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Tutela dell’utilizzatore: i diritti nel leasing

La Corte di Cassazione chiarisce i confini della tutela dell’utilizzatore in un contratto di leasing quando il bene fornito si rivela difettoso. Se il rapporto contrattuale diretto tra utilizzatore e fornitore viene meno, sostituito da un’operazione di leasing, l’utilizzatore non può chiedere la risoluzione del contratto di vendita. La sua unica azione possibile verso il fornitore è quella di risarcimento del danno extracontrattuale. Il caso riguardava un’imprenditrice che aveva ricevuto un distributore automatico non funzionante.

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Tutela dell’utilizzatore: i diritti nel leasing con beni difettosi

L’acquisto di beni strumentali tramite leasing è una pratica commerciale diffusa. Ma cosa succede se il macchinario ricevuto non funziona? Quali sono le forme di tutela dell’utilizzatore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla natura delle azioni legali che l’imprenditore può intraprendere contro il fornitore, distinguendo nettamente tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

I fatti del caso: Macchinario difettoso e la complessa struttura contrattuale

Un’imprenditrice, titolare di una tabaccheria, sottoscriveva una proposta di acquisto per un distributore automatico di biglietti istantanei da una società fornitrice. Successivamente, l’operazione veniva strutturata diversamente: la società fornitrice vendeva il macchinario a una società di leasing, la quale, a sua volta, lo concedeva in locazione operativa all’imprenditrice.

Fin dalla consegna, il distributore si rivelava difettoso e non funzionante. Nonostante i numerosi interventi tecnici richiesti dall’utilizzatrice, la società fornitrice non riusciva a risolvere i problemi. Di conseguenza, l’imprenditrice citava in giudizio la società fornitrice per ottenere la sostituzione del bene o, in subordine, la risoluzione del contratto e il risarcimento di tutti i danni patiti: patrimoniali (canoni di leasing versati inutilmente, mancato guadagno) e non patrimoniali (danno all’immagine).

Il percorso giudiziario e la questione sulla tutela dell’utilizzatore

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, condannando la società fornitrice a un risarcimento parziale. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il contratto di vendita originario tra l’imprenditrice e il fornitore doveva considerarsi risolto per mutuo consenso nel momento in cui le parti avevano optato per la struttura del leasing.

Di conseguenza, non esistendo più un rapporto contrattuale diretto tra l’utilizzatrice e il fornitore, l’imprenditrice non era legittimata a chiedere la risoluzione di un contratto (quello di vendita tra fornitore e società di leasing) di cui non era parte. La Corte d’Appello concludeva che l’unica tutela dell’utilizzatore esperibile sarebbe stata un’azione di natura extracontrattuale, che però non era stata correttamente impostata.

Le censure mosse in Cassazione

L’imprenditrice ricorreva in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel ricostruire i rapporti contrattuali e nell’escludere la sua legittimazione ad agire. Contestava inoltre l’inammissibilità della sua domanda risarcitoria, ritenendo che potesse essere riqualificata da contrattuale a extracontrattuale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando, nella sostanza, l’impostazione della Corte d’Appello. La valutazione secondo cui il contratto di vendita iniziale era stato risolto per mutuo consenso e sostituito dall’operazione di leasing è un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, adeguatamente motivato.

Sulla base di tale presupposto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: in una operazione di leasing, l’utilizzatore è un soggetto terzo rispetto al contratto di vendita stipulato tra il fornitore e la società di leasing. Pertanto, non può esercitare le azioni contrattuali tipiche di quel rapporto, come la risoluzione per inadempimento.

La Cassazione ha chiarito che la tutela dell’utilizzatore nei confronti del fornitore per i danni derivanti dai vizi del bene si colloca sul piano extracontrattuale (ai sensi dell’art. 2043 c.c.). L’illecito del fornitore consiste nell’aver leso, con il suo inadempimento verso la società di leasing, il diritto di credito dell’utilizzatore a ricevere un bene funzionante.

Infine, i giudici hanno specificato che una domanda basata su una responsabilità contrattuale non può essere automaticamente ‘convertita’ in una domanda per responsabilità extracontrattuale. Si tratta di azioni diverse, che poggiano su presupposti (il ‘titolo’) e implicano l’allegazione di danni differenti.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti indicazioni pratiche per gli imprenditori che utilizzano il leasing per acquisire beni strumentali. La struttura contrattuale scelta ha conseguenze determinanti sulle azioni legali a disposizione. In caso di bene difettoso, l’utilizzatore non può agire contro il fornitore per la risoluzione del contratto di vendita. La via maestra è l’azione di risarcimento del danno extracontrattuale, che deve però essere specificamente formulata sin dall’inizio, provando il fatto illecito, il danno subito e il nesso di causalità. È cruciale, quindi, affidarsi a una consulenza legale esperta per impostare correttamente la strategia difensiva fin dalle prime fasi del contenzioso.

Quando un bene in leasing è difettoso, l’utilizzatore può agire direttamente contro il fornitore per la risoluzione del contratto?
No. Secondo la Corte, se il contratto di vendita originale tra utilizzatore e fornitore è stato sostituito da un’operazione di leasing (in cui il fornitore vende alla società di leasing e questa concede il bene all’utilizzatore), non esiste più un legame contrattuale diretto. L’azione di risoluzione, tipica dei contratti, non è quindi esperibile.

Che tipo di tutela ha l’utilizzatore nei confronti del fornitore di un bene difettoso in un’operazione di leasing?
La tutela è di natura extracontrattuale. L’utilizzatore può chiedere il risarcimento del danno al fornitore non per inadempimento di un contratto, ma per aver leso, con la fornitura di un bene viziato, il suo diritto di credito verso la società di leasing (cioè il diritto a ricevere un bene funzionante).

È possibile modificare in corso di causa una domanda di risarcimento da contrattuale a extracontrattuale?
No, la Corte chiarisce che una domanda di risarcimento per inadempimento contrattuale non può essere semplicemente ‘riqualificata’ dal giudice come domanda di risarcimento extracontrattuale. Si tratta di domande diverse per titolo (la fonte dell’obbligo) e per le voci di danno invocate, quindi una modifica del genere è inammissibile se non introdotta correttamente nei termini processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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