Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24047 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24047 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29556-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME ;
– intimata –
avverso la sentenza n. 901/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/05/2020 R.G.N. 5377/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Art. 2112 c.c.
R.G.N. 29556/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
RILEVATO CHE
1. con ricorso al Tribunale di Avellino, NOME COGNOME espose di aver lavorato alle dipendenze del padre NOME, titolare di un bar pasticceria, senza soluzione di continuità dal 1° aprile 1988 al 19 ottobre 2009, data in cui era stato oralmente licenziato, con mansioni di operaio banconista, e che poi il padre aveva ceduto l’azienda al fratello NOME, al fine di sottrarsi alle obbligazioni retributive a suo carico; pertanto chiese all’adito giudice, previa declaratoria di inefficacia del licenziamento orale, la condanna in solido dei convenuti COGNOME NOME e NOME al pagamento di differenze retributive;
il primo giudice, in accoglimento parziale della domanda, condannò i convenuti in solido al pagamento di euro 181.425,00, oltre accessori, ritenendo ‘raggiunta la prova della continuità del rapporto di lavoro tra le parti, dell’illegittimità del licenziamento intimato oralmente, e della successione del Sig. COGNOME NOME al padre, COGNOME NOME, nella titolarità del rapporto per cui è causa’;
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha respinto l’appello di NOME COGNOME dopo la riassunzione del processo in seguito alla morte di NOME COGNOME
in estrema sintesi, la Corte ha ritenuto ‘dall’esame complessivo del materiale probatorio raccolto in atti ed alla stregua delle stesse dichiarazioni dell’appellante contenute nella sua memoria difensiva, raggiunta la prova dell’avvenuto trasferimento d’azienda tra il Sig. COGNOME NOME e il Sig. COGNOME LeonardoCOGNOME con conseguente legittimazione passiva di quest’ultimo, in forza del disposto dell’art. 2112 c.c.’;
la Corte ha anche respinto l’eccezione di prescrizione dei crediti, ‘atteso l’avvenuto accertamento della continuità del rapporto di
lavoro tra le parti e la fittizietà dei contratti a termine stipulati’ tra il padre NOME e il figlio NOME in costanza di rapporto di lavoro;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con due motivi; ha resistito con controricorso l’intimato COGNOME NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva l’erede COGNOME NOME
sono state depositate dal ricorrente plurime istanze di ‘trattazione orale’ e da ultimo, in via subordinata, anche una richiesta di rinvio;
il controricorrente ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati; 1.1. il primo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 2112 c.c., segnatamente all’asserito trasferimento dell’azienda’; si critica la sentenza impugnata per aver riten uto la sussistenza di un trasferimento d’azienda;
1.2. il secondo motivo è articolato in una triplice censura: ‘Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 2112 c.c., perché l’asserito trasferimento dell’azienda non produce effetti sul rapporto di lavoro tra il cessionario e il COGNOME NOME, essendo il contratto di lavoro a tempo determinato scaduto, in epoca precedente, ossia il 30.9.2009. Violazione e
falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 2956, 2948, 2947 c.c., essendo il credito richiesto prescritto’;
preliminarmente deve essere respinta la richiesta del ricorrente di trattazione in udienza pubblica, oltre che la subordinata istanza di rinvio – entrambe riservate a questo Collegio che non avrebbe potuto procedere alla loro delibazione prima del suo comporsi in adunanza camerale – atteso che il ricorso non pone questioni di diritto di particolare rilevanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., ma è, anzi, del tutto privo di fondamento, in quanto sollecita un sindacato estraneo al giudizio di legittimità;
2.1. il primo motivo è inammissibile perché, nonostante la denuncia di violazione e falsa applicazione di norma di diritto, nella sostanza contesta un accertamento di merito relativo alla ricorrenza dei presupposti in fatto della fattispecie regolata dall’art. 2112 c.c.;
è condiviso principio affermato da questa Corte che la verifica della sussistenza dei presupposti rilevanti ai sensi dell’art. 2112 c.c. integra un accertamento di fatto riservato al giudice di merito (cfr. Cass. n. 7364 del 2021 cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);
2.2. anche il secondo motivo, in tutte le sue doglianze, non può trovare accoglimento;
la prima censura è inammissibile perché evoca il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto
dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019);
parimenti inammissibile la seconda censura perché si fonda su di un presupposto di fatto -la scadenza di un legittimo contratto a termine alla data del 30 settembre 2009 -che è diverso da quanto accertato dai giudici di merito che hanno acclarato sia la fittizietà dei contratti a tempo determinato stipulati tra padre e figlio, sia l’intervenuto licenziamento orale del 19.10.2009, privo di efficacia sulla continuità del rapporto di lavoro, licenzia mento anche quest’ultimo impropriamente contestato dall’istante con il ricorso innanzi al giudice di legittimità;
infine, è infondata l’ultima censura sulla prescrizione in quanto la pronuncia impugnata è conforme al principio, con il quale chi ricorre neanche si confronta, secondo cui: ‘Nel caso di una serie di contratti di lavoro di diritto privato a tempo determinato, poi convertiti in un unico contratto a tempo indeterminato in conseguenza della ritenuta nullità dell’apposizione del termine, la prescrizione dei crediti derivanti dal rapporto non decorre dalla scadenza dei singoli contratti a termine e resta sospesa sino alla cessazione del rapporto lavorativo, non rilevando che a seguito della conversione il rapporto medesimo risulti assistito dalla garanzia della stabilità reale’ (Cass. n. 14827 del 2018);
pertanto, il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate, in favore del solo controricorrente, come da dispositivo, con attribuzione all’Avv. NOME COGNOME che si è dichiarato antistatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 6.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali nella misura del 15%, da distrarsi.
, Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 18 giugno