Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14289 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14289 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18882-2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME in qualità di socia e Liquidatrice della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata –
avverso la sentenza n. 4089/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/01/2021 R.G.N. 3660/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La odierna ricorrente -premesso di avere lavorato senza soluzione di continuità, dal 17.7.1990 al 9 4.2003 alle dipendenze di NOME COGNOME presso il RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in qualità di addetta alla pulizia della sala e della cucina e di essere, poi,
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/02/2024
CC
passata, senza soluzione di continuità, alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE che era subentrata nella gestione della attività di ristorazione che, sebbene sotto la diversa denominazione ‘RAGIONE_SOCIALE‘, continuava ad essere esercitata negli stessi locali e con le medesime attrezzature- aveva chiesto accertarsi che si era configurato un trasferimento di azienda ex art. 2112 cc con conseguente prosecuzione del medesimo rapporto e responsabilità solidale della società in accomandita semplice anche per i crediti maturati alle dipendenze del precedente datore.
L’adito Tribunale di Santa NOME Capua Vetere, nel contraddittorio delle parti, dichiarava l’inammissibilità della domanda applicando i principi in tema di infrazionabilità del credito avendo la lavoratrice già agito, in sede monitoria e con altro giudizio, per ottenere il pagamento del tfr e delle mensilità di retribuzione in quanto fondate su prova scritta.
Proposto gravame, la Corte di appello di Napoli, con la oggi gravata sentenza, riteneva non violati i principi in tema di infrazionabilità dei crediti in quanto era da considerarsi legittima la condotta processuale della lavoratrice che aveva nutrito un interesse giuridicamente rilevante ad utilizzare il più agevole e rapido strumento del decreto ingiuntivo per i crediti precedentemente azionati; nel merito, però, la Corte territoriale rigettava l’appello della lavoratrice non ritenendo sussistere alcun elemento che potesse confermare il mutamento della sola titolarità della medesima attività aziendale e che, relativamente al rapporto di lavoro intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, non era stata data la prova della prestazione di un orario superiore alle 130 ore mensili mediamente retribuite, laddove era pacifico tra le parti che alla dipendente era stato corrisposto il tfr commisurato alla retribuzione percepita.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, nei confronti di COGNOME NOME nella qualità di socia unica e liquidatrice della società, cancellata dal registro delle imprese in data 21.12.2020, RAGIONE_SOCIALE, già denominata RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME
& RAGIONE_SOCIALE, con socio accomandatario COGNOME NOME, affidato a tre motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva.
La ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente chiede darsi atto della legittimazione passiva del socio unico della società convenuta nel giudizio di merito e medio tempore trasformata, ai sensi dell’art. 2495 cc e 110 cpc. Ella rappresenta che la sig.ra COGNOME, in un contesto in cui era stata omessa la comunicazione formale dell’evento estintivo della società, in quanto unica socia e liquidatrice della RAGIONE_SOCIALE, doveva essere individuata quale destinataria del ricorso per cassazione ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio.
Con il secondo motivo la ricorrente sottolinea la ammissibilità del proposto ricorso per cassazione, pur in presenza di rigetto dei giudizi di merito, per insussistenza del vizio di cui all’art. 348 ter co. 5 cpc, non vertendosi in due pronunce di rigetto per l’applicazione di principi di diritto sovrapponibili, in quanto in primo grado la domanda era stata dichiarata inammissibile per ragioni processuali mentre in appello era stata ritenuta infondata.
Con il terzo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc, per avere la Corte distrettuale operato una interpretazione formalistica e restrittiva del perimetro di applicazione dell’art. 2112 cc, non ravvisando il fenomeno successorio anche nell’ipotesi di cessione di fatto del solo personale destinato alle medesime modalità organizzative e direttive con la nuova parte datoriale.
Il ricorso è infondato.
Per il principio della ragione più liquida, in virtù del quale la Corte di cassazione, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, è esentata, in applicazione di tale principio, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio o quelle che riguardano l’esercizio di attività
defensionali delle parti poiché, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (Cass. n. 10839/2019), può essere scrutinato il terzo motivo concernente il merito della controversia.
Va anche sottolineato che le rappresentazioni di cui al primo e al secondo motivo non rappresentano ‘motivi di ricorso per cassazione’ in senso tecnico.
Difatti, deve ribadirsi che il motivo di impugnazione “è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo”, sicché, in riferimento al ricorso per Cassazione “tale nullità, risolvendosi nella proposizione dì un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4), cod. proc. civ.” (così Cass. Sez. 3, sent. 11 gennaio 2005, n. 359, Rv. 579564-01; in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01, nonché, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 20 marzo 2017, n. 7074, non massimata sul punto; conforme anche Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01).
Ciò premesso, il terzo motivo è infondato.
Invero, al di là della denunciata violazione di legge, si censura, in sostanza, l’accertamento della Corte territoriale circa la identità dell’oggetto della cessione, ai fini di ritenere avvenuto (o
non) un trasferimento di azienda nonché la valutazione del materiale istruttorio processualmente acquisito.
Al riguardo, va ribadito che, in tema di trasferimento di ramo d’azienda, la verifica della sussistenza dei presupposti dell’autonomia funzionale e della preesistenza, ma anche di ogni qualsiasi altro requisito, rilevanti ai sensi dell’art. 2112, comma 5, c.c., integra un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile per cassazione alla stregua dell’art. 360, n. 3, c.p.c., laddove alla fattispecie, così come accertata dal giudice di merito, sia stata applicata una norma dettata per disciplinare ipotesi diverse (cd. vizio di sussunzione), ovvero sulla base dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nell’ipotesi in cui sia stato omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. n. 7364/2021).
Nel caso in esame, non è ravvisabile alcun vizio di sussunzione né un omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte distrettuale -con riguardo al primo profilo- sottolineato, da un lato, che non vi era prova della continuità dell’azienda (trattoria) ad insegna commerciale ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con il RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) come entità economica organizzata dall’imprenditore e dell’aspetto soggettivo consistente nella sostituzione della sas all’imprenditore individuale NOME COGNOME e, dall’altro, che la circostanza che le direttive di lavoro fossero impartite da NOME e NOME COGNOME in entrambi i ristoranti poteva essere collegata non necessariamente ad un fenomeno successorio ex art. 2112 cc, ma anche ad una fattispecie di società di fatto ovvero di codatorialità.
In punto di diritto, la decisione impugnata è conforme al consolidato orientamento di legittimità secondo cui, per “ramo d’azienda”, come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e (come affermato anche dalla Corte di Giustizia, sentenza 24 gennaio 2002, in C-51/00) consenta l’esercizio di una
attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo (Cass. n. 9361/2014): circostanza questa dell’identità esclusa dalla Corte distrettuale che, come detto, ha rilevato la diversità tra le due attività imprenditoriali.
In tema, di ricorso per cassazione, poi, va ribadito che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi (art. 244 cpc), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
Nella fattispecie, la Corte distrettuale, con una motivazione esente dai vizi di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 cpc e attraverso una adeguata analisi delle risultanze processuali, ha ritenuto che non potesse ritenersi raggiunta la prova di una avvenuta cessione di azienda ex art. 2112 cc.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato, restando assorbito l’esame di ogni altra questione.
Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2024
La Presidente
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME