Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21695 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21695 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11960/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1656/2019 depositata il 21/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne innanzi al Tribunale di Ascoli Piceno la sorella NOME per sentire dichiarare, in suo favore l’ avvenuto acquisto per usucapione di alcuni terreni ed annesso fabbricato rurale cointestati per la metà alla convenuta.
Il Tribunale rigettò la domanda sia in relazione al fabbricato che ai terreni perché non ritenne sussistente la prova del possesso esclusivo sui beni, risultando invece elementi di segno contrario costituiti da una missiva del 2.2.2008, con la quale l’attrice aveva invitato la convenuta a definire la questione relativa alla divisione dei beni in comproprietà; tale nota implicava, secondo il primo giudice, il riconoscimento dell’altrui diritto ed escludeva l’ animus rem sibi habendi in capo all’attrice.
Il Tribunale valorizzò l’ulteriore aspetto costituito dalla circostanza che il possesso vantato da parte attrice era avvenuto congiuntamente con quello della madre, deceduta nell’anno 1996, quando era già decorso il termine per l’usucapione sicché le due sorelle sarebbero ambedue succedute nel diritto acquisito da quest’ultima.
La Corte d’appello di Ancona fu di diverso avviso e, in parziale accoglimento del gravame proposto da NOME COGNOME, accolse la domanda di usucapione limitatamente ai terreni, osservando che l’attrice aveva fornito la prova di averli coltivati nel corso degli anni, e rilevando che la citata missiva del 2.2.2008, con cui si invitava la sorella alla divisione dei beni ereditari, non faceva riferimento ai terreni ma solamente all’abitazione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME sulla base di sei motivi.
Resistono con controricorso NOME e NOME COGNOME, in qualità di eredi di NOME COGNOME.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli art. 113 e 342 cpc, nonché all’art.24 Cost., in relazione dell’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. per non avere la Corte di merito dichiarato l’inammissibilità dell’appello per difetto dei requisiti previsti dall’articolo 342 cpc, mancando, a suo dire, la chiara individuazione delle questioni di diritto e dei punti della sentenza di primo grado contestati con l’atto di gravame.
Il motivo è infondato.
La Corte distrettuale ha ritenuto che i motivi di gravame consentissero di individuare con chiarezza statuizioni impugnate e le ragioni della censura, sì da superare il vaglio di ammissibilità previsto dal’art.342 c.p.c.; è stata richiamata in motivazione l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui gli artt.342 e gli artt. 434 c.p.c., nel testo formulato dal D. L. n.83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n.134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, ma non richiede l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ‘revisio prioris instantiae’ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cassazione civile sez. un., 16/11/2017, n.27199)
L’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può, invero, sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cassazione civile sez. II, 28/10/2020, n.23781).
Nel caso di specie, la Corte ha avuto ben chiare le doglianze formulate con l’atto d’appello tanto da accoglierlo limitatamente alla questione relativa all’usucapione dei terreni.
2 Con il secondo motivo, si deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, co 1, n.5 cpc) rimproverandosi alla Corte d’appello di non aver considerato che gli immobili oggetto di causa erano stati posseduti da NOME COGNOME e da sua madre COGNOME NOME fino alla morte di quest’ultima avvenuta nell’anno 1996, il che escluderebbe che alla data di introduzione del giudizio di primo grado, avvenuta nel 2009 , l’attrice avesse posseduto in via esclusiva i beni in questione per il termine di vent’anni ex art 1158 c.c.
3 Con il quarto motivo di ricorso (che è opportuno trattare in successione per lo stretto legame col secondo), si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1140 c.c., 1158 c.c. e 2697 c.c., degli artt. 113, 114, 115 cpc., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., perché la Corte d’ Appello avrebbe accertato il compimento dell’usucapione da parte del coerede sulla base di meri atti di gestione dei beni, come la coltivazione dei terreni mentre, per l’acquisto della proprietà per usucapione, sarebbero necessari atti
inequivoci volti ad estromettere il coerede dall’utilizzo dei beni. Nel caso di specie, non sarebbe emerso un possesso esclusivo del coerede in quanto nessuno dei testi avrebbe dichiarato che COGNOME NOME fosse la sola a coltivare i terreni, né che la stessa avesse posto in essere comportamenti volti ad impedirne pari uso alla sorella.
Tali motivi sono fondati.
Il coerede che, dopo la morte del de cuius , sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus , risultando a tal fine insufficiente l’astensione degli altri partecipanti dall’uso della cosa comune ( ex multis Cass. Civ., Sez. II, 8.4.2021, n.9359).
Non è, pertanto, univocamente significativo che il coerede abbia utilizzato ed amministrato il bene ereditario e che gli altri coeredi si siano astenuti da analoghe attività, sussistendo la presunzione iuris tantum che abbia agito nella qualità e operato anche nell’interesse anche degli altri coeredi (Cassazione civile sez. II, 16/01/2019, n.966; Cass. 4.5.2018, n.10734; Cass. 25.3.2009, n.7221).
Nel caso di specie, l a Corte d’appello ha ricavato la prova dell’ acquisto per usucapione dalla coltivazione del terreno da parte di NOME COGNOME nonostante che la mera coltivazione del terreno non costituisce elemento idoneo a provare l’esclusività del possesso.
Ed infatti, secondo il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, la coltivazione del terreno costituisce attività materiale che non esprime in modo inequivocabile l’intento del coltivatore di possedere uti dominus , ove non accompagnata da univoci elementi indiziari da cui sia possibile dedurre l’esercizio di una signoria di fatto sul bene ( Cass. 4931/ 2022; Cass. 1796/2022; Cass. 6123/2020; Cass. 17376/2018).
La sentenza impugnata non è conforme all’orientamento consolidato di questa Corte perché ha ritenuto che un mero atto di gestione, come la coltivazione dei terreni, costituisse manifestazione del possesso esclusivo del possesso da parte dell’attrice.
Inoltre, la Corte d’appello ha omesso di accertare se i terreni oggetto di causa fossero stati posseduti anche dalla madre dell’attrice fino alla sua morte, in quanto, in tale ipotesi, vi sarebbe stata una successione nel possesso da parte della sorella convenuta (Cass. Civ., Sez. II, 29.11.2022, n. 35067).
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto per nuovo esame, in relazione ai citati motivi.
4 Restano così logicamente assorbiti il terzo motivo e il quinto motivo di ricorso (con cui ci si duole che la Corte d’appello abbia posto a fondamento della propria decisione deposizioni rese dai testimoni su capitoli di prova inammissibili ed in assenza di specifica motivo di gravame sulla valutazione delle prove), nonché il sesto motivo per avere il giudice di merito escluso che le attività realizzate da COGNOME NOME sui terreni fossero riconducibili alla mera tolleranza.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione, che regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione