Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4335 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4335 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr 29488/2020 proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO di San Lio, rappresentati e difesi, giusta procura in atti dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO INDIRIZZO presso la Cancelleria della Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO controricorrente
avverso il decreto nr 9019/2020 pronunciato in data 30/10/2020 dal Tribunale di Catania;
udita la relazione della causa svolta nella camera di AVV_NOTAIOiglio del 17 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 Con decreto reso ex art 99 l. fall. del 30/10/2020, il Tribunale di Catania ha rigettato l’opposizione al decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE che aveva escluso il credito insinuato da NOME COGNOME, NOME COGNOME relativo al preteso compenso, pari al 5% del valore dei beni amministrati, per aver svolto, in favore della società fallita, in qualità di trustee e protectors, attività di gestione e amministrazione dei beni immobili oggetto di segregazione in trust costituito il 28/6/2011, sino alla revoca avvenuta con decreto del 30/6/2016.
1.1 Il Tribunale di Catania, per quanto di interesse in questa sede, ha ritenuto insussistente il preteso credito in quanto il trust liquidatorio dei beni dell’impresa a scapito delle forme pubblicistiche quali il fallimento è da ritenersi inesistente e quindi privo di ogni effetto giuridico.
2 NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per Cassazione sulla base di sei motivi, illustrati con memoria; il RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I motivi del ricorso possono così essere riassunti:
violazione dell’art. 360 1°comma nr. 4 c.p.c., 25 l.fall. 31 comma 2° nr. 2 l.fall. per non avere il Tribunale rilevato il difetto di legittimazione processuale del RAGIONE_SOCIALE in quanto il curatore non aveva prodotto la richiesta al G.D. del l’autorizzazione a stare in giudizio;
violazione dell’art. 360 1° comma nr. 4 c.p.c., 99, 5 comma l.fall., e 25 l.fall. per non aver il Tribunale dichiarato l’inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla
curatela incompatibile con la struttura del procedimento di accertamento dello stato passivo;
violazione dell’art 360, 1° comma nr. 4 c.p.c., per avere il Tribunale rilevato il difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME sul presupposto che egli non avesse proposto domanda di insinuazione al passivo non tenendo conto che il COGNOME aveva trasmesso una istanza di condivisione dell’istanza di ammissione al passivo presentata dal COGNOME e dal COGNOME;
‘violazione dell’art . 360 nr 3 e 5 per violazione di legge e insufficiente e contraddittoria motivazione e dell’art 2126 c .c. ‘; si sostiene che il Tribunale non avrebbe apprezzato l’utilità della gestione per il ceto creditorio del compendio immobiliare segregato, né avrebbe stigmatizzato la condotta del curatore per aver atteso circa quattro anni prima di apprendere all’attivo fallimentare i beni facenti parte del trust; l’impugnato decreto, infine, non avrebbe riconosciuto ai gestori la giusta retribuzione per l’attività lavorativa svolta , che per costante giurisprudenza sarebbe loro dovuta ex art. 36 Cost. e 2126 c.c. anche in caso di nullità del contratto per violazione della norma imperativa;
violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art . 360 1° comma nr 4 c.p.c. per omessa pronuncia da parte del Tribunale sulle questioni della tempestività dell’insinuazione tardiva in quanto riferita ad un credito prededucibile e sulla fondatezza dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda;
violazione all’art 360 comma 1° nr 4 c.p.c. , in relazione all’art. 92 c.p.c.
2 Tutti i motivi sono inammissibili.
3 La prima censura si infrange contro l’art . 31 2 ° comma l.fall, secondo il quale il curatore ‘ non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato salvo che in materia di contestazione e di tardiva dichiarazione dei crediti ‘, e il AVV_NOTAIOolidato
orientamento giurisprudenziale, rilevante ai sensi de ll’art 360 bis nr.1 c.p.c., che, conformemente a tale esplicito disposto normativo, si afferma che non è richiesta l’autorizzazione del giudice delegato per la costituzione del curatore nei giudizi d’impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo nè in quelli in materia di dichiarazione tardiva di credito (cfr. Cass. 11543/2017, 8929/2012 7918/2012).
4 Il secondo motivo è connotato da carenza di interesse in quanto della richiesta risarcitoria oggetto dell’eccezione riconvenzionale formulata in via gradata dalla curatela il Tribunale non si è occupato ritenendola evidentemente assorbita dal rigetto della domanda di insinuazione.
5 Il terzo motivo, rubricato sotto il vizio di ‘errata e contraddittoria motivazione’ è generico e non si confronta con il decisum in quanto, a fronte della verifica compiuta dal Tribunale circa l’omessa presentazione da parte di NOME COGNOME di una specifica domanda di insinuazione al passivo, il ricorrente non sottopone a contestazione tale accertamento in fatto ma si limita ad affermare che il COGNOME ebbe a trasmettere una ‘dichiarazione di condivisione dell’istanza di ammissione al passivo’ senza fornire ulteriori delucidazioni circa il contenuto e la natura di tale dichiarazione e le modalità della sua trasmissione.
6 Venendo all’esame del quarto motivo, formulato come violazione di legge e ‘insufficiente e contraddittoria motivazione’ va preliminarmente precisato che l’art. 360 1° comma nr. 5 c.p.c., nella nuova formulazione, non contempla il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria; il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto al “minimo costituzionale”, nel senso che «l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della
motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”» (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
6.1 Il decreto è immune da tale anomalia avendo i giudici catanesi esposto in maniera esauriente le ragioni in fatto e diritto della decisione.
6.2 Sotto altro profilo, la censura non si confronta con la ragione fondante la decisione, non contestata neanche nel presente giudizio, che ha escluso il credito fatto valere dai ricorrenti in AVV_NOTAIOeguenza del mancato riconoscimento e, quindi, della improduttività di effetti giuridici del trust liquidatorio, perché in contrasto con la disciplina inderogabile concorsuale del diritto interno. La stessa sentenza dichiarativa di fallimento ha esplicitamente confermato la non riconoscibilità del trust.
6.3 A fronte di tale impianto motivazionale, i ricorrenti si diffondono in AVV_NOTAIOiderazioni sulla utilità della gestione del compendio immobiliare oggetto di segregazione e su profili di responsabilità del curatore per aver indugiato nell’apprendere il patrimonio immobiliare non pertinenti con la ragione, principale ed unica, della statuizione di rigetto.
6.4 Quanto all’ulteriore profilo del motivo che fa leva sul riconoscimento ai gestori del patrimonio del compenso ex art. 2126 c.c., per aver svolto attività lavorativa in esecuzione del contratto nullo, va rilevato che di tale questione non si fa menzione alcuna nel decreto impugnato e nel ricorso non vi è alcuna indicazione
circa il dove e il quando tale tematica sia stata introdotta nei precedenti giudizi.
6.5 Va allora rammentato il noto principio secondo cui «qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio» (Cass., 17041/2013; 20694/2018, 20694/2018 e 712/2018).
7 Neanche il quinto motivo supera il vaglio di ammissibilità.
7.1 Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, in quanto secondo l’orientamento di questa RAGIONE_SOCIALE la figura dell’assorbimento esclude il vizio di omessa pronuncia, in quanto il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto (l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di AVV_NOTAIOiderazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, Cass. n. 21257 del 2014) e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni (cfr. Cass. 7681/2020).
7.2 Nel caso di specie i profili relativi alla tempestività dell’insinuazione , alla qualificazione e alla quantificazione del credito, la cui trattazione secondo il ricorrente è stata omessa, sono stati in realtà giudicati assorbiti dal Tribunale e comunque sono incompatibili con l’impostazione logico -giuridico della pronuncia.
8 Il sesto motivo non può neanche essere qualificato come una censura rituale, risolvendosi in una richiesta di modifica del regolamento delle spese processuali nell’auspicata ipotesi di accoglimento delle censure del ricorso.
9 Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
10 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario come per legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 17 gennaio 2024