Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11578 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11578 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4423-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che le rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
sul ricorso 5636-2024 proposto da:
– intimata –
Oggetto
Trasferimento
azienda ex art.
2112 cc.
R.G.N. 4423/2024 R.G.N. 5636/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che le rappresenta e difende;
– controricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 345/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 14/12/2023 R.G.N. 181/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME chiedevano al Tribunale Di Bergamo l’accertamento del proprio diritto al passaggio, ai sensi dell’art. 2112 cc, da RAGIONE_SOCIALE alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e poi di RAGIONE_SOCIALE, con condanna di quest’ultima alla riassunzione in servizio e al pagamento delle retribuzioni non percepite.
L’adito Tribunale accertava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con RAGIONE_SOCIALE dal 13 al 30 agosto 2020 e con RAGIONE_SOCIALE dal 31 agosto 2020 in avanti e condannava quest’ultima
alla riammissione in servizio dei ricorrenti nel posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni non corrisposte dal 13 agosto 2020 sino alla riammissione, previa detrazione di quanto percepito dagli stessi a seguito del distacco presso la società RAGIONE_SOCIALE
La Corte di appello di Brescia, con la sentenza n. 345/2023, confermava la pronuncia di primo grado evidenziando che: a) i lavoratori avevano interesse ad agire e le due società erano legittimate passivamente in quanto nei loro confronti era stata chiesta la riammissione in servizio; b) il tentativo di conciliazione era stato ritenuto inutile dal primo giudice e la sua omissione non era sanzionata a pena di nullità; c) oggetto della cessione da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE era stata l’intera aziend a e non solo un ramo dell’attività: ciò che residuava, infatti, erano semplici reparti o settori distinti solo per tipologia di merce, che difettavano di autonomia e di preesistenza, per cui la esclusione dei ricorrenti dalla cessione era illegittima; d) ciò trovava riscontro anche nella comunicazione effettuata ex art. 47 legge n. 428/90; e) l’avvenuta corresponsione della indennità di integrazione salariale ai lavoratori non rilevava perché, un volta disposta la riammissione in servizio, l’INPS avrebbe recuperato gli importi versati e divenuti indebiti.
Avverso la sentenza di secondo grado RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE proponevano ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resistevano con controricorso i soli tre lavoratori.
Con altro ricorso, avverso la medesima sentenza, anche RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi cui resistevano, anche in questo caso, i tre lavoratori; la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, costituendosi, aderivano invece alle richieste di cui al ricorso.
Nelle more RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dichiaravano di rinunciare, per intervenuta conciliazione, al giudizio nei confronti di NOME COGNOME che accettava la rinuncia.
Le parti depositavano memorie.
I due giudizi (Rg. n. 4423/2024 e Rg. n. 5636/2024) venivano riuniti ex art. 335 cpc.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente va precisato che il ricorso successivo proposto da RAGIONE_SOCIALE deve essere qualificato come ricorso incidentale e va dato atto della riunione già avvenuta al ricorso principale; viene, infatti, in rilievo il principio secondo il quale l’impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti di impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale devono confluire, con natura ed effetti di impugnazione incidentale, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti, con la conseguenza che il ricorso per cassazione, validamente ed autonomamente proposto dopo che altro ricorso sia stato già notificato ad iniziativa della controparte, si converte, riunito a questo, in ricorso incidentale, sempre che siano stati rispettati i relativi termini (così Cass. 13.12.2011 n. 26723);
Ciò premesso, i motivi di entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE denunziano, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc rispetto alla individuazione del ramo di azienda sostenendo che, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, non era intervenuto un trasferimento costituito dall’intero punto vendita di Bergamo perché, all’esito del frazionamento avvenuto a livello immobiliare e amministrativo, si era avuta una distinzione del ramo alimentare successivamente ceduto a due distinti operatori di mercato (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE).
Con il secondo motivo le ricorrenti eccepiscono, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la violazione dell’art. 132 cpc nonché il vizio di omessa motivazione su fatti decisivi (trasferimento di attività separatamente autorizzate, dotate di distinte superfici e differenti beni strumentali) che, se valutati, avrebbero condotto ad una diversa decisione.
Con il primo motivo NOME COGNOME spa obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc nella parte in cui la sentenza impugnata, ai fini della sussistenza del ‘ramo di azienda’ ha erroneamente interpretato il requisito della preesistenza in senso eccessivamente formalistico (art. 360 co. 1 n. 3 cpc).
Con il secondo motivo la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc laddove la sentenza impugnata ha fornito una interpretazione e applicazione delle relative disposizioni non conformi ad una lettura costituzionalmente orientata della norma, con riguardo al profilo della salvaguardia dell’occupazione (art. 360 co. 1 n. 3 cpc).
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 cpc, nella parte in cui la motivazione della sentenza impugnata risulta insufficiente in merito alla diversa qualificazione giuridica di analoghe operazioni di ramo di azienda (art. 360 co. 1 n. 3 cpc).
Con il quarto motivo si sostiene l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla mancata valutazione e assunzione di mezzi di prova sia con riguardo alle ulteriori operazioni di ramo di azienda intervenute sul punto vendita, sia con riguardo ai criteri adottati nella individuazione del personale afferente al primo ramo di azienda trasferito (art. 360 co. 1 n. 4 cpc).
Preliminarmente va dichiarata l’estinzione del giudizio, relativamente al rapporto processuale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e NOME COGNOME dall’altro, per intervenuta rinuncia e accettazione, nulla disponendo in ordine alle spese ex art. 391 u.c. cpc.
Quanto agli altri motivi, che per la loro interferenza possono essere esaminati in un unico contesto, deve rilevarsi che essi sono in parte inammissibili e in parte inammissibile.
Sono certamente inammissibili le doglianze ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc, di cui al quarto motivo di RAGIONE_SOCIALE
vertendosi in una ipotesi di cd. ‘doppia conforme’ tra le due pronunce di merito.
In ogni caso, va precisato quanto segue: a) l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, come nel caso di specie relativamente alle ulteriori asserite cessioni di ramo di azienda nonché alle modalità del primo trasferimento ex art. 2112 cc, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014); b) la mancata ammissione della prova testimoniale può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. (Cass. Cass. n. 11457 del 2007; Cass. n. 4369 del 2009; Cass. n. 5377 del 2011).
Nella fattispecie la Corte territoriale è giunta alle conclusioni sulla ricostruzione della vicenda esaminando tutto il quadro probatorio e tenendo conto anche della diversa prospettazione difensiva delle odierne ricorrenti sulla ricostruzione della vicenda traslativa dell’attività aziendale.
Le censure di cui al secondo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE e del terzo motivo di RAGIONE_SOCIALE, sono infondate.
La violazione dell’art. 132 cpc sussiste solo quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819/2020).
Analogamente, il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ricorre solo quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (cfr. Cass. n. 6758/2022).
Dalle argomentazioni svolte nella gravata sentenza è, invece, agevole dedurre tutto l’iter logico -giuridico che ha condotto i giudici del merito a ritenere che il ramo di azienda ceduto nell’agosto del 2020 coincideva, diversamente da quanto affermato dalle società, inequivocabilmente con l’intero punto vendita dell’ipermercato di INDIRIZZO in Bergamo e che le restanti asserite cessioni erano in realtà semplici contratti di locazione di immobili ove non si svolgeva alcuna attività di impresa.
Le doglianze di cui al primo motivo di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE e al primo e secondo motivo di RAGIONE_SOCIALE, al di là delle denunciate violazioni di legge, concernono, in sostanza, l’accertamento della Corte territoriale circa la au tonomia funzionale dell’oggetto della cessione, ai fini di ritenere avvenuto (o non) un trasferimento dell’intera azienda nonché la valutazione del materiale istruttorio processualmente acquisito.
Al riguardo, va ribadito che, in tema di trasferimento di ramo d’azienda, la verifica della sussistenza dei presupposti dell’autonomia funzionale e della preesistenza, ma anche di ogni qualsiasi altro requisito, rilevanti ai sensi dell’art. 2112, comma 5, c.c., integra un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile per cassazione alla stregua dell’art. 360, n. 3, c.p.c., laddove alla fattispecie, così come accertata dal giudice di merito, sia stata applicata una norma dettata per disciplinare ipotesi diverse (cd. vizio di sussunzione), ovvero sulla base dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nell’ipotesi in cui sia stato omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. n. 7364/2021).
Nel caso in esame, per tutto ciò che è stato sopra detto, non è ravvisabile alcun vizio di sussunzione né un omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte distrettuale accertato che l’operazione compiuta da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, co n l’atto notarile del 13.8.2020, non era configurabile come trasferimento di un inesistente ramo di azienda, ma come trasferimento dell’intera azienda, sia pure con una riduzione della superficie utilizzabile e con una contestuale riduzione del personale in palese violazione delle norme imperative dell’art. 2112 cc.: ciò costituiva una scorretta operazione avente lo scopo di eludere ed aggirare l’applicazione di norme imperative poste a tutela della occupazione.
In punto di diritto, l’assunto dei giudici di seconde cure è corretto e condivisibile.
La disposizione di cui all’art. 2112 cc è diretta, infatti, a tutelare la posizione e gli interessi dei lavoratori coinvolti nelle vicende circolatorie e, in tema di trasferimento di azienda, ai fini dell’accertamento dell’identità dell’entità economica tr asferita, va preso in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione tra le quali rientrano il tipo di impresa, la cessione o meno di elementi materiali, il valore degli elementi
immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno delle parti più rilevanti del personale a opera del nuovo imprenditore, il grado di somiglianza delle attività esercitate prima e dopo la cessione (Cass. n. 7121/2016).
La statuizione, poi, che all’interno del punto vendita ex Auchan non esistessero, al momento della cessione, autonomi rami di azienda è avvenuta in conformità ai principi enunciati da questa Corte secondo cui ‘ai fini del trasferimento di ramo d’azienda pr evisto dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003, costituisce elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa ced ente al momento della cessione’. L’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale va, quindi, letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo la quale l’impiego del termine “conservi” nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” -Corte di Giustizia, 6 marzo 2014, C-458/12; Corte di Giustizia, 13 giugno 2019, C664/2017′ (v. Cass. 22249 del 2021; nello stesso senso v. Cass. n. 29203 del 2021 non massimata; Cass. n. 19034 del 2017).
La Corte territoriale, nel caso de quo , si è attenuta a tali criteri, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, individuando con un accertamento in fatto insindacabile in questa sede, perché esente dai vizi di cui alla nuova formulazione di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, l’effettivo ogg etto della cessione del 13.8.2020 intercorsa tra le due società.
Alla stregua di quanto esposto, va dichiarata l’estinzione del giudizio, relativamente al rapporto processuale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE da un lato, e COGNOME NOME dall’atro; per il resto i ricorsi devono essere rigettati.
Al rigetto segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore dei rispettivi controricorrenti lavoratori, che si liquidano come da dispositivo con distrazione in favore del Difensore dichiaratosi anticipatario, mentre vanno compensate quelle relative ai rapporti processuali tra le tre società, perché attestate sulle medesime posizioni sostanziali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte, dato atto della riunione ex art. 335 cpc al presente ricorso di quello recante il n. 5364/2024, dichiara l’estinzione del giudizio tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e COGNOME NOME dall’altro; decidendo sui ricorsi, li rigetta. Co mpensa le spese di giudizio tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e RAGIONE_SOCIALE, dall’altro; condanna RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME e di COGNOME NOME, delle spese di giudizio che liquida in euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione per l’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario, nonché condanna NOME Distribuzione spa al pagamento, in favore di NOME COGNOME, di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, delle spese di giudizio che liquida in euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione per l’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuna delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 febbraio 2025