Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10112 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10112 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16367/2019 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7346/2018, depositata il 21/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha proposto opposizione al decreto del Tribunale di Velletri che gli aveva ingiunto di pagare euro 27.940,46 in favore della società RAGIONE_SOCIALE a titolo di saldo dei lavori eseguiti in suo favore. L’opponente, in via riconvenzionale, ha chiesto di pronunciare la risoluzione del contratto d’appalto per grave inadempimento dell’appaltatore e di condannarlo al pagamento del risarcimento del danno, ovvero, in subordine, di condannare il medesimo a eliminare a proprie spese i vizi e le difformità delle opere eseguite. Il Tribunale di Velletri ha parzialmente acco lto l’opposizione e, revocato il decreto ingiuntivo, ha condannato l’opponente a pagare euro 18.592,44, somma dalla quale andava detratto l’importo di euro 10.329, importo già versato a titolo di acconto da Vescovi; infine, ha rigettato la domanda riconvenzionale dell’opponente.
La sentenza di primo grado è stata impugnata in via principale da Vescovi e in via incidentale dalla società RAGIONE_SOCIALE
Con la sentenza n. 7346/2018 la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello principale e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, ha condannato Vescovi a corrispondere alla società RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 14.216.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Non essendo stato possibile comunicare al difensore del ricorrente la data dell’adunanza in camera di consiglio, non risultando il medesimo difensore nel sistema del registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia, si è provveduto a notificare l’avviso al ricorrente personalmente.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in cinque motivi.
1. Il primo motivo censura la sentenza d’appello, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., per omesso esame di un fatto storico, ossia ‘l’analisi dei presupposti alla base della concessione della provvisoria sospensione dell’esecutorietà della sentenza di primo grado’, in particolare ‘omessa pronuncia sulla circostanza del mancato completamento dei lavori’: al ricorrente è stata concessa in appello la sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado, avendo il giudice in quella sede r itenuto che l’azione avviata in primo grado a pretesa del pagamento di un saldo, a fronte di opere non completate né accettate dal committente, andasse paralizzata ab origine essendo contraria all’art. 1665 c.c.; il carattere eccezionale e temporaneo della concessione della sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado indicava una concreta possibilità di riforma della sentenza impugnata.
Il motivo non può essere accolto. A prescindere dall’errato richiamo al parametro di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., non trattandosi del mancato esame di un fatto storico, il ricorrente non considera che la valutazione in ordine alla sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado è decisione concessa sulla base di un giudizio sommario in relazione alla fondatezza dell’impugnazione ed è pertanto decisione che non vincola il giudice d’appello nel momento della decisione dell’impugnazione (‘i provvedimenti resi dal giudice d’appello sulla provvisoria esecu-zione della sentenza di primo grado sono provvedimenti di natura processuale con contenuto non decisorio, che producono effetti temporanei, destinati a esaurirsi con la sentenza definitiva del giudizio d’impugnazione’, vedere al riguardo Cass. n. 13774/2015).
Il secondo motivo contesta, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 1453, 1218 e 2043 c.c.: la Corte d’appello prende a riferimento la consulenza redatta
dal consulente tecnico d’ufficio, ma se ne discosta utilizzando un documento non idoneo, ossia il preventivo dell’impresa datato 2 marzo 1999, che conteneva un elenco di lavorazioni poi non realizzate; la Corte d’appello per quantificare il compenso spetta nte all’impresa si basa sul conteggio presente nell’ultima pagina della consulenza d’ufficio da cui sottrae due voci, ponendo in essere un errore materiale di euro 1.000, e poi afferma che il consulente d’ufficio ha decurtato dal totale di euro 32.842 la s omma di euro 6.850 ‘per i lavori non eseguiti ovvero per i lavori necessari per eliminare vizi e difformità’, affermazione che comporta un travisamento della consulenza tecnica d’ufficio.
La prima parte del motivo, laddove contesta alla Corte d’appello di avere utilizzato il preventivo dell’impresa, è infondata, avendo la Corte ritenuto non vincolante quanto statuito nel preventivo ‘trattandosi di un mero preventivo’ e considerato che i lav ori erano poi stati ‘oggetto di due progetti dei quali l’uno prevedeva la totale ristrutturazione dell’edificio e l’altro mere attività di manutenzione conservativa’. La Corte ha infatti posto alla base della sua decisione la consulenza tecnica d’ufficio, ‘la quale ha descritto i lavori e determinato altresì il valore degli stessi’. È però fondata la seconda parte del motivo, laddove -oltre all’errore materiale di calcolo censura il travisamento della consulenza tecnica sotto il profilo della decurtazion e di euro 6.850 ‘per i lavori non eseguiti ovvero per i lavori necessari per eliminare vizi e difformità’. Alla pag. 6 della relazione del consulente tecnico d’ufficio si legge infatti che ‘per la stima del costo dei lavori si tiene conto della sola opzione che prevede, nei limiti di quanto possibile, il recupero e il completamento dei lavori di consolidamento già realizzati ; nella stima del costo dei lavori di completamento, pari a euro 6.850, sono inclusi i soli interventi previsti al precedente punto 3.2’; al suddetto punto 3.2 sono indicati quali interventi per il completamento delle opere ‘l’intonaco delle pareti perimetrali, l’eventuale consolidamento delle
murature perimetrali ove sono presenti lesioni e le tramezzature interne’. Gli interventi necessari per eliminare vizi e difformità sono invece descritti nel precedente punto 3.1 e per tali interventi il consulente d’ufficio non ha previsto una stima dei c osti, cosicché è da considerarsi frutto di una svista della Corte d’appello l’avere considerato che il consulente tecnico d’ufficio abbia decurtato il costo dei lavori necessari per eliminare vizi e difformità. Sulla censurabilità davanti alla Corte di cassazione del vizio di travisamento della prova, ove la svista del giudice abbia ad oggetto un fatto probatorio in sé che ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, cfr. la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 5792/2024.
Il terzo motivo contesta, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., la mancata considerazione di una dichiarazione depositata all’udienza del 19 settembre 2012 resa da un’agenzia immobiliare, secondo cui l’immobile oggetto di appalto, a causa delle diffor mità riportate a seguito dei lavori edilizi effettuati dall’impresa, risulta essere non commercializzabile.
Il motivo è infondato. A prescindere dall’ammissibilità o meno di un documento depositato nel giudizio d’appello, il fatto da esso rappresentato è fatto non decisivo, non potendosi riconoscere valore dirimente a una dichiarazione resa da una agenzia immobiliare circa la non commmercializzabilità di un immobile, immobile che d’altro canto -come si legge nella consulenza tecnica d’ufficio già prima dei lavori posti in essere dall’impresa COGNOME si trovava in ‘stato di fatiscenza sia sotto il profilo esteticofunzionale che statico’, tanto che era stata emessa al riguardo un’ordinanza ai fini della salvaguardia della pubblica incolumità da parte del Comune, che invitava il proprietario della struttura a verificare le condizioni dell’immobile e a porre in e ssere i lavori di assicurazione e consolidamento necessari a eliminare lo stato di pericolo.
Il quarto motivo, che censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere in maniera contraddittoria da un lato affermato che le varianti eseguite dalla ditta appaltatrice non sono state ordinate dalla committenza e poi dall’altro lato finito con accollare alla medesima committenza tali lavori, è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.
Parimenti è assorbito il quinto motivo che, contestando ‘la mancata osservanza delle leggi sui contratti in generale e sull’appalto’, lamenta che la sentenza, pur avendo riconosciuto la presenza di una sopraelevazione dell’edificio effettuata arbitrariamente dalla legge, ne abbia poi minimizzato la portata e abbia così rigettato la domanda di risoluzione del contratto e la domanda subordinata di riduzione del corrispettivo, avendo ritenuto che la somma di euro 6.850 ricomprendesse anche l’eliminazione de i vizi e difformità.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, che