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Usucapione comproprietà: quando il possesso è valido?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3493/2024, ha stabilito i principi per l’usucapione di un bene in comproprietà, specialmente tra parenti. Il caso riguardava una richiesta di usucapione basata sul godimento esclusivo decennale di un immobile. La Corte ha chiarito che il solo utilizzo esclusivo e la prolungata inerzia degli altri comproprietari non sono sufficienti a trasformare il compossesso in possesso utile all’usucapione. È necessario un atto inequivocabile che manifesti l’intenzione di possedere il bene come proprietario esclusivo, escludendo gli altri. Il rapporto di parentela, inoltre, rafforza la presunzione di tolleranza, rendendo più difficile provare l’usucapione in comproprietà.

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Usucapione in comproprietà: la Cassazione fissa i paletti tra parenti

L’usucapione comproprietà è un tema giuridico complesso, specialmente quando sorge all’interno di dinamiche familiari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3493 del 7 febbraio 2024) ha fornito chiarimenti cruciali su quali condizioni siano necessarie affinché un comproprietario possa usucapire le quote degli altri. La decisione sottolinea che il semplice godimento esclusivo del bene, anche se prolungato per decenni, non è sufficiente, soprattutto se tra i contitolari esistono stretti legami di parentela.

Il caso: una disputa familiare per un immobile

La vicenda trae origine da una causa di divisione di un immobile co-ereditato. Alcuni eredi, che avevano vissuto nell’abitazione per lungo tempo, si erano opposti alla divisione, sostenendo di averne acquisito la piena proprietà per usucapione. Essi basavano la loro pretesa sul fatto di aver utilizzato l’immobile in via esclusiva per decenni, detenendone le chiavi e provvedendo alla sua gestione, mentre gli altri coeredi si erano astenuti da qualsiasi utilizzo o iniziativa.

I giudici di primo e secondo grado avevano dato loro ragione, ritenendo che l’uso esclusivo e prolungato dell’appartamento e l’inerzia degli altri comproprietari fossero prove sufficienti del possesso uti dominus, ovvero con l’animo di un proprietario esclusivo.

L’analisi della Corte di Cassazione sulla tolleranza

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso degli altri eredi. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio fondamentale: nel contesto della comproprietà, il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei comproprietari non è, di per sé, un atto idoneo a far scattare l’usucapione. Tale comportamento, infatti, può essere semplicemente il risultato della mera tolleranza degli altri contitolari, i quali non perdono il loro diritto per il solo fatto di non utilizzare il bene.

Il fattore determinante, secondo la Corte, è il rapporto di parentela. Quando i comproprietari sono legati da stretti vincoli familiari, la presunzione di tolleranza è ancora più forte. È comune e socialmente accettato che un parente permetta a un altro di utilizzare in via esclusiva un bene comune, senza che ciò implichi una rinuncia al proprio diritto di proprietà. La lunga durata del godimento esclusivo, che in altri contesti potrebbe far venir meno la presunzione di tolleranza, in ambito familiare viene neutralizzata.

I principi chiave sull’usucapione comproprietà

Perché si configuri un’usucapione comproprietà, non basta possedere l’intero bene escludendo gli altri dal godimento. È necessario che il comproprietario che intende usucapire compia un atto di ‘interversione del possesso’. Questo non richiede necessariamente atti formali, ma deve consistere in un comportamento che manifesti in modo inequivocabile e riconoscibile agli altri la volontà di possedere il bene non più come comproprietario (uti condominus), ma come proprietario esclusivo (uti dominus).

In altre parole, il comproprietario deve compiere atti che siano apertamente contrastanti con il possesso altrui e incompatibili con esso. Ad esempio:

1. Impedire attivamente l’accesso agli altri comproprietari.
2. Comunicare, anche informalmente, la volontà di considerarsi l’unico proprietario.
3. Realizzare opere o modifiche sostanziali sull’immobile senza il consenso degli altri, come se fosse il solo titolare.

La semplice astensione degli altri dall’uso del bene non ha alcuna rilevanza probatoria in tal senso.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda sull’interpretazione degli articoli 1102 e 1144 del codice civile. L’art. 1102 c.c. permette al singolo comproprietario di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne parimenti uso. Il godimento esclusivo è quindi un’estensione lecita del diritto di comproprietà, a meno che non si traduca in un’esclusione degli altri. L’art. 1144 c.c., d’altro canto, stabilisce che ‘gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non possono servire di fondamento all’acquisto del possesso’. La Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, il godimento esclusivo da parte di un fratello e della sua famiglia rientrasse pienamente in un quadro di tolleranza da parte degli altri fratelli comproprietari, in assenza di atti inequivocabili volti a mutare il titolo del possesso.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela della comproprietà, specialmente in contesti familiari. Per poter usucapire la quota degli altri contitolari, il comproprietario non può fare affidamento sulla propria permanenza esclusiva nel bene e sull’inerzia altrui. Deve invece dimostrare di aver posto in essere atti concreti e manifesti, che rendano palese la sua intenzione di trasformare il compossesso in un possesso esclusivo, superando la forte presunzione di tolleranza che caratterizza i rapporti tra parenti. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi.

Il semplice godimento esclusivo di un bene in comproprietà è sufficiente per l’usucapione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il godimento esclusivo da parte di un comproprietario non è di per sé sufficiente, in quanto può derivare dalla mera tolleranza degli altri, che non perdono il loro diritto per il solo fatto di non utilizzare il bene.

Il rapporto di parentela tra comproprietari come influisce sulla valutazione della tolleranza?
Il rapporto di stretta parentela rafforza notevolmente la presunzione di tolleranza. Atteggiamenti di accondiscendenza e forme di godimento esclusivo di lunga durata sono considerati normali in ambito familiare e non sono, da soli, idonei a dimostrare un possesso valido per l’usucapione.

Cosa deve fare un comproprietario per usucapire la quota degli altri?
Deve compiere atti che manifestino in modo inequivocabile e riconoscibile agli altri l’intenzione di possedere il bene come proprietario esclusivo e non più come semplice comproprietario. Questo richiede un comportamento che renda impossibile agli altri l’esercizio del loro diritto e che comunichi la volontà di possedere in via esclusiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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