Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6910 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6910 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 00210/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME , quale titolare dell’impresa individuale ‘RAGIONE_SOCIALE di Chinello Paola ‘; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (pec: EMAIL) ed NOME COGNOME (pec: EMAIL, in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (pec:
EMAIL), in virtù di procura su foglio separato da considerarsi apposta in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 2746/2021 della CORTE d ‘ APPELLO di VENEZIA, depositata e notificata il 29 ottobre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 10 aprile 2013, NOME COGNOME convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Padova la società RAGIONE_SOCIALE esponendo che:
-quale titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, aveva sottoscritto, su modulo predisposto dalla società convenuta, una proposta di acquisto di una macchina distributrice di biglietti ‘ Gratta e V inci’, fornita dalla medesima società, per il prezzo di Euro 10.320,00;
inviata dalla società distributrice, a mezzo fax, una lettera di accettazione della proposta, ella aveva stipulato un contratto di ‘locazione operativa’ con la BCC Lease s.p.a. per il corrispettivo di Euro 11.000,00 , da pagarsi in 60 canoni di Euro 185,00 l’uno, oltre IVA;
consegnatole, in data 15 febbraio 2011, il macchinario, esso si era mostrato tuttavia difettoso, non funzionante e non conforme a quanto pattuito;
ella aveva prontamente denunciato i vizi alla società distributrice, che, nelle date del 17 febbraio 2011, 3 maggio 2011 e 16 maggio 2011, aveva inviato propri tecnici, senza peraltro riuscire a risolvere il problema;
con raccomandata del 20 giugno 2012, ribadito il persistente malfunzionamento del distributore fornitole, ella ne aveva invano chiesto la sostituzione con un altro, funzionante;
a causa del grave inadempimento della società convenuta, aveva patito sia un pregiudizio patrimoniale (consistente nella perdita subìta in ragione del pagamento dei canoni della locazione che aveva dovuto versare alla BCC Lease s.p.a., nonché nel mancato guadagno che era conseguito all’inutilizzabilità della macchina distributrice e ai mancati ricavi determinati dal calo delle vendite di sigarette effettuate mediante una macchina distributrice attigua a quella difettosa), sia un pregiudizio non patrimonia le (derivante dal danno all’immagine imprenditoriale).
Sulla base di queste deduzioni, NOME COGNOME domandò, in via principale, la sostituzione del macchinario viziato con altro identico funzionante, ai sensi dell’art. 130, terzo comma, del d.lgs. n. 206 del 2005 (oltre al risarcimento del danno per inadempimento) e, in via subordinata, la risoluzione del contratto da lei stipulato con la RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 130 del d.lgs. n. 206 del 2005 (sempre oltre al risarcimento del danno per inadempimento) oppure, in alternativa, la risoluzione del contratto da lei stipulato con la RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 1492 cod . civ., con restituzione del prezzo (sempre oltre al risarcimento del danno per inadempimento).
La società convenuta, costituitasi in giudizio, contestò i fatti dedotti dall’attrice sull’assunto della piena funzionalità della macchina da essa fornita ed eccepì , tra l’altro, l’inapplicabilità della disciplina posta dal codice del consumo, in ragione della qualità di imprenditrice rivestita dalla sig.ra COGNOME.
In sede di prima memoria ex art. 183, sesto comma, cod. civ., applicabile ratione temporis , l’attrice domandò, in via principale, la risoluzione del contratto da lei stipulato con la Lar Sistemi, con restituzione del prezzo di Euro 13.566,52, oltre agli interessi moratori di cui al d.lgs. n. 231/2002, dalla data della consegna del distributore (15 febbraio 2011) al saldo (oltre al risarcimento del danno da mancato guadagno e all’immagine , ciascuna voce quantificata nella somma di Euro 2.000,00) e, in via subordinata, la risoluzione del contratto da lei stipulato con la RAGIONE_SOCIALE (oltre al risarcimento del danno emergente quantificato in Euro 13.566,52, con interessi e rivalutazione, e a quello da mancato guadagno e all’immagine, ciascuna voce quantificata nella somma di Euro 2.000,00).
Il Tribunale, istruita la causa mediante una prova per testi e una CTU, condannò la società convenuta a pagare all’ attrice, a titolo risarcitorio, la somma di Euro 13.812,92 (avuto riguardo al pregiudizio emergente derivante dal pagamento dei canoni alla Bcc Lease s.p.a.), escludendo ‘altre’ voci di danno .
2. Avverso la decisione del Tribunale di Padova, la RAGIONE_SOCIALE propose gravame e la Corte d’ appello di Venezia, con sentenza 29 ottobre 2021, n. 2746, in accoglimento dell’ impugnazione, ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME condannandola a rimborsare alla convenuta-appellante le spese dei due gradi di giudizio e, con ordinanza del 6 dicembre 2021, ha ordinato la correzione dell’appena citata sentenza nel senso che al dispositivo andava aggiunta la condanna dell’originaria attrice a restituire all’originaria convenuta tutte le somme ricevute in forza dell’esecuzione della sentenza di primo grado, con gli interessi al tasso legale dal pagamento al saldo.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
Iin ragione della comparazione tra le conclusioni contenute nell’atto di citazione e quelle contenute nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., doveva ritenersi che le domande principali e subordinate (rispettivamente, di sostituzione del bene e di risoluzione del contratto) fondate sull’art. 130 del d.lgs. n. 206 del 2005 (Codice del consumo), erano state abbandonate a seguito dell’eccezione di inapplicabilità di tale disciplina , sollevata dalla società convenuta;
IIrestava, dunque, il secondo gruppo di domande subordinate di risoluzione del contratto, restituzione del prezzo e risarcimento del danno, fondate sull’art.1492 cod. civ., le quali, nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., erano state ribadite (sia pure senza il formale riferimento all’art. 1492 cod. civ. e con l’aggiunta degli interessi commerciali di cui al d.lgs. n. 231/2002) ed erano divenute le domande principali;
IIIa tale gruppo di domande (ormai divenute domande principali) era stata aggiunta, nella suddetta memoria, una domanda subordinata di risoluzione del contratto (non meglio precisato) concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME nonché di risarcimento del danno;
IVil Tribunale aveva accolto questa domanda subordinata ma essa era inammissibile, poiché le uniche conclusioni ammissibili nella prima memoria ex art.183 cod. proc. civ. erano quelle con cui era stata ribadita la domanda (divenuta principale) fondata sul contratto di vendita (unico contratto già richiamato nell’atto di citazione) , mentre la domanda fondata su un contratto atipico non meglio precisato non trovava fondamento nella citazione ed era stata proposta come
domanda subordinata per la prima volta nella detta memoria; la sentenza di primo grado, pertanto, sostituendo il titolo contrattuale ammissibilmente invocato con un diverso titolo, inammissibilmente dedotto, era viziata da ultra ed extra petizione;
Vciò posto -e tenuto altresì conto della contestazione, ad opera della società convenuta, dei fatti dedotti dall’ attrice in ordine alla viziosità e non funzionalità del bene fornitole -doveva reputarsi invece provato che il contratto di compravendita, pur stipulato tra le parti all’esito dell’ incontro tra proposta e accettazione, era stato tuttavia risolto per mutuo consenso prima della sua esecuzione e sostituito con un contratto di vendita del bene da parte di RAGIONE_SOCIALE a BCC RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e un susseguente contratt o di leasing tra quest’ ultima società e NOME COGNOME;
VIalla luce di tali emergenze istruttorie, le domande di risoluzione, restituzione del prezzo e risarcimento del danno fondate sulla disciplina codicistica della vendita (già originariamente proposte come domande subordinate e poi divenute domande principali all’esito dell’abbandono di quelle di sostituzione e di ris oluzione fondate sulla disciplina consumeristica), pur essendo le uniche ammissibili, avrebbero dovuto essere rigettate nel merito, atteso, da un lato, che l’utilizzatore non è legittimato all’azione di risoluzione del contratto di vendita tra fornitore e società di leasing, e considerato , dall’altro, che egli vanta nei confronti del primo una tutela risarcitoria di natura extracontrattuale (per la lesione del suo diritto di credito verso la società di leasing da parte del terzo fornitore) e non di natura contrattuale;
VIIla domanda di risarcimento del danno per inadempimento del contratto di vendita non poteva essere riqualificata come domanda di
risarcimento extracontrattuale per il pregiudizio derivante dal pagamento dei canoni alla società di leasing, attesa la diversità del titolo (rispettivamente, contrattuale ed extracontrattuale) e delle voci di danno invocate;
VIII -in ogni caso, le specifiche voci di danno da mancato guadagno e all’immagine che già il primo giudice non aveva riconosciuto -non erano state nemmeno provate, come dimostrava la circostanza che la loro liquidazione era stata invocata genericamente in via equitativa.
Per la cassazione della sentenza della Corte lagunare ricorre NOME COGNOME sulla base di sette motivi.
Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte. Sia la ricorrente che la controricorrente hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver dichiarato inammissibile (perché tardiva) la domanda, accolta dal Tribunale di Padova, formulata da NOME COGNOME in via subordinata nella memoria ex art.183, VI co., n.1 c.p.c.
Violazione e falsa applicazione dell’art.183, VI comma n.1, c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. ».
La ricorrente sostiene che la Corte d’ appello, nel reputare inammissibile, perché nuova, la domanda risarcitoria proposta in via subordinata con la prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., non avrebbe tenuto conto dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità (sono citate, in particolare, Cass, Sez. Un., n. 22404/2018
e Cass. n.18546/2020), secondo cui, nel processo civile di cognizione, ciò che rende ammissibile l ‘ introduzione in giudizio da parte dell ‘ attore di un diritto diverso da quello originariamente fatto valere oltre la barriera preclusiva segnata dall ‘ udienza ex art. 183 cod. proc. civ., è il carattere della teleologica ‘ complanarità ‘ , dovendo pertanto tale diritto attenere alla medesima vicenda sostanziale già dedotta, correre tra le stesse parti, tendere alla realizzazione (almeno in parte) dell ‘ utilità finale già avuta di mira con l ‘ originaria domanda (salva la differenza tecnica di petitum mediato) e rivelarsi di conseguenza incompatibile con il diritto per primo azionato.
NOME COGNOME deduce che, appunto, la domanda subordinata introdotta con la memoria ex art.183 cod. proc. civ., aveva carattere complanare rispetto a quelle già formulate in citazione, riferendosi alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio e trattandosi di domanda comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta.
1.2. Con il secondo motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver qualificato il contratto intervenuto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME come una vendita e non come un contratto atipico e per aver ritenuto che lo stesso sia stato consensualmente risolto.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1 e 2 comma, c.c. e violazione e falsa applicazione dell’art.1372 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. » .
Viene censurato l’accertamento secondo cui l’unico contratto fra NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE era un contratto di vendita concluso mediante l’accettazione da parte della sig.ra COGNOME di una proposta commerciale di acquisto della società RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente sostiene che, invece, le parti si erano accordate per la fornitura di un bene determinato, attraverso l’assunzione dell’obbligo di sottoscrivere ulteriori contratti idonei, insieme, a conseguire lo stesso risultato (cioè la fornitura di quel bene), attraverso la previsione, per essa, dell’obbligo di concludere il contratto di locazione operativa con la BCC RAGIONE_SOCIALE e, per Lar Sistemi, dell’obbligo di vendere il distributore alla società di leasing.
1.3. Con il terzo motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver affermato, in accoglimento del terzo motivo dell’appello principale, che il Giudice di primo grado avrebbe implicitamente mutato il titolo contrattuale della domanda di NOME COGNOME con un diverso titolo.
Violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. ».
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il Tribunale, avendo accolto una domanda di risarcimento del danno fondata su un contratto consensualmente risolto, avesse ‘ implicitamente ‘ sostituito il titolo contrattuale con altro titolo.
Sostiene che, al contrario, il contratto concluso tra essa e la RAGIONE_SOCIALE non era stato affatto risolto, bensì eseguito, sicché non vi era stato alcun mutamento del titolo contrattuale della domanda.
1.4. Con il quarto motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver escluso che il Tribunale potesse sostituire il titolo della domanda subordinata.
Violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. ».
La ricorrente, nel ribadire che il contratto da lei stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE non era stato consensualmente risolto, bensì
eseguito , osserva che, tuttavia, quand’anche il primo giudice avesse reso la sentenza sulla base di una diversa ricostruzione dei fatti (sostituendo il titolo contrattuale originariamente dedotto in giudizio con altro titolo), non sarebbe incorso nel vizi o di cui all’art. 112 cod. proc. civ..
1.5. Con il quinto motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver escluso che NOME COGNOME potesse far valere la responsabilità contrattuale di RAGIONE_SOCIALE per conseguire i danni lamentati.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e 1453 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. ».
La ricorrente sostiene che, in materia di leasing, il riconoscimento all’utilizzatore della legittimazione all’azione risarcitoria extracontrattuale verso il fornitore non escluderebbe quella all’azione risarcitoria contrattuale.
1.6. Con il sesto motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver escluso che la domanda principale di NOME COGNOME potesse essere riqualificata come domanda di risarcimento del danno extracontrattuale.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. in relazione all’art.360 n. 3 c.p.c. ».
La ricorrente sostiene che la domanda di risarcimento del danno contrattuale, già proposta originariamente come domanda subordinata e poi ribadita nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ. come domanda principale, ben avrebbe potuto essere riqualificata come domanda di risarcimento del danno extracontrattuale, dal momento che la riqualificazione non avrebbe determinato una immutazione sostanziale dei fatti posti a suo fondamento.
1.7. Con il settimo motivo è denunciata «Erroneità della sentenza per aver rigettato la domanda di risarcimento da mancato guadagno e all’immagine (anche) per il fatto che non sarebbero provate.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2697 c.c. in relazione all’art.360 n. 3 c.p.c.».
I primi sei motivi vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione.
Essi sono inammissibili, in quanto censurano, per un verso, il motivato giudizio di merito, effettuato in base alle emergenze istruttorie, circa la ricostruzione delle condotte negoziali delle parti, nonché la qualificazione e l’interpretazione delle operazioni contrattuali da esse poste in essere e, per l’altro, la rilevazione e l’interpretazione del contenuto delle domande proposte in giudizio da NOME COGNOME che costituiscono a loro volta l’ oggetto di un giudizio di fatto riservato al giudice del merito (Cass. 10/06/2020, n. 11103; Cass. 21/09/2023, n. 27181).
2.1. Sotto il primo profilo, la Corte d’ appello, con valutazione di merito motivata (e, pertanto, insindacabile), ha ritenuto che il contratto di vendita stipulato inter partes fosse stato risolto per mutuo consenso prima della sua esecuzione e che fosse stato sostituito da un contratto di vendita concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e la BCC RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE e da un contatto di leasing concluso tra quest’ultima e la ricorrente.
Pertanto, alla stregua dell’ insindacabile accertamento di merito, nessun rapporto contrattuale ancora produttivo di effetti sarebbe intercorso tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, essendo stato risolto quello di vendita ed essendo le parti entrambe legate da distinti rapporti con la BCC LeaseRAGIONE_SOCIALE
2.2. Sotto il secondo profilo, la Corte ha insindacabilmente ritenuto che la ricorrente avesse esercitato, tanto in via principale quanto in via subordinata, un’azi one contrattuale avente ad oggetto la risoluzione del contratto da lei stipulato con la RAGIONE_SOCIALE per inadempimento di quest’ ultima e la conseguente condanna della convenuta al risarcimento del danno, ripartito nelle tre voci del pregiudizio patrimoniale emergente derivato dal pagamento dei canoni di locazione operativa, del pregiudizio patrimoniale da mancato guadagno e del pregiudizio non patrimoniale da danno all’immagine .
Così individuato il contenuto delle domande proposte, la Corte territoriale ha coerentemente reputato che la domanda principale -l’ unica ritenuta ammissibile in quanto già proposta con l’ originaria citazione -fosse infondata, avuto riguardo alla accertata mancanza di un rapporto contrattuale ancora efficace tra le parti.
Con riguardo alla domanda subordinata, la Corte territoriale invece ha espresso un giudizio di inammissibilità per novità -nella sostanza individuando il vizio della sentenza di primo grado, non già nell’avere reso la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, bensì nell’avere pronunciato su domanda inammissibile perché introdotta ex novo dopo la barriera preclusiva dell’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ. -senza porsi il problema del l’eventuale carattere ‘ complanare ‘ di questa domanda con quella già originariamente formulata con l’atto di citazione.
Va tuttavia evidenziato -ed in tal senso la motivazione della sentenza impugnata va corretta in via integrativa, essendo il dispositivo conforme a diritto (art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.) -che, anche se la Corte di merito avesse risolto positivamente il detto
problema dell’ammissibilità della domanda subordinata introdotta con la memoria ex art. 183 cod. proc civ., questa non sarebbe comunque sfuggita, al pari di quella principale, ad un giudizio di infondatezza, in quanto basata su un inesistente titolo contrattuale ancora efficace tra le parti.
Correttamente, invece, la Corte d’appello ha ritenuto che, in mancanza di questo titolo, la ricorrente, quale soggetto terzo rispetto al contratto di vendita tra la RAGIONE_SOCIALE e la BCC Lease, non era legittimata a chiederne la risoluzione, trattandosi di rimedio posto a disposizione della parte non inadempiente nei contratti a prestazioni corrispettive (arg. ex artt. 1453 ss. cod. civ.), mentre avrebbe potuto invocare la tutela risarcitoria solo in via extracontrattuale, previa individuazione della situazione soggettiva del terzo suscettibile di essere lesa dal contegno inadempiente di una delle parti del detto contratto di vendita (Cass., Sez. Un., n. 19785 del 2015).
Ne discende l’ inammissibilità dei primi sei motivi di ricorso.
Parimenti inammissibile è il settimo motivo.
La ratio decidendi della statuizione di rigetto del capo di domanda avente ad oggetto il riconoscimento delle voci di danno relative al mancato guadagno e alle conseguenze del pregiudizio all’immagine (difetto di prova e mancata indicazione di criteri per la liquidazione dei chiesti danni) non appare infatti adeguatamente censurata, non essendo state riportate le deduzioni svolte, al riguardo, nel giudizio di merito.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
L ‘alterno esito dei gradi di merito giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
6. La decisione di inammissibilità dell’impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione