Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7091 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7091 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6295/2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME.
– Intimato –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 2501/2018 depositata il 13/12/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 13 marzo 2024.
Rilevato che:
il Tribunale di Trapani, con sentenza n. 813/2015, in accoglimento delle domande di rivendicazione e di rispetto delle
Azione di rivendicazione
distanze legali proposte da NOME COGNOME, condannò NOME COGNOME, proprietaria, in Favignana, di un immobile posto al piano terreno (mentre quello dell’attore è al primo piano) , alla demolizione dell ‘opera realizzata in ampliamento del proprio immobile mediante l’ occupazione del cortile di cui le parti erano comproprietarie.
Il Tribunale rigettò la domanda riconvenzionale della convenuta di acquisto per usucapione ventennale della proprietà del cortile, in considerazione del fatto che il primo atto corrispondente all’esercizio della proprietà esclusiva, da parte di NOME RAGIONE_SOCIALE, fosse avvenuto nel 1992 sicché, all’epoca dell’instaurazione del giudizio ( con citazione notificata l’11/03/2011) , il termine di venti anni per usucapire non era ancora trascorso.
A giudizio del Tribunale, invece, risaliva al 1962 l’occupazione , da parte di NOME COGNOME, del solaio di copertura del vano cucina del sottostante immobile della convenuta, totalmente asservito, sin da quella data, a servizio ed utilità dell’immobile di proprietà dell’attore ;
sull’ impugnazione della soccombente, la Corte d’appello di Palermo, nella resistenza di NOME COGNOME, ha respinto l’appello di NOME COGNOME;
la sentenza si fonda sul seguente percorso argomentativo: non è contestata la circostanza dell ‘ originaria appartenenza dei beni a un unico dante causa delle parti, NOME COGNOME, né è contestato che, per effetto della successione di quest’ultimo, si sia determinata, nel cortile lato nord, una situazione di comproprietà, per altro esplicitamente disposta dal testatore.
L’appellante (COGNOME COGNOME), tuttavia, sostiene di avere usucapito la proprietà esclusiva del cortile lato nord, per effetto dell’ iniziativa edilizia della propria dante causa, negli anni dal 1950 al 1966.
Chiarite le deduzioni ed eccezioni delle parti, l’onere della prova per il rivendicante è attenuato: il suo esito si desume, implicitamente,
dall’esito della prova sulla intervenuta usucapione che spetta all’appellante, la quale ha sollevato la relativa eccezione.
Alla luce dei princìpi in tema di usucapione del comproprietario, la realizzazione di un vano nel cortile comune, negli anni dal 1950 al 1966 (e non a partire dal 1992, come erroneamente affermato dal Tribunale), è irrilevante, ai fini della declaratoria di usucapione, poiché non si è estrinsecata in un uso esclusivo del cortile che, contemporaneamente, risultasse preclusivo e in particolare ostativo a ll’uso da parte dei comproprietari, essendo ad essi sempre consentito l’uso della residua parte di cortile .
Testualmente (cfr. pagg. 6 e 7 della sentenza) «nessuna convincente argomentazione può desumersi dal confronto tra il contenuto di un atto pubblico -nel caso di specie la donazione di NOME con contestuale divisione del 1994 – con il titolo di provenienza della stessa NOME, costituito dal testamento pubblico di NOME COGNOME del 1950, onde desumere l’accrescimento della proprietà con l”attrazione’ entro il proprio dominio del cortile in contestazione, non potendo in generale la stessa trasferire più di quanto avesse ricevuto; del pari non può comunque desumersi dalla mancata puntuale menzione della comproprietà del cortile lato nord da parte di NOME COGNOME, nell’atto di donazione in favore del figlio COGNOME NOME, alcun effetto implicitamente abdicativo della contitolarità dell’area, potendo ben trattarsi di una omissione materiale o comunque di un problema interpretativo del testo».
Co nfermato il mancato riconoscimento dell’usucapione a favore della convenuta, come affermato in primo grado, e provata quindi la comproprietà del cortile in capo all’attore, va pronunciata la condanna della convenuta alla demolizione della costruzione realizzata sul cortile comune che viola il diritto di comproprietà dell’appellato.
Quanto alle censure dell’appellante sulla decisione del primo giudice concernente la terrazza a livello, non può escludersi che essa svolga la duplice funzione di copertura dell’appartamento sottostante della sig.ra COGNOME e di terrazza a livello per la proprietà del sig. COGNOME, e che tale funzione dipenda dalla destinazione del pater familias . Del resto , conclude la Corte d’appello, l’uso del terrazzino da parte dell’appellato è stato confermato dai testi e d è comprovato dalla documentazione fotografica allegata alla c.t.u. Pertanto è lecita, da parte del sig. COGNOME, la realizzazione di aperture nel proprio muro perimetrale sul terrazzo a livello, quale facoltà assoggettata ai limiti di cui agli artt. 1102, 1112, cod. civ.;
NOME ha proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi, illustrati da una memoria.
NOME COGNOME è rimasto intimato;
Considerato che:
1. il primo motivo di ricorso -‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, I c., n. 3) c .p.c. ‘ -censura la sentenza impugnata che ha erroneamente valutato i titoli di proprietà del cortile nord oggetto dell’azione di rivendica zione di NOME COGNOME e ha ritenuto che quest’ultimo avesse fornito la cd. probatio diabolica cui era tenuto e, per converso, ha escluso che la convenuta avesse provato la sollevata eccezione di usucapione.
La ricorrente lamenta che, nella specie, la probatio diabolica che spettava all’attore non era attenuata in quanto la convenuta aveva fatto valere l’usucapione del cortile nord come mera eccezione , e soggiunge che i titoli di provenienza allegati dall’attore non menzionavano detto cortile nord, mentre i titoli di provenienza prodotti dalla convenuta dimostravano che essa era proprietaria esclusiva del cortile conteso;
1.1. il motivo è infondato;
1.2. è orientamento costante di questa Corte, ribadito anche di recente (Sez. 2 – , Sentenza n. 28865 del 19/10/2021, Rv. 662516 01) che «ssendo l ‘ usucapione un titolo d ‘ acquisto a carattere originario, la sua invocazione, in termini di domanda o di eccezione, da parte del convenuto con l ‘ azione di rivendicazione, non suppone, di per sé, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell ‘ onere probatorio a carico del rivendicante, il quale, anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell ‘ usucapione, non è esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo, se del caso, attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo. Il rigore probatorio rimane, tuttavia, attenuato quando il convenuto, nell ‘ opporre l ‘ usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l ‘ appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all ‘ epoca in cui assume di avere iniziato a possedere. Per contro, la mera deduzione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione il cui ‘ dies a quo ‘ sia successivo al titolo del rivendicante o di uno dei suoi danti causa, disgiunta dal riconoscimento o dalla mancata contestazione della precedente appartenenza, non comporta alcuna attenuazione del rigore probatorio a carico dell ‘ attore, che a maggior ragione rimane invariato qualora il convenuto si dichiari proprietario per usucapione in forza di un possesso remoto rispetto ai titoli vantati dall ‘ attore»;
1.3. nel caso in esame, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tale principio lì dove ha affermato che il rigore dell’onere della prova a carico dell’attore risultava attenuato in conseguenza della mancata contestazione, da parte della convenuta, dell ‘ originaria appartenenza del bene (il cortile lato nord) ad un
comune dante causa, NOME COGNOME, il quale, nel suo testamento pubblico del 1950, aveva esplicitamente disposto che sul ‘ cortiletto ‘ si determinasse una situazione di comproprietà tra i suoi coeredi.
Dopodiché il giudice d’appello ha negato che la convenuta avesse provato di avere usucapito la proprietà esclusiva del cortile lato nord sul rilievo che la realizzazione, negli anni tra il 1950 e il 1966, di un vano nell’area cortilizia comune non si fosse estrinsecata in un uso esclusivo del detto cortile che, contemporaneamente, risultasse preclusivo rispetto all’uso degli altri comproprietari che, sottolinea la sentenza, potevano comunque usare la parte residua del l’area .
Quello compiuto dal giudice di merito è un accertamento di fatto, non censurato e, comunque, non sindacabile in cassazione, che segue la scia della giurisprudenza di legittimità, alla quale va data continuità, secondo cui, in tema di comunione, il comproprietario che sia nel possesso del bene comune può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri comunisti, senza necessità di interversione del titolo del possesso e, se già possiede ‘ animo proprio’ ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, a tal fine occorrendo che goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere ‘ uti dominus ‘ e non più ‘ uti condominus ‘ , senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall ‘ uso della cosa comune (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 24781 del 19/10/2017, Rv. 646754 -01; conf., tra le altre, Sez. 2, Sentenza n. 11903 del 09/06/2015, Rv. 635615 01).
Infine, l a Corte d’appello, rilevata la mancata contestazione circa la provenienza del bene dal comune dante causa (NOME COGNOME) e la conseguente comproprietà del cortile lato nord da parte dei coeredi del de cuius , e stabilito che la convenuta non aveva provato
di avere usucapito la proprietà esclusiva del bene, ha anche esaminato, da un lato, il titolo di provenienza indicato dall ‘appellante -cioè, la donazione della madre NOME a favore dei figli NOME COGNOME e (appunto) NOME COGNOME, con contestuale divisione, del 1994 -e ha escluso che tale atto avesse un contenuto più ampio del testamento pubblico del de cuius (NOME COGNOME), tale da attrarre entro il proprio dominio anche il cortile in contestazione; dall’altro lato, il titolo di provenienza indicato da NOME COGNOME -cioè, la donazione ricevuta dalla madre NOME COGNOME – e ha stabilito che dal mancato puntuale riferimento, in tale atto di liberalità, alla comproprietà del cortile lato nord non si poteva desumere un effetto abdicativo della contitolarità del bene, trattandosi piuttosto di un aspetto attinente all’interpretazione del testo o di un ‘ omissione materiale;
il secondo motivo -‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., nonché 2650, II comma c.c., e 1159 c.c., in relazione all’art. 360, I c., nn. 3) e 5), c.p.c. ‘ – censura la sentenza impugnata che ha trascurato che, in mancanza di continuità delle trascrizioni a favore del sig. COGNOME, doveva ritenersi previamente compiuto l’effetto traslativo della proprietà esclusiva del suddetto cortile nord, in dipendenza dell’avvenuta previa trascrizione degli atti di acquisto (quanto a 1/2 per acquisto fattone dal germano NOME COGNOME in data 14/12/2001; quanto a 1/2 per atto di donazione della madre NOME e stralcio divisionale tra i donatari del 19/07/1994), in favore della convenuta, valutata unitamente al possesso ultradecennale;
2.1. il motivo è inammissibile;
2.2. l’usucapione decennale è questione nuova , che non risulta essere stata proposta né esaminata nel giudizio di merito (la parte non individua i luoghi del processo di merito dove la stessa questione
sia stata posta o trattata), che presupponendo indagini in fatto non può essere sollevata per la prima volta in cassazione (Cass. Sez. U., n. 6459/2020);
il terzo motivo -‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, II comma c.c., e 115, I comma c.p.c., nonché 232 cpc e 1158 c.c., in relazione all’art. 360, I comma. c.p.c. n. 3 ‘ – censura la sentenza impugnata che non ha valutato che l’attore non aveva contestato i fatti relativi all’esercizio del possesso esclusivo del cortile lato no rd utile per l’usucapione da parte della convenuta e , prima di essa, della sua dante causa NOME COGNOME.
Si aggiunga, prosegue la ricorrente, che unitamente alla mancata contestazione dell’altrui possesso del cortile, da parte dell’attore, ai fini della prova dell’usucapione il giudice di merito avrebbe dovuto valutare anche la mancata comparizione dell’attore a rendere l’interrogatorio formale sui fatti concernenti (appunto) il possesso ad usucapionem ;
3.1. il motivo è inammissibile;
3.2. la premessa giuridica è che, alla Corte di legittimità, non può essere chiesta una nuova attività istruttoria ed è principio altrettanto pacifico in giurisprudenza che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento di fatto compiuto dai giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che lo scrutinio dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’àmbito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione che ne ha fatto il giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare
le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ( ex plurimis , Cass. 7/04/2017, n. 9097; Cass. 07/03/2018, n. 5355; Cass. 13/06/2023, n. 16781).
Nello specifico, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 18445/2023, che, in motivazione, menziona Cass. n. 4035/2007, Cass. n. 11410/2010 e Cass. n. 356/2017) è univoca nell’affermare che, in tema di possesso ‘ ad usucapionem ‘ , non è censurabile in sede di legittimità – ove congruamente motivato ed immune da vizi giuridici (come verificatosi nella specie) -l ‘ apprezzamento del giudice del merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi del possesso idoneo ad usucapire (cfr. anche Sez. 2, Sentenza n. 26633 del 18/10/2019 – Rv. 655654 -01, secondo cui «L’ accertamento relativo alla qualificazione del possesso ed alla determinazione del decorso del tempo utile al verificarsi dell ‘ usucapione è devoluto al giudice del merito ed il relativo apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici»);
3.3. la Corte di Palermo ha spiegato con chiarezza le ragioni per le quali ha negato l’acquisto per usucapione della proprietà esclusiva del cortile lato nord da parte della convenuta;
il quarto motivo -‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 949, I comma c.c., e 2697, I e II comma, c.c., nonché 99 e 115, I comma c.p.c., in relazione all’art. 360, I c., n. 3) c.p.c.’ -censura la sentenza impugnata che , a fronte dell’azione di rivendicazione e della negatoria servitutis avanzate dalla convenuta, con domanda riconvenzionale, relativamente al solaio di copertura del proprio vano cucina del piano terreno, illegittimamente destinato dall’attore a terrazzino ad esclusivo uso proprio, in assenza di
eccezioni da parte del sig. COGNOME sulla titolarità del detto ‘terrazzino’, ha ritenuto lecita, da parte dell’attore (convenuto in riconvenzionale), l’apertura di vedute e la realizzazione di una porta di accesso e di manufatti;
4.1. il motivo è inammissibile;
4.2. la Corte territoriale, alla stregua di un accertamento di fatto (cfr. pag. 7 della sentenza: ‘ anche in considerazione della natura posizione degli immobili , e del naturale asservimento dell’uno a servizio dell’altro’) , liberamente apprezzate le prove (rilievi fotografici, c.t.u. e prova per testi) e sulla base della valutazione dei titoli, ha affermato che il terrazzino svolge la duplice funzione di copertura dell’appartamento della convenuta e (appunto) di terrazzo a livello della proprietà del l’attore , funzione, questa, determinata dalla stessa destinazione del padre di famiglia,
il quinto motivo -‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 161 c.p.c. , in relazione all’art. 360, I comma. c.p.c. n. 4) c.p.c. ‘ – censura la sentenza impugnata che non ha pronunciato sulla domanda subordinata della convenuta che, per l’ipotesi di dichiarata comproprietà del cortile nord, aveva chiesto di ‘ritenere e dichiarare ai sensi dell’art. 1102, I comma, c.c., che nessun manufatto realizzato dalla sig.ra NOME altera la destinazione del cortile nord né costituisce impedi mento all’uso da parte del COGNOME del medesimo cortile secondo il proprio diritto ed il relativo titolo di acquisto, e per l’effetto rigettare la domanda di rivendica e la conseguente richiesta di demolizione del predetto attore’;
5.1. il motivo è infondato;
5.2. la Corte d’appello , nel rigettare il gravame della convenuta, ne ha implicitamente respinto la domanda di accertamento della compatibilità ex art. 1102, cod. civ., della costruzione da essa
realizzata nel cortile comune con l’uso del cortile da parte del comproprietario;
in conclusione, il ricorso è rigettato;
nulla occorre disporre sulle spese del giudizio di cassazione, al quale l’ intimato non ha partecipato;
8 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2024.