Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22814 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22814 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38539/2019 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
COGNOME e COGNOME rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME e COGNOME con domicilio digitale in atti.
CONTRORICORRENTIRICORRENTI INCIDENTALI -avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 1561/2019, depositata il 19/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha adito il Tribunale di Savona, esponendo di essere figlio della defunta NOME COGNOME la quale aveva disposto in vita del proprio patrimonio con due distinti testamenti, con il primo dei quali aveva lasciato l ‘ immobile sito in Savona, i mobili e talune somme di denaro a NOME COGNOME e, con il secondo testamento, aveva nominato quest’ultima sua erede universale. Ha
chiesto di dichiarare l’inesistenza, la nullità, l’annullabilità dei testamenti per difetto di olografia o della firma o per incapacità della de cuius o, in subordine, di disporre la riduzione delle disposizioni lesive dei suoi diritti di legittima.
Si sono costituite NOME COGNOME e NOME COGNOME rispettivamente figlia e nipote della de cuius, resistendo alle domande e proponendo riconvenzionale per far dichiarare che NOME COGNOME era stata istituita erede universale testamentaria o di accertare l’intervenuta usucapione dell’imm obile ubicato in Savona.
Il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 1197/2015, ha affermato che competeva all’att ore la prova della falsità e il deposito dell’originale dell’atto impugnato; con successiva sentenza n. 808/2017, ha respinto le domande principali e ha dichiarato che le convenute avevano usucapito l’immobile conteso in causa.
La pronuncia è stata parzialmente riformata in appello.
La Corte distrettuale di Genova, dopo aver ribadito che, essendo proposta un’azion e di accertamento negativo, competeva all’attore provare la falsità del testamento depositato presso un notaio, ha ritenuto che il Tribunale avesse dichiarato l’usucapione non dell’intero , ma delle sole quote dell’immobile originariamente in titolarità di NOME COGNOME padre di NOME e NOME, poi pervenute per successione ai figli e alla moglie NOME COGNOME e pertanto ha concluso che le disposizioni testamentarie ledevano i diritti di legittima di NOME COGNOME pari ad 1/6 dell’asse, composto dalla quota di 4/6 dell’immobile in Savona, INDIRIZZO rimettendo la causa sul ruolo per l’ulteriore corso .
La cassazione della sentenza è chiesta da NOME COGNOME con ricorso in cinque motivi, illustrati con memoria, cui hanno resistito NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
NOME COGNOME ha replicato con controricorso al ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso principale si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116, 132 n. 4 c.p.c., per aver la Corte d’Appello affermato che era onere di NOME COGNOME produrre l’originale del testamento impugnato, prova che competeva alle convenute, dovendo esse dimostrare la loro qualità di eredi, e per aver contraddittoriamente ritenuto che NOME COGNOME fosse erede universale della de cuius sulla base della copia del testamento, tempestivamente disconosciuta, pur dichiarando indispensabile l’acquisizione dell’ atto in originale, che tuttavia, come dedotto dal ricorrente, non esisteva, essendone comunque preclusa la produzione per scadenza dei termini per il deposito dei documenti.
I l secondo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. , sostenendo che, in assenza dell’originale d el testamento, NOME COGNOME non poteva essere dichiarata erede universale per il fatto che l’attore non aveva provato l’esistenza della scheda testamentaria, né NOME COGNOME poteva essere considerato un legittimario pretermesso, condizione che presuppone l’esistenza di un testamento della quale non vi era alcuna prova. La pronuncia sarebbe contraddittoria laddove ha stabilito che il tribunale aveva dichi arato l’usucapione delle sole quote di NOME COGNOME pur avendo le convenute chiesto di dichiarare l’intervenuto acquisto a titolo originario dell’intero cespite.
Si ribadisce l’ oggettiva incompatibilità tra la domanda di accertamento della qualità di erede universale avanzata dalle convenute e quella di usucapione, anche perché, a parere del ricorrente, con la sentenza non definitiva n. 1197/2015, il Tribunale aveva già dichiarato NOME COGNOME erede universale e non poteva, con la successiva pronuncia definitiva, dichiarare in favore delle convenute l’ usucapione dell’unico cespite facente parte della massa ereditaria.
Si denuncia l’omessa pronuncia sulla eccezione di nullità della domanda riconvenzionale per insufficiente specificazione della causa petendi .
Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. , lamentando che infondatamente NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano ritenuto di poter vantare diritti successori sulla base delle fotocopie disconosciute del testamento senza farsi carico della produzione degli originali, e che, divenute immodificabili le domande per effetto delle preclusioni processuali, l’attore era sollevato dall’onere di depositare l’originale del la scheda, essendo il tema di causa circoscritto alla verifica dell’idoneità delle copie a provare l’acquisto della qualità di erede da parte di NOME COGNOME
Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 163 n. 4, 324 c.p.c., 1158 c.c., l’omesso esame di un fatto decisivo e vizio di motivazione, dolendosi che NOME COGNOME, essendo erede totalmente pretermesso, era privo di legittimazione passiva rispetto alla domanda di usucapione dell’immobile , sul quale non poteva vantare alcun diritto. Nega il ricorrente la sussistenza del giudicato interno sull’usucapione sostenendo di aver contestato in primo grado l’esercizio del possesso; assume che dalla produzione dei certificati di residenza emergeva che le convenute non avevano mai abitato l’immobile , avendo risieduto altrove.
Denuncia che la sentenza non abbia tenuto conto che NOME COGNOME era titolare del diritto di abitazione sull’immobile ed aveva continuato ad occuparlo, censurando la pronuncia per aver trascurato che l’esistenza di rapporti di parentela con la de cuius escludevano l’esercizio di un possesso pieno da parte delle convenute, oltre al fatto che NOME COGNOME era già contitolare della quota di un sesto e non poteva usucapire la propria quota, mancando inoltre i presupposti per l’usucapione della quota altrui e la stessa individuazione del periodo di esercizio del potere di fatto e della sussistenza degli altri requisiti pe r l’ acquisto a titolo originario.
Si deduce infine che la prova per testi (e, in particolare, le dichiarazioni di NOME COGNOME) non dimostrava affatto che le convenute avessero sostitu ito le chiavi di accesso all’immobile, sostituzione che era stata effettuata dalla de cuius, e che le convenute non avevano potuto impedire che NOME COGNOME accedesse al bene, non disponendo delle chiavi.
Il quinto motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per aver la Corte d’Appello dichiarato inammissibili le domande e le richieste formulate in appello, trattandosi di mere difese rispetto alle risultanze di causa.
1.1 L’unico motivo del ricorso incidentale deduce vizio di motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, affermando che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il tribunale , con sentenza 808/2019, passata in giudicato, aveva dichiarato l’usucapione dell’ intero immobile in Savona, non delle sole quote originariamente appartenenti a NOME COGNOME non potendosi regolare la successione e disporre la riduzione, ricomprendendo nell’asse anche l’immobile controverso.
Per ragioni di ordine logico vanno esaminati preliminarmente il ricorso incidentale e i motivi secondo e quarto del ricorso principale, censure che affrontano da diversa prospettiva le questioni concernenti l’accog limento della riconvenzionale di usucapione.
Il ricorso incidentale è fondato, i motivi del ricorso principale sono in parte inammissibili e, per il resto, infondati.
Dal riesame della sentenza n. 808/2019 si evince chiaramente che il tribunale non aveva dichiarato l’usucapione della sola quota immobiliare di NOME COGNOME da parte delle convenute, ma dell ‘intero (sentenza n. 808/2019, pag. 11 e ss.). Il 50% della proprietà del bene era pervenuto per successione di NOME COGNOME alla moglie NOME COGNOME già proprietaria del restante 50%, e ai due figli per le quote di 4/6 e 1/6 (per ciascun figlio); sulla scorta delle deposizioni testimoniali, il tribunale ha ritenuto che le
convenute avessero compiuto atti di interversione nel possesso sin dagli anni ’80, esercitando un godimento esclusivo e perciò acquisendo la proprietà del bene, ormai fuoriuscito dall’asse ereditario al momento della morte di NOME COGNOME
Il dispositivo della pronuncia è così formulato: ‘ in accoglimento della domanda avanzata in via riconvenzionale dalle convenute, dichiara che NOME COGNOME e NOME COGNOME sono divenute esclusive comproprietarie in parti uguali per usucapione dell’intero immobile sito a Savona in INDIRIZZO contraddistinto catastalmente al N.C.E.U. al F. 55 mapp. 264 sub. 19 meglio indicato nella c.t.u. svolta nel corso del giudizio alla quale si fa espresso rinvio con riferimento ad ogni migliore descrizione del bene ‘.
Nel dolersi dell’accoglimento della riconvenzionale, il ricorrente aveva lamentato l’incompatibilità delle domande con cui NOME COGNOME aveva chiesto di essere dichiarata erede universale della nonna e nel contempo proprietaria esclusiva dell’immobile per usucapione, incompatibilità che correttamente è stata esclusa dal giudice di merito, essendo evidente che le convenute avevano inteso ottenere anzitutto la devoluzione dell’asse in base al testamento o, di vedersi riconosciute comproprietarie dell’immobile in Savona in forza dell’usucapione, sussistendo tra le due azioni un rapporto di alternatività o di subordinazione.
Il Tribunale, con la sentenza non definitiva n. 1197/2015, richiamando Cass. SU 12307/2015 (cfr. sentenza pag. 6), aveva semplicemente affermato che competeva all’attore la prova della falsità del testamento, senza attribuire a NOME COGNOME la qualità di erede universale della nonna; aveva poi riconosciuto entrambe le convenute legittimate passive poiché nel possesso dei beni ereditari, senza definire la res litigiosa riguardo all’ appartenenza dell’ immobile e senza, quindi, consumare il potere decisorio riguardo alla riconvenzionale di usucapione, il cui accoglimento -con la sentenza 808/2017, ha invece determinato la sottrazione del bene all’azione
di riduzione poiché acquistato a titolo originario e non per successione testamentaria.
Non intercorreva alcuna incompatibilità tra la domanda di rivendicazione della qualità di erede universale e l’azione di usucapione; l’aver NOME COGNOME acquistato l’immobile a titolo originario rendeva l’istituzione ereditaria priva di effetto solo rispetto a tale cespite.
Va -invece – rilevato che il ricorso non sottopone a critica la pronuncia impugnata nel punto in cui ha affermato che nessun’altro rilievo, riguardo al merito, era stato utilmente sollevato dall’appellante mediante idonei e compiuti motivi di appello (cfr. sentenza pag. 9), esprimendo un giudizio di insufficienza delle ragioni di gravame ai sensi dell’art. 342 c.p.c. e, quindi, una ratio decisoria che il ricorrente avrebbe dovuto motivatamente impugnare in cassazione, non semplicemente riproponendo le medesime censure vertenti sul merito che la Corte di appello ha definito in rito. Giova ricordare che, ove il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile uno dei motivi di gravame, ritenendolo privo di specificità, la parte rimasta soccombente che ricorra in cassazione contro tale sentenza, qualora intenda impedirne il passaggio in giudicato nella parte relativa alla dichiarata inammissibilità, ha l’onere di denunziare l’errore in cui è incorsa la sentenza gravata e di dimostrare che il motivo d’appello, ritenuto non specifico, aveva invece i requisiti richiesti dell’art. 342 c.p.c. (Cass. 18776/2023; Cass. 21514/2019).
Risultano, di conseguenza, inammissibili le doglianze vertenti sulla pretesa nullità della domanda di usucapione e sull’ infondatezza nel merito della pretesa per carenza dei requisiti oggettivi e soggettivi del possesso ad usucapionem , questioni che NOME COGNOME avrebbe dovuto sollevare in appello mediante un motivo di impugnazione avverso la pronuncia n. 808/2017, munito dei requisiti prescritti dall’art. 342 c.p.c. , non essendo sufficienti le contestazioni mosse
nel corso del giudizio di primo grado (come si sostiene in ricorso) all’esito del quale il ricorrente era risultato soccombente.
Il primo e terzo motivo di ricorso sono inammissibili.
N ell’illustrare i motivi di appello, la sentenza impugnata non contiene alcuna menzione della questione dell’inesistenza del testamento , oggetto delle censure formulate in questa sede.
Alle pagg. 2 e ss. della pronuncia è spiegato che l’appellante aveva chiesto di dichiarare la falsità del testamento, contestando la conformità della copia, e nell’esposizione delle ragioni della decisione non è minimamente scrutinata la questione della materiale esistenza della scheda, questione ben diversa dalla contestata non conformità della copia all’originale.
I l disconoscimento di conformità di una copia all’originale presuppone che la copia prodotta sia difforme da un originale non prodotto. L’esistenza di un originale (non prodotto) è, pertanto, il presupposto perché venga disconosciuta l’efficacia probatoria della copia (cfr. in tema di mancato reperimento dell’originale del testamento: Cass. 4137/2025 e Cass. 22191/2020).
Sostenere che la copia non è conforme all’originale non implica anche la negazione dell’esistenza stessa dell’originale.
La Corte di merito ha ritenuto che fosse onere dell’attore produrre il testamento , di cui ha dichiarato l’esistenza presso il notaio che aveva curato la pubblicazione, non potendosi accertare la falsità tramite l’esame della copia (Cass. 3603/2024 ; Cass. 18363/2018), proprio perché ha considerato controversa o -comunque dubbia -la falsità, non l’esistenza dell’atto , conclusione che, ove erronea, avrebbe dovuto indurre a contestare l’ interpretazione del contenuto delle censure o l’omessa pronuncia sui motivi di appello, non certo l’asserita violazione di legge, in mancanza di una decisione sul merito delle contestazioni.
In definitiva, anche a non voler considerare che l’accoglimento del ricorso incidentale e l’accertata usucapione dell’unico bene di cui era
composto l’asse ereditario rend erebbero già superflua la disamina delle questioni che riguardano la validità e l’esistenza del testamento, essendo del tutto ipotetica la scoperta di altri beni da devolvere agli eredi o l’esistenza di ulteriori poste attive o passive che occorrerebbe eventualmente regolare in base al testamento (se ritenuto valido), resta che il ricorso non si confronta con il contenuto della pronuncia.
È comunque infondato sostenere che, negata l’esistenza di un documento, competerebbe ai convenuti che intendano avvalersene, farsi carico della produzione dell’originale, restando la copia eventualmente acquisita inutilizzabile ai fini probatori.
Compete a chi sostiene l’inesistenza dell’originale di un documento prodotto in copia darne prova secondo i principi generali: questa Corte ha già affermato che il diniego di originale non attiene alla contestazione del contenuto, ma dell’esistenza stessa del documento con la finalità di espungerlo dall’ordinamento in quanto artificiosamente creato, e va dimostrato da chi lo deduca mediante la querela di falso, proponibile anche avverso la copia prodotta in giudizio per rimuovere la sua efficacia probatoria di scrittura privata. In mancanza la copia è pienamente utilizzabile per la decisione (Cass. 24049/2024; Cass. 134/2025; Cass. 9257/2025).
Il disconoscimento di conformità (che il ricorrente sostiene di aver formulato), attiene invece al contenuto del documento prodotto in copia e non alla sua provenienza o paternità, presupponendo l’esistenza di un originale e , peraltro, non determina l’automatica inutilizzabilità della copia, che consegue al disconoscimento di firma, essendo consentito l’accertamento della conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. 8718/2023; Cass. 24029/2024; Cass. 134/2025).
Il quinto motivo è infondato.
La Corte di merito ha dichiarato inammissibili per novità le domande (nn. 1-4 delle conclusioni di appello) volte a far dichiarare infondata
la richiesta di NOME COGNOME di essere riconosciuta erede universale della NOME COGNOME per inesistenza del testamento o per insufficienza probatoria delle copie; a far accertare la decadenza delle convenute dalla facoltà di modificare i fatti costituitivi delle domande e a dichiarare che NOME COGNOME aveva rinunciato ad ogni pretesa quale erede legittima o legittimaria, infine ad accertare che NOME COGNOME aveva proposto una azione di petizione ereditaria e non una domanda di accertamento negativo dell’autent icità del testamento.
L ‘eventuale ammissibilità della domanda volta a negare che NOME COGNOME fosse stata istituita erede universale non produrrebbe, tuttavia, alcun effetto utile, avendo la sentenza definitivamente accertato l’autenticità e l’esi stenza del testamento, né potrebbe derivarne alcuna conseguenza pratica a vantaggio del ricorrente riguardo all’accertata usucapione dell’immobile costituente l’unico bene dell’asse , sicché il motivo è, sotto tale profilo, inammissibile per difetto di interesse.
La qualificazione della domanda come azione di accertamento negativo e non come petizione ereditaria era stata oggetto della sentenza non definitiva e comunque, posta la validità del testamento, NOME COGNOME, essendo un erede totalmente pretermesso, poteva acquisire diritti sui beni ereditari mediante la sola domanda di riduzione, non essendo tale azione qualificabile come petitio hereditatis , poiché il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius (Cass. 5731/1988). In nessun caso l’attore poteva avanzare pretese sull’ immobile in Savona poiché usucapito, sicché anche sotto tale profilo, l’eventuale violazione resta irrilevante.
Appare invece tardiva la richiesta di accertare che NOME COGNOME avesse rinunciato ad avanzare pretese successorie anche quale legittimaria pretermessa, non potendo ritenersi la questione implicitamente proposta con le iniziali richieste avanzate dal fratello
NOME quanto all’eventuale modifica in primo grado dei fatti costitutivi della riconvenzionale, la questione è coperta dal giudicato sulla declaratoria di usucapione.
È, in conclusione, accolto l’unico motivo del ricorso incidentale ed è respinto il ricorso principale. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale, respinge il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione