3, 4 e 5 -nullità della
sentenza -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti -artt. 1158 e 2697 cod. civ., artt. 115 e 116 c.p.c. -sui mezzi istruttori, in particolare sulla denuncia di successione del sig. NOME COGNOME e violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., i ricorrenti censurano la pronuncia gravata, per essere la Corte capitolina incorsa in un errore percettivo nell’esame dei mezzi istruttori raccolti, e per non avere considerato che COGNOME NOME, in sede di interrogatorio formale, aveva confessato di non avere le chiavi della casa e che gli originari attori non avevano mai pagato nessuno per rimanere nel podere 201, per cui non vi era alcuna prova di un suo compossesso e vi era una prova legale che la Corte distrettuale non poteva disattendere, in relazione alla domanda di usucapione di NOME COGNOME e NOMECOGNOME
Il motivo è inammissibile, in quanto ipotizza un errore percettivo da parte della Corte distrettuale, che darebbe luogo a revocazione, ma in realtà lamenta la valutazione delle risultanze probatorie compiuta dalla sentenza impugnata.
Essa ha negato il possesso esclusivo di NOME COGNOME e della moglie NOME sui terreni e sul fabbricato rurale che facevano parte del podere 201, originariamente venduto con patto di riservato dominio nel 1953 a COGNOME COGNOME NOME dall’Ente Maremma, perché pur essendosi l’assegnatario pacificamente allontanato dal podere già nei primi anni ’60 del novecento, con conseguente esclusione di una riconducibilità del possesso a successione ereditaria, perché nel fabbricato rurale è rimasta insieme a loro a vivere la prima moglie dell’assegnatario, NOME COGNOME fino alla morte avvenuta nel 1994, e dalle testimonianze raccolte è emerso che della gestione dell’azienda agricola si è occupato principalmente NOME COGNOME ed in misura minore ma per il rapporto di coniugio sua moglie, NOMECOGNOME
ma che vi ha partecipato, anche se in misura minore, pure COGNOME NOME, che pur vivendo altrove, si è opposto alla realizzazione di un pozzo. La sentenza impugnata ha poi confermato, a pagina 5, che fino a che i beni immobili inclusi nel podere 201 venduto con patto di riservato dominio dall’Ente Maremma a COGNOME NOME NOME non sono stati alienabili a terzi da parte di quest’ultimo per la persistenza del vincolo del riservato dominio, ossia fino al 2008, non potevano neppure essere usucapiti.
A tale articolata lettura delle risultanze istruttorie i ricorrenti vorrebbero contrapporre una propria alternativa lettura delle prove e dei fatti, che riconosca in capo ad essi il possesso esclusivo del podere, ma non tengono conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi nella contrapposizione di un apprezzamento alternativo del fatto e delle prove, rispetto a quella prescelta dal giudice di merito dell’esercizio del libero convincimento, al fine di ottenere una nuova pronuncia sul fatto estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (vedi in tal senso Cass. sez. un. 25.10.2013 n. 24148). Per giurisprudenza consolidata di questa Corte ‘ l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione
adottata’ (vedi ex multis Cass. ord. 4.7.2017 n. 16467; Cass. 2.8.2016 n. 16056; Cass. sez. lav. 13.6.2014 n. 13485; Cass. 23.5.2014 n. 11511).
Per il resto, il Giudice di secondo grado non ha fatto propria un’errata nozione di usucapione, né erroneamente attribuito a una parte, anziché ad un’altra, l’onere probatorio . Piuttosto, e ben diversamente, la parte ricorrente invoca inammissibilmente una rivalutazione delle prove.
Va poi ricordato che una violazione dell’art. 116 c.p.c. non può porsi per un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (vedi in tal senso ex multis Cass. ord. 20.10.2023 n. 29232; Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n.13960).
Quanto alla circostanza che non sia stato considerato che COGNOME NOME, in sede di interrogatorio formale, aveva confessato che non aveva il possesso delle chiavi del fabbricato rurale e che gli originari attori non avevano mai pagato alcuno per rimanere nel podere 201, deve rilevarsi che non si tratta di circostanza decisiva, in quanto la Corte distrettuale ha desunto la mancanza del possesso esclusivo degli attori da un coacervo di altri elementi, indicativi sia del godimento del fabbricato rurale da parte della prima moglie dell’assegnatario fino alla sua morte nel 1994, sia dell’esercizio di un compossesso sul podere da parte dello stesso COGNOME NOME.
Va poi ricordato che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che
per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (vedi in tal senso ex multis Cass. ord. 24.7.2024 n. 20525; Cass. sez. un. 30.9.2020 n. 20867), mentre nel motivo come articolato la censura non è costruita secondo tale paradigma.
Col terzo motivo, rubricato violazione di legge -violazione art. 360 comma 1 punto 4 -nullità della sentenza -artt. 99, 112 e 132 c.p.c. -principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato , e violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. , si lamenta che la Corte di merito, riconoscendo l’usucapione per la quota indivisa, quale discendente di NOME Libero NOME della proprietà di una porzione di fabbricato rurale con corte annessa, sita in Rignano Flaminio, località Campomaggiore (particelle 132 e 142 del foglio 14 del NCT) a favore del solo NOME COGNOME avrebbe violato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato dell’art. 112 c.p.c., in quanto gli originari attori mai avevano invocato l’usucapione di una quota indivisa sulla base della successione a COGNOME NOME NOMECOGNOME avendo iniziato il giudizio di usucapione dopo il passaggio in giudicato della sentenza della Corte d’Appello di Roma del 2009 , che aveva respinto la domanda di divisione del podere avanzata dalla seconda moglie dell’assegnatario COGNOME Libero NOME, COGNOME NOME, perché all’epoca della morte dell’assegnatario era ancora gravato dal vincolo di riservato dominio, e le particelle suddette a causa dello scambio avvenuto per errore in sede di assegnazione tra i poderi 201 e 202, erano intestate a NOME e NOME quest’ultima madre di NOME e non
facevano parte dei beni per i quali era stata respinta la domanda di divisione di COGNOME NOME
Con la quarta censura, rubricata violazione di legge -violazione art. 360 comma 1 punto 5 -sull’omessa motivazione omesso esame di un fatto decisivo -artt. 112 e 132 c.p.c. -impossibilità di trascrivere la sentenza , i ricorrenti denunciano che il Giudice di seconde cure avrebbe statuito sull’usucapione per quota indivisa di cui al motivo precedente a favore di NOME COGNOME quale discendente di COGNOME NOME NOME, omettendo di argomentare in ordine agli elementi in fatto e in diritto che hanno condotto a tale pronuncia. Inoltre, si lamenta che, non essendo stati individuati gli altri eredi o soggetti legittimati all’usucapione e le relative quote, la cancelleria della Corte territoriale non aveva potuto provvedere alla trascrizione della sentenza nei registri immobiliari.
Il terzo ed il quarto motivo, inerenti entrambi al riconoscimento a favore del solo COGNOME COGNOME, dell’usucapione per la quota indivisa, quale discendente di COGNOME COGNOME NOME della proprietà di una porzione di fabbricato rurale con corte annessa, sita in Rignano Flaminio, località Campomaggiore (particelle 132 e 142 del foglio 14 del NCT), che per errore in sede di assegnazione da parte dell’Ente Maremma era stata attribuita a COGNOME Libero NOME, pur non facendo parte del podere 201 a lui assegnato, ma del podere 202, assegnato al dante causa di COGNOME NOME e COGNOME NOME possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
Non è ravvisabile la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la domanda di usucapione per l’intero delle particelle 132 e 142 del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio avanzata da NOME COGNOME e NOMECOGNOME evidentemente poteva ricomprendere anche la più ristretta domanda di acquisizione da parte di NOME COGNOME di una quota di quelle stesse
particelle. La sentenza impugnata, facendo riferimento a NOME COGNOME quale discendente di COGNOME COGNOME NOME, non ha inteso porre a base del parziale accoglimento della domanda di usucapione la qualità di erede di COGNOME o la sua successione nel possesso paterno, che non erano state invocate, intendendo solo indicare che, dopo l’allontanamento dal podere 201 di COGNOME COGNOME Antonio nel 1961, il compossesso sulle particelle in esso non ricomprese, ma delle quali l’assegnatario aveva ottenuto per errore il possesso nel 1953, sono rimaste nel compossesso dei suoi discendenti, ossia di NOME COGNOME oltre che del fratello COGNOME NOME, non avendo per esse efficacia interruttiva dell’usucapione il giudizio di divisione intrapreso dalla seconda moglie dell’assegnatario, COGNOME NOME, che non si riferiva alle particelle 132 e 142 del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio.
La giurisprudenza di questa Corte, peraltro, ammette l’usucapione della quota di un immobile (vedi Cass. 18.12.2013 n. 28346), e non ritiene necessario che il compossessore ponga in essere un ‘interversio possessionis per escludere gli altri compossessori ai fini dell’usucapione.
Ulteriormente la sentenza impugnata ha escluso le particelle 132 e 142 del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio, che facevano parte del podere 202 non assegnato a COGNOME Libero Antonio, e delle quali però quest’ultimo era stato immesso in possesso fin dal 1953 (per uno scambio avvenuto per errore in sede di assegnazione concreta da parte dell’Ente Maremma con le particelle 18 -fabbricato rurale- e 130 -uliveto- del foglio 14 del NCT del Comune di Rignano Flaminio), usucapite da COGNOME NOME e NOME, eredi dell’originario assegnatario del podere 202, dal giudicato negativo sull’appartenenza al patrimonio ereditario di NOME e dall’effetto interruttivo della prescrizione acquisitiva dell’atto di citazione per divisione e
assegnazione quota di COGNOME NOME, e ha ritenuto fondato l’accoglimento parziale della domanda di usucapione di NOME COGNOME sul compossesso da lui esercitato insieme al fratello NOME, escludente un autonomo potere di fatto dell’altra originaria attrice, sulla base delle testimonianze acquisite e dei documenti prodotti, e non contrastato dalle eredi NOME ( discendenti della figlia premorta dell’originario assegnatario ). Pertanto, la motivazione non può ritenersi niente affatto mancante, né meramente apparente, idonea, per contro, a spiegare le ragioni della decisione adottata. È, peraltro, appena il caso di soggiungere che dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. non è più sindacabile in sede di legittimità la motivazione insufficiente, o contraddittoria.
Non può poi richiedersi a questa Corte di integrare in questa sede, attraverso un giudizio di fatto, la statuizione relativa alla quota indivisa usucapita da NOME COGNOME per supplire alla prospettata mimpossibilità di procedere alla trascrizione della sentenza di secondo grado, che ha comunque riferito il compossesso a NOME COGNOME e COGNOME NOME.
Quanto alla richiesta di correzione formulata dagli attori per l’erronea indicazione del cognome ‘COGNOME‘ anziché ‘NOME‘ dell’attrice, NOME COGNOME nella sentenza impugnata, occorre ricordare che la speciale disciplina dettata dagli articoli 287 e ss. c.p.c., per la correzione degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce la competenza all’emanazione del provvedimento correttivo allo stesso giudice che ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile quando contro la decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al giudice del merito, in quanto l’impugnazione assorbe anche la correzione di errori, è invece da osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per cassazione, atteso che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera legittimità, la Corte di Cassazione non può
correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta l’istanza di correzione, anche dopo la presentazione del ricorso in cassazione (vedi Cass. ord. 9.9.2024 n. 24088; Cass. ord. 6.12.2023 n. 34240; Cass. n.13629/2021; Cass. n. 10289/2001; Cass. n. 1348/1995).
Il ricorso va quindi respinto con condanna dei ricorrenti in solido al pagamento in favore di NOME delle spese processuali, e data la conferma della proposta di definizione anticipata, al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., sempre in favore dello stesso, nelle misure indicate in dispositivo. I ricorrenti vanno altresì condannati ai sensi dell’art. 96 comma 4° c.p.c. al pagamento di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore di NOME Giuseppe delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 5.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. per l’importo di € 3.000,00, nonché al pagamento in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. della somma di €2.000,00. Dichiara irripetibili le spese processuali dei ricorrenti nei confronti degli intimati. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002
per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.9.2025
Il Presidente
NOME COGNOME