Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6452 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37838/2019 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti- nonchè contro COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1559/2019 depositata il 15/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME, NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero davanti al Tribunale di Modena NOME e NOME COGNOME per lo scioglimento della comunione e per l’assegnazione pro -quota di un compendio immobiliare costituito da terreni e fabbricati. I convenuti proposero domande riconvenzionali per essere dichiarati proprietari esclusivi di alcuni beni compresi nel compendio. In particolare NOME COGNOME rivendicò a sé un ‘fabbricatino ricovero attrezzi’, insistente su area comune, sostenendo di averlo realizzato a sue spese e di averlo sempre usato per la propria attività di fabbro. NOME COGNOME rivendicò a sé, per usucapione, un fabbricato su due piani ad uso abitativo con annesso portico e un fabbricato rurale ‘ad uso pollaio’. Il Tribunale, essendo emerso che il fabbricato rurale era catastalmente intestato per 1/2 allo stesso NOME COGNOME e per 1/2 a NOME COGNOME dispose l’integrazione del contraddittorio rispetto a quest’ultimo il quale si costituì e dedusse di avere da anni donato la sua quota alla figlia NOME Questa, costituitasi in luogo del padre, frattanto deceduto, si oppose alle domande riconvenzionali. Il Tribunale rigettò le domande riconvenzionali, dichiarò sciolta la comunione e provvide
alla assegnazione dei vari lotti individuati dal consulente tecnico d’ufficio.
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza n.559 del 2019, ha respinto l’ appello proposto da NOME COGNOME per sé e quale erede di NOME COGNOME.
In particolare, quanto alla proprietà del ‘fabbricatino’ costruito da NOME COGNOME, la Corte di Appello ha, in primo luogo, ritenuto che la stessa spettasse ab origine a tutti i proprietari del suolo per accessione ai sensi dell’art. 934 c.c. essendo infondata la tesi dell’appellante per cui l’art. 934 c.c. opererebbe solo in caso di ‘scissione soggettiva tra proprietario del suolo e colui che ha costruito il fabbricato’ e non quindi nel caso, come quello di specie, in cui chi ha costruito il fabbricato era anche comproprietario del suolo. La Corte di Appello ha poi ritenuto che dalle dichiarazioni dei testimoni assunti in primo grado non era emerso che NOME COGNOME e NOME COGNOME avessero esercitato sul fabbricatino e, rispettivamente, sui beni dal secondo originariamente rivendicati, un possesso utile ad usucapionem ossia esclusivo ed escludente il pari possesso degli altri comproprietari;
NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma con quattro motivi;
3.NOME, NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso;
COGNOME NOME resiste con controricorso.
il ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 1158 c.c. per avere la Corte di Appello ritenuto indimostrato che NOME COGNOME avesse esercitato sul ‘fabbricatino’ un possesso utile ad usucapionem laddove invece sarebbe stato corretto ritenere il contrario dato che ‘risulta
dagli atti’ che NOME COGNOME aveva realizzato il manufatto nel 1976 ‘per esercitarvi l’attività di carpenteria’ e che tale attività ‘per sua specifica destinazione escludeva analoga disponibilità degli altri comproprietari’.
Il motivo è infondato.
Per costante giurisprudenza di legittimità (v., tra altre, n.24781 del 19/10/2017; n.9903 del 28/04/2006), ‘in tema di comunione, il comproprietario che sia nel possesso del bene comune può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri comunisti, senza necessità di interversione del titolo del possesso e, se già possiede “animo proprio” ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, a tal fine occorrendo che goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”, senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune’.
Il motivo si risolve nell’assunto apodittico per cui l’esercizio da parte del ricorrente di una attività di carpenteria nell’immobile comune avrebbe avuto necessariamente carattere inconciliabile con la possibilità che anche altri comunisti si servissero dell’immobile e tale da evidenziare inequivocabilmente l’intenzione del ricorrente di possedere il bene escludendo gli altri comunisti;
2. con il secondo motivo di ricorso si lamenta ‘omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 quanto al ‘fabbricatino”. Si lamenta altresì ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 1158 c.c. per grave travisamento delle prove con conseguente errata ricostruzione dell’atto che ha condotto a violazione di legge’. Si sostiene che la Corte di Appello avrebbe ‘estrapolato a macchia di leopardo
circostanze’ riferite dal teste NOME COGNOME non avrebbe tenuto conto della testimonianza di NOME COGNOME secondo cui NOME COGNOME aveva ‘presentato una denuncia di cambiamento interessante il fabbricati no’, non avrebbe tenuto conto delle testimonianze di NOME COGNOME e di NOME COGNOME secondo le quali NOME COGNOME aveva presentato ‘il condono per fare un favore a NOME‘ (v. ricorso pagina 14) e NOME COGNOME aveva realizzato il manufatto in questione e lo aveva sempre utilizzato per lavori di carpenteria.
Il motivo è inammissibile.
Va precisato che la Corte di Appello ha dichiarato ‘generiche’ sia la testimonianza di NOME COGNOMEin quanto si presume -in mancanza di altri elementi idonei- che il comproprietario abbia presentato la documentazione anche nell’interesse degli altri’ comunisti, sia la testimonianza di NOME COGNOME per avere egli dichiarato di aver visto non solo NOME ma anche NOME COGNOMEentrare e uscire dal locale e di non avere assistito a fatti di impedimento da parte di COGNOME NOME all’ingresso o all’uso del capannino da parte di altri’, sia le testimonianze di NOME COGNOME e di NOME COGNOME per avere entrambi solo riferito sul fatto che NOME COGNOME usava l’immobile per lavori di carpenteria senza tuttavia riferire alcunché riguardo ad ‘una signoria sul bene preteso apertamente contrastante con il paritetico possesso degli altri comproprietari’.
Il motivo al di là della formale denuncia di vizio di motivazione e di violazione di legge (artt. 116 c.p.c. e 1158 c.c.), si riduce alla sovrapposizione dell’apprezzamento delle prove da parte del ricorrente all’accertamento dei giudici di merito espresso in una motivazione che non si espone a censure di legittimità scambiando il ruolo della Corte di Cassazione da giudice di legittimità a terza istanza di merito.
Il motivo si scontra con il principio per cui ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ (Sez. U, sentenza n.34476 del 27/12/2019);
3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in riferimento agli artt. 1140 e 1158 c.c. Omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 quanto al compendio soggetto a domanda di usucapione di NOME COGNOME quale erede con beneficio di inventario del fratello NOME COGNOME. Si deduce che la Corte di Appello non avrebbe ‘pienamente letto e valutato risultanze acquisite al processo’ e precisamente le dichiarazioni dei testi NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME (per evidente errore materiale indicato a pagina 15 del ricorso come NOME ‘COGNOME non essendovi in alcuna altra parte del ricorso né nella sentenza alcun riferimento a tale COGNOME) e NOME COGNOME da cui emergeva che NOME COGNOME abitava nell’immobile da lui rivendicato ed utilizzava il portico annesso.
Va precisato che la Corte di Appello ha ritenuto non conducenti rispetto alla necessità di prova del fatto che NOME COGNOME avesse esercitato un possesso ad usucapionem sui beni rivendicati, le testimonianze di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME (il cui contenuto la Corte di Appello ha sintetizzato a pagina 7 della sentenza) avendo essi riferito di aver visto NOME COGNOME e, prima di lei, il padre NOME COGNOME ‘accedere e recedere liberamente dal fabbricato rurale’ e di non sapere di chi fossero le cose che avevano visto nel ‘portico’ annesso al fabbricato.
Il motivo in esame è inammissibile per ragioni identiche a quelle che qui devono solo essere richiamate- in forza delle quali è stato dichiarato inammissibile il secondo motivo;
4.con il quarto motivo di ricorso, sotto la rubrica di ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.’, si deduce che ‘nel caso in cui venisse accolto il presente ricorso, non si può che ribadire quanto già allegato nel grado precedente cioè … che la donazione di NOME COGNOME alla figlia NOME è da ritenersi inefficace in quanto questa non ha alcuna giuridica rilevanza nei confronti del ricorrente perché NOME COGNOME e prima di lui il fratello NOME hanno posseduto uti domini il compendio di cui è causa’.
Questo ultimo motivo deve essere dichiarato inammissibile in quanto espressamente subordinato alla condizione -non verificatasidella riconosciuta fondatezza di uno dei motivi precedenti;
in conclusione il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere a NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e a NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3500,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente a rifondere a NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3500,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 28 febbraio 2025.