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Usucapione coerede: guida alla Cassazione 5109/2024

Un co-erede ricorre in Cassazione dopo che la Corte d’Appello ha negato la sua richiesta di usucapione coerede su una proprietà condivisa con un altro erede residente all’estero. La Corte d’Appello aveva evidenziato che la vendita parziale della loro quota (2/3) implicava il riconoscimento dei diritti del terzo erede. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che per l’usucapione tra coeredi è necessaria la prova di una volontà inequivocabile di possedere in via esclusiva, prova che in questo caso non è stata fornita.

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Usucapione tra Coeredi: Quando il Possesso Diventa Proprietà Esclusiva?

L’usucapione coerede è un istituto giuridico che permette a uno dei comproprietari di un bene ereditario di diventarne l’unico proprietario, a condizione di dimostrare un possesso esclusivo e prolungato nel tempo, tale da escludere gli altri eredi. La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 5109 del 27 febbraio 2024, offre chiarimenti cruciali sui requisiti probatori necessari, specialmente quando gli altri coeredi sono fisicamente distanti.

I Fatti di Causa: una Vicenda Ereditaria Complessa

La vicenda trae origine dalla richiesta di due fratelli di veder riconosciuto il loro acquisto per usucapione di alcuni immobili facenti parte dell’eredità materna. Essi sostenevano di aver posseduto tali beni in via esclusiva fin dalla morte della madre, escludendo di fatto il terzo fratello, e di conseguenza i suoi eredi. Il Tribunale di primo grado aveva accolto la loro domanda. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, rigettando la richiesta di usucapione. L’erede dei due fratelli originari decideva quindi di portare il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale aveva negato l’usucapione basandosi su un’attenta analisi del comportamento dei coeredi possessori. Secondo i giudici d’appello, il semplice utilizzo e la gestione dell’immobile non erano sufficienti a dimostrare la volontà di escludere l’altro erede. La lontananza di quest’ultimo, residente all’estero, giustificava la sua mancata partecipazione alla gestione del bene. L’elemento decisivo, secondo la Corte, era un atto di vendita del 2005, con cui i due fratelli avevano ceduto a terzi solo la loro quota di 2/3 dell’immobile, e non l’intera proprietà. Questo atto è stato interpretato come un riconoscimento implicito della quota di proprietà del terzo fratello.

I Motivi del Ricorso e la prova dell’usucapione coerede

La ricorrente in Cassazione ha contestato la decisione d’appello su più fronti. Principalmente, ha sostenuto che la Corte non avesse valutato correttamente tutte le prove, come i lavori di ristrutturazione e le pratiche di condono edilizio, che avrebbero dimostrato un possesso uti dominus (cioè come unici proprietari). Inoltre, ha argomentato che la vendita della sola quota dei 2/3 era una necessità, poiché non era ancora stata ottenuta una sentenza che accertasse l’usucapione della restante quota di 1/3.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, esaminando congiuntamente i motivi, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la solidità del ragionamento della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale in materia di usucapione coerede: il comproprietario che intende usucapire le quote altrui deve fornire la prova rigorosa di aver esteso il proprio possesso in termini di esclusività. Questo significa compiere atti che manifestino in modo inequivocabile la volontà di possedere il bene come proprietario esclusivo e non più come semplice comproprietario.

La Corte ha precisato che l’utilizzo e l’amministrazione del bene da parte di un coerede, così come il pagamento delle imposte o le opere di manutenzione, sono attività che si presumono compiute anche nell’interesse degli altri, specialmente se questi sono impossibilitati a partecipare attivamente. Per vincere questa presunzione, sono necessari “atti univoci volti a dimostrare la volontà di escludere gli altri eredi dal possesso della cosa”.

Nel caso specifico, la vendita parziale della quota di 2/3 è stata considerata un argomento rafforzativo che dimostrava la “consapevolezza della spettanza dell’altro 1/3 agli appellanti”. In altre parole, vendendo solo la propria quota, i fratelli avevano implicitamente ammesso di non essere i proprietari esclusivi dell’intero immobile. Pertanto, la Corte ha concluso che la motivazione della sentenza d’appello era logica, coerente e non inferiore al minimo costituzionale, e che le censure della ricorrente si risolvevano in un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio di merito.

Conclusioni

L’ordinanza n. 5109/2024 rafforza un orientamento consolidato: l’usucapione coerede richiede una prova particolarmente stringente. Non basta possedere e gestire il bene ereditario per anni; è indispensabile dimostrare, con atti concreti e inequivocabili, di aver trasformato il proprio possesso da uti condominus (come comproprietario) a uti dominus (come proprietario esclusivo). Un atto come la vendita della sola propria quota può essere interpretato come un elemento contrario a tale volontà, indebolendo significativamente la domanda di usucapione.

Un coerede può usucapire la quota degli altri coeredi?
Sì, un coerede può usucapire la quota degli altri eredi, ma deve dimostrare di aver posseduto il bene ereditario in modo esclusivo, con atti che manifestino una volontà inequivocabile di possedere come unico proprietario (uti dominus) e non più come semplice comproprietario (uti condominus).

Cosa deve dimostrare un coerede per ottenere l’usucapione?
Deve fornire la prova di aver esteso il suo possesso sul bene in termini di esclusività, compiendo atti incompatibili con la possibilità di godimento altrui. La semplice gestione del bene o il fatto che gli altri coeredi si astengano da attività analoghe non è sufficiente, poiché si presume che agisca anche nel loro interesse.

La vendita di una quota parziale dell’immobile ereditario ha valore di prova nel giudizio di usucapione?
Sì, secondo la Corte, la vendita da parte dei coeredi della sola loro quota (ad esempio 2/3) e non dell’intero immobile può essere considerata un forte indizio contrario alla volontà di possedere l’intero bene come proprietari esclusivi. Tale atto dimostra la consapevolezza che una parte del bene (l’altro 1/3) spetta ad altri eredi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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