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Usucapione bene in comunione: cosa serve per provarla

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20346/2024, ha chiarito i requisiti per l’usucapione di un bene in comunione tra coeredi. La Corte ha stabilito che non è sufficiente il semplice utilizzo esclusivo del bene da parte di un coerede, anche se protratto nel tempo. È necessario compiere atti che manifestino in modo inequivocabile la volontà di escludere gli altri comproprietari dal godimento del bene, dimostrando un possesso incompatibile con i diritti altrui. La sentenza di merito che aveva accolto la domanda di usucapione basandosi sulla mera tolleranza degli altri familiari è stata quindi cassata con rinvio.

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Usucapione bene in comunione: Quando il Possesso Esclusivo Non Basta

L’usucapione di un bene in comunione è una questione giuridica complessa, specialmente quando coinvolge rapporti familiari. Non basta utilizzare un immobile ereditato in via esclusiva per anni per diventarne i soli proprietari. La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 20346 del 23 luglio 2024, ha ribadito la necessità di prove inequivocabili che dimostrino l’intenzione di escludere gli altri coeredi. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa: una Controversia Familiare sull’Eredità

La vicenda nasce da una richiesta di scioglimento di una comunione ereditaria su terreni e fabbricati rurali. Alcuni coeredi, attori nel giudizio, si opponevano alla divisione, sostenendo di aver acquisito la proprietà esclusiva di parte degli immobili per usucapione. In particolare, affermavano di aver posseduto tali beni in modo esclusivo e ininterrotto per oltre trent’anni, da quando il loro dante causa era tornato dall’estero nel 1969 e si era stabilito in quegli immobili con la sua famiglia.

Il Percorso Giudiziario: Decisioni Contrastanti

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda di usucapione. I giudici avevano ritenuto che non vi fosse prova di un'”interversione del possesso”, ovvero di un cambiamento del titolo del possesso da uti condominus (come comproprietario) a uti dominus (come proprietario esclusivo).

Di parere opposto la Corte d’Appello, che aveva riformato la sentenza. Secondo i giudici di secondo grado, il possesso pacifico e ininterrotto del fabbricato da parte di un ramo della famiglia era sufficiente a fondare l’usucapione, accogliendo così la loro domanda e condannando gli altri coeredi al pagamento delle spese legali.

Usucapione bene in comunione: I Principi della Cassazione

Contro la decisione della Corte d’Appello, gli altri coeredi hanno proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e chiarendo i principi fondamentali in materia.

I giudici hanno sottolineato che, per l’usucapione di un bene in comunione, il comproprietario che intende acquisire la proprietà esclusiva non può limitarsi a provare di aver utilizzato il bene. Deve, invece, dimostrare di aver posto in essere atti e comportamenti che manifestino in modo chiaro e inequivocabile la volontà di possedere l’intera cosa animo domini, in modo incompatibile con il permanere del possesso altrui.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha censurato la sentenza d’appello perché ha erroneamente equiparato il semplice utilizzo esclusivo dell’immobile a un possesso valido per l’usucapione. Secondo gli Ermellini, il fatto che un coerede utilizzi l’immobile come propria abitazione, mentre gli altri si astengono, non è sufficiente. Tale situazione, infatti, può essere interpretata come semplice tolleranza, specialmente in un contesto di rapporti familiari.

La Corte ha specificato che atti come l’amministrazione del bene, il pagamento delle imposte o l’esecuzione di lavori di manutenzione non sono di per sé significativi, poiché si presume (iuris tantum) che il coerede agisca anche nell’interesse degli altri comproprietari. Anche un atto di disposizione, come una scrittura privata con cui un coerede intendeva trasferire i suoi diritti a un altro, è stato ritenuto irrilevante. Anzi, tale atto dimostra proprio l’esercizio del diritto da parte del comproprietario cedente, e non un possesso esclusivo da parte del ricevente.

Il rapporto di fratellanza tra le parti, inoltre, rafforza la presunzione di tolleranza, rendendo ancora più difficile dimostrare l’esclusione degli altri dal possesso. La lunga durata della tolleranza in un contesto familiare non costituisce un elemento presuntivo a favore di chi vuole usucapire.

Conclusioni: Cosa Insegna questa Ordinanza

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: per l’usucapione di un bene comune non basta godere del bene più degli altri. È necessario un comportamento attivo, percepibile dall’esterno, che neghi il diritto degli altri comproprietari e manifesti la volontà di possedere in via esclusiva. Chi intende far valere l’usucapione ha l’onere di fornire una prova rigorosa di tali atti, superando la presunzione di tolleranza che caratterizza i rapporti tra contitolari, soprattutto se legati da vincoli di parentela.

È sufficiente abitare in un immobile in comunione per molti anni per diventarne proprietario esclusivo per usucapione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il semplice utilizzo di un bene comune come propria abitazione, anche se per un lungo periodo, non è sufficiente a integrare il possesso valido per l’usucapione, poiché può essere frutto della mera tolleranza degli altri comproprietari.

L’astensione degli altri coeredi dall’utilizzare il bene comune favorisce la richiesta di usucapione?
No. La Corte ha ritenuto insufficiente la semplice astensione degli altri partecipanti dall’uso della cosa comune. È necessario che il coerede che possiede il bene compia atti positivi che manifestino l’intenzione di escludere gli altri dal godimento del bene.

In un contesto familiare, la lunga tolleranza nell’uso esclusivo di un bene da parte di un coerede ha valore per l’usucapione?
No, anzi, il rapporto di parentela (come la fratellanza) toglie valore alla lunga durata dell’esercizio del possesso esclusivo. In tali contesti, il protrarsi della tolleranza per un lungo arco di tempo non è considerato un elemento presuntivo a favore dell’esclusione dal possesso degli altri comproprietari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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