Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18510 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18510 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 18642 del ruolo generale dell’anno 2020 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Lissone (MB), INDIRIZZO (c.f.NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante p.t. A.D. Dott. NOME COGNOME elettivamente domiciliato a Roma, INDIRIZZO (c/o avv. NOME COGNOME) con gli Avv.ti NOME COGNOMEc.f. VNN CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (c.f. MNF RFL CODICE_FISCALE), che lo rappresentano e difendono per procura speciale in calce al ricorso e dichiarano domicilio informatico alle rispettive caselle PEC EMAIL e EMAIL pec.EMAIL nonché ai recapiti fax NUMERO_TELEFONO e NUMERO_TELEFONO.
Ricorrente
contro
Comune di Bomba (CH), con sede legale in Bomba (CH), INDIRIZZO C.F. P_IVA, in persona del suo legale rappresentante, il Sindaco protempore NOME COGNOME rappresentato e difeso, come da procura speciale apposta in calce al controricorso e rilasciata in esecuzione della Delibera di Giunta Comunale n. 35 del 29 giugno 2020, dall’avv. NOME COGNOMEC.F.
CODICE_FISCALE) e dall’avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE del Foro di L’Aquila ed elettivamente domiciliato presso lo Studio Legale dell’avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO, indirizzi pec: EMAIL, EMAIL; Fax NUMERO_TELEFONO.
Controricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , con sede a Milano, INDIRIZZO, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona della Dott.ssa NOME COGNOME nata a Roma il 29.07.1977, in qualità di procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, INDIRIZZO, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in forza dei poteri alla stessa conferiti con atto del Notaio Dott.ssa NOME COGNOME di Roma in data 12.02.2020, rep. n. 12910 racc. n. 6277, rappresentata e difesa nel giudizio di cui al presente atto dall’ Avv. NOME COGNOME del Foro di L’Aquila (c.f. CST CODICE_FISCALE) e con lui elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di volere ricevere le comunicazioni di cancelleria all’indirizzo EMAIL in virtù di procura stesa in calce al controricorso.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 2084 depositata il 27 aprile 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con decisione n° 36/2016 il Commissario agli Usi Civici per la Regione Abruzzo -espletata una consulenza tecnica – accertava la natura demaniale civica dei fondi siti in Comune di Bomba, località
Monte Pallano, meglio individuati in sentenza e ne ordinava la reintegra in favore dell’Ente territoriale.
Il reclamo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE (nel corso del quale interveniva la RAGIONE_SOCIALE per sostenerne le ragioni) veniva respinto dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza indicata in intestazione.
2 .-Osservava la Corte che la reclamante, con l’unico indistinto motivo di gravame, si era doluta dell’erroneità delle affermazioni e conclusioni del Commissario ed affermava, in sintesi, che i coloni inamovibili, insediatisi in loco fin da prima del 1810, avevano acquisito diritti ‘di quasi dominus ‘ e avevano apportato migliorie ‘ fixe vinctae ‘, che consentivano l’applicazione dell’art. 30 del R.D. 10 marzo 1810 e che, dunque, i diritti di uso civico potevano essere liquidati con l’affrancazione del canone.
Così riassunto il motivo di reclamo, la Corte, esaminandone il merito, riteneva che fosse incontestata l’appartenenza del terreno al Demanio civico del Comune di Bomba e che lo stesso Commissario avesse riconosciuto l’esistenza in loco di ‘ coloni inamovibili ‘, donde l’applicabilità in linea teorica dell’art. 30 del Decreto reale del 10 marzo 1810, il quale prevedeva ‘ una forma di legittimazione subordinata (…) all’accertamento di migliorie fixe vinctae apportate al fondo ‘.
Nondimeno, tale legittimazione non poteva essere invocata nella fattispecie, essendo necessario ‘ l’intervento della potestà dello Stato ovvero mediante apposito provvedimento ‘.
Non vi era stato, infatti, ‘ alcun atto formale di affrancazione, legalizzazione o riconoscimento delle occupazioni ‘, poiché il Comune non lo aveva mai emesso: infatti, il Consiglio Comunale di Bomba con Delibera n° 65 del 1° novembre 1881 aveva autorizzato il Sindaco alla stipula di ‘ strumenti di commutazione delle prestazioni in generi a canone fisso ‘, ma non risultava (e non vi era prova in atti) che un siffatto strumento fosse poi intervenuto.
D’altra parte, il reclamante (che ne aveva l’onere) nemmeno aveva dato prova di aver apportato migliorie permanenti al fondo: anzi, il Commissario aveva indicato, quale prova dell’assenza di esse (nonché del mutamento della destinazione dei fondi) la realizzazione di opere edili e l’installazione di impianti e ripetitori telefonici o radiotelevisivi.
Ne derivava, in conclusione, la natura allodiale del suolo e l’occupazione senza titolo di esso da parte di RAGIONE_SOCIALE conformemente alla decisione del Commissario.
3 .- Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidando il gravame a tre motivi.
Resiste il Comune, che conclude per l’inammissibilità e comunque per il rigetto dell’impugnazione.
RAGIONE_SOCIALE ha aderito al ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE chiedendone l’accoglimento.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 28-2930 rd 10/3/1810 in relazione all’art.360 comma i n. 3 ‘ -la ricorrente censura il passaggio motivazionale con cui la Corte d’appello ha affermato che non sarebbe intervenuta alcuna legalizzazione, annettendo rilevanza decisiva al fatto che, dopo l’accertamento della presenza di coloni inamovibili da epoca anteriore al 1810, il Comune non deliberò il riconoscimento di detta qualità, ma delegò al Sindaco di provvedere: delibera alla quale non avrebbe fatto seguito alcuno ‘ strumento di commutazione ‘.
Tale conclusione contrasterebbe col dettato normativo previsto dal Decreto 10 marzo 1810, costituente il regolamento di esecuzione del Real decreto 3 dicembre 1808, che a sua volta dava esecuzione alla legge 1° settembre 1806 e al decreto 8 giugno 1807.
Tali norme avrebbero esentato i possessori dei fondi sottoposti a diritti collettivi ed escluso dalla divisione i predi portanti migliorie, nonché rimesso ai ‘ Commessari ‘ la divisione dei suoli, mediante provvedimenti aventi natura (non di semplici relazioni da sottoporre al vaglio del Comune, ma) di deliberazioni vincolanti.
Ne deriverebbe, a dire della ricorrente, che la delibera comunale n° 65 del 1881 correttamente non poteva rimettere al Sindaco di discernere fra effettivi coloni inamovibili e precari, in quanto non al Sindaco era demandato tale potere, ma ai ‘ Commessari ‘.
Col secondo motivo -proposto in subordine e rubricato ‘ ancora errata e falsa applicazione degli artt. 28-29-30 decreto 10 marzo 1810, mancato coordinamento con la normativa repubblicana e mancata lettura costituzionalmente orientata, in relazione all’art. 360 comma I n. 3 ‘ -la ricorrente deduce che, anche in assenza di un formale atto, vi sarebbe stata affrancazione o cessazione della demanialità del fondo, in ragione sia del venir meno dell’uso collettivo già anteriormente al codice civile del 1942, sia del fatto che il Codice delle Comunicazioni Elettroniche (d.lgs. 1° agosto 2003 n° 259), riconosce agli impianti di reti di comunicazione elettronica ed alle opere accessorie (torri, tralicci, cabine, ecc.) il carattere di pubblica utilità, confermata anche implicitamente dal rilascio delle concessioni comunali per la realizzazione dell’impianto radioelettrico.
In conclusione, un bene sarebbe pubblico non perché astrattamente collocabile in una delle categorie del codice civile, ma in quanto fonte di beneficio per la collettività.
Col terzo mezzo la ricorrente deduce un ‘ irriducibile contrasto della motivazione con emergenze processuali. Motivazione apparente, in relazione all’art. 360 comma I n. 5 c.p.c. ‘.
La Corte avrebbe letto malamente la relazione del c.t.u. ed i chiarimenti resi; non avrebbe fatto alcun cenno ai documenti menzionati nel reclamo a dimostrazione delle opere fixe vinctae e,
segnatamente, al processo verbale del ‘ Commessario ‘ datato 7 ottobre 1810; avrebbe attribuito al perito conclusioni che questi non avrebbe mai reso.
5 .-Preliminarmente occorre disattendere l’eccezione, sollevata dal Comune, di inammissibilità del ricorso per cassazione a causa dell’omessa opposizione della verifica demaniale nei termini di legge da parte dei danti causa del ricorrente (RAGIONE_SOCIALE e della conseguente decadenza dalla possibilità di agire giudizialmente.
Anzitutto, non risulta dagli atti che l’atto redatto dal geometra COGNOME e dall’ingegner COGNOME fosse un progetto per la liquidazione dei diritti di uso civico: donde l’estraneità alla presente materia dell’art. 15 del r.d. n° 332/1928.
Quanto al termine previsto dall’art. 30 del r.d. n° 332, l’eccezione sollevata dal Comune non risulta dalla sentenza della Corte d’appello, la quale, invece, ha riferito nella parte narrativa della sentenza che ‘ el costituirsi il Comune di Bomba contestava la fondatezza del reclamo e ne chiedeva il rigetto, con conferma della sentenza impugnata e vittoria di spese del grado ‘.
Trattandosi di questione non di puro diritto, ma mista (di fatto e diritto, in quanto la tardività dipende dall’accertamento della data di avvenuta pubblicazione o notificazione del progetto di liquidazione dei diritti), l’eccezione in rito avrebbe dovuto essere fatta valere con un ricorso incidentale condizionato.
Ed anche a ritenerla ammissibile, essa appare priva di autosufficienza, in quanto il controricorrente avrebbe, dunque, dovuto indicare il luogo processuale nel quale tale questione venne posta nel precedente giudizio di merito.
6 .- Tanto premesso, si passa allo scrutinio dei mezzi.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Prima di esaminarlo più da vicino, conviene rammentare che la disciplina degli usi civici -prima di ricevere la regolamentazione dettata dalla legge 20 novembre 2017 n° 168 -era regolata dalla legge 16 giugno 1027 n° 1766 (mantenuta in vigore dalla legge n° 168/17) e dal relativo regolamento di attuazione (r.d. 26 febbraio 1928 n° 332).
Mentre la legge n° 168/17, che ha introdotto la nuova figura dei ‘ domini collettivi ‘ senza eliminare la tradizionale categoria degli ‘ usi civici ‘, né abrogarne la fonte normativa, è ispirata dall’esigenza di salvaguardare le numerose forme, molteplici e diverse nelle varie aree territoriali, in cui si realizzano modalità di godimento congiunto e riservato di un bene fondiario da parte dei membri di una comunità (Corte cost. 228/2021), la precedente disciplina era caratterizzata da una più marcata finalità liquidatoria dei predetti diritti, anche al fine di reperire terre da distribuire ai reduci dalla prima guerra mondiale.
Essa, infatti, prevedeva la liquidazione degli usi mediante tre modalità: anzitutto, mediante una trasformazione di tali diritti reali atipici nella proprietà pubblica di una parte del fondo, che veniva scorporata e divisa dalla restante parte lasciata alla proprietà privata (cosiddetta liquidazione per scorporo: artt. 5 e 6); secondariamente, nella mera conversione in un canone di natura enfiteutica spettante al comune (cosiddetta liquidazione mediante canone: art. 7, primo comma); in terzo luogo -ma solo nel caso delle ex province pontificie -mediante l’attribuzione della proprietà ‘ a favore della popolazione di un Comune, di una frazione, o di una associazione agraria ‘ (art. 7, secondo comma), a seguito di un meccanismo di affrancazione invertita, che faceva salva l’imposizione di un canone a favore del privato (sul che si veda più diffusamente Corte cost. 236/2022).
La legge n° 1766/1927, sempre nell’ottica liquidatoria, prendeva in considerazione e disciplinava anche il caso in cui sulle terre di uso civico fossero ‘ avvenute occupazioni ‘ (art. 9).
Ricorrendo tale ipotesi, l’occupazione avrebbe potuto ‘ essere legittimata ‘, su domanda dello stesso occupante, purché ricorressero tre condizioni: apporto di sostanziali e permanenti migliorie; assenza di interruzione della continuità dei terreni; e durata dell’occupazione per almeno un decennio.
In questo contesto è sopraggiunta la riforma legislativa sul trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle regioni (d.P.R. 24 luglio 1977 n° 616), con la quale sono state assegnate alle regioni ‘ tutte le funzioni amministrative relative alla liquidazione degli usi civici, allo scioglimento delle promiscuità, alla verifica delle occupazioni e alla destinazione delle terre di uso civico e delle terre provenienti da affrancazioni, ivi comprese le nomine di periti ed istruttori per il compimento delle operazioni relative e la determinazione delle loro competenze ‘ (art. 66, quinto comma), riservando però allo Stato le funzioni amministrative concernenti ‘ l’approvazione delle legittimazioni sugli usi civici, di cui alla legge 16 giugno 1927, n. 1766 ‘ (art. 71, primo comma, lettera i), da effettuare con ‘ decreto del Presidente della Repubblica d’intesa con la regione interessata ‘.
Tanto premesso, la Corte d’appello ha osservato che era incontestata l’affermazione del primo giudice secondo la quale il terreno per cui era lite rientrava nel Demanio Comunale universale civico e che nella vicenda in esame non era intervenuto alcun provvedimento di legittimazione.
La prima affermazione non è stata posta in dubbio dal ricorrente e può dunque ritenersi un dato ormai irrevocabile.
La seconda affermazione è sicuramente corretta, in quanto -come si è sopra detto -la legittimazione dell’occupazione del fondo non poteva che intervenire, secondo le norme applicabili ratione
temporis , mediante un provvedimento statale, ossia un d.P.R., da emettere, secondo l’art. 5 della legge reg. Abruzzo 3 marzo 1988 n° 25 (‘ Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche – Esercizio delle funzioni amministrative ‘), su intesa della Regione e su domanda dell’occupante (art. 9 della legge n° 1766/1927).
È, dunque, del tutto fuori fuoco la censura del primo motivo con la quale la ricorrente invoca l’applicazione di disposizioni normative degli anni 1806 e seguenti, da considerare ormai abrogate.
Infatti, l’art. 16 della legge 20 marzo 1865 n° 2248, all. E, ha previsto che ‘ ono temporaneamente mantenuti nelle Province napoletane e siciliane i procedimenti riguardanti scioglimenti di promiscuità, divisione in massa e suddivisione dei demani comunali, e quelli di reintegra per occupazione o illegittima alienazione dei demani medesimi ‘: ma tale temporanea conservazione è evidentemente cessata a seguito delle disposizioni sopravvenute con legge n° 1766/1927, che hanno introdotto nell’ordinamento italiano norme incompatibili con quelle precedenti e comunque regolanti l’intera materia oggetto delle disposizioni pregresse (art. 15 preleggi).
A tutto concedere, dovrebbe poi osservarsi che la materia regolata dagli artt. 28 e 30 del Decreto reale 10 marzo 1810 (emesso da ‘ NOMECOGNOME Re delle Due Sicilie ‘) -ossia le occupazioni di ‘ demani ex-feudali ed ecclesiastici ‘ (anche ammesso, e non concesso, che il fondo in contesa sia così qualificabile) da parte di ‘ coloni perpetui inamovibili ‘, nel caso in cui ‘ le porzioni di demanio nelle quali il colono abbia immutato la superficie in meglio e le migliorie sieno tali che possano dirsi fixe vinctae ‘ -ha ricevuto una nuova integrale disciplina dall’art. 9 della legge n° 1766/1927, il quale ha consentito la ‘ legittimazione ‘ dell’occupante a condizione dell’apporto di ‘ sostanziali e permanenti migliorie ‘ e della durata almeno decennale dell’occupazione, determinando il venir meno delle condizioni di legalizzazione dell’occupante (coloni inamovibili o
coloni che avevano migliorato il predio) disciplinate dal citato Decreto reale.
Ne deriva, in conclusione, che, la ratio della sentenza (mancanza di legalizzazione) non è stata efficacemente contestata dalla ricorrente.
6 .- A medesima conclusione deve giungersi quanto al secondo mezzo, che affronta una questione (la possibilità di permanenza degli impianti radioelettrici) che non è stata esaminata dalla sentenza impugnata e per la quale la ricorrente era onerata di indicare il luogo processuale in cui venne dibattuta nei precedenti gradi di merito ( ex multis : Cass., sez. VI-T, 13 dicembre 2019, n° 32804): permanenza che comunque non sembra impedita dall’ordine di reintegra dei terreni nel Demanio comunale, pronunciato dal Commissario per la liquidazione degli usi civici e confermato dalla Corte d’appello.
7 .-Stessa sorte tocca, infine, al terzo mezzo, col quale la ricorrente si duole di una circostanza non decisiva (e peraltro non sufficientemente dimostrata, data la parziale riproduzione dei documenti di causa), ossia della mancata considerazione di tali documenti e del fraintendimento della relazione del c.t.u. in ordine alla presenza di opere fixe vinctae .
Ancora una volta, oltre a invocare l’applicazione di disposizioni normative abrogate, la ricorrente non considera che tali opere (quelle fixe vinctae , ossia, traducendo letteralmente: quelle fissamente avvinte al fondo e, dunque, non scorporabili) non sono altro che quelle migliorie che la legge n° 1766/1927 definisce (art. 9, primo comma, lettera a) ‘ sostanziali e permanenti ‘, ossia, ancora una volta, non asportabili dal predio.
Ciò chiarito, è pure evidente che il tema non è quello della presenza su fondo di tali opere, ma -ancora una volta -quello della mancanza di un provvedimento di ‘ legittimazione ‘, per il quale occorreva dimostrare, secondo la legge n° 1766 (art. 9), la
presenza di tali miglioramenti e la durata almeno decennale dell’occupazione.
8 .- Giova, infine, osservare che il presente contenzioso si inserisce in un filone più ampio e già deciso da questa Corte (Cass., sez. II, 10 agosto 2023, n° 24467 e Cass., sez. II, 23 gennaio 2023, n° 1985) con provvedimenti sfavorevoli agli occupanti.
In particolare, in Cass. 24467/23 si è sottolineato che, attraverso la denuncia di violazione di legge, il ricorrente mirava ad ottenere un inammissibile riesame del merito della vicenda processuale: conclusione che può essere replicata anche per il presente ricorso.
9 .- Alla soccombenza della ricorrente e della Telecom, che ha depositato ricorso adesivo, segue la loro condanna alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Bomba, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 214, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore indeterminabile della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale delle ricorrenti, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna in solido RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a rifondere al Comune di Bomba le spese del presente giudizio, che liquida in euro 7.200,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale delle ricorrenti, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 16 maggio 2025, nella camera di consiglio della prima sezione civile.
Il presidente NOME COGNOME