Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20346 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20346 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20953 -2018 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti nella qualità di eredi di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale sono rappresentati e difesi giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Frosinone, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dalla quale sono rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2844/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 3/5/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del //2023
dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato in data 17/11/2008, NOME e NOME COGNOME convennero avanti al Tribunale di Frosinone NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, eredi del fratello NOME COGNOME, deceduto nel 1987, chiedendo lo scioglimento della comunione costituitasi per l’intervenuto acquisto dal loro padre NOME, con atto di compravendita del 18/11/1969, di alcuni terreni e fabbricati rurali.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e, con atto separato, NOME COGNOME chiesero, in riconvenzionale, dichiararsi l’usucapione, pro indiviso e in parti uguali fra loro, di alcuni tra i beni immobili in comunione e, precisamente, per quel che qui rileva, dei terreni in Torrice identificati con i mappali 979, 631, 606 e 933, aventi natura di seminativi arborati con sovrastanti fabbricati ad uso civile abitazione e rurali, con i mappali 727, 765, 728 e 52 del fgl. 5, nonché, del fg.3, con i mappali 683 e 158 con sovrastante manufatto rurale e 136, 716, 123 aventi natura di seminativi arborati; sostennero, infatti, di averli posseduti uti domino per oltre 30 anni, e comunque, dal 1969, quando NOME COGNOME, ritornato dal Venezuela, si era trasferito in quegli immobili con la famiglia; in subordine, chiesero la condanna degli attori a rimborsare le somme spese per il completamento e, poi, per la manutenzione del fabbricato insistente sulle p.lle 727, 765, 728 e 52 del fgl. 5, e a corrispondere loro un indennizzo per l’incremento di valore conseguente alle opere di miglioramento e di ristrutturazione.
Interrotto e poi riassunto il giudizio in seguito alla morte di NOME COGNOME, con sentenza non definitiva n. 111/2013, il Tribunale di Frosinone rigettò la domanda riconvenzionale di usucapione, disponendo il prosieguo del giudizio per l’esame e l’i struzione della domanda di divisione e della domanda riconvenzionale subordinata di rimborso delle spese sostenute e di pagamento dei miglioramenti; riservò altresì al definitivo la regolamentazione delle spese di lite.
Il Tribunale escluse la sussistenza di prova dell’intervenuta interversione del possesso, da uti condomini a quello animo domini .
Avverso questa sentenza non definitiva proposero appello NOME, NOME e NOME COGNOME, chiedendo la rivalutazione del materiale probatorio e deducendo l’erroneità del rigetto della domanda riconvenzionale.
Il giudizio fu interrotto per l’intervenuto decesso di NOME e poi riassunto; quindi, con sentenza n. 2844/18, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza non definitiva, accolse la domanda di usucapione e condannò NOME COGNOME e gli eredi di NOME al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio.
In particolare, la Corte territoriale escluse che, dall’inizio dell’edificazione della casa, gli altri coeredi avessero posto in essere alcun atto di esercizio del compossesso fino alla domanda giudiziale.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. NOME, NOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali eredi di NOME e NOME COGNOME hanno prospettato la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per avere la Corte
d’appello ritenuto fatto non contestato il possesso pacifico e non interrotto degli immobili da parte dei coeredi.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno lamentato la violazione degli artt. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 1158 cod. civ., per non avere la Corte di Appello valutato, secondo prudente apprezzamento, le prove, ricostruendo erroneamente la fattispecie.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 cod. civ. , per avere la Corte d’appello accolto la domanda di intervenuta usucapione formulata dagli attori pur in assenza delle prove certe del termine iniziale di decorrenza del possesso ad usucapionem , da intendersi necessariamente, trattandosi di bene comune, come possesso esclusivo escludente gli altri comproprietari; in tal senso rileverebbe unicamente una missiva del 31/3/1995, rispetto a cui, tuttavia, la citazione del 2008 per la divisione dell’immobile risulterebbe aver utilmente interrotto il termine ventennale.
1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per essere stati condannati al pagamento anche delle spese processuali del primo grado, sebbene la sentenza non fosse definitiva e il primo giudice avesse rimesso la statuizione sulle spese alla sentenza definitiva.
Il terzo motivo, che dev’essere esaminato per primo per priorità logica, è fondato.
La Corte d’appello, per motivare l’accoglimento della domanda si è limitata a rilevare il «possesso pacifico e non interrotto» del fabbricato ad uso abitazione, insistente sulle p.lle 727, 765, 728 e 52 del fgl. 5, da parte di NOME COGNOME, sin da quando egli era tornato dal
Venezuela, nel 1969, e a sottolineare in diritto che è attribuibile efficacia interruttiva soltanto ad atti che comportino la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa oppure ad atti giudiziali diretti a questa privazione; pur avendo, poi, ribadito il principio per cui all’usucapione di un bene in comunione «non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano astenuti dall’uso comune della cosa» (pag. 4 della sentenza, secondo capoverso), in realtà ha proprio ravvisato il possesso utile ad usucapi re soltanto nell’avere NOME NOME il fabbricato come sua abitazione, pur senza individuare alcun atto di effettiva esclusione dei comproprietari dal compossesso, anzi affermando che «gli altri eredi hanno tollerato» questa situazione, hanno fissato altrove la rispettiva residenza familiare, hanno limitato la frequentazione a «forme tipiche della visita occasionale»; addirittura ha individuato quale atto significativo della esclusione dei comproprietari la scrittura privata del 1973 con cui NOME aveva inteso trasferire i suoi diritti sull’immobile in INDIRIZZO, in Torrice, al fratello NOME.
Così decidendo, la Corte territoriale, seppure li abbia formalmente richiamati, non ha correttamente applicato i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, elaborati in materia di comunione ereditaria ma applicabili anche nelle ipotesi di comunione ordinaria, secondo cui il coerede che possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività per poter usucapire per intero il bene comune.
Il comproprietario, infatti, non deve necessariamente compiere gli atti di interversio possessionis previsti dagli artt. 1141 e 1164 cod. civ., ma deve, tuttavia, pur sempre porre in essere atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo et animo domini della intera cosa, incompatibili con il permanere di quello altrui sulla stessa; in tal senso, il coerede deve godere del bene con
modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus .
È stato ritenuto, allora, nella giurisprudenza di questa Corte, non univocamente significativo che il comproprietario abbia NOME ed amministrato il bene ereditario e che i coeredi si siano astenuti da analoghe attività, sussistendo la presunzione iuris tantum che egli abbia agito nella qualità di coerede e abbia perciò operato anche nell’interesse degli altri (Cass. Sez. 2, n. 10734 del 04/05/2018).
È stata pure ritenuta insufficiente l’astensione degli altri partecipanti dall’uso della cosa comune (Cass. Sez. 2, n. 9359 del 08/04/2021); né è significativo il pagamento delle imposte e lo svolgimento di opere di manutenzione, operando la presunzione iuris tantum dell’aver agito nella qualità di coerede e di aver soltanto anticipato anche la quota degli altri comproprietari (Cass. Sez. 2, n. 35067 del 29/11/2022).
In tal senso, non può rilevare la scrittura privata del 1973 come descritta in sentenza, con cui NOME aveva inteso trasferire al fratello NOME i suoi diritti sull’immobile in INDIRIZZO, in Torrice, perché questo atto di disposizione rivela, al contrario, proprio l’esercizio del diritto del comproprietario cedente.
Si aggiunga, infine, che il rapporto di fratellanza tra i comunisti toglie valore alla circostanza, invece evidenziata dalla Corte, della lunga durata dell’esercizio del possesso sull’intero bene : qualora si verta in rapporti di parentela e non di mera amicizia o di buon vicinato (questi ultimi risultando, a differenza dei primi, di per sé labili e mutevoli) il protrarsi della tolleranza per un lungo arco di tempo non è stato ritenuto elemento presuntivo in favore dell’esclusione dal possesso dei comproprietari familiari (cfr. Cass. Sez. 2, n. 11315 del 10/05/2018).
Il motivo deve, pertanto, essere accolto e, in logica conseguenza l ‘esame dell e altre censure è assorbito.
La sentenza impugnata è perciò cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione perché provveda al riesame dei fatti in applicazione dei principi di diritto qui esposti, statuendo anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda